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Lunedì, 16 Giugno 2025

Solo per due giorni, sabato 14 e domenica 15 giugno, l'Accademia di Francia a Roma invita il pubblico a vivere un'esperienza unica : l' apertura eccezionale degli spazi restaurati di Villa Medici, nell'ambito del grande progetto pluriennale Restituire l'incanto a Villa Medici . Un'opportunità rara per attraversare i secoli e il contemporaneo, ammirando saloni, camere per gli ospiti e giardini storici completamente reinventati.

2025: un nuovo capitolo di meraviglia e creatività

Il 2025 segna il culmine della campagna di riqualificazione iniziata nel 2022: sei nuove camere per gli ospiti , completamente progettate da team internazionali di architetti, designer e artigiani, apriamo ora le porte al pubblico. Ogni stanza è un microcosmo, un dialogo raffinato tra storia e creazione contemporanea, tra intonaci decorativi e legno intagliato, tra luce naturale e volumi armonizzati.

Tra i progetti più evocativi:

Studiolo di Sébastien Kieffer e Léa Padovani, intimo e materico;

Il cielo in una stanza di Zanellato/Bortotto con Incalmi, una sinfonia di vetro e metallo;

Camera Fantasia dello studio GGSV, un viaggio sensoriale tra cartapesta e pittura decorativa.

Questi spazi unici, un tempo riservato ai pittori dell'Académie, offrono oggi un panorama mozzafiato su Roma e un'immersione in un lusso culturale che dialoga con il tempo.


Il giardino dei limoni: un paesaggio poetico

Altra grande novità 2025 è il restauro del Giardino dei Limoni , frutto della visione del paesaggista Bas Smets e dell'architetto dei monumenti storici Pierre-Antoine Gatier . In questo spazio segreto, tra piante di agrumi e pergolati di limoni Lunario, nasce un paesaggio che unisce storia medicea, ricerca botanica e design contemporaneo.

Il giardino ospita anche la nuova collezione di arredi per esterni Cosimo de' Medici , ideata dal duo Muller Van Severen e prodotta da Tectona, in armonia con le geometrie del luogo e con una tavolozza di colori che fa risplendere l'ambiente.


Il giardino dei parterre: arte, memoria e poesia

Davanti alla loggia della Villa, il parterre ridisegnato ospita ora 20 alberi di limone in vasi d'artista , realizzati da Natsuko Uchino con terracotta modellata e decorata con frammenti di resti romani. Le basi in peperino, scolpite da Daniele De Tomassi , recano parole incise che formano una poesia originale di Laura Vazquez , Premio Goncourt per la Poesia 2023. Una fusione sublime tra natura, arte e scrittura.


Un percorso immersivo tra le trasformazioni del 2022 e 2023

I visitatori potranno anche esplorare:

Le sei sale di ricevimento restaurate nel 2022 con la direzione artistica di Kim Jones e Silvia Venturini Fendi , in cui convivono pezzi storici e creazioni firmate da designer come Chiara Andreatti e Noé Duchaufour-Lawrance.

Le sei camere storiche restaurate nel 2023 da India Mahdavi , che ha trasformato gli appartamenti cardinalizi in spazi colorati e vibranti, tra geometrie e arredi del Mobilier National.

Un'occasione imperdibile per scoprire come Villa Medici riesce a coniugare memoria e innovazione , con un programma che racconta 500 anni di arte, artigianato e pensiero in continua evoluzione. Un vero laboratorio del presente che onora il passato.Accademia di Francia a Roma – Villa Medici

Fondata nel 1666 da Luigi XIV, l'Accademia di Francia a Roma – Villa Medici, è un'istituzione francese che dal 1803 ha sede presso Villa Medici, una villa del XVI secolo circondata da un parco di 7 ettari che sorge sul Monte Pincio, nel cuore di Roma. Ente pubblico nazionale dipendente dal Ministero della Cultura, l'Accademia di Francia a Roma – Villa Medici adempie oggi a tre missioni complementari: accogliere artisti, creatori e ricercatori di alto livello in residenza per soggiorni lunghi – della durata di un anno –, o più brevi; realizzare una programmazione culturale e artistica che integri tutti i campi delle arti e della creazione e che si rivolga a un vasto pubblico; conservare, restaurare, studiare e far conoscere al pubblico il suo patrimonio architettonico e paesaggistico e le sue collezioni. Il direttore dell'Accademia di Francia a Roma – Villa Medici è Sam Stourdzé .

 

 

 

Una mostra di pittura da non perdere è di prossimo varo a Roma:“La vanità dell’Assenza” di Dario Fiocchi Nicolai, a cura di Matteo Maione. Sarà ospitata da Kayros Contemporary Art a via Giulia nr. 8, con il vernissage previsto alle ore 18.00 di venerdì 13 giugno. L’esposizione, ad ingresso libero, sarà visitabile fino al 31 luglio seguendo gli orari di apertura della galleria ospitante.

L’orgoglio è una bestia feroce che vive nelle caverne e nei deserti; la vanità invece è un pappagallo che salta di ramo in ramo e chiacchiera in piena luce – diceva Gustave Flaubert.
In arrivo a Roma una exhibition pittorica davvero singolare, che si inaugurerà il 13 giugno alle ore 18.00,  e che invita a una profonda e chiara riflessione sulla vanità dell'apparire e sull'inconsistenza di tale manifestazione, che vive di contraddizione propria.
Attraverso le opere di Dario Fiocchi Nicolai, e la sapiente curatela di Matteo Maione, i visitatori di “La Vanità dell’Assenza” saranno guidati in un percorso che esplora l'ossessione contemporanea per la presenza e l'immagine, interrogandosi sul significato di “esserci a tutti i costi”. Il titolo stesso suggerisce un paradosso, ponendo l'accento su un'assenza che, lungi dall'essere vuoto, rivela la futilità di una costante e non autentica apparizione.

“In tempi remoti partecipare ad un vernissage significava essere dei privilegiati, dei veri prescelti, proprio perché solo in quell'occasione l'artista stendeva sul quadro la vernice finale trasparente, l'atramentum, affinché i dipinti mostrassero una maggiore lucentezza, prima dell'apertura ufficiale della mostra al pubblico” - dichiara in anteprima alla stampa il curatore Matteo Maione.

“In tempi più recenti partecipare ad un vernissage significa non essere più scelti ma semplicemente scegliere, attraverso il web, un qualsiasi evento artistico, che riporti appunto la parola vernissage” - sottolinea.

L'artista, in questa esposizione, trova una forma di redenzione attraverso la sua arte, trasformando il proprio medium in uno strumento di indagine introspettiva e critica sociale. Le tele di Fiocchi Nicolai diventano specchi in cui la società può riconoscere le proprie dinamiche, spesso dettate da un'ansia di visibilità che rischia di offuscare l'autenticità, e dove l’Artista indaga per primo se stesso.

Maione, presentando i dipinti, parla di “(…) figure evanescenti, che sembrano vagare, attraverso impalpabili e sfuggenti corpi, alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i loro smaglianti ed acuminati denti, proprio per placare un’insaziabile e imprescindibile fame, che è però fame di presenza, che diventa appunto esistenza, sopravvivenza in un mondo nel quale si deve a tutti i costi apparire, ritrovarsi per poi riperdersi nuovamente”.

Per concludere: la mostra di Fiocchi Nicolai – così emozionale, intimistica, e legata ad un mondo visibile, ma al contempo impalpabile – raggiunge un risultato insperato: permettere al visitatore di sentirsi parte di un palcoscenico di attori e spettatori nello stesso momento.

“Personaggi in cerca di un pittore” - ama definirli Maione.  

Ed eccolo, lo stesso pittore Fiocchi Nicolai, riflesso ed immerso nelle sue quindici tele in esposizione, che sono sicuramente destinate a palati raffinati.

"La Vanità dell'Assenza" sarà ad ingresso libero e rimarrà aperta fino al 31 luglio, seguendo gli orari di apertura di Kayros Contemporary Art.


Dettagli della Mostra:

Titolo: La Vanità dell'Assenza
Artista: Dario Fiocchi Nicolai
Curatore: Matteo Maione
Sede: Kayros Contemporary Art - via Giulia nr. 8 - Roma
Vernissage: 13 giugno
Durata: Dal 13 giugno al 31 luglio
Ingresso: Libero
Per ulteriori informazioni, si prega di contattare la Gallery alla mail 

 

 

 

Urbino - Dal 25 maggio e fino al 13 luglio 2025 la Casa di Raffaello di Urbino – dove nacque il “divin pittore” Raffaello Sanzio (1483 – 1520) – ospita la mostra di Giuseppe Colombo “Le città ideali”, a cura dello storico dell’arte Lorenzo Canova e di Luigi Bravi, filologo classico e direttore dell’ente. Un progetto con cui l’artista siciliano, raffinatissimo disegnatore e virtuoso pittore di paesaggi e figure, omaggia una delle città simbolo del Rinascimento dove le architetture e l’urbanistica sintetizzano i concetti chiave di uno dei periodi più luminosi dell’arte italiana.

In mostra a Casa Raffaello saranno diciotto opere di Colombo, che a Urbino è legato profondamente per via degli anni di formazione all’Istituto d’arte, dove ha frequentato i corsi di incisione. Ecco dunque città, chiese, paesaggi dell’assolata Sicilia di Colombo – Modica, Comiso, Ibla, studi sulla Valle dei Templi di Agrigento, scorci di Isola delle Correnti e della Baia di Sampieri a Scicli – insieme a vedute di Roma, Bologna e della stessa Urbino.

Mentre la celebre tavola “Città ideale” – opera di un artista anonimo e realizzata tra il 1480/90, oggi esposta alla Galleria Nazionale delle Marche (Palazzo Ducale) – è oggetto di un recentissimo d’aprés di Colombo: un disegno che, con l’esattezza e la precisione del tratto dell’artista modicano, ripropone uno dei dipinti emblematici del Rinascimento Italiano. Vi sono rappresentati i concetti di perfezione e armonia delle cosiddette “città ideali”, luoghi – o meglio “non luoghi” – depurati da contaminazioni e presenze umane. Ideali solo sulla tela, dunque vere utopie. “L’ho osservato a lungo questo dipinto – commenta Colombo – negli anni di studio a Urbino, quando non ero ancora ventenne: è un’opera fondamentale e fondante della cultura umanistica occidentale. Oggi, a distanza di anni, nel rileggere questa selezione di opere pensate per la mostra nella Casa di Raffaello, mi sembra quasi che nel loro DNA contengano la struttura e la concezione di quel dipinto che tanto mi colpì allora”.

Una lezione, quella appresa negli anni di formazione a Urbino, che evidenzia anche il curatore. “Grazie a una visione di intenso e raffinato nitore figurativo – spiega Lorenzo Canova - l’omaggio esplicito al capolavoro della Galleria Nazionale delle Marche si connette in modo efficace e raffinato ai quadri dell’artista che formano il percorso espositivo. Le stanze, i templi, le città e la natura di Colombo amplificano così la loro presenza architettonica e la loro qualità plastica, in un’organizzazione costruttiva dove tutto sembra inciso nel diapason cromatico di una luce abbagliante, in uno splendore che forma le cose spostandoci nella dimensione e assoluta e (a)temporale del profondo”.

 Della “città reale”, Urbino, e della “città ideale” di Palazzo Ducale – alle quali Colombo dedica due opere inedite - parla Luigi Bravi, direttore di Casa Raffaello, nel suo intervento in catalogo: “La storia delle arti – scrive Bravi - ci parla di vedute teoriche di architettoniche geometrie perfette, avulse, liberate dal tempo dell’uomo e consegnate al tempo della memoria perpetua, purgate della presenza umana; non si vede un suono, non si tratteggia un vociare, non si delineano i rumori del lavoro. Tutto è sospeso in un silenzio purificato, mai inespressivo, rassicurante nella sua immota luce. Tale impressionante lezione si combina con gli occhi di Giuseppe Colombo, che dirige il suo sguardo sui suoi luoghi, trattandoli alla stessa maniera, ma con un velame particolarmente sensibile di affetti”.

CASA RAFFAELLO, Urbino 

Casa Raffaello è il luogo dove il pittore e architetto nacque il venerdì santo 28 marzo 1483, e dove visse i primi anni della sua formazione artistica alla scuola del padre, Giovanni Santi, anch’egli pittore affermato. A Urbino infatti Raffaello ha «imparato la divina proporzione degli ingegni, soprattutto ha imparato il valore della filosofia, della dignità da dare al suo lavoro di Pittore» (Carlo Bo, 1984). Con la morte di Raffaello, avvenuta a Roma il venerdì santo 6 aprile 1520, la casa passò agli eredi (Ciarla e Vagnini) che se la divisero fra loro. Dopo alterni passaggi, l’architetto urbinate Muzio Oddi, che abitava lì accanto, il 27 settembre 1635 acquistò una parte dell’antica abitazione dei Santi e precisamente quella dove la tradizione vuole sia nato Raffaello. Fu lui a restaurare l’edificio accorpandolo alla propria abitazione e ad apporre sulla facciata la bella iscrizione latina con l’aggiunta di un distico del Bembo, che ancora oggi possiamo leggere. Dopo alterne vicende la casa venne acquisita nel 1873 dall’Accademia Raffaello che, grazie ad una pubblica sottoscrizione ed al generoso contributo del nobile londinese John Morris Moore, vi pose la propria sede e ne divenne gelosa custode. Grazie all’interesse dell’Accademia, la casa si è arricchita nel tempo di numerose opere d’arte, frutto della generosa collaborazione di privati cittadini e di pubbliche Istituzioni: al suo interno sono ora esposti dipinti, sculture, ceramiche, arredi lignei, ecc.

Alcuni di questi oggetti sono strettamente connessi a Raffaello (copie di suoi dipinti, bozzetti per il suo monumento, omaggi di altri artisti al Pittore, ecc.); altri sono a documentazione della ricca storia urbinate in campo artistico, civile e religioso (numerosi sono i ritratti di urbinati illustri); altri, infine, costituiscono diretta testimonianza del mito che in varie epoche ha accompagnato la figura di Raffaello.

 

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