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La commedia musicale “Il Congresso degli Arguti…ovvero sei sommi protagonisti nell’arte dei libelli”, che andrà in scena in data unica al “Teatro Quirino” di Roma il 30 novembre 2015 alle ore 21.00, è stata ideata, scritta e diretta da Anna Rita Cammerata e vedrà la partecipazione straordinaria in voce di Elio Pandolfi nelle vesti di Romolo, il papà di Roma.

Fra i protagonisti il bravissimo Massimiliano Buzzanca nel ruolo di Marforio, all’interno di un cast d’eccezione, costituito da Giorgia Trasselli (Madama Lucrezia), Pier Maria Cecchini (Pasquino), Maurizio Matteo Merli (l’Abate Luigi), Simone Sabani (il Facchino), Roberto Bagagli (il Babbuino)…notasi la doppia b!

Oltre alle statue parlanti, troveremo personaggi moderni, come la giovane Claudia interpretata da Giulia Montanarini, che si innamora del senzatetto straniero Paco, interpretato da Daniele Antonini e una strepitosa Marina Ripa di Meana nel fantastico ruolo di Tramontana: la figura del vento, che si rivelerà fondamentale nella risoluzione dei vari problemi.

Un’opera dedicata alle sei statue parlanti di Roma, dette anche “Congrega degli Arguti” che fin dal 1500 venivano utilizzate dai romani per affiggere anonimi ed irriverenti messaggi o componimenti satirici di protesta contro la classe dirigente dell’epoca. Questi messaggi, comunemente chiamati “pasquinate”, dal nome di Pasquino, la statua parlante più conosciuta, rappresentavano per i romani dell’epoca papalina un efficace e liberatorio mezzo per protestare contro angherie, soprusi, ingiustizie sociali, tassazioni elevate. Attraverso le statue essi esprimevano tutto il loro disappunto con dissacrante ironia, a volte con cinismo.

Un modo popolare per esternare i malumori verso il potere e il dissenso nei confronti della corruzione e dell’arroganza dei personaggi pubblici. Oggigiorno i costumi e le modalità di protesta sono mutati; forse si scrive troppo nei social, la gente tende a reprimere, fin anche a soccombere. I frenetici ritmi di vita, in questo caso fuorvianti, distolgono la nostra attenzione rispetto a ciò che accade nella quotidianità.

Pertanto, le statue parlanti, entrate nella leggenda della “Roma sparita”, non sono più un utile mezzo per esternare le proprie opinioni, con la particolare ironia che sin dai tempi di Orazio, Catullo ed Ovidio caratterizzava il popolo romano, al quale va tuttavia riconosciuta ancora oggi l’innata capacità di lasciarsi scorrere addosso ciò che capita attorno.

Questa interessante e singolare commedia, che rappresenta una novità di genere, si articolerà fra equivoci e dilemmi, che terranno alta l’attenzione del pubblico fino al termine della rappresentazione in scena, anche grazie all’ottimo livello di recitazione di questo affiatato gruppo di attori. Annarita Cammerata, oltre ad aver abilmente lavorato su testi e regia, si è prodigata anche nella realizzazione dei testi musicali, affidando la direzione d’orchestra al M° Riccardo Gnerucci; le coreografie sono di Stefano Sellati, che con il suo corpo di ballo arricchirà la commedia di ritmo e colore. Aiuto regia e luci di Francesco Piotti, scenografie curate da Ivano Ferrari, scenografia “virtuale” di Digital Grafics, costumi di Iuri Lieggi.

Nell’ambito di questa commedia musicale è previsto anche un generoso appuntamento con la solidarietà; infatti, il 5% del ricavato dagli incassi sarà devoluto a sostegno dei progetti di “Beautiful After Breast Cancer Italia Onlus”, associazione guidata rispettivamente dal presidente Marzia Salgarello, primario di chirurgia plastica e ricostruttiva del Policlinico Gemelli di Roma e dal vice-presidente Donatella Gimigliano, stimatissima ed apprezzata giornalista.

In occasione della Conferenza Stampa tenutasi giovedì 26 novembre presso la “Sala di Rienzo del Conference Center Roma”, nel corso della quale si è svolta la presentazione della commedia musicale “Il Congresso degli Arguti”, ho avuto il piacere di intervistare l’attore Massimiliano Buzzanca.

Vorrei iniziare la mia intervista con un argomento di grande attualità: la crisi che investe il teatro già da diversi anni. Posso sapere la tua opinione?

La crisi del cinema e del teatro dura da 15/20 anni e sembra inarrestabile. A mio avviso, la responsabilità principale è di noi attori ed ora ti spiego il perché… Innanzitutto, il nostro sindacato non ci protegge abbastanza, poiché non vengono rispettati i minimi sindacali. Molti attori, pur di lavorare, sono disposti a ricevere compensi inferiori e il sindacato non interviene, affinchè vengano rispettate le tabelle minime. Un tempo essi, in situazioni particolarmente eclatanti, prendevano posizione, ma solo quando si giravano film all’estero, poiché generalmente venivano imposti attori e generici del posto.

In secondo luogo, gli attori hanno sbagliato a far entrare troppo la politica nel nostro lavoro. Di frequente si chiede aiuto alla politica, presente anche nelle commissioni, per lavorare è questo ha determinato la loro interferenza. Gli attori che dissentono, prendendo le distanze da questo strano meccanismo, alla fine non lavorano; vengono tagliati fuori, anche se il mestiere dell’attore non ha nulla a che fare con la politica; l’artista non dovrebbe schieransi a prescindere.

Noi attori non ci ribelliamo a questo tipo di strapotere e siamo costretti a lavorare con gli indipendenti, che non hanno grandi risorse a disposizione. La figura del produttore si è persa; oggi esistono solo produttori esecutivi, poiché nessuno se la sente più di investire il proprio danaro, visto che si riesce a rientrare solo in parte alla copertura delle spese effettive. Quindi, per fare un film ci si affida al “tax credit” e per rispettare un budget molto ristretto tutti vengono sottopagati. Nel frattempo, lo Stato continua a togliere fondi al cinema e al teatro, senza porsi il problema di trovare un modo per far vivere le persone che lavorano nell’ambito dello spettacolo.

Un’idea potrebbe essere quella di defiscalizzare, almeno in parte, il prezzo dei biglietti di cinema, teatro, concerti. Abbassando la percentuale di tassazione, ci potrebbe essere un margine di guadagno da reinvestire in altre iniziative; magari, si potrebbe inserire una clausola di obbligo a reinvestire nel settore.

Insomma, con un po’ di buona volontà, le soluzioni si potrebbero ragionevolmente trovare.

Quale prospettiva si presenta ai più giovani, che vorrebbero esprimersi attraverso la recitazione?

Finchè qui in Italia si permette di far fare l’attore a persone che non sono attori, allora credo sia meglio che i giovani di talento vadano all’estero. Se oggi avessi vent’anni, anch’io non esiterei a propormi al di fuori del mio Paese. Negli Stati Uniti, per esempio, il rapporto con l’attore è estremamente professionale, come dovrebbe essere. Ricordo sempre con piacere la prima volta che lavorai con una produzione americana;rimasi quasi imbarazzato nel constatare il rigore nella divisione dei ruoli. Io attore non dovevo occuparmi di fare nulla al di fuori del mio ambito; se c’è da spostare una sedia, si chiama l’attrezzista e così via. Nel nostro Paese è tutto più approssimativo e questo aspetto non mi piace affatto. Finora, ho lavorato in tre film in lingua inglese ed uno in lingua spagnola, in tutti i casi senza ricorrere al doppiaggio. Nel film spagnolo firmai il contratto per quattro pose, che poi diventarono dodici ed uscii nei titoli di testa. Il regista che diresse il film apprezzò immediatamente la mia recitazione e sul set si creò subito un clima assolutamente favorevole, sinergico; mi piace lavorare con queste modalità! Nella recitazione la tecnica conta fino ad un certo punto; il cosiddetto “fuoco sacro” fa parte della creatività dell’individuo; averla è un dono e come tale non si può inventare.

Nell’immaginario collettivo, spesso, si pensa erroneamente che i figli di artisti noti abbiano un percorso facilitato. Nel tuo percorso artistico hai mai avuto l’opportunità di condividere il palcoscenico oppure il set con il tuo grande papà?

Io personalmente ritengo di essere un “figlio d’arte” assolutamente privilegiato, molto raccomandato… Scusami per l’ironia, ma mio padre non ha mai fatto una telefonata a nessuno per aiutarmi e lo dico con fierezza. Quando mi incontrò sul set della fiction televisiva “Il restauratore”, che lo vede protagonista, si limitò a dirmi: “…e tu cosa fai qui?” Fra i miei colleghi, sicuramente qualcuno sarà stato aiutato ma, in genere, per avere i meritati riscontri, bisogna attendere la morte del genitore. Spesso, io e mio padre ci ridiamo su e lui, con la sua proverbiale ironia, dice: “Dovrai aspettare che io non ci sia più per diventare famoso!” A questo punto all’uopo gli scongiuri.

Cinema o teatro: dove trovi maggiore ispirazione nell’esprimer il tuo “essere” attore?

C’è da dire che il Teatro ti dà il mestiere… e i debiti…il Cinema e la Televisione di danno la fama, ti fanno riconoscere per la strada e i soldi con i quali ripaghi i debiti. A parte le battute, senz’altro mi diverto di più in teatro; il cinema, secondo me, è più facile. Un ciak buono lo trovi! In teatro è tutto immediato, diretto; quando si apre il palcoscenico entri in scena e ti metti in gioco; pertanto, si vede subito quello che vali. In effetti, in teatro i poco talentuosi si smascherano facilmente. Ecco perché molti attori, consapevoli dei propri limiti, non si avvicinano al teatro. Qualcuno impone il proprio stile, ma è una scusa per farsi accettare; spesso ci sono persone che provengono da altri percorsi formativi, ben lontani dal fare davvero l’attore. Aggiungo che qualche attore uscito dai reality Grande Fratello è anche sopravvalutato.

Il personaggio da te interpretato al quale ti senti più legato?

Mi sento molto legato al mio personaggio nella commedia musicale “Sotto il cielo di Roma”, soprattutto per ciò che lo circonda. In teatro spesso mi danno ruoli brillanti; questo non è ancora avvenuto in cinema, dove finora ho sempre fatto parti serie, talvolta drammatiche. Nella fictionPuccini”, per esempio, ero il Maestro Leoncavallo, che era sempre pensieroso, corrucciato, insomma “incavolato”.

Vorresti parlarmi del tuo attuale impegno teatrale?

Attualmente sto ancora provando con la compagnia la commedia musicale Il Congresso degli Arguti”, che stamane abbiamo presentato alla Stampa e vedrà il suo debutto fra pochi giorni. Interpreto il personaggio di Marforio, una delle sei statue parlanti di Roma, insieme a Pasquino, Madama Lucrezia, il Facchino, il Babuino, l’Abate Luigi. Marforio è una scultura marmorea di epoca romana (I° secolo), raffigurante forse il dio Nettuno, l’Oceano oppure il fiume Tevere. Dopo Pasquino, è la statua parlante più nota ed è attualmente conservata presso i Musei Capitolini di Roma. A parte qualche doveroso riferimento storico, posso affermare che il mio personaggio mi piace, mi convince; è sarcastico ed ironico, come tutte le statue parlanti. Entro in scena vestito poco e resto così per tutto il tempo; del resto Marforio è così!

Riesci a spiegarmi cosa hai provato nel vedere tuo padre interpretare il beffardo ed ironico “Don Giovanni” di Moliere?

In realtà, non sono rimasto molto sorpreso, poiché il personaggio Don Giovanni non è molto lontano dalla sua vera natura. Il suo modo di vedere il sesso, che esula dai sentimenti, è molto simile a quello del protagonista. Quindi, considerando la sua indole, credo non sia stato molto difficile per lui ricoprire questo ruolo. Osservando mio padre, ho sempre qualcosa da imparare, ma questo generalmente lo faccio sempre. Guardo da addetto ai lavori e raramente mi trovo a fare lo spettatore. Fatta eccezione quando guardo i film di George Lucas, che fa un genere di film dove si è inventato una modalità che si ricollega a motivi filosofici, uniti ad effetti speciali, con storie surreali, favole e sogni. Egli ha la capacità di miscelare le filosofie orientali al concetto medioevale di cavalierato. Mi piacerebbe molto fare questo genere di film, creando personaggi ai quali prima o poi tutti si ispirano. Questo regista e produttore statunitense è un grande studioso di storia e discipline religiose. Io, fin dall’adolescenza, ho sempre preferito questo genere di letture; quindi, conoscevo “La ricerca del Santo Graal”, gli Hobbit e il loro universo immaginario, “il Santo Anello” e tutto questo mi affascinava in modo particolare.

Nella tua vita quale posto ricopro la famiglia?

La famiglia è dove batte il cuore ed è la propria compagna che fa la famiglia. Quando la mia attuale compagna Raffaella chiese ad una comune amica qualche notizia sul mio conto, lei rispose che ero un signore, una persona dai modi gentili, ma uno “sciupafemmine”. Quando poi, qualche tempo dopo, lei rivolse a me la stessa domande, le risposi: “Si, questo è vero, ma succede quando non sono innamorato!” Questa è la sintesi di tutto.

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Ulisse raccontato dalle parole di chi lo ha amato, odiato, atteso e ritrovato. Le donne che l’eroe della guerra di Troia incontra durante il suo lungo cammino si ritrovano su una spiaggia richiamate da un sogno. Protagoniste di un amore passionale, difficile, corrisposto, rifiutato, insieme realizzano un altro viaggio creando una tela rossa, i cui fili vengono intrecciati attraverso un linguaggio creato da parole, suoni , canti e danza. Protagonista il viaggio e l’amore nella poesia di omero, ovidio, pavese, saffo
…….Un percorso onirico dove il sogno si confonde con la realtà e Itaca è inizio e fine, luogo di partenza e arrivo…è isola, nave, onda o semplicemente un nome per ricordarci di continuare il nostro viaggio. Accompagna l’epilogo di questo viaggio la poesia di Costantino Kavafis : Itaca. Nei suoi versi il senso del viaggio come libertà, introspezione, solitudine e condivisione, ma soprattutto come crescita . Il viaggio come una navigazione verso una meta da raggiungere senza fretta.
“…….. non precipitare il tuo viaggio. Meglio che duri molti anni, che vecchio tu finalmente attracchi all’isoletta, ricco di quanto guadagnasti in via, senza aspettare che ti dia ricchezze. Itaca t’ha donato il bel viaggio. Senza di lei non ti mettevi in via. Nulla ha da darti piú. E se la troverai povera, Itaca non t’ha illuso. Reduce così saggio, così esperto, avrai capito che vuol dire un’Itaca.
Le attrici che ho scelto per questo progetto condividono un percorso di teatro -danza e di ricerca vocale ,interpretando il mondo femminile attraverso delle figure mitologiche.
La scelta del cast è avvenuta quindi considerando i singoli percorsi artistici e gli elementi che accomunano e differenziano il loro modo di lavorare . Come per le donne di Ulisse , anche sulla scena attrici dalle sfumature diverse ma con caratteristiche comuni .Una tela dallo stesso filo rosso ma ricamata da diverse mani. Questo spettacolo prosegue l’attività teatrale al femminile che ho voluto intraprendere già mettendo in scena Little Women (stagione 2014-2015).
Insieme all’associazione culturale Kinesisart da tre anni stiamo cercando di intraprendere un lavoro di squadra portando in scena lavori inediti e investendo tutte le nostre energie ed il nostro tempo per cercare di promuovere un lavoro collettivo che comprenda attrici, autrici, registe, musiciste e fotografe. La produzione esecutiva dello spettacolo è della Sycamore TCompany, che da anni cura progetti innovativi e di grande interesse culturale.
Ammirare questo bellissimo spettacolo VIAGGIO VERSO ITACA  che sarà in scena al Teatro dell’Orologio - Sala Orfeo dal 3 all' 8 novembre 2015, in prima nazionale, un progetto di Selene Gandini. In scena Caterina Gramaglia, Carlotta Piraino, Alessandra Salamida, Claudia Salvatore. Regia di Selene Gandini.

il piccolo Marcello
La corsa di Anna Magnani, la sora Pina, una splendida Nannarella ancora trentenne, il filo di fuoco dei nazisti e lei che cade a terra mentre io mi divincolo dall'abbraccio di Don Pietro e grido "Mamma!! Ma'..." dopo aver riempito di calci un soldato tedesco che non mi lasciava passare.... Quella scena abbiamo dovuto girarla due volte perche' Roberto Rossellini non mi aveva detto che nel film Anna Magnani sarebbe morta... E io mi sono impressionato molto, mi sono messo a piangere, non riuscivo a clamarmi e non volevo girare più. Al soldato a cui davo i calci hanno dovuto mettere degli stracci all'interno degli stivali perchè a farza di dare calci si era fatto male....
Vito Annicchiarico, l'ultimo testimone del Manifesto del Neorealismo, a settanta anni dall'uscita del film di Roberto Rossellini che cambiò il modo di fare film, racconta segreti, aneddoti, curiosità in un libro di Simonetta Ramogida dal titolo ROMA CITTA' APERTA, VITO ANNICCHIARICO, IL PICCOLO MARCELLO RACCONTA IL SET.
Il libro di Simonetta Ramogida, con la Prefazione di Laura Delli Colli, edito da Gangemi a settanta anni dall'uscita del film emblema del Neorealismo, conduce per mano il lettore nei luoghi in cui fu girata la pellicola con cui Roberto Rossellini rivoluzionò il modo di fare cinema. Per Vito sono i luoghi del cuore. Roberto Rossellini mi disse: "fammi vedere dove abiti, portami davanti alla tua scuola, voglio conoscere la chiesa dove fai il chierichetto". E così Vito lo conduce per le vie del Pigneto. C'e' la chiesa di Sant'Elena, dove nel dopoguerra e in una Roma assediata dalle truppe tedesche e dai fascisti Vito serve la messa; c'e' l'Oratorio di Via Avellino dove Vito gioca a pallone con i suoi compagni; c'e' il cortile di Via Raimondo Montecuccoli dove ci fu effettivamente una retata, e dove furono girate alcune scene del film. C'e' Via Trionfale, dove Vito va a scuola prima dell'arrivo degli americani a Roma, in un collegio vicino a Forte Bravetta dove fu fucilato Don Pietro Pellegrini (Aldo Fabrizi). E' la vita vera di Vito, che vive nel quartiere del Pigneto a Roma quando Roberto Rossellini nel 1944 lo incontra in una mattina di primavera vicino Largo del Tritone mentre fa lo Sciuscià, e con l'espediente di pulire quaranta paia di scarpe riesce a convincerlo ad andare con sé. Quello con Roberto Rossellini e' l'incontro magico che cambia la vita. Nei locali della Cis Nettunia di Via Crispi Vito conosce anche lo sceneggiatore Sergio Amidei. Il regista del Neorealismo dice soltanto: 'Eccolo qui'. Vito ancora non capisce che le quaranta paia di scarpe non ci sono, ma comincia ad avere il sospetto di aver perso una mattinata dietro a quel signore dai modi gentili che però non si era presentato… Vito ha solo dieci anni, quando Roberto Rossellini lo vede per la prima volta. Da quel momento è il cinema la sua giostra, il set la sua vita e il luogo in cui conosce Anna Magnani che lo protegge, lo accarezza, lo difende dalle ire di Aldo Fabrizi, che non lo trova mai quando devono girare assieme una scena, e gli dice: 'se te prendo te sghilombo!' Ma Vito che trova ogni occasione per tornare dai suoi compagni Sciuscià, non ci fa caso, tanto Aldo Fabrizi non lo può raggiungere per le vie di Roma. Lui corre così velocemente tra Via Rasella, Via del Tritone, Via degli Avignonesi dove la troupe sta girando Roma Città Aperta che, è come se volasse nel vento…
Vito-Marcello svela circa 70 anni dopo l'uscita del film che "Nell'orecchio di Francesco lui rispose 'col cavolo'. Poi in fase di doppiaggio la risposta fu: 'te vojo tanto bene'. Anna Magnani avrebbe voluto adottarlo, ma sua madre disse 'no'. Roberto Rosselini 'era un pezzo di pane'. Un uomo estremamente generoso e di grande umanità. 'Per me era come un padre'. Vito fa effettivamente il chierichetto nella vita reale non solo in Roma Città Aperta. Serve la messa nella Chiesa del Sacro Cuore di Via Marsala, e si trova accanto al prete che celebra una messa subito dopo l'eccidio delle Fosse Ardeatine proprio in una fossa, vicino ai corpi dei martiri. Ancora oggi un brivido corre lungo la schiena quando lo racconta. Il libro contiene anche una rassegna fotografica, alcune immagini inedite e fuoriscena di film girati con Gennaro Righelli e con Vittorio De Sica tratti dall'album di famiglia. I francobolli intitolati a Teresa Gullace, la martire da cui Rossellini e Amidei prendono spunto per la figura della sora Pina (AnnaMagnani), e poi c'e' la corrispondenza con Mario Gullace, il figlio di Teresa Gullace che lo ritrova dopo molti anni, e l'incontro con Claudio Venturini, il figlio di Aldo, il produttore di Roma Città Aperta, che rimette in moto i ricordi, i frammenti, i tasselli di un mosaico indimenticabile, da cui nasce questo libro. Vito Annicchiarico nasce a Grottaglie il 26 febbraio 1934. Nel 1944 approda al cinema con Roberto Rossellini, poi partecipa a diversi altri film. Viene scritturato da Gennaro Righelli, interpreta di nuovo il ruolo del figlio di Anna Magnani, in Abbasso la miseria! anche se in questo caso si tratta di un figlio 'adottivo', e successivamente partecipa anche al film Abbasso la ricchezza. Nel 1946 esce Ok.John!, e Vito è ancora sulle scene. Poi prende parte alla realizzazione del film di Domenico Gambino, Un mese di onestà con Lauro Gazzolo, Roberto Villa e Carlo Ninchi. Fino a che nel 1948 interpreta la parte di Coretti, nel film Cuore di Duilio Coletti e Vittorio De Sica, tratto dall'omonimo romanzo di Edmondo De Amicis e partecipa con lo stesso regista e Anna Maria Pietrangeli alla realizzazione del film Domani è troppo tardi, ispirato a Printemps Sexsuel di Alfred Machard. Nel 1949 lavora alla pièce L'uomo, la bestia e la virtù con Aroldo Tieri e Carlo Ninchi. E' comunque spesso a teatro sempre con Anna Magnani e Aldo Fabrizi. Quando Roberto Rossellini va sulla Costiera Amalfitana e a Napoli per girare Paisà lo porta con sé. Lascia il cinema dopo aver rifiutato l'offerta di Rod Geiger, proprio il produttore di Paisà, di recarsi negli Stati Uniti per lavorare nel cinema e studiare contemporaneamente. Non senza riuscire a fare prima un'esperienza indimenticabile con la sceneggiatura di Cesare Zavattini e Mario Soldati con Chi é Dio? Il primo esempio di progetto documentaristico sulla catechesi scritto per le scuole. Nel 1955 la sua vita cambia completamente: inizia a lavorare in una multinazionale americana, dove rimarrà fino al termine della sua carriera. Nel 2004 Claudio Venturini, il figlio di Aldo, il produttore di Roma città aperta, dopo un viaggio negli Usa ha l'idea di realizzare un film-documentario dal titolo I figli di Roma città aperta, un viaggio attraverso i luoghi in cui fu girato il film, con la partecipazione di critici cinematografici, e testimoni di quel grande fermento culturale che fu il Neorealismo, e le straordinarie testimonianze di Luca Magnani e di Renzo Rossellini. Ed è così che il piccolo Marcello, il bambino simbolo del Neorealismo italiano, torna sul set. Dopo una lunghissima pausa torna sulle scene diretto da una giovane regista, Laura Muscardin, per la produzione Nuvola Film di Amedeo Bacigalupo. Il docu-film viene presentato nel 2005 al Tribeca Film Festival di New York, la creatura di Robert De Niro, dove vince il Premio Wide Angle. Nel 2011 il critico cinematografico Alberto Crespi realizza il documentario per le strade di Roma Voi siete qui, per la produzione Eskimo, ideato dallo stesso Alberto Crespi assieme ad Alessandro Boschi e diretto da Francesco Matera. Ancora una volta è Vito a condurre il regista nei luoghi in cui fu girato Roma città aperta: sono il numero 17 e il numero 36 di via Raimondo Montecuccoli, dove furono realizzate alcune scene del film simbolo del Neorealismo, e dove si svolse realmente una retata. Voi siete qui e' stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2011. Vi hanno preso parte tra gli altri, anche Vincenzo Cerami, Marco Bellocchio, Gigi Proietti, Mario Monicelli, Armando Trovaioli, Carlo Lizzani, Giuliano Montaldo e Nanni Moretti.

Dopo il debutto trionfale a Milano il 26 ottobre e la meritatissima standing ovation di Roma lo scorso 30 ottobre, ora la tournèe  del M°Alexandros Kapelis riparte da Vicenza dove mercoledì 3 novembre si esibirà nel meraviglioso Teatro Olimpico prima di proseguire con le date di Firenze e Palermo

Riconosciuto per le sue "esecuzioni scintillanti" (Washington Post) e per "le sue capacità virtuosistiche senza alcuna concessione al pubblico né a sentimentalismi decadenti" (Diari de Balears, Spagna), Alexandros Kapelis presenta per il suo debutto in Italia l’acclamato programma "I Miti Greci:

La vasta ricchezza del mito greco, con le sue superbe esplorazioni filosofiche, ha esercitato un'influenza inevitabile sui grandi artisti di ogni epoca. Le arti visive e la letteratura sono state le più vulnerabili al fascino, la trascendenza e il carattere universale del mito greco. Allo stesso modo la Lirica, fin dai suoi inizi, è stata marcata dalle sue archetipiche figure eroiche e tragiche.  In modo meno evidente, ma ugualmente notevole, la musica "pura" o "assoluta" non è stata immune allo spirito dell'Antichità Classica, la quale ha pervaso il repertorio pianistico. 
Con opere di Rameau, Clementi, Liszt, Debussy, Kostantinidis e Hadjidakis, questo programma trova la sua prima ispirazione nella Grecia e nella sua mitologia.

Al Veneto dedica ben tre tappe: due a Venezia, la città che lo ospita da meno di un anno su invito della Fondazione Malipiero con la nomina di Artist Residente e una a Vicenza.

Di padre greco e madre Peruviana, Kapelis trascorre a New York la maggior parte della sua vita adulta, dove all'inizio della sua carriera viene riconosciuto dall'International Press Service-IPS come "uno dei più promettenti giovani musicisti classici di ogni nazionalità in attività a New York al momento."

Ospite durante varie edizioni del Progetto Martha Argerich a Lugano, Kapelis ha collaborato con artisti quali Mischa Maisky, Juri Bashmet, Renaud Capuçon, e la grande Martha Argerich.  Nelle parole della stessa Argerich, Kapelis "non ha eguali per Rachmaninov e suona i classici con un gusto stupefacente." (Classica No. 169; Parigi, Febbraio 2015).

"Kapelis si è buttato vigorosamente nel gaudio selvaggio dell'Ile Joyeuse di Claude Debussy, e ha cesellato in modo esperto la posatezza delle sue Danzatrici di Delfi."
THE WASHINGTON POST (Washington, D.C.)

"Una rarità nella sua generazione, Kapelis suona in modo espressivo ed evocativo." INTERNATIONAL PRESS SERVICE- IPS (New York)

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Le grandi passioni in scena con la danza al Teatro di San Carlo:

la gelosia di Otello, amore e morte di Carmen, in una Spagna descritta da compositori francesi di tardo ‘800, Jules Massenet, Georges Bizet, e dal compositore russo contemporaneo Rodion Ščedrin

l’entusiasmo, i sogni e la determinazione degli Allievi della Scuola di Ballo,

per un omaggio alla carriera di Anna Razzi

 

5 appuntamenti

Giovedì 8 Ottobre 2015 ore 20.30

Venerdì 9 Ottobre 2015 ore 18.00

 

Martedì 13 Ottobre 2015, ore 20.30

Mercoledì 14 Ottobre 2015, ore 18.00

 

Martedì 20 Ottobre 2015, ore 20.30

 

Ritorna al Teatro di San Carlo “Autunno Danza”, con 5 appuntamenti in meno di due settimane, -da giovedì 8 a martedì 20 ottobre 2015-, una rassegna che da sei anni il Massimo napoletano dedica all'arte coreutica.

 

La kermesse si apre giovedì 8 ottobre ore 20.30 (in replica venerdì 9 ottobre ore 18.00) con Otello, il dramma della passione e della gelosia per eccellenza, ispirato all’omonima tragedia di William Shakespeare (1564 -1616), qui nella sensuale e travolgente versione coreografica di Fabrizio Monteverde, su musiche di Antonín Dvořák (1841 - 1904).

I due protagonisti Otello e Desdemona sono interpretati da due amatissime stelle della danza, circondati dall’affetto di Napoli e divenuti popolari anche per il pubblico del piccolo schermo: José Perez e Anbeta Toromani; il primo ballerino ospite, Alessandro Macario, vestirà invece i panni del perfido Iago.

La vicenda del ‘Moro di Venezia’, uscito dalla penna di Shakespeare nel 1603 circa, acquista connotazioni cariche di intimismo e nuances esotiche, tramite gli accenti e la dinamica dell’ouverture concerto Othello Op. 93, B. 174, che Antonín Dvořák compose nel 1892 (parte della trilogia Natura, Vita e Amore), a distanza di pochi anni da quello verdiano del 1887.

 

Il secondo balletto in programma, martedì 13 ottobre ore 20.30 e mercoledì 14 ottobre ore 18.00, è un dittico dal sapore latino, che unisce: Spanish Dance&Concerts, con una nuova coreografia firmata dal maître de ballet del San Carlo, Lienz Chang, su musiche di Jules Massenet (1842-1912) e Carmen suite, composta da Georges Bizet (1842 - 1912) con popolare coreografia di Alberto Alonso, ripresa da Sonia Calero.

L’eroina, uscita dall’immaginazione di Prosper Mérimée nel 1845, è interpretata dall'étoile Svetlana Zakharova, che frequenta assiduamente le stagioni del San Carlo, di cui è ospite da molti anni. Oltre al Corpo di Ballo, questa produzione, ripresa dal Maggio Musicale Fiorentino, prevede anche l'Orchestra stabile del Teatro, guidata dalla bacchetta di Alexei Baklan.

Amore e morte, eros e thanatos, sono le pulsioni che accomunano i primi quattro appuntamenti di questa rassegna. La morte di Desdemona e Carmen, la gelosia di Otello e Don José. L’apollineo e il dionisiaco emergono in entrambe le produzioni, e si palesano in un’alternanza di momenti estremamente lirici ed intimi per poi esplodere con accenti dirompenti, cui si aggiungono suggestioni tardo romantiche di tutta Europa: dalle atmosfere slave di Antonín Dvořák, che fa sua la lezione di Giuseppe Verdi, ad una Spagna dipinta dalla tavolozza musicale di Jules Massenet e Georges Bizet. Queste grandi passioni, rilette dalle coreografie di Fabrizio Monteverde, Lienz Chang e Alberto Alonso non potevano non essere interpretate da José Perez, Anbeta Toromani, Alessandro Macario, Svetlana Zakharova e Denis Rodkin, coadiuvati dal Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo.

 

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Infine martedì 20 ottobre ore 20,30 il Gala della Scuola di Ballo del Teatro di San Carlo la più antica scuola di genere, fondata nel 1812, che quest'anno dedica un doveroso omaggio ad Anna Razzi, direttrice della scuola da ben 25 anni.

 

Sento di rivolgere un sentito ringraziamento – afferma la Sovrintendente Rosanna Purchia - alla nostra Anna Razzi che con amore, sacrificio e abnegazione non ha mai smesso, in questi 25 anni, di educare i nostri giovani a questa meravigliosa disciplina che è la danza. Da parte nostra, negli ultimi anni il Lirico di Napoli ha ripreso la tradizione di allestire spettacoli e nuove produzioni a cura della Scuola, realtà che è tornata ad essere costantemente invitata a partecipare a festival e rassegne internazionali di danza”.

 

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OTELLO

Musica | Antonín Dvořák

Coreografia | Fabrizio Monteverde

Maître de Ballet e Assistente alla Coreografia | Lienz Chang

Scene | Fabrizio Monteverde

Costumi | Santi Rinciari

Disegno Luci | Emanuele De Maria

 

Interpreti

Otello, José Perez

Desdemona, Anbeta Toromani

 

Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo

Allestimento originale del Balletto di Roma

 

Teatro di San Carlo

Giovedì 8 Ottobre 2015 ore 20.30

Venerdì 9 Ottobre 2015 ore 18.00

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