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Domenica, 18 Maggio 2025

Dopo l’illusione, la disillusione. Dopo le parole, i fatti. Dopo l’apertura il gelo. Quello che viene da Mosca, dove il vicepresidente della Camera alta Kostantin Kosachev dichiara: “Ammesso e non concesso che ci saranno dei negoziati, l’iniziativa spetta a noi, perché a quel che mi risulta, non è chi sta perdendo che deve porre le condizioni preliminari“. Potrebbe bastare questo a far capire le reali intenzioni del Cremlino su un incontro diretto tra Putin e Zelensky giovedì 15 maggio a Istanbul.

Due giorni prima dei colloqui programmati tra Ucraina e Russia a Istanbul, il ministro degli Esteri ucraino Andrii Sybiha ha accolto con favore gli sforzi dei partner di Kiev per garantire un cessate il fuoco di 30 giorni e sostenere i negoziati diretti. In particolare, ha ringraziato i ministri europei dell'incontro di Weimar, nonché i Paesi baltici dell'NB 8, ritenendo che "Putin debba capire che rifiutare la pace ha un prezzo".

Contemporaneamente l’Unione europea ha approvato il 17esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. Le nuove misure prendono di mira le nuove petroliere “fantasma” utilizzate per aggirare le sanzioni esistenti volte a limitare le esportazioni di petrolio russo. Riguardano inoltre le attività ibride della Russia, le violazioni dei diritti umani e l’uso di armi chimiche. 

Queste nuove sanzioni sono indipendenti da quelle massicce previste nel caso in cui Mosca si rifiuti di negoziare e accettare un cessate il fuoco di 30 giorni già accettato da Kiev e richiesto dai suoi alleati occidentali. Il pacchetto è stato adottato all’unanimità, quindi votato anche da Stati come Ungheria e Slovacchia. Solo due Paesi membri devono ancora passare attraverso i rispettivi parlamenti nazionali, ma si tratta solo di un aspetto procedurale.

Nello studio di Dimartedì, programma in onda su La7, è scoppiato un botta e risposta tra i due. Da una parte il giornalista ha fatto notare che Putin è chiamato ad accettare il dialogo con Zelensky altrimenti sarà svelato e confermato il suo bluff; dall'altra l'ex parlamentare del Movimento 5 Stelle ha criticato la narrazione dell'Occidente e si è scagliato contro l'Unione europea e il gruppo dei Paesi volenterosi. Inevitabile, dunque, il litigio.

Il dibattito sul possibile incontro di Istanbul tra Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin ha innescato un duro botta e risposta tra l’ex parlamentare Alessandro Di Battista e il giornalista Alan Friedman, con al centro accuse reciproche e visioni radicalmente opposte su come affrontare il conflitto in Ucraina.

Durante l'intervista , Di Battista ha liquidato come “politici falliti” i leader europei che stanno tentando di promuovere una tregua tra Kiev e Mosca. Secondo l’ex esponente del Movimento 5 Stelle, i cosiddetti “volenterosi” — ossia quei governi che spingono per una soluzione diplomatica — “non contano nulla” nello scenario globale, dove a decidere realmente sarebbero figure come Xi Jinping, Donald Trump e lo stesso Putin. “Mi auguro ci possa essere un negoziato – ha dichiarato – ma credo che ci sia qualcuno che vuole sabotarlo”.

Un’affermazione che risuona come un’accusa diretta all’Occidente e che sembra ribaltare la realtà diplomatica: è infatti il Cremlino a non aver ancora confermato la partecipazione all’incontro di Istanbul, facendo aumentare le pressioni internazionali e riaccendendo l’ipotesi di nuove sanzioni da parte dell’Unione Europea. Una mossa che ha fatto infuriare Di Battista: “Gli hanno già applicato sedici pacchetti di sanzioni. Ora minacciano il diciassettesimo se non ci sarà una tregua di 30 giorni. Ma Putin se ne infischia. La Russia non è crollata, nonostante le balle che ci hanno raccontato per anni”.

Secondo l’ex deputato, Mosca non solo avrebbe resistito all’impatto delle sanzioni, ma ne sarebbe uscita rafforzata, grazie al sostegno di nuove alleanze internazionali e al controllo delle aree più ricche dell’Ucraina. “Oggi Putin ha il coltello dalla parte del manico”, ha dichiarato, suggerendo che l’Europa avrebbe dovuto fin da subito coinvolgere attori come i BRICS e nominare un inviato speciale per facilitare una mediazione.

Parole che non sono rimaste senza risposta. Alan Friedman, noto analista politico e opinionista, ha bollato l’intervento di Di Battista come “una sterile polemica demagogica, priva di concretezza”. Secondo Friedman, l’unico vero ostacolo alla pace è la posizione ambigua del presidente russo: “Zelensky ha accettato immediatamente il confronto, Putin no. E la sua presenza a Istanbul resta un’incognita. Questo dimostra che non è interessato alla pace”, ha affermato il giornalista. “Mettitelo in testa: è Putin che può porre fine alla guerra. Solo lui può farlo, e non vuole”.

La replica di Di Battista non si è fatta attendere. Con tono sarcastico, ha commentato: “Ora tutto è in mano a Putin? Chapeau. Bel capolavoro. Siete stati bravissimi. Parlate di demagogia, ma avete totalmente fallito”.

L’episodio evidenzia ancora una volta quanto il dibattito sulla guerra in Ucraina sia polarizzato e come ogni tentativo di mediazione venga spesso strumentalizzato in funzione di posizioni ideologiche. Nel frattempo, l’attesa per un segnale da parte del Cremlino resta alta, mentre sul tavolo c’è una sola certezza: senza la volontà politica di Mosca, il negoziato rischia di restare lettera morta.

Fonte varie agenzie

Potrebbe avvicinarsi un punto di svolta nel conflitto in Ucraina: il presidente Volodymyr Zelensky e il leader del Cremlino Vladimir Putin potrebbero incontrarsi faccia a faccia nei prossimi giorni, forse già giovedì a Istanbul. L’ipotesi resta però appesa a un filo, viste le tensioni persistenti e la fragilità del contesto diplomatico. A rendere il quadro ancora più incerto, la possibile presenza dell’ex presidente americano Donald Trump, figura controversa che potrebbe alterare gli equilibri con il suo approccio diretto e spesso imprevedibile.

Ciò che appare chiaro è l’urgenza, da parte della comunità internazionale, di avviare un dialogo concreto tra Mosca e Kyiv, per individuare una via d’uscita da un conflitto che da oltre due anni insanguina l’Europa orientale. Un eventuale incontro tra i due presidenti, finora rimasti su fronti opposti senza reali contatti diretti, sarebbe già di per sé un segnale importante.

Nel frattempo, alcuni Paesi europei continuano a spingere per una tregua preventiva. Tuttavia, tale pressione rischia di rivelarsi controproducente: secondo diverse fonti vicine a Mosca, il Cremlino non sarebbe disposto a cedere a richieste percepite come imposizioni da parte degli alleati più intransigenti della NATO. Per il governo russo, ogni concessione anticipata equivarrebbe a una perdita di autorità in vista di un incontro che potrebbe decidere il futuro del conflitto.
Resta da vedere se prevarranno le logiche della diplomazia o se, ancora una volta, prevarranno la sfiducia e la logica dello scontro.

Ucraina-Russia, si apre uno spiraglio: Ankara rilancia la mediazione per una tregua


Non è ancora il tempo della pace vera e propria, quella fondata sul diritto internazionale e su principi condivisi. Ma potrebbe esserlo, almeno, per una tregua concreta. Le aspettative restano prudenti, e lo scenario realistico è quello di una sospensione temporanea delle ostilità. Una tregua di un mese, accettata e rispettata da entrambe le parti, sarebbe già un risultato significativo.

A rilanciare l’iniziativa diplomatica è la Turchia, che si prepara ad ospitare i colloqui ad alto livello. Il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, ha lanciato un appello esplicito affinché Russia e Ucraina si incontrino “il prima possibile” per avviare un cessate il fuoco. Ankara, che negli ultimi due anni ha spesso svolto un ruolo di mediazione, punta sulla sua reputazione di attore pragmatico capace di dialogare con entrambe le parti.

“Questa volta l’opportunità non andrà sprecata”, ha dichiarato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, esprimendo fiducia nella possibilità di un’intesa preliminare. Sulla stessa linea anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha definito i prossimi colloqui “un’occasione concreta per contribuire alla fine del conflitto”.

La Russia «respinge ogni ultimatum su un cessate il fuoco in Ucraina», prova a spiegare il disarmato e disarmante portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. «La proposta di Vladimir Putin per negoziati diretti russo-ucraini ha il sostegno dei leader di molti Paesi compresi quelli del Brics», ha aggiunto, per poi fare una piroetta nel dire che «Mosca ha presentato la proposta di negoziati diretti tra Mosca e Kiev, secondo le quali la Russia punta a raggiungere una soluzione pacifica di lungo periodo». Ma no, a Istanbul Putin non ci sarà. Eppure, oltre all'Ucraina, con Zelensky che ha parlato con Erdogan e garantito la sua presenza in Turchia a prescindere da Putin, e all'Europa, anche Trump continua a spingere. «Sto pensando di volare all'incontro di Istanbul, c'è una possibilità, penso che accadranno delle cose», ha detto il tycoon prima di partire per il Medio Oriente per la sua visita in Arabia Saudita, Qatar e Emirati Arabi. 

«L'incontro in Turchia di giovedì sarà molto importante e ne usciranno cose buone», ha aggiunto, mentre sul «niet» arrivato da Mosca, Trump non demorde. «Ho la sensazione che accetteranno. Ce l'ho. Ho questa sensazione. Vediamo cosa succederà». Stessa speranza coltivata anche da Bruxelles con la portavoce della Commissione Ue che ribadisce come «Zelensky compie passi verso la pace, ma al momento non ci sono azioni reciproche da parte della Russia».

Mosca torna a proporre negoziati diretti con Kiev, "senza alcuna condizione preliminare", ha sottolineato Vladimir Putin, indicando il 15 maggio come possibile data di avvio. Il presidente russo nella notte ha così risposto all'appello rilanciato ieri dai "Paesi Volenterosi" per una tregua di 30 giorni.

La proposta: appuntamento ad Istanbul

"Proponiamo alle autorità di Kiev di riprendere i negoziati, interrotti da loro alla fine del 2022. Riprendere il dialogo diretto, e farlo senza alcuna condizione",  ha detto il capo del Cremlino. E iniziare senza indugio, già giovedì prossimo, 15 maggio, a Istanbul: là dove i colloqui si sono svolti in precedenza e là dove sono stati interrotti".

L'Ucraina è disponibile a colloqui diretti con la Russia entro la fine di questa settimana solo se Mosca sottoscriverà prima un cessate il fuoco incondizionato. Questa la risposta del presidente ucraino Volodymyr Zelensky alla proposta, lanciata stanotte da Vladimir Putin, di avviare negoziati in Turchia il 15 maggio.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato che giovedì si recherà in Turchia per un possibile colloquio diretto con Vladimir Putin, volto a ottenere un cessate il fuoco completo e duraturo nella guerra in corso tra Russia e Ucraina.

La dichiarazione arriva dopo che Putin ha manifestato apertura al colloquio "senza precondizioni" a Istanbul, città che si propone ancora una volta come crocevia della diplomazia internazionale. Zelensky ha definito "positivo" il fatto che Mosca sembri prendere in considerazione la possibilità di porre fine al conflitto, pur sottolineando che la pace potrà iniziare solo con un cessate il fuoco effettivo, a partire da lunedì 12 maggio.

La posizione degli Stati Uniti

Posizione questa che sarebbe condivisa anche dagli Stati Uniti: "Come ha ripetuto più volte il Presidente Trump, fermare le uccisioni. Prima un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni e, durante questo periodo, avviare discussioni di pace globali. Non il contrario", ha detto l'inviato di Trump per l'Ucraina, Keith Kellogg.

La Turchia svolge ormai da anni un ruolo fondamentale nei tentativi di mediazione tra Ucraina e Russia. Già nei primi mesi del conflitto, Ankara ha ospitato colloqui a Istanbul, dimostrandosi uno dei pochi attori accettabili da entrambe le parti. Il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha riaffermato la disponibilità turca a fare da mediatore e ha parlato direttamente con Putin, appoggiando l’idea di un incontro faccia a faccia con Zelensky.

Il Cremlino ha confermato la telefonata tra Putin ed Erdoğan, durante la quale la Turchia ha garantito "tutta l’assistenza possibile" nell’organizzazione dei negoziati. Erdoğan, inoltre, ha parlato anche con Macron, definendo questa fase come un "punto di svolta storico" nella ricerca della pace.

Il ruolo della Turchia nei negoziati tra Russia e Ucraina è reso possibile anche da una lunga e complessa relazione bilaterale con Mosca. I rapporti tra Ankara e il Cremlino sono caratterizzati da una combinazione di cooperazione economica, rivalità regionale e pragmatismo politico.

Le relazioni tra Turchia e Ucraina: cooperazione oltre la guerra

Al di là del ruolo di mediatore, la Turchia e l’Ucraina intrattengono rapporti bilaterali strategici. Negli anni recenti, Ankara ha fornito a Kiev droni da combattimento Bayraktar TB2, che sono stati utilizzati efficacemente durante le prime fasi dell’invasione russa. Inoltre, le due nazioni hanno firmato diversi accordi in ambito militare, commerciale ed energetico, rafforzando una cooperazione che va oltre la diplomazia di crisi.

La Turchia ha sostenuto l’integrità territoriale dell’Ucraina sin dall’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014 e ha condannato più volte le violazioni del diritto internazionale. Tuttavia, mantiene una posizione di equilibrio, continuando i rapporti economici anche con Mosca, in particolare nel settore energetico e turistico.

Intanto dal punto di vista energetico, la Turchia dipende fortemente dalle importazioni di gas russo. Progetti strategici come il gasdotto TurkStream rafforzano questa interdipendenza, rendendo Mosca un partner energetico chiave per Ankara. Allo stesso tempo, i due Paesi collaborano su grandi progetti infrastrutturali, come la costruzione della centrale nucleare di Akkuyu.

Sul piano militare e della difesa, le relazioni sono più ambigue. Sebbene la Turchia sia membro della Nato, ha acquistato dalla Russia il sistema missilistico S-400, provocando tensioni con gli alleati occidentali. Questa mossa ha evidenziato la volontà turca di mantenere una politica estera indipendente e multipolare, spesso in contrasto con le aspettative di Bruxelles e Washington.

In ambito regionale, Turchia e Russia si sono trovate su fronti opposti in vari conflitti – dalla Siria alla Libia, fino al Nagorno-Karabakh. Tuttavia, pur sostenendo schieramenti avversi, i due Paesi hanno sempre mantenuto un canale di comunicazione aperto e attivo, basato su un realismo politico che privilegia la gestione delle divergenze rispetto allo scontro diretto.

La proposta di Putin e le accuse a Kiev

In nottata il presidente russo aveva risposto alla richiesta di un cessate il fuoco di 30 giorni avanzata ieri durante il vertice di Kiev dei leader di Gran Bretagna, Francia, Germania e Polonia.

In una insolita dichiarazione letta ai giornalisti in una sala cerimoniale del Cremlino nel cuore della notte, Putin ha accusato l'Ucraina di aver violato i precedenti cessate il fuoco, ma ha proposto a Kiev un incontro diretto a Istanbul per giovedì prossimo.

"Siamo pronti per colloqui seri con l'Ucraina e vogliamo risolvere le cause profonde del conflitto", ha dichiarato Putin.

Fonte varie Agenzie 

 

 

 

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