La UE ha approvato il 17esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia
Dopo l’illusione, la disillusione. Dopo le parole, i fatti. Dopo l’apertura il gelo. Quello che viene da Mosca, dove il vicepresidente della Camera alta Kostantin Kosachev dichiara: “Ammesso e non concesso che ci saranno dei negoziati, l’iniziativa spetta a noi, perché a quel che mi risulta, non è chi sta perdendo che deve porre le condizioni preliminari“. Potrebbe bastare questo a far capire le reali intenzioni del Cremlino su un incontro diretto tra Putin e Zelensky giovedì 15 maggio a Istanbul.
Due giorni prima dei colloqui programmati tra Ucraina e Russia a Istanbul, il ministro degli Esteri ucraino Andrii Sybiha ha accolto con favore gli sforzi dei partner di Kiev per garantire un cessate il fuoco di 30 giorni e sostenere i negoziati diretti. In particolare, ha ringraziato i ministri europei dell'incontro di Weimar, nonché i Paesi baltici dell'NB 8, ritenendo che "Putin debba capire che rifiutare la pace ha un prezzo".
Contemporaneamente l’Unione europea ha approvato il 17esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. Le nuove misure prendono di mira le nuove petroliere “fantasma” utilizzate per aggirare le sanzioni esistenti volte a limitare le esportazioni di petrolio russo. Riguardano inoltre le attività ibride della Russia, le violazioni dei diritti umani e l’uso di armi chimiche.
Queste nuove sanzioni sono indipendenti da quelle massicce previste nel caso in cui Mosca si rifiuti di negoziare e accettare un cessate il fuoco di 30 giorni già accettato da Kiev e richiesto dai suoi alleati occidentali. Il pacchetto è stato adottato all’unanimità, quindi votato anche da Stati come Ungheria e Slovacchia. Solo due Paesi membri devono ancora passare attraverso i rispettivi parlamenti nazionali, ma si tratta solo di un aspetto procedurale.
Nello studio di Dimartedì, programma in onda su La7, è scoppiato un botta e risposta tra i due. Da una parte il giornalista ha fatto notare che Putin è chiamato ad accettare il dialogo con Zelensky altrimenti sarà svelato e confermato il suo bluff; dall'altra l'ex parlamentare del Movimento 5 Stelle ha criticato la narrazione dell'Occidente e si è scagliato contro l'Unione europea e il gruppo dei Paesi volenterosi. Inevitabile, dunque, il litigio.
Il dibattito sul possibile incontro di Istanbul tra Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin ha innescato un duro botta e risposta tra l’ex parlamentare Alessandro Di Battista e il giornalista Alan Friedman, con al centro accuse reciproche e visioni radicalmente opposte su come affrontare il conflitto in Ucraina.
Durante l'intervista , Di Battista ha liquidato come “politici falliti” i leader europei che stanno tentando di promuovere una tregua tra Kiev e Mosca. Secondo l’ex esponente del Movimento 5 Stelle, i cosiddetti “volenterosi” — ossia quei governi che spingono per una soluzione diplomatica — “non contano nulla” nello scenario globale, dove a decidere realmente sarebbero figure come Xi Jinping, Donald Trump e lo stesso Putin. “Mi auguro ci possa essere un negoziato – ha dichiarato – ma credo che ci sia qualcuno che vuole sabotarlo”.
Un’affermazione che risuona come un’accusa diretta all’Occidente e che sembra ribaltare la realtà diplomatica: è infatti il Cremlino a non aver ancora confermato la partecipazione all’incontro di Istanbul, facendo aumentare le pressioni internazionali e riaccendendo l’ipotesi di nuove sanzioni da parte dell’Unione Europea. Una mossa che ha fatto infuriare Di Battista: “Gli hanno già applicato sedici pacchetti di sanzioni. Ora minacciano il diciassettesimo se non ci sarà una tregua di 30 giorni. Ma Putin se ne infischia. La Russia non è crollata, nonostante le balle che ci hanno raccontato per anni”.
Secondo l’ex deputato, Mosca non solo avrebbe resistito all’impatto delle sanzioni, ma ne sarebbe uscita rafforzata, grazie al sostegno di nuove alleanze internazionali e al controllo delle aree più ricche dell’Ucraina. “Oggi Putin ha il coltello dalla parte del manico”, ha dichiarato, suggerendo che l’Europa avrebbe dovuto fin da subito coinvolgere attori come i BRICS e nominare un inviato speciale per facilitare una mediazione.
Parole che non sono rimaste senza risposta. Alan Friedman, noto analista politico e opinionista, ha bollato l’intervento di Di Battista come “una sterile polemica demagogica, priva di concretezza”. Secondo Friedman, l’unico vero ostacolo alla pace è la posizione ambigua del presidente russo: “Zelensky ha accettato immediatamente il confronto, Putin no. E la sua presenza a Istanbul resta un’incognita. Questo dimostra che non è interessato alla pace”, ha affermato il giornalista. “Mettitelo in testa: è Putin che può porre fine alla guerra. Solo lui può farlo, e non vuole”.
La replica di Di Battista non si è fatta attendere. Con tono sarcastico, ha commentato: “Ora tutto è in mano a Putin? Chapeau. Bel capolavoro. Siete stati bravissimi. Parlate di demagogia, ma avete totalmente fallito”.
L’episodio evidenzia ancora una volta quanto il dibattito sulla guerra in Ucraina sia polarizzato e come ogni tentativo di mediazione venga spesso strumentalizzato in funzione di posizioni ideologiche. Nel frattempo, l’attesa per un segnale da parte del Cremlino resta alta, mentre sul tavolo c’è una sola certezza: senza la volontà politica di Mosca, il negoziato rischia di restare lettera morta.
Fonte varie agenzie