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L’ambasciatore d’Italia in Finlandia, Sergio Pagano, ha recentemente ricevuto presso nella Residenza diplomatica una rappresentanza dell’Helsinki International Press Club, organizzazione che riunisce complessivamente circa 4.000 giornalisti e professionisti dei media e del mondo dell’informazione finlandese.

Nel suo indirizzo di saluto l’ambasciatore Pagano ha sottolineato l'importanza di una comunicazione aperta ed efficace con i media locali, rimarcando il ruolo essenziale della stampa nel promuovere la conoscenza e la cooperazione tra i due Paesi. A seguire, il presidente del Club, Toivo Haimi, ha espresso il suo apprezzamento per l’invito e ha sottolineato il valore di tali iniziative per i professionisti impegnati nel campo dell’informazione.

L’evento ha rappresentato un’importante occasione per consolidare il dialogo tra l’Ambasciata e la comunità giornalistica finlandese e per discutere temi di attualità relativi alle relazioni bilaterali tra Italia e Finlandia, spaziando dalla cooperazione economica e culturale alle prospettive future di collaborazione nei settori della sostenibilità ambientale, delle energie rinnovabili e dell’innovazione tecnologica. I membri dell’Helsinki International Press Club hanno espresso grande apprezzamento per l’accoglienza e per l’apertura al dialogo, contribuendo a creare un ambiente cordiale e costruttivo. L’incontro si è concluso con un bilancio positivo, confermando l’importanza di tali momenti di confronto per consolidare ulteriormente le relazioni italo-finlandesi.

Qualche giorno prima, lo stesso ambasciatore aveva preso parte, presso il Museo d’Arte Sinebrychoff a Helsinki, insieme alla direttrice del Museo, Kirsi Eskelinen,all’inaugurazione ufficiale della mostra su Jacopo Da Ponte, detto Jacopo Bassano. La mostra, intitolata “Jacopo Bassano – Maestro del Rinascimento Veneziano“, frutto di un’ampia collaborazione internazionale, e realizzata con il contributo dell’Istituto Italiano di Cultura di Helsinki, ripercorre circa un trentennio di attività del pittore, attraverso le diverse fasi che hanno caratterizzato la sua opera.

L’evento inaugurale ha registrato, oltre agli interventi dell’Ambasciatore Pagano e della direttrice Eskelinen, la partecipazione di numerosi esponenti della stampa e del mondo culturale e artistico finlandese, testimonianza tangibile dei forti legami culturali tra Italia e Finlandia.

Le 34 opere che compongono la mostra rimarranno esposte presso il Museo d’Arte Sinebrychoff fino al 12 gennaio 2025. Per maggiori informazioni: Jacopo Bassano – Venetian Renaissance Master – Sinebrychoff Art Museum (sinebrychoffintaidemuseo.fi)

Jacopo Bassano (1515-1592 circa) è uno dei più importanti pittori del Rinascimento veneziano. Fu un maestro artistico del colore e della luce e creatore di dipinti pastorali con temi biblici. La mostra monografica di Jacopo Bassano presenta, per la prima volta in Europa al di fuori dell’Italia, un’ampia esposizione delle opere dell’artista, con dipinti appartenenti a collezionisti privati e opere pubbliche dipinte sugli altari delle chiese. Uno dei temi della mostra è la cosiddetta pittura pastorale biblica, in cui la rappresentazione del paesaggio e della luce, così come i dettagli naturalistici, sono centrali nella trattazione del soggetto. Nei suoi dipinti, gli animali sono spesso i veri protagonisti e alcuni dei dipinti di Jacopo che ritraggono cani possono essere considerati come veri e propri ritratti. Jacopo Bassano trascorse la maggior parte della sua carriera lavorando nella bottega fondata dal padre, che egli stesso gestì con successo a partire dal 1539. La produzione della bottega era varia e aveva come clientela sia nobili che popolani. La bottega era un’azienda familiare secondo la tradizione veneziana, con i quattro figli di Jacopo che lavoravano al suo fianco.

La mostra è curata dagli studiosi di Jacopo Bassano Kirsi Eskelinen, e dalla dott.ssa Claudia Caramanna. (gn)

Per maggiori informazioni: Jacopo Bassano – Venetian Renaissance Master – Sinebrychoff Art Museum (sinebrychoffintaidemuseo.fi)

 

 

 

Nel pomeriggio di sabato 13 luglio a Rapallo, in provincia di Genova, presso la Villa Queirolo, sede del Panathlon e alla presenza del Presidente Giorgio Costa, è stato presentato dalla giornalista Isabella Puma il libro “QUANDO L’IMPORTANTE È VINCERE” di Andrea Goldstein, edito da Il Mulino 2024. I prossimi Giochi Olimpici di Parigi 2024 e l’importanza dei temi celebrati dalle Olimpiadi, come il desiderio dell’essere umano di puntare in alto, andare veloce e lontano superando i propri limiti, i valori universali dello sport, rendono estremamente attuali le tematiche trattate dal libro di Goldstein ed i relativi eventi di presentazione in Liguria, che godono del patrocinio non oneroso della Rappresentanza in Italia della Commissione europea. Gli eventi di presentazione hanno visto la presenza di atleti delle Olimpiadi degli anni scorsi, come Marco Fichera, medaglia d’argento Scherma alle Olimpiadi di Rio del 2016, Raffaello Leonardo, medaglia di bronzo canottaggio alle Olimpiadi di Atene 2004 e Eraldo Pizzo, medaglia d’oro pallanuoto alle Olimpiadi di Roma 1960. Massimo Pronio, Responsabile Comunicazione della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, fa sapere che: “Siamo lieti di aver patrocinato gli eventi di presentazione del libro di Andrea Goldstein perché in linea con il modello europeo di sport, che rivolge particolare attenzione all’inclusione, alla solidarietà e al miglioramento del benessere psicofisico della collettività. Gli eventi sportivi rappresentano anche un’opportunità unica per stimolare la crescita e lo sviluppo economico a lungo termine per i territori, considerando soprattutto gli investimenti e gli interventi infrastrutturali che rimangono alle comunità locali”. L’autore del libro Andrea Goldstein informa che: “Se mai è stato vero che l'importante non sia vincere ma partecipare, la celebre massima del Barone de Coubertin mal si adatta alla realtà delle Olimpiadi contemporanee. Per gli atleti, i Giochi olimpici significano passare migliaia di ore ad allenarsi, magari mettendo a rischio la propria salute; per le città, spendere somme colossali per costruire infrastrutture che raramente trovano successivo utilizzo; per le imprese, investire cifre in costante crescita per sponsorizzare le competizioni in paesi che non sempre rispettano i diritti fondamentali. Ma non per questo è svanito il fascino dell'oro simbolico che luccica come se fosse vero. Un libro per chi vuole capire di cosa si parla davvero ogni volta che si evocano le Olimpiadi”. Il Professore della Università degli Studi di Torino della Facoltà di Scienze Politiche che ho frequentato, Chito Guala, genovese di origini, durante le sue interessanti lezioni ci ha raccontato la genesi e la storia del mega evento delle Olimpiadi che ha toccato Torino per le Olimpiadi invernali del 2006 traghettando la città verso una vocazione di accoglienza turistica internazionale prima sconosciuta. Chito Guala, nel suo libro “Mega eventi. Immagini e legacy dalle Olimpiadi alle Expo”- Carocci Editore fa sapere che: “Da molti anni città e regioni inseguono la strada dei grandi eventi (Giochi olimpici ed Expo in primo luogo) per acquisire una nuova immagine, riposizionarsi a livello internazionale, diversificare la propria offerta turistica e culturale. Ma ormai è evidente che organizzare un mega evento comporta la pianificazione attenta della legacy, cioè dell'eredità materiale e immateriale, che può trasformare profondamente un territorio nel breve e lungo termine: talora l'evento costituisce un inutile "effetto intermezzo", o lascia strutture abbandonate, costose e difficili da riutilizzare, cattedrali nel deserto frutto di errori e illusioni. Questa seconda edizione di "Mega Eventi" profondamente rinnovata, affronta soprattutto il ciclo di vita degli eventi e i loro effetti, in particolare quelli simbolici (come cambia l'identità di una città?) e l'andamento del turismo nel lungo periodo. Il libro riprende il dibattito sui mega eventi, discute casi di successo e fallimento, approfondisce gli effetti a lungo termine di Genova, "Capitale europea della cultura" nel 2004, e di Torino 2006 (XX Giochi olimpici invernali); le conclusioni affrontano le differenze tra Olimpiadi ed Expo, anche in riferimento a Milano 2015, analizzando lo scarto, talora pesante, tra i grandi numeri attesi e i dati reali dei visitatori e dei turisti”.

 

Inizio con una frase altisonante: “senza Dio l'uomo si perde”. Iniziare così significa rischiare di non essere letti. Eppure sono i fatti di cronaca di bruta violenza che confermano la frase iniziale. Ogni giorno i servizi televisivi mostrano una deriva impietosa della nostra società. Servizi però che non riescono a dare delle risposte. Ma cosa sta succedendo? «L’uomo ha bisogno di Dio, oppure le cose vanno abbastanza bene anche senza di Lui?[...] Ma quanto più il mondo si allontana da Dio, tanto più diventa chiaro che l’uomo, nell’hybris del potere, nel vuoto del cuore e nella brama di soddisfazione e di felicità, “perde” sempre di più la vita», sono parole di Benedetto XVI, che in tutto il suo Magistero ci ricorda che dobbiamo ritornare a Dio.

“Non c'è bisogno di essere degli integralisti cattolici per accogliere le parole del Papa emerito come un avvertimento saggio e ponderato, come il segno di preoccupazione di un magistero [...]”, lo scrive Riccardo Pedrizzi nel suo ultimo libro, “Joseph Ratzinger-Benedetto XVI: La ragione dell'uomo sulle tracce di Dio”, edizioni Cantagalli (2023) Si tratta di un breve saggio di 77 pagine che raccoglie articoli e interventi dell'ex senatore Pedrizzi sulla figura di Benedetto XVI. Da questi vari interventi emerge che tutto il pontificato di Papa Ratzinger,“ha cercato di avvicinare Dio agli uomini e gli uomini a Dio. Scrive il Cardinale Giovanni Battista Re nella prefazione - “In diverse occasioni ci ha ricordato che il nostro mondo non potrà essere veramente umano senza il sole di Dio nel suo orizzonte, perché solo in Dio si trova adeguata risposta al suo desiderio di felicità”.

L'agile libro di Pedrizzi, potrebbe essere un ottimo e sintetico testo di introduzione per la conoscenza e lo studio del grande pontefice tedesco. Qualcosa di simile l'ho fatto anch'io con il mio saggio sintetico su san Giovanni Paolo II, l'altro gigante della Chiesa del Novecento. Del resto Pedrizzi fa spesso riferimento all'immenso Magistero di san Giovanni Paolo II. Lo stesso Papa Ratzinger durante un'intervista riferendosi al suo predecessore, parlando dei tanti documenti che ci ha lasciato (tra cui 14 encicliche e molte lettere pastorali), spiegò:“tutto questo rappresenta un patrimonio ricchissimo che non è ancora sufficientemente assimilato nella Chiesa. Lo considero proprio una mia missione essenziale e personale di non emanare tanti nuovi documenti, ma di fare in modo che questi documenti siano assimilati, perché sono un tesoro ricchissimo, sono l'autentica interpretazione del Vaticano II”.

Il libro è introdotto da Gianni Letta, ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri in tutti i governi guidati da Silvio Berlusconi. Letta sottolinea l'impegno culturale che continua a dare Pedrizzi con la pubblicazione di questo libro insolito per un politico (non siamo abituati a questo genere di impegno). Per Letta, l'autore del libro mostra di conoscere e di aver studiato nella sua complessità l'opera di Papa Benedetto, e soprattutto individua due punti essenziale nella miniera ratzingeriana: 1) Benedetto non tollera che la questione su Dio sia tagliata fuori dal campo della ragione; 2) Dio non può essere estromesso dalla vita pubblica, e ridotto a questione privata. Letta nel suo intervento fa anche riferimento all'importante libro “Senza radici”, che prima di diventare papa, l'allora cardinale Ratzinger, ha scritto insieme a Marcello Pera, allora presidente del Senato. In quel libro il cardinale fece una importante considerazione, sull'Europa che rifiuta le proprie radici cristiane: “l'Occidente non ama più se stesso: della sua storia ormai vede soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo mentre non è più in grado di percepire ciò che è più grande e puro”. Ecco a dieci anni da quel libro Padrizzi ripropone un dialogo a distanza su quei temi. Il saggio è composto di dodici brevi argomenti dove c'è un solo protagonista: Ratzinger – Benedetto XVI. Alla fine c'è la postfazione di Giuseppe De Lucia Lumeno.

Papa Ratzinger ci lascia una grande eredità, stretto collaboratore di Giovanni Paolo II, rappresenta il custode del magistero cattolico. E' sempre stato in prima linea nel combattere la buona battaglia spirituale per riaffermare e ribadire la necessità per l'Europa e per l'Occidente di non smarrire il ricordo e l'ancoraggio alla Fede in Gesù Cristo. Sia quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che da Papa, ha sempre rammentato i rischi della deriva relativista, delle ideologie nichiliste, dello smarrimento della propria identità spirituale dell'Europa, del pensiero debole. Da sempre è stato accusato di essere il “portabandiera di una concezione reazionaria del mondo”, accuse che non lo hanno mai scosso, ha sempre continuato con determinazione e con serenità la sua missione evangelizzatrice.

Ratzinger, grande custode della fede, fu il migliore erede che potesse avere Giovanni Paolo II, si occupò di tutti i temi più importanti, da quelli di impronta teologica, il celibato dei preti, gli abusi liturgici, a quelli di carattere etico-sociale, come la difesa e promozione della vita e della famiglia, a quelli di carattere “politico”, come la rivendicazione del ruolo pubblico del cristianesimo. Fino al dovere dell'elettore e del politico cattolico di essere coerente, assoluta fedeltà ai valori della tradizione, ai cardini del magistero. Il suo programma pastorale fu quello di non piegare la testa, contro le due più grandi insidie del nostro tempo: il relativismo etico e il nichilismo libertario. Quello di Benedetto XVI fu un pontificato conservatore e innovatore nello stesso tempo, come quello di Wojtyla. “Benedetto XVI è stato una roccia, un nocchiero della Chiesa, il Papa della fermezza e dell'amore, dell'intransigenza e della tenerezza della Verità del Vangelo, prima forma di carità”.

Pedrizzi affronta il tema dell'attacco che ha subito papa Ratzinger dopo il discorso di Ratisbona. Volutamente equivocato da alcuni, ma il papa disse che “la fede è profondamente ragionevole e che essa deve essere proposta e non può essere imposta”. Non offese l'Islam, il suo invece fu “un invito a riscoprire ciò che unisce i cristiani e i musulmani; una convinta esortazione al dialogo e al confronto franco[...]”. Tuttavia per Benedetto XVI, la minaccia alla nostra religione, alla nostra identità cristiana, viene dal relativismo etico, dal nichilismo libertario, dal laicismo, dalla secolarizzazione, tutti fattori come un virus che hanno infettato il nostro modo di pensare e di vivere, la nostra società, europea e occidentale. Comunque il Papa conferma che le nostre radici religiose e culturali non si difendono negando quelle degli altri, non dobbiamo avere paura delle identità degli altri, la migliore “medicina” è quella “di riscoprire e riaffermare la nostra, tornare ad essere cristiani, incarnare i principi e i valori in cui diciamo di credere”. Nel testo troviamo altre importanti riflessioni poste all'attenzione dei lettori, Pedrizzi fa un ringraziamento pubblico a Ratzinger per la difesa dei principi non negoziabili, principi oggettivi di legge naturale, che non sono confessionali o clericali. Per esempio la difesa della vita non è una prerogativa di un credo religioso o fede politica. Come dico spesso, fare figli conviene a tutti, non solo alla Chiesa. Ultimi temi affrontati sono quelli della nociva “Teologia della Liberazione”, diffusa soprattutto negli ambienti della Chiesa del Sud America. Interessanti infine, le considerazioni sulle “minoranze creative” auspicate dal Papa all'interno della Chiesa,“saldi nella sana dottrina, devono tornare ad essere quei poli d'attrazione che facciano interrogare nuovamente l'uomo del nostro tempo e convincerlo, con l'esempio, che è meglio vivere scommettendo su Dio piuttosto che farne a meno o metterlo tra parentesi”.

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