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Venerdì, 25 Aprile 2025

Dopo l’attentato che ha insanguinato il Kashmir indiano, provocando la morte di almeno 26 civili, in gran parte turisti, il governo di Nuova Delhi ha lanciato un appello all’unità nazionale. L’esecutivo guidato dal Bharatiya Janata Party (BJP) del premier Narendra Modi ha convocato una riunione straordinaria con i leader di tutti i partiti politici, nel tentativo di rafforzare il fronte interno in un momento di forte instabilità e tensione.

Secondo quanto riportato dal quotidiano The Hindu, i ministri dell’Interno e della Difesa, Amit Shah e Rajnath Singh, sarebbero in contatto con le principali forze dell’opposizione, incluso il Congresso Nazionale Indiano (INC), che aveva chiesto un vertice urgente e un clima di coesione per affrontare con fermezza la minaccia terroristica.

“Serve una risposta unitaria e condivisa davanti a una tragedia che colpisce l’intera nazione”, ha dichiarato Mallikarjun Kharge, leader del Congresso, auspicando che ogni differenza politica venga momentaneamente messa da parte per tutelare la sicurezza del Paese.

L’attentato, uno dei più gravi degli ultimi anni nella regione contesa del Kashmir, ha nuovamente riacceso l’allarme sicurezza alle porte delle elezioni nazionali e rafforzato il dibattito sulla gestione del conflitto con i gruppi separatisti attivi nell’area.

Attentato in Kashmir, Nuova Delhi risponde con misure dure contro il Pakistan

L’attacco terroristico nei pressi della località turistica di Pahalgam, nel Kashmir indiano, ha provocato una scossa profonda nell’opinione pubblica e nelle istituzioni di Nuova Delhi, spingendo il governo a reagire con fermezza sul piano diplomatico e politico. In seguito all’attentato, costato la vita a 26 civili, in gran parte turisti, l’India ha adottato una serie di contromisure rivolte direttamente al Pakistan, ritenuto connivente o direttamente coinvolto nel sostegno ai gruppi jihadisti responsabili della strage.

Tra le misure annunciate, la sospensione del trattato bilaterale sulle acque del fiume Indo, la chiusura del valico di Attari – uno dei principali punti di transito tra i due Paesi – e il blocco immediato dell’emissione dei visti per cittadini pakistani. Inoltre, le autorità indiane hanno ordinato a tutti i cittadini del Pakistan attualmente presenti sul territorio indiano di lasciare il Paese entro la fine di aprile.

Il primo ministro Narendra Modi ha parlato pubblicamente da Patna, capitale dello stato del Bihar, definendo l’attentato “un crimine vile contro civili innocenti”. Nel suo discorso ha lanciato un duro atto d’accusa contro Islamabad, colpevole, a suo dire, di sostenere “il terrorismo transfrontaliero”. "Inseguiamo i responsabili fino ai confini del mondo – ha dichiarato – e non ci fermeremo finché non saranno assicurati alla giustizia”.

Le parole del premier e le azioni del governo confermano l’inasprimento dei rapporti già tesi tra India e Pakistan, e aprono a nuovi scenari di tensione nella regione, storicamente instabile e contesa tra le due potenze nucleari. Intanto, mentre la diplomazia internazionale osserva con attenzione gli sviluppi, l’India si prepara a rafforzare la sicurezza interna e a mantenere alta la pressione sul fronte esterno.

Kashmir, escalation senza precedenti: il Pakistan espelle funzionari indiani e sospende i rapporti con Nuova Delhi

La crisi tra India e Pakistan ha raggiunto un nuovo livello di allerta, dopo il sanguinoso attentato a Pahalgam – costato la vita a 26 civili – che ha riacceso il conflitto latente nella regione del Kashmir. In risposta alle accuse di Nuova Delhi, Islamabad ha reagito con dure contromisure, espellendo diversi funzionari militari indiani, revocando i visti ai cittadini indiani (fatta eccezione per i pellegrini sikh) e sospendendo ogni forma di traffico commerciale e aereo con l’India.

L’attacco di Pahalgam è stato definito il più grave attentato contro civili nella regione contesa dal 2000, quando un’altra azione armata uccise 36 persone. L’intensità dello scontro attuale riporta la memoria al 2019, anno in cui un attentato suicida a Pulwama colpì un convoglio della polizia paramilitare indiana, causando la morte di 42 agenti. In quell’occasione, le tensioni sfociarono anche in scontri aerei tra i due Paesi.

La regione del Kashmir resta al centro di una disputa geopolitica che si protrae da oltre 70 anni, con India e Pakistan – entrambe potenze nucleari – che continuano a rivendicare la sovranità sul territorio. L’episodio di Pahalgam sembra aver riaperto ferite mai rimarginate, aggravando un contesto già estremamente fragile.

Fonti diplomatiche parlano di una crisi “vicina al punto di non ritorno”, con crescenti timori internazionali per una possibile escalation armata. Mentre le cancellerie mondiali invitano alla de-escalation e al dialogo, l’atmosfera tra i due vicini resta tesissima, con il rischio concreto di un nuovo scontro frontale nella regione più militarizzata del pianeta.


Fonte varie agenzie

L'acquisto di aerei Boeing con i soldi dei beni russi "congelati", una volta che ci sarà un cessate il fuoco in Ucraina, viene messo da Mosca sul tavolo delle trattative con gli Stati Uniti, come riportato da Bloomberg.

Nello specifico, secondo una fonte russa citata da Bloomberg, la Russia ha chiesto agli Stati Uniti di poter acquistare aerei Boeing, utilizzando i soldi di miliardi di dollari in beni statali "congelati", una volta che ci sarà un cessate il fuoco in Ucraina.

Come riferisce la fonte di Mosca, sebbene la richiesta non sia una condizione per accettare un cessate il fuoco, la Russia comprende che i fondi "congelati" non possono essere utilizzati per acquistare l'aereo senza un cessate il fuoco. Un tale accordo - che consentirebbe l'acquisto di aeromobili - potrebbe far parte di un allentamento delle sanzioni in caso di cessazione delle ostilità.

Nel frattempo, Washington ha segnalato che qualsiasi impegno finanziario può essere discusso solo dopo un cessate il fuoco.

"Gli Stati Uniti non discuteranno alcun impegno finanziario fino a quando non sarà raggiunto un cessate il fuoco", ha detto il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale Brian Hughes in risposta alla domanda se la Russia stesse cercando di acquistare jet Boeing.

Dall'inizio della guerra, l'Occidente ha congelato circa 280 miliardi di dollari. Dol. sulle attività della Banca Centrale di Russia e ha bloccato le compagnie aeree russe dai mercati statunitensi ed europei (aeromobili Boeing e Airbus e pezzi di ricambio necessari per la manutenzione, a causa delle sanzioni imposte, escludendo anche dallo spazio aereo statunitense e dell'UE).

La Russia ha chiesto agli Stati Uniti di revocare le sanzioni su Aeroflot e consentire la ripresa dei voli diretti tra i due Paesi.

La prospettiva di una possibile ripresa delle vendite di Boeing alla Russia sembra guadagnare terreno mentre la società statunitense è schiacciata in altri mercati dalla guerra dei dazi.

 La co-produzione di 109 elicotteri da trasporto Lockheed Martin T70 per la Turchia è sull'orlo della completa 

 Intanto le relazioni tra Stati Uniti e Turchia, soprattutto nel settore della difesa, non sono cambiate di un millimetro a causa dell'acquisto di missili russi S-400.

Per questo motivo, sono stati identificati grossi problemi nel programma di co-produzione di 109 elicotteri S-70i (T-70) per l'esercito turco, dal momento che Lockheed Martin ha da tempo smesso di inviare sistemi specifici, a causa delle sanzioni CAATSA.

Estratti dal rapporto finanziario annuale di Lockheed Martin hanno mostrato seri problemi nella co-produzione di elicotteri T70 in collaborazione con Turkish Aerospace Industries.

La cooperazione USA-Turchia in materia di difesa, finalizzata alla costruzione di elicotteri T70 che riguardano non solo l'esercito turco ma anche le esportazioni all'estero, si è fermata completamente, creando un problema per la leadership militare turca che vuole disperatamente questi elicotteri.

Questo di per sé è abbastanza sospetto, dal momento che 109 elicotteri da trasporto di questo tipo trasportano una Brigata di forze aeree da sbarco, a distanze relativamente ravvicinate come le nostre isole dell'Egeo, in uno scenario di conflitto greco-turco.

La leadership militare greca è a conoscenza di questi piani per le unità turche, che assisteranno le tre nuove unità dei Marines che sono state create sullo sfondo del Mar Egeo pochi mesi fa, mostrando i chiari piani offensivi di Ankara contro la Grecia.

Sebbene Lockheed Martin e le sue controparti turche siano ancora impegnate nel dialogo, il futuro del programma è caduto nella completa incertezza.Il 31 dicembre 2024, Lockheed aveva registrato perdite cumulative nel programma di cogenerazione TUHP, affermando in un comunicato che queste perdite erano allora ancora piccole, ma ora sono cresciute pericolosamente.

L'azienda americana ha avvertito che se non si raggiunge presto una soluzione, l'impatto economico potrebbe diventare significativo.

 "Se non riusciamo a raggiungere un accordo a breve termine", avverte il rapporto, "noi o il nostro cliente potremmo perseguire alternative, che potrebbero portare a una riduzione delle vendite, sanzioni, danni o costi irrecuperabili, ognuno dei quali potrebbe avere un impatto significativo sui nostri risultati finanziari", ha detto l'amministratore delegato della società statunitense.

Il futuro di questa cooperazione dei turchi con Lockheed Martin non è noto perché non si comprende l'atteggiamento che Trump alla fine assumerà nei confronti della Turchia nel suo complesso a causa della presenza degli S-400.

Quel che è assolutamente certo, però, è che il presidente americano non può concedere indulgenza a Erdogan per nessun programma comune, bypassando una legge in vigore fin dal suo primo mandato.

La questione dei turchi con gli elicotteri americani sarà risolta in un pacchetto con le sanzioni statunitensi, o sarà annullata, che è la cosa più probabile alla fine.

Donald Trump torna a far sentire la sua voce sul conflitto tra Russia e Ucraina e lo fa con toni durissimi. In un post pubblicato sulla piattaforma Truth Social, l'ex presidente degli Stati Uniti ha attribuito la responsabilità della guerra all’attuale amministrazione americana e al governo ucraino.

"La guerra tra Russia e Ucraina è la guerra di Biden, non la mia", ha dichiarato Trump, puntando il dito contro il Presidente Joe Biden e il leader ucraino Volodymyr Zelensky. "Il presidente Zelensky e il corrotto Joe Biden hanno fatto un lavoro assolutamente orribile nel permettere che questa farsa iniziasse", ha aggiunto l’ex presidente, rilanciando le sue accuse nei confronti dell’establishment democratico.

Secondo Trump, il conflitto si sarebbe potuto evitare. "C’erano molti modi per impedirne l’inizio", ha sottolineato, ribadendo la convinzione che una politica estera più decisa e meno compromessa avrebbe potuto scongiurare l’escalation.

Le parole del tycoon arrivano in un momento delicato per la diplomazia internazionale e alimentano ulteriormente il dibattito sul ruolo degli Stati Uniti nel conflitto in corso.

Nuovo botta e risposta tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky. Il presidente Usa, come riportato da Rai News, ha pubblicato un duro attacco su Truth contro Joe Biden e il leader ucraino. Le sue parole arrivano in un momento in cui la situazione sul campo resta estremamente critica, con nuovi bombardamenti e decine di feriti.

Parallelamente alle dichiarazioni di Donald Trump, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha pubblicato un aggiornamento sulla situazione bellica in Ucraina. In un post su X (Ex Twitter), ha scritto: “Tutti gli obiettivi colpiti sono civili: edifici di appartamenti, negozi, un benzinaio“. Il leader ha fornito un bilancio delle vittime e dei feriti a seguito di un attacco missilistico a Sumy, dove 119 persone sono rimaste ferite. Inoltre, sette feriti sono stati registrati a Odessa a causa di un attacco con droni “Shahed“.

Mosca detta le condizioni per il cessate il fuoco: "Kiev fuori dalla NATO e riconosca i nostri confini"

Mentre gli Stati Uniti valutano le proprie strategie nel conflitto ucraino, la Russia torna a dettare pubblicamente le sue condizioni per un eventuale cessate il fuoco. A delineare la posizione del Cremlino è Sergei Naryshkin, capo dei servizi segreti esteri, che in un’intervista rilanciata dall’agenzia Tass ha ribadito le richieste ritenute da Mosca "non negoziabili".

Tra le priorità, la rinuncia dell’Ucraina all’ingresso nella NATO, lo status di Paese neutrale e denuclearizzato, la completa demilitarizzazione e la cosiddetta “denazificazione” di Kiev. Naryshkin ha inoltre indicato come necessaria l’abolizione di tutte le leggi considerate discriminatorie approvate dopo il 2014, anno della rivoluzione di Maidan.

Ma il nodo più controverso resta quello dei confini: qualsiasi accordo, ha sottolineato il numero uno dell’intelligence russa, dovrà includere il riconoscimento della "sovranità e dei confini attuali della Federazione Russa", un riferimento diretto ai territori ucraini attualmente occupati dalle forze di Mosca e da essa già annessi unilateralmente.

Una posizione che difficilmente troverà aperture a Kiev o in Occidente, ma che mostra chiaramente quali siano, al momento, le condizioni che Mosca considera fondamentali per mettere fine alle ostilità.

Donald Trump non firma: l'ultimo "sgarbo" a Zelensky

Gli Stati Uniti hanno deciso di non appoggiare una bozza di dichiarazione del G7 che includeva la condanna dell'attacco russo a Sumy, avvenuto domenica scorsa. Secondo fonti diplomatiche citate da Adnkronos, aggiunge Il Giornale, la scelta sarebbe stata dettata dalla volontà di "mantenere aperto uno spazio negoziale" con Mosca.

Fonte varie agenzie 

 

 

Il mondo piange la scomparsa di Papa Francesco, deceduto nella mattinata di lunedì 21 aprile all’età di 88 anni. Secondo quanto riportato dalla Santa Sede, il Pontefice è stato colpito da un grave ictus cerebrale che ha provocato un coma irreversibile e successivamente un collasso cardiocircolatorio.

La salma del Santo Padre è attualmente esposta nella residenza di Santa Marta, dove fedeli e membri della Curia possono rendergli omaggio per tutta la giornata. A partire da domani, martedì 22 aprile, il feretro verrà trasferito nella Basilica di San Pietro per l’omaggio pubblico in vista delle esequie.

I funerali di Papa Francesco si terranno sabato 26 aprile alle ore 10:00 in Piazza San Pietro, alla presenza di capi di Stato, autorità religiose e migliaia di fedeli attesi da ogni parte del mondo.

Seguiranno aggiornamenti in tempo reale sulla giornata di lutto e sugli eventi ufficiali previsti nelle prossime ore.

«Denuncia di morte di sua santità Francesco»: è questa l'intestazione del documento con cui il Vaticano comunica ufficialmente al mondo la morte del Papa, avvenuta nelle prime ore del mattino di lunedì 21 aprile 2025, e le sue cause. Il documento porta la firma del direttore della Direzione di Sanità e Igiene dello Stato della Città del Vaticano, il professor Andrea Arcangeli.

«Certifico», si legge, «che Sua Santità Francesco (Jorge Mario Bergoglio) nato a Buenos Aires (Argentina) il 17 dicembre 1936, Residente nella Città del Vaticano, Cittadino Vaticano, è deceduto alle ore 7.35 del giorno 21/04/2025 nel suo appartamento presso la Domus Santa Marta (Città del Vaticano)»
Ecco le cause di morte, elencate nel documento con un corpo maiuscolo:

«- ICTUS CEREBRI
- COMA
- COLLASSO CARDIOCIRCOLATORIO IRREVERSIBILE».

Viene dunque confermato quanto anticipato dal Corriere sull'ictus come causa di morte del Papa. Nel documento sono incluse anche le patologie pregresse di cui soffriva Bergoglio:
«- Pregresso episodio di insufficienza respiratoria acuta in polmonite bilaterale multimicrobica
- Bronchiectasie multiple
- Ipertensione arteriosa
- Diabete tipo II»

L’ultima apparizione del Papa al mondo è stata nel giorno della Pasqua di risurrezione. Bergoglio aveva espresso il desiderio di essere tra i fedeli per la benedizione Urbi et Orbi e così è stato. In carrozzina alle 12 - dopo aver incontrato a sorpresa il vice presidente degli Stati Uniti JD Vance - è apparso al mondo dal loggione delle benedizioni senza i naselli per l’ossigeno ma in tutta la sua fragilità. Ha detto poche parole: ‘Cari fratelli e sorelle, Buona Pasqua’ poi ha affidato la lettura del messaggio a mons. Diego Ravelli ma nel testo pasquale c’era tutto Bergoglio.

Il Pontefice, nel messaggio, ha rinnovato il suo appello per un no al riarmo, denunciando la “volontà di morte” che “vediamo ogni giorno nei tanti conflitti che interessano diverse parti del mondo! Quanta violenza vediamo spesso anche nelle famiglie, nei confronti delle donne o dei bambini! Quanto disprezzo si nutre a volte verso i più deboli, gli emarginati, i migranti!”. Il suo pensiero è andato a Gaza dove c’è una “situazione umanitaria ignobile”.

Alla martoriata Ucraina per la quale era tornato a chiedere ogni sforzo per una “pace giusta e duratura”. E poi ha lanciato un appello per tutti i Paesi teatro di conflitti ormai dimenticati. Al termine della benedizione, che ha voluto dare lui stesso con un filo di voce, è sceso in piazza tra i fedeli e, convalescente dopo il ricovero di 38 giorni al Gemelli, ha fatto il bagno di folla tra la gente commossa, sull’auto scoperta. ‘Francesco, resta con noi’, hanno detto i fedeli. E’ stato il suo congedo.

Proseguono i preparativi per l’addio a Papa Francesco, scomparso all’età di 88 anni. La Sala Stampa della Santa Sede ha comunicato che il rito della traslazione della bara si terrà domani, mercoledì 23 aprile, alle ore 9. Al termine della cerimonia, la Basilica di San Pietro sarà aperta ai fedeli per l’omaggio pubblico: domani dalle ore 11 alle 24, giovedì dalle 7 alle 24 e venerdì dalle 7 alle 19.

Nel frattempo, il Consiglio dei ministri ha deliberato cinque giorni di lutto nazionale. La misura, entrata in vigore oggi, proseguirà fino a sabato 26 aprile, giorno in cui si svolgeranno i funerali del Pontefice in Piazza San Pietro, alla presenza di leader politici e religiosi provenienti da tutto il mondo. In segno di rispetto, il campionato di calcio di Serie A sarà sospeso nella giornata di sabato. Le partite riprenderanno regolarmente domenica 27.

Nel ricordo commosso del Papa, emergono anche alcuni dettagli toccanti delle sue ultime ore. Secondo quanto riportato dai media vaticani, Francesco avrebbe rivolto parole di affetto e gratitudine al suo assistente personale e infermiere, Massimiliano Strappetti, subito dopo la Benedizione Urbi et Orbi: “Grazie per avermi riportato in piazza”, avrebbe detto con voce fioca ma sorridente. Una frase che racchiude tutto il desiderio del Pontefice di rimanere vicino ai fedeli fino alla fine. Poco prima, aveva chiesto: “Credi che possa farlo?”, riferendosi al giro sulla Papamobile.

Il pomeriggio è poi trascorso in serenità. Il Papa ha cenato come di consueto, in un clima di calma e raccoglimento, prima che la sua condizione clinica si aggravasse nelle ore successive.

L’addio a Papa Francesco è già entrato nella storia: un momento di dolore ma anche di forte unità per la Chiesa e per il Paese.

La comunità internazionale si prepara a rendere omaggio a Papa Francesco. I funerali del Pontefice, scomparso nei giorni scorsi all’età di 88 anni, si terranno sabato 26 aprile alle ore 10:00 sul sagrato della Basilica di San Pietro, e vedranno la partecipazione di numerosi capi di Stato e di governo provenienti da tutto il mondo.

Tra i primi a confermare la propria presenza a Roma è stato il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che ha annunciato la sua partecipazione con un messaggio affidato a Truth Social: “Melania e io andremo ai funerali di Papa Francesco, a Roma. Non vediamo l’ora di esserci”.

Alla cerimonia funebre parteciperanno anche il presidente francese Emmanuel Macron e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che hanno voluto essere presenti per rendere omaggio a una figura che ha segnato profondamente il panorama spirituale e geopolitico degli ultimi anni.

Non mancherà, naturalmente, il premier italiana Giorgia Meloni, che ha annullato i viaggi istituzionali previsti per il 25 e 26 aprile in Uzbekistan e Kazakistan per presenziare alle esequie.

I monarchi spagnoli Felipe VI e Letizia assisteranno sabato ai funerali di Papa Francesco, guidando la delegazione spagnola a Roma, secondo quanto ha confermato la Casa del Re.
Felipe VI e Letizia, con la regina emerita Sofia, hanno firmato oggi il libro di condoglianze presso la Nunziatura del Vaticano a Madrid.

 "Il nostro più sentito ricordo della figura e personalità irripetibile di Sua Santità il Papa Francesco, che trascende la sua dimensione ecclesiastica, e la nostra ammirazione e rispetto per la sua totale dedizione al compito evangelico fino all'ultimo respiro della sua vita". E' il messaggio che il re Felipe Vi e la regina Letizia, assieme alla regina emerita Sofia, hanno firmato nel libro delle condoglianze aperto per la morte del Papa Francesco nella Nunziatura Apostolica a Madrid. E che i monarchi hanno condiviso sul sito web della casa reale.

Papa Francesco ricevette per la prima volta Felipe VI e Letizia nel 2013 quando erano ancora principi. E li accolse con tutti gli onori e in semplicità nella prima visita di Stato compiuta dai monarchi spagnoli in Vaticano nel giugno del 2014, dopo la proclamazione di Felipe VI a re.

Il successore di Juan Carlos I ha ricordato il pontefice anche nel tradizionale ricevimento, oggi al Palazzo Reale, di esponenti del mondo della cultura, in occasione della consegna del Premio Miguel de Cervantes, massimo riconoscimento della letteratura in lingua spagnola.

Felipe VI ha descritto Jorge Bergoglio come "una figura la cui dimensione trascende l'ambito della Chiesa cattolica per convertirsi in un enorme faro etico del nostro mondo e del nostro tempo".

"Ci restano la sua coerenza vitale, il suo impegno per i più poveri, la sua denuncia delle disuguaglianze, la sua aspirazione costante a un mondo più giusto e migliore. La sua affabilità e il buon umore", ha aggiunto il monarca. "Che riposi in pace", ha concluso, ricordando anche il Nobel ispano-peruviano Mario Vargas Llosa scomparso la scorsa settimana.

Quello di sabato si preannuncia come un evento di portata storica, non solo per il mondo cattolico, ma per l’intera comunità internazionale, unita nel ricordo di un pontefice che ha lasciato un’impronta indelebile nel cuore di milioni di persone.

Dopo l’ultimo saluto sul sagrato di San Pietro, dove si terranno sabato 26 aprile alle ore 10:00 i solenni funerali, la salma di Papa Francesco sarà trasferita nella Basilica di Santa Maria Maggiore per la tumulazione. A comunicarlo è la Santa Sede attraverso una nota ufficiale dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice.

“Al termine della Celebrazione Eucaristica avranno luogo l’Ultima commendatio e la Valedictio. Di seguito il feretro del Romano Pontefice sarà portato nella Basilica di San Pietro e da lì nella Basilica di Santa Maria Maggiore per la tumulazione”, si legge nel comunicato diffuso dal Vaticano.

La scelta della Basilica di Santa Maria Maggiore non è casuale. Fin dall’inizio del suo pontificato, Papa Francesco aveva manifestato una profonda devozione mariana, e in particolare verso la Salus Populi Romani, l’icona della Vergine custodita proprio in quella chiesa. Non a caso, ogni volta che intraprendeva un viaggio apostolico, il Pontefice si recava in preghiera davanti a quell’immagine, sia alla partenza che al ritorno.

La tumulazione a Santa Maria Maggiore rappresenta quindi un gesto coerente e profondamente simbolico, quasi un ritorno a casa spirituale per un Papa che ha sempre cercato rifugio nella fede semplice e popolare. Sarà lì che Francesco riposerà, accanto al popolo romano che tanto ha amato, in un luogo che riflette pienamente il suo pontificato all’insegna della misericordia, dell’umiltà e della prossimità.

 

 

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha ammesso apertamente di aver tenuto sotto controllo l’andamento dei mercati finanziari prima di correggere la rotta sulla sua politica tariffaria. In particolare, il tycoon ha rivelato di aver “osservato attentamente il mercato obbligazionario”, definendolo “molto complicato”, ma indicativo delle reazioni degli investitori alle misure annunciate dalla Casa Bianca.

A far riflettere Trump sarebbe stata l’analisi della serata di martedì, quando ha riconosciuto che l’impatto psicologico dei nuovi dazi stava generando timori sui mercati: “Erano un po’ spaventosi”, ha detto ai giornalisti, ammettendo che l’eccessiva rigidità avrebbe potuto creare più danni che benefici.

Da qui la decisione di sospendere per 90 giorni l’aumento generalizzato delle tariffe, che resteranno al 10% per tutti i Paesi, fatta eccezione per la Cina, verso la quale Trump ha annunciato una linea molto più dura, con dazi fino al 125%. Una scelta che conferma il braccio di ferro con Pechino, ma allo stesso tempo introduce una nota di pragmatismo nella politica economica americana.

“Dobbiamo essere flessibili” – ha spiegato Trump – “e valutare passo dopo passo le reazioni del mercato e degli operatori economici”.

Con questa mossa, il presidente americano sembra voler rassicurare Wall Street e gli alleati internazionali, senza rinunciare alla sua strategia negoziale aggressiva, ma lasciando intendere che le valutazioni economiche continueranno a pesare sulle decisioni politiche.

Trump frena sui dazi dopo aver letto i segnali del mercato: “Il mercato obbligazionario è insidioso, serve attenzione”

Nel corso di una conferenza stampa alla Casa Bianca, Donald Trump ha sottolineato quanto la reazione dei mercati finanziari abbia inciso sulla sua decisione di rivedere temporaneamente la politica dei dazi. Il presidente ha ammesso senza mezzi termini:
"Stavo osservando il mercato obbligazionario. Il mercato obbligazionario è molto complicato. Lo stavo osservando", ribadendo il ruolo centrale dell’analisi economica nel processo decisionale.

Trump ha spiegato che il crescente nervosismo degli investitori è stato un campanello d’allarme: “Ho notato che la gente stava diventando un po’ nervosa”, ha affermato, aggiungendo che proprio il mercato obbligazionario statunitense – spesso considerato un indicatore anticipatore di crisi o instabilità – è “molto insidioso”.

Con queste parole, il presidente non solo riconosce l'importanza dell'equilibrio economico nei rapporti commerciali internazionali, ma lancia anche un segnale di prudenza verso chi lo accusa di essere eccessivamente impulsivo sulle questioni tariffarie.

La riflessione di Trump dimostra che, nonostante la retorica muscolare, la Casa Bianca resta attenta agli umori del mercato e ai segnali di possibile tensione economica. Un’apertura alla flessibilità che lascia intravedere una strategia più tattica e meno ideologica, almeno sul breve periodo.

Trump apre al dialogo commerciale ma lancia un monito a Pechino: “L’accordo si farà, ma la Cina è in difficoltà”

Durante un intervento dalla Casa Bianca, Donald Trump ha ribadito la volontà degli Stati Uniti di siglare nuovi accordi commerciali con tutti i partner internazionali, compresa la Cina. Una linea apparentemente distensiva, ma non priva di sfumature critiche nei confronti di Pechino.

“Si farà un accordo con la Cina. Si farà un accordo con tutti”, ha dichiarato il presidente, lasciando intendere che l’obiettivo della sua amministrazione non è la chiusura, ma il riequilibrio degli scambi internazionali a favore degli interessi statunitensi.

Tuttavia, Trump ha colto l’occasione per evidenziare quelle che considera le difficoltà strategiche della controparte cinese, aggiungendo che “i leader cinesi non sanno bene come procedere”. Una frase che suona come un misto tra constatazione e sfida diplomatica, mirata forse a mettere pressione su Pechino e a rafforzare la posizione negoziale americana.

La posizione di Trump, dunque, oscilla tra apertura al dialogo e fermezza nei contenuti, ricalcando lo schema che ha spesso caratterizzato la sua politica commerciale: toni decisi, obiettivi chiari, ma spazio alla trattativa, purché le condizioni siano vantaggiose per Washington.

In questo scenario, il messaggio è duplice: gli Stati Uniti sono pronti a negoziare, ma non a qualsiasi costo, e la Cina, se vuole trovare un’intesa, deve dimostrare altrettanta chiarezza e capacità di azione.

Von der Leyen apre alla distensione: “Sospendiamo le contromisure Ue per 90 giorni, diamo spazio al negoziato”

In risposta all’annuncio del Presidente Trump sulla sospensione temporanea dell’aumento dei dazi, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato la disponibilità dell’Unione Europea a favorire un clima di dialogo.

“Abbiamo preso nota dell’annuncio del Presidente Trump. Vogliamo dare una possibilità ai negoziati”, ha affermato von der Leyen, sottolineando la volontà dell’Ue di non alzare subito il livello dello scontro commerciale.

In quest’ottica, Bruxelles ha deciso di congelare temporaneamente le contromisure già pronte e largamente condivise dai Paesi membri: “In attesa di ultimare l’adozione delle contromisure dell’Ue, che hanno ottenuto il forte sostegno dei nostri Stati membri, le sospenderemo per 90 giorni”, ha aggiunto la presidente della Commissione.

Si tratta, a tutti gli effetti, di un gesto politico distensivo che punta a evitare un’escalation dannosa per entrambe le sponde dell’Atlantico, privilegiando invece la strada del confronto costruttivo. La finestra temporale di tre mesi sarà dunque cruciale per verificare la reale disponibilità degli Stati Uniti a giungere a un compromesso equo e sostenibile per tutte le parti coinvolte.

Fonte Varie Agenzie 

 

 

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