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Importante scoperta archeologica in Calabria: a Kaulonia, tracce di un misterioso rituale degli antichi Bruzi

Kaulonia fu una colonia della Magna Grecia. I suoi resti sorgono nei pressi di Punta Stilo, nel comune di Monasterace, in provincia di Reggio Calabria.

La città della mitica amazzone Cleteera già stata protagonista lo scorso anno della sensazionale scoperta in del mosaico ellenistico più imponente della Magna Grecia e di splendide figure musive di draghi e delfini del III secolo .C.

Grazie allo staff di archeologi coordinato da Francesco Cuteri in partnership con Maria Teresa Iannelli, Kauloniaritorna sotto la luce dei riflettori,protagonista di una scoperta capace di aggiungere inediti tasselli alla storia dell’Italia più antica.

Neanche una manciata di giorni fa, nel corso di una campagna di scavi archeologici, sono state scoperte in un edificio termale ellenistico del IV secolo a. C., che nel III secolo a.C. fu trasformato in santuario,decine di buche votive databili all’ultima decade del III secolo.

Questa nuova campagna di scavi – spiega Cuteri – rappresenta un ritrovamento sensazionale e unico nel suo genere: «avevo già ritrovato segni di ritualità scavando sia nell’ambitus che in molti altri ambienti delle buche riempite con materiali e mi ero convinto che in età brettia, e sicuramente nella seconda metà del III sec. tutta l’area, già sacra in età greca per la presenza dell’acqua, era stata trasformata in un santuario italico».

I bruzi, popolo disceso dall'Italia Centrale e stabilitosi nella zona della Sila soggiogando i popoli indigeni, trasformaronointorno alla metà del III secolo le vecchie terme ellenistiche in un luogo culturale e a praticarrono riti che, fino ad adesso, non trovano analogie in altri siti del meridione.

Le buche votive risalgono all’epoca in cui i Bruzi strinsero alleanza con Annibale, appoggiando i cartaginesi nella seconda guerra punica e contengono falangi, ossa di animali e oggetti come vasi, lucernari e monete.

Cuteri spiega: «Per ora è difficile pronunciarsi con certezza, perché dovremo approfondire aspetti antropologici e biologici della scoperta, ma cosa per ora chiara è il fatto che le ossa umane non portano segni di traumi: è come se fossero "reliquie" di membri della comunità già deceduti cui si intendeva rendere omaggio».

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