Possono le parole, il Logos, generare un salto quantico della coscienza? La risposta è sì, come ha brillantemente illustrato il Dr. Haris Koudounas, Presidente dell’Istituto Ellenico della Diplomazia Culturale (IEDC-Ancona), durante l’incontro “Il Logos Quantico e la Scrittura Creativa”, svoltosi pochi giorni fa presso la Mole Vanvitelliana.
L’evento rappresentava il quarto appuntamento del ciclo di conferenze “Armonia dell’Essere: dialoghi su Filosofia, Mitologia e Cultura”, che si concluderà il 28 marzo prossimo. Attraverso un’esperienza immersiva, il relatore ha mostrato come il Logos, in connessione con i principi della fisica quantistica, possa favorire un vero e proprio salto di consapevolezza.
Gli esercizi di scrittura creativa hanno evidenziato il potere trasformativo di parole greche “chiave” – Φως (Fos-Luce) , Άγαλμα (Agalma-Statua), Άνθρωπος (Anthropos-Uomo), Άλογο (Alogo-Cavallo), Ψυχή (Psiche-Anima, Βίος/Ζωή (Bios/Vita) e altre – dimostrando come, proprio come in fisica quantistica, la realtà venga modellata dall’osservatore e dal linguaggio. I continui riferimenti ai filosofi dell’Antica Grecia e ai concetti quantistici, come la sovrapposizione e l’entanglement, hanno aperto nuove prospettive sulla possibilità di ampliare la coscienza e accedere a livelli più profondi di conoscenza e presenza nel qui e ora. Un tema di straordinaria innovazione che ha conquistato il pubblico, suscitando grande interesse e il desiderio di un ulteriore approfondimento.
Dr. Haris Koudounas e gli studi sul Logos Quantico
Il Dr. Haris Koudounas è un ricercatore, pensatore e docente pionieristico che ha dedicato la sua vita allo studio della connessione tra Logos, filosofia, fisica e linguistica, sviluppando la sua innovativa teoria del Logos Quantico.
Cos'è il Logos Quantico?
Il Dr. Koudounas introduce un nuovo approccio al linguaggio e al pensiero, basato sui principi della fisica quantistica e della filosofia del Logos. Nelle sue ricerche, esplora come le parole, i concetti e la coscienza interagiscono con la realtà, sostenendo che il Logos non è solo uno strumento di comunicazione, ma una forza dinamica che modella e rimodella l'esistenza. Ispirandosi ai presocratici, al isopsefia (valore numerico delle parole in greco), alla semiotica e ai principi della meccanica quantistica, propone che la coscienza e il linguaggio possano generare un "salto quantico" nella comprensione e nell'evoluzione umana. Temi centrali dei suoi studi
L’interconnessione tra Logos e Fisica Quantistica
Il Dr. Koudounas sostiene che la fisica quantistica e il Logos condividano meccanismi comuni, come l’entanglement (intreccio quantistico), la sovrapposizione (superposition) e il ruolo dell’osservazione nella creazione della realtà.
Isopsefia e Struttura Archetipica della Lingua Greca
La lingua greca, attraverso l’isopsefia (relazione alfanumerica tra parole e numeri), rivela armonie nascoste legate a modelli filosofici, cosmologici e scientifici.
Scrittura Creativa come Porta d’Accesso all’Esperienza Quantica Attraverso la Scrittura Creativa Quantica, le parole diventano veicoli di espansione della coscienza, aiutando le persone a percepire la dinamica interna dei concetti e a riconnettersi con una conoscenza archetipica.
La Filosofia del Logos e la Necessità di un Nuovo Modello Interpretativo Il Dr. Koudounas propone un nuovo modo di comprendere il mondo, in cui linguaggio, pensiero e realtà fisica non sono entità separate, ma un campo unificato e interconnesso di esistenza. Applicazioni del Logos Quantico
In Diplomazia e Comunicazione Interculturale: Creazione di un nuovo modello di dialogo, basato sui principi della coscienza quantistica e dell'unità linguistica. In Educazione: Sviluppo di metodologie che promuovono il pensiero interdisciplinare, la capacità critica e la riscoperta della profondità concettuale delle parole. Nella Ricerca Umanistica e Sociale: Studio di come le parole e le strutture linguistiche influenzino la percezione, la psicologia e l’evoluzione sociale. Una Visione per il Futuro
Attraverso il suo lavoro interdisciplinare, il Dr. Haris Koudounas invita il pensiero contemporaneo a superare i confini dei modelli teorici tradizionali e a muoversi verso un nuovo paradigma scientifico e filosofico, in cui coscienza, Logos e realtà sono in un’interazione continua e creativa. Il Logos Quantico non è solo una teoria: è uno strumento per espandere la nostra percezione e scoprire nuove dimensioni dell’esistenza.
Fonte : Istituto Ellenico della Diplomazia Culturale (IEDC-Ancona)
La svolta politica negli Stati Uniti con l'elezione di Donald Trump è stata molto importante anche per le speranze del movimento conservatore in Occidente. In questa direzione si inquadra la nomina del vice di Trump, James David Vance. Abbiamo apprezzato con molta attenzione la sua prima “uscita” politica del mese scorso a Monaco di Baviera. Ora apprendo che Vance oltre ad essere cattolico conservatore, ha come punto di riferimento culturale lo studioso e politologo, Rod Dreher, l'autore del pamphlet, “L'Opzione Benedetto”. Ci offre una dettagliata informazione Gianfranco Amato su Lanuovabussola (Il vicepresidente degli USA. Le radici culturali cristiane di J. D. Vance, 28.2.25, lanuovabq.it). “L'opzione Benedetto. Una strategia per i cristiani in un mondo post-cristiano” è diventato un libro che alcuni definiscono un manifesto dei conservatori. E' stato scritto da Dreher nel 2018 (trovate la recensione nel mio blog). La tesi di fondo del testo è semplice: in un mondo come il nostro, molto simile a quello che vide la fine dell’Impero Romano con l’arrivo dei barbari, è necessario fare come Benedetto da Norcia, separarsi dall’Impero per poter ritrovare le proprie origini, radici e identità, così da poter essere in prospettiva “sale della terra” non insipido. Il libro di Dreher“ha avuto un discreto successo a livello planetario nel mondo conservatore, a cui Dreher si è rivolto consigliando di abbracciare l’esilio dalla cultura dominante e costruire una controcultura resiliente basata sulle virtù cristiane”. Dal 2021, Dreher si è trasferito principalmente in Ungheria, dove è diventato una specie di consigliere intellettuale nel governo di Viktor Orbán.
“Quello tra Vance e Dreher non è semplicemente un rapporto tra autore e lettore. I due sono stretti amici dal 2016, cioè da quando lo stesso Dreher divenne uno dei primi sostenitori di Elegia Americana, il libro scritto da Vance sulla destra, definendolo «uno dei migliori libri» che avesse mai letto, e realizzando una coraggiosa intervista con Vance per la rivista politica The American Conservative. Mentre Vance ricambierà il favore all’amico nell’agosto del 2023, sponsorizzando pubblicamente l’ultimo libro di Dreher, intitolato “La resistenza dei cristiani – Manuale per fedeli dissidenti”. I due sono amici al punto che Dreher nel 2019 ha partecipato alla cerimonia del battesimo di Vance nella fede cattolica, celebrata da padre Henry Stephan, un domenicano, presso il Priorato di Santa Gertrude (St. Gertrude Priory), a Cincinnati. Anche di questo evento Dreher è autore di una intervista a Vance, uscita sempre sulla rivista The American Conservative. Alla domanda di Dreher sul perché avesse deciso di diventare cattolico, Vance ha risposto di essersi convinto che proprio il cattolicesimo sia l’autentica risposta alla sua ricerca della fede, non tanto in una prospettiva intellettuale, ma semplicemente osservando il fatto che le persone per lui più significative nella sua vita erano proprio cattoliche. Si è trattato di un incontro con una testimonianza di vita più che di un ragionamento intellettuale. Sempre nell’intervista Vance ha spiegato perché ha scelto, come patrono, sant’Agostino. Intanto perché leConfessioni del grande santo d’Ippona lo avevano commosso. Un altro motivo è che proprio un capitolo del De civitate Dei di sant’Agostino gli è apparso incredibilmente rilevante ora che pensa alla politica anche in una prospettiva culturale di ampio respiro. Per quanto riguarda, l’attuale crisi della Chiesa, il vicepresidente degli Stati Uniti, nella citata intervista resa all’amico Rod Dreher, ha espresso un’idea chiara: «Una delle cose che amo del cattolicesimo è che è molto antico. Guarderei la questione in una prospettiva temporale molto più ampia. Le cose sono oggi più scoraggianti rispetto alla metà del XIX secolo? O rispetto al Medioevo? O rispetto a quando la Chiesa aveva un secondo Papa ad Avignone? Non credo. La speranza della fede cristiana non è radicata in una conquista a breve termine del mondo materiale, ma nel fatto che essa è vera e che, a lungo termine, con varie fasi, le cose si risolveranno».
Vance è convinto che è necessario un’azione politica coerente con la dottrina sociale della Chiesa. Un insegnamento che dovrebbe guidare ogni cattolico, ma anche chi non crede. E aggiunge: «Parte della sfida del conservatorismo sociale per la vitalità nel XXI secolo è che non può limitarsi a questioni come l’aborto, ma deve avere una visione più ampia dell’economia politica e del bene comune». Vance è convinto che la conversione al Cristianesimo è un processo che dura sempre e bisogna lavorare molto per tentare di essere una persona migliore.
In Polonia il governo europeista e anticlericale di Varsavia (governo Tusk) ha negato un Museo a Karol Wojtyla, previsto dal precedente governo conservatore. Recentemente in un editoriale Antonio Socci su Libero (Ecco perché Giovanni Paolo II è stato decisivo per la liberazione 'incruenta' dal comunismo. Il Governo anticlericale polacco impari, 2.2.25, Libero) ha scritto un articolo storico abbastanza critico, riprendendo la notizia di Woldmierz Redzioch da LaNuovabussola. “A 20 anni dalla morte del Papa il premier Tusk dovrebbe riconoscere il ruolo decisivo che egli ebbe nella liberazione del suo Paese e dell’Europa dal comunismo.“Oggi” ha scritto il giurista Carlo Cardia “si può dire che Giovanni Paolo II è stato il pontefice più legato alla sua nazione, la Polonia, e quello che più ha contribuito a cambiare la storia del mondo”. A questo punto Socci propone sintetizzando la descrizione di come avvenne questo cambiamento storico della Polonia, attraverso il ruolo decisivo del movimento sindacale di Solidarnocs guidato da Lech Walesa. Sono in tanti a riconoscere il ruolo fondamentale che ha avuto l’elezione di Karol Wojtyla e poi, nel giugno 1979, il suo primo viaggio in Polonia, accolto da folle oceaniche, “a far nascere e dilagare il fenomeno Solidarnosc. Un sindacato operaio di massa, anticomunista, democratico e cattolico, in un regime marxista era di per sé la prova più cocente del fallimento del socialismo reale. “Solidarnosc fu una rivoluzione umanista e, fatto molto importante, una rivoluzione che fin dall’inizio aveva ripudiato ogni violenza. Solidarnocs seguendo l’insegnamento costante del Papa, restò fedele alla “non violenza” anche quando il regime lo mise fuorilegge con il colpo di stato del 1981, e anche con le durissime repressioni che seguirono. Ma dopo cosa accadde? “Giovanni Paolo II” osserva Cardia “non va all’assalto del comunismo con imprudenza e senza badare a nulla. Al contrario lascia che maturino le condizioni che fanno fallire l’impero sovietico”. Del resto quasi tutti i libri su Karol Wojtyla evidenziano questi tratti metodologici dell'attività politica. Come il libro che ho appena letto del giornalista americano Jonathan Kwitny, “L'uomo del Secolo. La vita e il tempo di Giovanni paolo II”, Edizione Piemme (2002, pagine 475; e.19,50) Presentazione e appendice del libro di Marco Tosatti.
Wojtyla fu un uomo,“imprendibile” e “incomprensibile”. Kwitny ha seguito il filo della “matassa Wojtyla” a partire dagli anni formativi, l'adolescenza, la giovinezza, fino al soglio pontificio. Ha intervistato testimoni ancora in vita, portando alla luce episodi, racconti, giudizi. “Una quantità di materiale di prima mano, che costituisce un vero e proprio tesoro per gli studiosi”. Tuttavia ci tiene a precisare Tosatti che il libro di Kwitny, è “un libro laico”. Sono state scritte diverse biografie, che spesso scivolano nell'apologetica. Lo stile del giornalista americano è molto anglosassone, tuttavia è obiettivo. Probabilmente secondo Tosatti non tutto è condivisibile, c'è una certa tendenza alla semplificazione, rispetto alla complessità della materia. Comunque fa notare Tosatti, che Kwitny sfata quella tesi ipotetica di una “Santa Alleanza” fra Giovanni Paolo II e Ronald Reagan, negata tra l'altro dallo stesso pontefice. Anche se spesso si sono trovati sulla stessa linea di battaglia. Tosatti accenna ad un presunto conservatorismo di Wojtyla, facendo rilevare che il Papa ha scritto e detto cose importanti sul ruolo della donna, sull'amore sponsale, (A cominciare dal libro “Amore e responsabilità”) sui diritti umani, certo non mancano le contraddizioni, i suoi gesti poco curiali, il suo amore per lo sport e l'attività fisica. Kwitny vuole fare chiarezza sulla storia della cosiddetta Guerra Fredda, che “non è stata vinta da Washington, ma da un movimento nonviolento di massa, come quello di Mahatma Gandhi e di Martin Luther King Jr., guidato da un uomo le cui responsabilità religiose gli hanno impedito di agire apertamente”. Infatti, “Karol Wojtyla, quando era vescovo di Cracovia, diede l'anima alla rivoluzione di Solidarnocs – con le sue lezioni di filosofia, i suoi sinodi, le sue segrete ordinazioni sacerdotali, i suoi rapporti clandestini con i seminari, la rete sotterranea che egli intessè in tutto il blocco orientale e, soprattutto, con il suo esempio”. Il libro si suddivide in cinque parti. La Prima Parte (Rivelazioni) inizia con il 16 ottobre 1978, con l'elezione a Pontefice di Wojtyla. Kwitny cita vari personaggi che qualche giorno prima erano amici o collaboratori del vescovo Wojtyla a Cracovia. Faccio solo qualche nome, 'Miroslaw Chojecki, padre Konrad Hejmo, il clero tutto a cominciare dal primate Stefan Wyszynski, padre Andrzey Bardecki, il responsabile religioso del settimanale cattolico, “Tygdinik Powszechny”, qualche giornalista come Stefan Brakowski, ma poi soprattutto i funzionari del Partito comunista polacco. Naturalmente tutti colti di sorpresa. Bardecki doveva mettere al sicuro le seimila pagine delle opere del papa trascritte, doveva trovare un nascondiglio sicuro e contrabbandare gli scritti a un editore occidentale. Gli scenari ora cambiarono. Per la Polonia le parole del papa, quando disse: “Non abbiate paura di aprire le porte a Cristo”, oltre che religiosa, l'espressione aveva una valenza espressamente e squisitamente politica. Nella Parte seconda (Gli inizi) c'è il racconto della vita di Lolek intorno a Wadowice, così lo chiamavano in famiglia e tra i suoi amici. Il padre Jerzy, la mamma Emilia era scomparsa quando aveva pochi anni. Il testo di Kwitny, rispetto ad altri da molto spazio alla passione teatrale di Lole, dove incontra diversi giovani, tra cui Halina, una ragazza spesso associata a lui, scrive il giornalista. Tuttavia non si riesce ad avere notizie se c'era qualcosa in più dell'amicizia. “Fu l'amore per il teatro che avvicinò Lolek e Halina. Per loro era più di una vocazione, era una professione. Poi arrivano gli anni della guerra e Lolek come gli altri ha dovuto interrompere tutto. L'occupazione tedesca e poi quella russa della Polonia. Il libro oltre a seguire la vita di Karol, spesso fa delle digressioni, interessandosi di altro. La Terza Parte (Lamentazioni) il testo racconta il sacerdozio e poi l'incarico a vescovo di Wojtyla, i suoi rapporti con l'arcivescovo di Cracovia Sapiha e poi con il Primate Wyszynski, quindi con l'autorità polacche comuniste. Ma soprattutto l'autore del libro evidenzia le relazioni di Wojtyla con i giovani, che lo chiamavano “zio”, sia da sacerdote e poi da vescovo. I suoi studenti, li portava a sciare, sulle montagne a Czestochowa, viaggi che duravano da un week-and a escursioni di tre settimane con quindici, venti studenti alla volta. Si preferivano i monti Tatra, talvolta portavano le canoe e kajak, insieme alle provviste. Era molto forte Wojtyla, addirittura nel 1954, ha vinto il premio della Società di Turismo polacca per il numero di chilometri percorsi in escursioni invernali. L'unico dispiacere per gli studenti che andavano con lui, non poter raccontare queste avventura, la polizia chiedeva, la presenza del prete poteva compromettere la carriera degli studenti. Il 28 settembre 1958 diventa vescovo a Cracovia nella suggestiva cattedrale del Wawel. Nel 1964 consacrato arcivescovo, partecipò al Concilio Vaticano II. E qui Kwitny presenta, gli interventi di Wojtyla, i contributi filosofici e morali con l'ultima enciclica di Paolo VI, l'Humanae vitae. Arriviamo agli anni '70 quando in Polonia cominciano le prime rivolte popolari, Danzica, Gydnia, in questi luoghi, centinaia di persone sono ferite e uccise dalla polizia di Gumulka. Per capire la posizione di Wojtyla sulla tirannia ideologica, secondo Kwitny ci sono quattro atteggiamenti da studiare. Il primo atteggiamento era quello di Mindszenty, il primate ungherese, l'eroe del primo anticomunismo. “Fu però schiacciato, messo a tacere per molto tempo prima della sua morte. Quando arrivarono i comunisti, in Ungheria, come in Polonia, i cattolici erano i due terzi della popolazione. Quando lasciarono queste nazioni, una trionfante Chiesa polacca li aveva cacciati via, la Chiesa ungherese, invece, era ormai ridotta ai minimi termini”.
Il secondo atteggiamento davanti alla tirannia era l'inflessibilità americana, simile a quella di Mindszenty, anche se era di un profilo morale più basso. Negli Usa si cercava di combattere il comunismo con le sue stesse armi, anche con la menzogna. Il terzo modo di combattere la tirannia comunista è quello di Giovanni XXIII e Paolo VI, Per Kwitny, la loro Ostpolitik era simile per certi versi a quella del pacifismo di Bertrand Russel: “Via le bombe”. In buona sostanza, essi pensavano di raggiungere un compromesso a lungo termine con il comunismo. Era una politica della pace che metteva fine alla corsa degli armamenti, non uccideva nessuno, non costava niente, tranne il biglietto aereo del cardinale Casaroli, scrive ironicamente Kwitny. “Il problema era che anch'essa non liberava nessuno. Quella del pacifismo. Nonostante le sue elevate aspirazioni, non riusciva a cambiare lo stato di cose”. Per certi versi poteva andare bene per gli occidentali, “ma era duro da digerire per le popolazioni che vivevano nei regimi totalitari”. C'era una quarta via di opposizione alla tirannia ed era quella di Wyszynski e Wojtila (anche se c'erano differenze di vedute) Assomigliava a Gandhi e a Martin Luther King. “Il modo in cui Wojtyla combatteva il comunismo rigettava la violenza fisica ed era la continua ricerca di una soluzione. Diversamente dalla via pacifista, questo atteggiamento abbracciava un bene ben superiore alla sola pace”. Wojtyla, “Considerava la vita umana come il fine e non come lo strumento – da salvare e non da utilizzare”.
Per Kwitny, sia Wyszinski che Wojtyla, nello scontro in atto con il potere comunista “comprendevano che la riuscita dipendeva in gran parte dalla loro capacità di comunicare una chiara visione dei valori che cercavano di promuovere”. In pratica non bisogna mai dimenticare per che cosa si combatte. “Il fine non era la vittoria, ma un mondo migliore dopo la vittoria”. Grazie a Dio il metodo funzionò.
Nella Parte Quarta (Armagheddon) Inizia il Pontificato Giovanni Paolo II, naturalmente il libro di Kwitny si occupa dei vari aspetti che riguardano gli interventi dottrinali, teologici e morali del Papa. Ci sono dei passaggi interessanti come quello che riguarda i rapporti con la Teologia della liberazione, nata in Sudamerica. A me qui interessano gli sviluppi politici che si aprirono per la Polonia e per tutti i Paesi dell'est europeo dopo l'elezione di Wojtyla a Pontefice della Chiesa cattolica. A questo punto il libro si occupa delle visite del papa in Polonia. L'euforia che si respirava nelle piazze, nelle strade, non era mai accaduto che così tante persone si radunassero spontaneamente. Un milione di persone nel grandissimo Parco della Vittoria a Varsavia. Oltre ai polacchi, c'erano i Cechi, i Croati, i Russi, Ucraini, gente da tutti i Paesi dell'Europa dell'Est. I polacchi desideravano di essere liberati politicamente: “quando tornerai? Abbiamo bisogno di te”. Wojtyla sapeva quando era opportuno spingere per dimostrare il potere del popolo e quando invece ritirarsi. Quando qualcuno lo invitava a coinvolgerlo in un affare politico, lui rispondeva: “Sono con voi. Fidatevi di me. Ma non posso farlo ora”. Praticamente sottolinea il giornalista americano, Giovanni Paolo II parlava in continuazione della dignità della persona umana, dei diritti umani. In pratica ora da Papa diceva le stesse cose di quando era arcivescovo.
Da questo momento inizia il movimento Solidarnocs, l'idea del nome era di Wojtyla, l'inizio dell'opposizione non violenta, bisogna “operare per qualcosa, non contro qualcosa”. Questo Papa rivoluzionò la diplomazia vaticana, “richiese la libertà di parola e il diritto a costituire organizzazioni: quel tipo di cose che sarebbero servite a chiunque”. E' opportuno tornare al servizio di Socci, che vede in Wojtyla citando Cardia, un “sovrano spirituale della sua Polonia”. Il regime polacco, ormai estraneo alla nazione, mendica da Wojtyla una qualche legittimazione, ma il Papa chiede il riconoscimento dei diritti di libertà e di dignità personale e sociale della sua gente”. Nel 1989 di fronte al fallimento delle riforme di Gorbacev in Urss, il regime polacco dopo la “Legge marziale” si arrende e riconosce Solidarnosc. Così spetta alla Polonia aprire nel 1989 la fase rivoluzionaria che in pochi mesi travolge tutti i regimi dell’Europa orientale. Il contagio è riuscito perché la Polonia dimostra a quei regimi falliti che possono mollare senza essere affogati nel sangue. E così avviene. Questo è il grande miracolo. Quella di Solidarnocs sembra essere stata una rivoluzione contro l’idea giacobina, innanzitutto contro i suoi metodi, contro la violenza, il terrore e il bagno di sangue” e “contro la centralizzazione del potere e l’onnipotenza dello Stato”. Scrive Socci: “Nessuno poteva pensare che l’immenso mostro comunista potesse implodere di colpo e senza un vetro rotto. Tutto è partito dalla Polonia e tutto si deve a Giovanni Paolo II. Tusk lo riconosca”.
Il quotidiano cattolico londinese The Tablet in un editoriale riporta: “Mai prima d'allora nella storia del Cristianesimo il mondo aveva visto un tale confronto di forze spirituali e potenza fisica come nella visita del papa in Polonia. Un uomo giunse in uno Stato circondato e dominato dal più formidabile regime ateo che sia mai esistito, armato fino ai denti...Fosse stato un profeta del luogo con le stesse vedute e lo stesso messaggio, sarebbe stato condotto in un campo di lavoro forzato...ma il papa si addentrava in una tirannia che non poteva toccarlo...ogni espressione, predisposta o spontanea, era una sfida a un sistema che aveva asservito la nazione [...]”. Nell'ultima Parte, la Quinta ci sono alcuni passaggiche meritano attenzione, l'autore si occupa del dopo regime comunista in Polonia. Qual'era la posizione di Solidarnocs da tenere nei confronti dei comunisti sconfitti, non ci doveva essere nessuna ritorsione nei loro confronti. Wojtyla ha contribuito anche a “liberare” altri popoli, come la Cecoslovacchia, interessanti sono le parole di Vaclav Havel, quando Giovanni Paolo II, fece ingresso trionfale a Praga: “il messaggero dell'amore viene oggi in una nazione devastata dall'ideologia e dall'odio”. Alexander Dubcek, era vicino al novantunenne cardinal Frantisek Tomasek entrambi ascoltarono Havel definire il papa, “simbolo vivente di civiltà”. Aggiungendo: “Santità non so cos'è un miracolo. Tuttavia, in questo momento, oso dire che ho vissuto un miracolo. Un uomo che sei mesi prima era in prigione come nemico dello Stato [Havel trascorse cinque anni in prigione] porge ora il benvenuto, da presidente, al primo papa...che mette piede in Cecoslovacchia. Per lungo tempo lo spirito è stato bandito dalla nostra terra. Oggi ho l'onore di vedere questo suolo baciato dall'Apostolo della spiritualità”.
Successivamente lo stesso Papa che aveva lottato per liberare quei popoli dell'Est dal totalitarismo comunista, metteva in guardia questi stessi popoli, a cominciare da quello polacco, di non adattarsi all'Europa in maniera acritica. “non sono contrario all'entrata della Polonia in Europa, ma sono contro il tentativo di farne una specie di idolo, un falso idolo...quel sistema ultraliberale e consumista che è vuoto di valori, introdotto con la forza della propaganda...”. Sostanzialmente metteva in guardia dagli aspetti degenerati del capitalismo.
Le presentazioni del nuovo libro di Fabio Sibio, "Affresco in tre atti" (Bertoni Editore), che si sono svolte il 20 e 21 febbraio rispettivamente a Catanzaro e Taurianova, hanno registrato un'affluenza straordinaria e un pubblico altamente partecipativo.
A Catanzaro, nella suggestiva cornice del Mondadori Store, l'autore ha dato il via all'incontro con Marianna Tassone, dialogando approfonditamente sui temi del libro e sulla sua genesi. L'atmosfera era carica di curiosità e interesse, con il pubblico che si è mostrato molto coinvolto nelle riflessioni sollevate dal romanzo.
Anche il secondo appuntamento, tenutosi a Taurianova presso la Biblioteca A.R. Renda, ha visto una partecipazione importante di pubblico. Dopo i saluti istituzionali da parte dell’Amministrazione Comunale, Fabio Sibio ha conversato con Amalia Papasidero (editor del libro) sull'intenso processo creativo che ha portato alla realizzazione dell’opera, mentre le letture sono state curate dagli Amici del Teatro, che hanno dato voce alle emozioni dei protagonisti, arricchendo l'esperienza di chi era presente.
“Affresco in tre atti” ha conquistato il pubblico con la sua trama affascinante, che esplora le complesse dinamiche dei legami umani e delle proprie radici. La storia si sviluppa attraverso tre atti che rappresentano momenti cruciali della vita dei protagonisti, intrecciando temi di amore, crescita e riflessione sul passato e sul futuro.
Sono state occasioni imperdibili per scoprire una narrazione che va oltre le parole, raccontando la bellezza delle relazioni e delle tradizioni, nonché la lotta tra il desiderio di ritornare alle origini e il bisogno di costruire nuovi mondi. Un affresco potente e delicato, che il pubblico ha accolto con grande entusiasmo. L’autore ha espresso grande soddisfazione per l’accoglienza ricevuta, ringraziando i partecipanti e sottolineando quanto siano importanti eventi come questi per il dialogo culturale e la condivisione delle storie.
"Affresco in tre atti" (Bertoni Editore) è un romanzo che racconta la complessità dei sentimenti umani e delle radici, con un tocco di poesia che fa riflettere e emozionare chiunque legga. La storia di due vite parallele che si intrecciano in un piccolo paese calabrese, Sant'ermete, e che, pur distanti, non smettono mai di influenzarsi. Un racconto di amore, distanza, ritorno, cambiamento e nostalgia, che ha conquistato i cuori di chi ha avuto la fortuna di partecipare a questi incontri. Per chi non ha avuto la possibilità di partecipare, il libro è disponibile in tutte le librerie, negli store online o sul sito della casa editrice.
“Due vite, tre giorni” (Bertoni Editore) è il primo romanzo di Fara Loiacono Gentile, una storia che si sviluppa nell’arco di circa cinquant’anni e che vede la protagonista, Neta, ragazzina ebrea di Breslavia, nascosta dai genitori nella Collegiata di Santa Croce. Anche Andreas è nascosto dai suoi genitori nella stessa chiesa perché spericolatamente comunista in un paese nazista. Negli ultimi giorni di guerra, però, ne viene cacciato per aver cercato di violentare Neta.
Al termine del conflitto i due ragazzi si incontrano nuovamente. Lei medico, lui sempre ambiguo e sfuggente, ma insistente nel professare il suo amore finalmente maturo e consapevole. Non le racconta quasi nulla della sua nuova vita. I due decidono così di sposarsi e dalla loro unione nasce Nimrod.
Anche lui avrà una storia d’amore complessa e tormentata, quasi a voler seguire le orme dei genitori. Sullo sfondo la Seconda guerra mondiale, le persecuzioni razziali, la guerra fredda e quelle continue tra arabi e israeliani. Ma anche la musica, la religione accettata o rifiutata, e un ciclo di vita che si apre con un abbandono quale atto d’amore e si chiude con una nascita, anch’essa atto d’amore.
BIO FARA LOIACONO GENTILE
Fara Loiacono Gentile è nata a Napoli e ha vissuto a Roma e a Milano. Da venticinque anni abita a Todi, in Umbria. Ama viaggiare, ha girato il mondo cercando sempre di capire le culture con cui entra in contatto. Due vite, tre giorni è il suo primo romanzo.
Grazie ad Angelo Barraco l'autrice ha fatto questa intervista con il Corriere del Sud.
INTERVISTA ALL’AUTRICE
Il tuo rapporto con la scrittura?
Scrivo da sempre : articoli sui giornali locali ,in passato su quello di un' associazione di volontariato. Non sono mai riuscita a raccontare a figlio e nipoti le classiche favole , le ho sempre inventate cercando di affascinanti con storie surreali. Poi sono passata a racconti sempre più articolati ed ora ecco il romanzo.
Come nasce l'idea del tuo nuovo manoscritto?
È la somma di personaggi e storie che ho raccolto nel corso dei miei numerosi viaggi in giro per il mondo.
Raccontaci i luoghi dov'è ambientato?
Breslavia (Wroclav) non l' ho mai visitata, ma un'amica mi aveva parlato della sua università e così è scattata la scintilla. Vienna la conosco molto bene, mio figlio ci ha vissuto 5 anni,così ho avuto modo di visitare la Vienna dei viennesi , molto diversa rispetto a quella turistica. Il Cairo è il sogno di un viaggio mancato per poco , un desiderio che prima o poi si concretizzerà. Gerusalemme è la mia città del cuore: meravigliosa,straordinaria,spirituale e purtroppo divinità. Ho degli amici che ci abitano e visitarla con loro è stato emozionante. Napoli è la mia città e ne conosco i meravigliosi squarci panoramici purtroppo inflazionato, ma anche i colori , i suoni e i sapori.Ogni angolo che descrivo nel libro è legato a un particolare ricordo struggente. Purtroppo conosco la nostalgia.
Parlaci dei personaggi del tuo romanzo?
Il libro racconta la storia di due vite cominciate in maniera difficile e dilaniate da amori sbagliati. "3 giorni" perché uno dei protagonisti è costretto a vivere il suo grande amore in soli tre giorni l'anno. Quali saranno le prossime iniziative relative al libro (presentazioni, fiere, firma copie, ...). Spero di presentare il mio libro a Todi, città in cui vivo da 25 anni.
Se dovessi scegliere una frase del tuo nuovo ultimo romanzo, quale sceglieresti e perché?
La frase che preferisco è che meglio rappresenta la storia raccontata : " Avevano bisogno della certezza dell'esserci , dovevano stringersi , toccarsi , accarezzarsi: ci siamo ancora, non è cambiato niente e questi giorni sono ancora per noi ".
In quale o quali generi letterari incaselleresti il tuo libro?
È un romanzo
È importante scrivere, ma è sicuramente più importante leggere, le tue letture preferite?
Ogni anno leggo almeno una trentina di libri : letteratura italiana , francese ,storia, politica e gli scrittori israeliani.Ho letto tutti gli scritti di Amos Oz e poi Grossman e Abram Yehoshua.Fondamentali per la conoscenza della storia del popolo ebraico, i testi di Riccardo Calimani. In questo romanzo sono presenti due elementi che amo molto : fiumi e deserti. Ho navigato sul Danubio, il Nilo, il Gange, il Mekong e il Fiume Rosso. E visitato il Sahara , la Valle della Morte , ma principalmente sono affascinata dai colori del Negev.
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