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100 domande e 100 risposte. Può sembrare un programma ambizioso per qualsiasi argomento e se l’oggetto è l’evoluzione il programma appare ancora più incredibile. Perché? Perché l’evoluzione, intesa come quel “vasto ed erudito affresco del nostro passato che trova nell’uomo il suo punto culminante”, è un tema intoccabile che, durante il percorso scolastico, viene affrontato come un “fatto” da descrivere nella sua storicità più evidente. Le risposte vengono da uno studioso, non di biologia o di paleontologia, ma di filosofia, Dominique Tassot, laureato in ingegneria all’École des Mines di Parigi, per curiosità intellettuale si laurea in filosofia e si occupa dei rapporti tra scienza e fede. Sul tema dell’evoluzionismo ha molto scritto e dibattuto, forse proprio perché filosofo e quindi più libero di fronte ad un tema tabù tra molti scienziati. Chi non lo vede come un tabù è, però, Pierre Rabischong, medico, ex preside della Facoltà di medicina di Montpellier che ha scritto la prefazione all’edizione francese (Via Romana, 2021), tradotta ora in italiano col titolo, L’evoluzione in 100 domande e risposte (edizioni Piane, ottobre 2023). Rabischong prende atto del complesso problema che ci troviamo davanti e si pone anche lui delle domande: se “esiste un’unica verità o dobbiamo accettare diverse visioni, (…), più o meno appassionate se non appassionanti?”. Altra domanda se “tutti questi cambiamenti e la comparsa di nuove varianti siano frutto del caso o se siano dovuti a un intervento esterno di una grande sapienza tecnica”. Tassot parte dai fossili che, nella vulgata comune, sono “sinonimo di evoluzione”, ma che si manifestano come un problema per la teoria stessa mancando quelli intermedi. La teoria degli equilibri punteggiati (Stephen J. Gould, Nils Eldredge) ha cercato di mettere la famosa toppa peggiore del buco, arrivando “ai limiti della prestidigitazione”. Il gradualismo rendeva credibile la teoria di Darwin, ma mancano gli anelli intermedi, allora arriva l’idea degli equilibri punteggiati: niente evoluzione graduale, ma brusca e rapida che spiega l’assenza di fossili di transizione.  Abilissimi Gould ed Eldredge, ma “a patto di non dimenticare che questa dimostrazione non ha nessun valore, perché presuppone il “fatto” di questa evoluzione invisibile che dovrebbe dimostrare”. Altra frase “magica” è “la sopravvivenza del più adatto”, la fitness, il vantaggio selettivo che “non è altro che la capacità di sopravvivere. Dire che i più adatti sopravvivono è una tautologia. Abbiamo l’impressione di aver capito, ma in realtà non abbiamo dimostrato nulla”. Un grande matematico, René Thom, parlò infatti dell’evoluzionismo come di una teoria “puramente linguistica, non matematica”. Dieci capitoli con dieci domande ciascuno che affrontano tutti i temi più controversi: gli organi vestigiali, le mutazioni casuali che sono regressive e non producono nuove informazioni genetiche funzionali che potrebbero portare a una nuova forma di vita. Il mutante è l’albino o il daltonico, non il superuomo. Un capitolo interessante è quello della critica attraverso la logica esaminando “il valore dei suoi ragionamenti e il rigore delle dimostrazioni”. Il termine “evoluzione” non avrebbe senso se non distinguiamo la macro (“comparsa di un nuovo organo all’interno di una specie”) e la microevoluzione (“variazioni ereditarie all’interno di una specie”) e gli evoluzionisti, “mantenendo la stessa parola per questi due significati molto diversi, quasi opposti, (…) usano le numerose prove ben attestate della microevoluzione per dar credito alla macroevoluzione, l’unica ipotesi con importanti implicazioni ideologiche”.  L’evoluzione è un fatto e ben accertato e basta, “allora non c’è bisogno di dimostrazioni”, ma il “fatto” evolutivo necessita di una spiegazione che manca. Entra così in campo il fattore “tempo” che, da solo compirà il miracolo e che moltiplicato per la selezione naturale “può avere effetti prodigiosi: «non resta che aspettare», ma continuiamo a non dimostrare nulla: “perché una pietra diventi una statua, lo scultore deve tagliarla e darle la forma”. Altri capitoli si soffermano su l’uomo e i suoi antenati, gli aspetti politici e sociali dell’evoluzione e il rapporto con le religioni. Proprio su questo si può fare un appunto all’autore: quello di avere completamente ignorato gli scritti del Card. Joseph Ratzinger-Benedetto XVI nonostante l’ultimo capitolo dedicato proprio alla Chiesa cattolica, ma il libro resta interessante e ricco di stimoli per approfondire un tema per niente scontato.

 

 

Federico Bianca con il suo esordio letterario ha vinto il riconoscimento “Silver Book” alla prima edizione del “Premio Roma International”, manifestazione nata con lo scopo di scoprire nuovi talenti, portando nella Città eterna – inimitabile culla di cultura - autori provenienti da ogni parte del mondo. Il contest ha stimolato gli artisti a nuove creazioni ispirate dalle bellezza che la città stessa esprime, ed ha riscosso gradimento e una folta partecipazione. 

Dopo il primo posto della sezione Narrativa Saggio di “Etna book”, i racconti di “Riscatto” (alcuni erano già apparsi su antologie e concorsi nazionali), per i tipi di Felici Editore, continuano a ricevere consenso professionale. La cerimonia di premiazione si terrà il prossimo 16 marzo presso lo splendido Teatro Ghione, a Via delle Fornaci nr. 37. 

Vi presenzieranno prestigiosi ospiti provenienti dalle varie discipline artistiche, a ritirare sul palco un doveroso tributo alle loro carriere. L’inizio della cerimonia è previsto alle ore 20.00, e l’ingresso sarà libero fino ad esaurimento posti. Infine, il giorno 18 marzo, presso lo Spazio5 in via Crescenzio 99/d, a partire dalle ore 18.00, si potrà assistere alla prima presentazione romana di “Riscatto”.  Relatori per l’occasione: la giornalista, scrittrice e conduttrice tv Cinzia Tani ed il regista, sceneggiatore e anche giornalista Pierfrancesco Campanella. Letture tratte dal volume a cura dello scrittore e poeta Alessandro Porri.

Secondo Edoardo d'Asburgo-Lorena, si può eccome. Lo spiega in un agile pamphlet di 150 pagine pubblicato recentemente dalla coraggiosa Casa editrice D'Ettoris Editori di Crotone. Il titolo del testo,Vivere da Asburgo. Sette regole per tempi difficili”. Comincio con delle domande provocazione dell'Arciduca: “Perchè nel secolo XXI si dovrebbero fare le cose 'alla maniera degli Asburgo'? Non sono forse gli Asburgo sovrani di un'epoca ormai trascorsa, una polverosa famiglia imperiale scomparsa da tempo dalle scene del mondo? E poi non dovremmo diffidare di sovrani, re, imperatori e dei tiranni in generale? Quale connessione potrebbe mai esserci tra il mondo passato dei monarchi e la società, la politica e i costumi della contemporaneità?”. Sono queste ed altre domande che troveranno risposta in questo libro, naturalmente l'arciduca Edoardo Asburgo ci tiene a precisare che lui non è uno storico e non farà certamente una storia approfondita della sua famiglia. “Sono semplicemente un membro della famiglia Asburgo che intende riflettere sui principi importanti cui la mia famiglia si è conformata, le regole che – credo – l'abbiano fatta prosperare per molti secoli”. Aggiungo che Edoardo attualmente è ambasciatore dell'Ungheria presso la Santa Sede e il Sovrano Ordine di Malta.

Il testo inizia con una breve panoramica della storia degli Asburgo, facendo riferimento a cinque date importanti, facili da memorizzare. Poi si passa alla presentazione delle sette regole, principi o massime, che sono alla base del pensiero, dell'azione, della politica e della vita familiare degli Asburgo. Per ogni regola Edoardo farà riferimento ai sovrani asburgici, uomini e donne, che hanno saputo interpretarla meglio. Naturalmente, non tutte le regole sono state osservate alla perfezione da ciascuno dei moltissimi Asburgo vissuti nel corso di quasi mille anni. Tuttavia Edoardo ha la pretesa di mostrare come queste regole continuano ad essere osservate e incarnate nella famiglia anche oggi, nonostante da molto tempo non ci sia più la monarchia austro-ungarica. Anzi secondo l'arciduca Edoardo il nostro mondo di oggi sarebbe migliore se provassimo a fare almeno alcune cose “alla maniera degli Asburgo”.

Il testo è curato da Maurizio Brunetti che ringrazia l'arciduca Edoardo per la sua disponibilità alla pubblicazione di questa edizione italiana di “The Habsburg Way”. Brunetti è consapevole che non sarà facile per il lettore italiano accettare un testo apologetico sugli Asburgo dopo oltre un secolo di racconti e leggende risorgimentali e di guerra sul Piave.

“Vivere da Asburgo” è preceduto da una premessa del primo ministro ungherese Viktor Orban, che ricorda la secolare storia degli Asburgo collegata al popolo ungherese: “ci siamo aiutati l'un l'altro con le armi sui campi di battaglia o stringendo alleanze nei campi della politica e della diplomazia”. Orban ricorda che nonostante le differenze, “il perenne obiettivo degli ungherese e degli Asburgo è sempre stato lo stesso: provare a rimanere se stessi nel corso dei secoli, rendendo l'Europa Centrale un attore forte e indipendente sulle scene della politica mondiale”. Orban non esita nel sostenere che non bisogna meravigliarsi se un combattente per la libertà dell'Ungheria, scriva ora la premessa a questo splendido libro sugli Asburgo. Siamo di nuovo dalla stessa parte, come ottocento anni fa”.

Dopo l'introduzione, il testo di Edoardo, prima di analizzare le sette Regole, in breve sintetizza la storia degli Asburgo. Naturalmente non è semplice memorizzare tutti i protagonisti della celebre casata e la lunga storia a loro collegata. Ricordo soltanto che tutto ha inizio in un cantone svizzero e poi nel 1273 quando Rodolfo fu eletto re, il primo ad essere sovrano dell'impero. E' la prima data da tenere in mente. Poi c'è quella del 1500, quando gli Asburgo ampliarono i propri possedimenti in Austria e in tutta Europa, infine nel mondo, grazie alle politiche matrimoniali. Altra data da ricordare, il 1700, periodo storico all'insegna di Maria Teresa con i suoi sedici figli, in vent'anni di matrimonio. Per poi arrivare al 1806, quando sostanzialmente si dissolse il Sacro Romano Impero.

Passiamo alle Sette Regole che caratterizzano la casata degli Asburgo:

Regola N° 1 è quella di Sposarsi (e avere molti figli), motivo di grande felicità. L'arciduca ammette di essere imparziale sul matrimonio: nella sua vita è stato motivo di gioia, essendo padre di sei figli. Naturalmente questo capitolo, è un autentico spot a favore della famiglia naturale e dell'importanza dei bambini per l'intera società. Che cosa pensare dei pochi leader politici, almeno in Europa, che vivono senza matrimoni felici e senza figli.

Gli Asburgo hanno da sempre dato un'importanza fondamentale alla famiglia. Edoardo ci tiene a precisare che ha circa trecento cugini sparsi  in tutto il mondo. Sin dal XIII secolo gli Asburgo si preoccuparono di stipulare alleanze e di preservare l'equilibrio e la pace tra le diverse nazioni. Per ottenere questo scopo, per costruirsi una base solida di potere, furono attivate politiche matrimoniali. “I matrimoni dinastici creavano legami generalmente molto più stretti di un semplice accordo politico”. Inoltre i matrimoni con molti figli tendevano ad assicurare la continuità politica, fattore, tra l'altro, di riduzione dei conflitti. Certo Edoardo ribadisce che erano quasi sempre matrimoni mirati, per assicurarsi territori o regni.

Su questo tema, l'ambasciatore, pone l'attenzione su alcune figura importanti del casato a cominciare da Massimiliano, l'ultimo cavaliere, bello e coraggioso. Il suo matrimonio con Maria di Borgogna, figlia di Carlo “Il Temerario”, rappresenta una delle imprese più affascinanti e romantiche della storia europea. “Nella sua armatura dorata, sembrava un arcangelo”.

Analizzando i quasi centottanta anni, intorno al 1700, in cui hanno regnato le due linee asburgiche distinte, quella spagnola e quella austriaca. Si è accentuato un fenomeno quello dei matrimoni tra consanguinei degli Asburgo e quello del cosiddetto “mento” asburgico.

Naturalmente questi matrimoni furono dannosi per la salute e la genetica della famiglia. Infatti la mortalità infantile all'interno delle linee asburgiche austriache e spagnole, era più alta rispetto alla mortalità media della popolazione. Alla ragion di Stato, i membri della famiglia (maschi e femmine) accettavano senza problemi di sposare principi e principesse di altre famiglie. In pratica scrive Edoardo, “arciduchi e arciduchesse venivano educati sin da piccoli all'idea che avrebbero dovuto sposare una persona che non avevano scelto e che spesso incontravano il giorno delle nozze per la prima volta”. Tuttavia nonostante questo, i matrimoni si sono rivelati quasi sempre uno strumento che ha reso più felici entrambi i coniugi coinvolti. Matrimoni che funzionavano rispetto al giorno d'oggi, perché c'era la fede condivisa, la comune consapevolezza della sacralità dell'indissolubilità del matrimonio, credere entrambi alla famiglia ed essere generosi nell'accogliere la vita nascente. Concludo il capitolo segnalando soltanto alcuni dei sovrani che hanno maggiormente influenzato le loro epoche come Maria Teresa, Francesco Giuseppe ed Elisabetta, Francesco Ferdinando, infine il beato Carlo e Zita.

Regola N. 2: Essere Cattolici (E praticare la propria fede)

Gli Asburgo, per la maggior parte, erano e sono cattolici. In alcuni casi, nei secoli passati, essere un sovrano cattolico comportava spesso fare cose che oggi sembrano non cristiane [...]”. In quei secoli, “si credeva davvero che solo vivendo la fede cattolica si potesse andare in Paradiso; perciò, incoraggiare i propri sudditi a essere cattolici – se non addirittura esigerlo – era non solo parte del proprio dovere di imperatore, ma anche un atto di carità, in quanto avrebbe aiutato il prossimo a raggiungere la salvezza eterna”. Inoltre c'è un altro fattore per noi occidentali sgradito, non riusciamo a capire quei sovrani, perché l'idea che la religione debba essere separata dallo Stato, per noi è un dogma, pertanto, questo comporta che “qualsiasi manifestazione pubblica di fede religiosa debba essere rigorosamente limitata”. Edoardo indaga sukka pietà fervorosa degli Asburgici. Al tempo di Carlo V e Martin Lutero l'Impero si divise, la Riforma luterana sembra affermarsi su tutti i fronti. La tentazione dei principi di incamerare tutti i beni della Chiesa era abbastanza forte. Ci furono divisioni anche all'interno delle varie corti; il cattolicesimo era in grave difficoltà. Gli imperatori asburgici in questo periodo si dimostrarono “deboli” nel difendere la fede cattolica. Ma a dare la svolta in senso cattolico, arrivarono i figli di Ferdinando I, soprattutto, ci ha pensato l'arciduchessa Maddalena (1532-1590), sorella di Massimiliano II, l'unica venerabile della famiglia Asburgo. Maddalena ha fondato un convento di nobildonne, operando in  campo culturale, impegnandosi nella produzione di volumi di spiritualità per controbilanciare l'offensiva dei predicatori luterani e della letteratura protestante.

Un altro difensore della fede cattolico fu Leopoldo I che ha sconfitto i turchi nel 1683 a Vienna, grazie al re polacco Jan Sobieski e al cappuccino Marco d'Aviano.

Sorvolo sull'ambiguo Giuseppe II, conquistato dalle idee illuministe, che ha soppresso tutte le comunità contemplative del suo Regno. Il capitolo chiude puntando l'attenzione sulla grande cattolicità dell'ultimo imperatore Carlo I, diventato poi beato.

Regola N. 3: Credere nell'Impero (E nel principio di Sussidiarietà)

La parola chiave per comprendere il Sacro Romano Impero e la monarchia austro-ungarica è la sussidiarietà. Principio fondamentale della dottrina sociale cattolica da tempo immemorabile. Applicare questo principio dà luogo a politiche sensate ed efficaci. “Quando un'istituzione è vicina al problema che deve affrontare, di solito è meglio attrezzata per risolverlo”. Oggi purtroppo viviamo in un'epoca in cui si vuole centralizzare tutto dall'alto. Si tende a penalizzare e a far scomparire i livelli inferiori (Stati, regioni, comuni e persino le famiglie).

I vari “Paesi che facevano parte dell'Impero in modo federalista, rispettando il principio di sussidiarietà; semplicemente non sarebbe stato possibile governarlo altrimenti. Gli arciduchi asburgici hanno sempre dovuto coltivare per se un 'cuore .internazionale', perché il destino avrebbe potuto riservare loro il governo di una pluralità di nazioni; quanto alle arciduchesse, esse imparavano abitualmente molte lingue poiché, con un buon margine di probabilità, avrebbero sposato un principe di un altro Paese”. L'impero asburgico per la sua complessità è un fenomeno da studiare attentamente: popoli diversi, religioni, lingue, tradizioni, unite da un principio unificante che era il cristianesimo.

Regola N. 4: Tutelare il Diritto e la Giustizia (E amare i propri sudditi).

L'arciduca ambasciatore Edoardo è consapevole che il nostro mondo ha notevoli difficoltà a capire o accettare che le istituzioni monarchiche soprattutto tradizionali, il loro scopo era quello di tutelare la legge, la giustizia e la pace per i propri popoli. Oggi noi immaginiamo la monarchia e il re come un tiranno oppressivo, seduto su un trono remoto. Oggi noi non consideriamo,“come venivano formati gli eredi al trono e gli altri membri delle famiglie reali, come questi vivevano l'assunzione delle prime responsabilità fino al momento in cui avrebbero preso il posto dei loro genitori ed educato, a loro volta, i propri figli”.

L'autore del libro precisa che che queste persone, principi e principesse, fin dalla più tenera età, sono state educate a servire, proprio come facevano i loro genitori e nonni. Servire significa mettere in secondo piano i propri gusti e interessi: “in un Paese i cui abitanti non parlano tutti la stessa lingua, significava che il sovrano non ne avrebbe privilegiato alcuna, ma avrebbe provato a parlare tutte”.

Edoardo è consapevole che la mentalità di questi “servitori” della Patria, è completamente diversa dei vari politici odierni, abituati a non essere responsabili, usano i loro incarichi per il proprio tornaconto e per coltivare la propria carriera. Del resto è notorio a tutti come l'elettorato si allontana sempre più dalla politica.

Attenzione studiamo bene la storia a tratti entusiasmante di questa casata nobiliare, non lasciamoci offuscare dai pregiudizi.

Regola N.5: Essere consapevoli di ciò che si è (e vivere comportandosi di conseguenza)

“Chi non sa da dove viene non può sapere dove sta andando, perché non sa dove si trova”, diceva Otto d'Asburgo.

Regola N.6: Essere coraggiosi in battaglia (o avere dei bravi generali).

Purtroppo i conflitti nella storia sono inevitabili, ci saranno sempre. Anche gli Asburgo sono stati costretti a scendere sul campo di battaglia in prima persona. Qui Edoardo ricorda le battaglie che hanno salvato la Cristianità: Lepanto nel 1571 e Vienna nel 1683. La battagli di Aspern del 1809 contro Napoleone dell'arciduca Carlo con lo stendardo alla mano si tuffò con coraggio nel mezzo della battaglia. E poi l'imperatore della pace il beato Carlo I d'Austria che cercò in tutti i modi di porre fine al I conflitto mondiale nel 1916, accettando il monito del papa Benedetto XV.

Regola N. 7: Ben morire (e avere un funerale memorabile). Qui l'arciduca ricorda il “Rituale delle tre bussate”, davanti all'ingresso del Convento dei Cappuccini a Vienna, luogo dove si accolgono le spoglie mortali di molti Asburgo.

Chiude il libro una breve descrizione dei vari componenti della Casa degli Asburgo oggi, ci sono dei particolari che non conoscevo completamente.

 

Amalia Mancini (nota nell’ambiente letterario come Amélie) ha vinto il Silver Book al Premio Roma International, manifestazione della Associazione Culturale Pegasus, portando nella Città eterna - inimitabile culla di cultura – autori provenienti da ogni parte del mondo. Il contest ha riscosso forte gradimento e nutrita partecipazione. Il titolo del volume protagonista: “Falcone e Vespaziani – Un’Alleanza per la Verità” è reperibile al momento su Amazon. 

La cerimonia di premiazione si terrà il prossimo 16 marzo presso lo splendido Teatro Ghione, a Via delle Fornaci nr. 37. Vi presenzieranno prestigiosi ospiti provenienti dalle varie discipline, a ritirare sul palco un doveroso tributo alle loro carriere. Tra i premi speciali a personaggi del panorama artistico, il cantante Amedeo Minghi, la soprano Maria Dragoni, il doppiatore cinematografico Fabrizio Manfredi, il critico Enrico Stinchelli, il giornalista Aldo Dalla Vecchia.  L’inizio della cerimonia è previsto alle ore 20.15, e l’ingresso sarà libero fino ad esaurimento posti. Il riconoscimento al Teatro Ghione  conferma la ricchezza del mondo letterario di Amelie,  pieno  di sensazioni e sentimenti. In “Falcone e Vespaziani - Un'Alleanza per la Verità. La Straordinaria Collaborazione tra il Magistrato e l’Avvocato”, l’Autrice si immerge nell'incredibile mondo di due giganti della giustizia e racconta la storia poco conosciuta di una collaborazione, trasformatasi in amicizia, tra il giudice Giovanni    Falcone,  vittima  della  mafia  nella  tragica strage  di  Capaci del 1992,   e l' avvocato Giovanni Vespaziani, oggi novantaduenne (zio materno di Amelie). Durante gli eventi narrati nel libro, Vespaziani era il Presidente dell'Ordine degli Avvocati di Rieti, incaricato da Falcone di difendere il pentito di mafia Antonino Calderone. 

Le vicende storiche testimoniano questo contributo cruciale, che insieme a quelli di Tommaso Buscetta ed altri collaboratori di giustizia, ha permesso a Falcone di tracciare la strada per il leggendario maxiprocesso di Palermo contro Cosa Nostra. Amalia Mancini è una stimata giornalista, ma anche una scrittrice.  Sceneggiatrice, ma anche sapiente critico musicale. Negli ultimi tempi, si sta consolidando soprattutto la sua carriera di scrittrice, iniziata del resto giovanissima e che negli anni ha visto assegnarle,  in  questa specifica veste,  numerosi premi. Ancora vivo è  l’eco del successo per il suo “Emozioni Private – Lucio Battisti. Una biografia psicologica” (Arcana Editore), penultimo lavoro, in ordine di tempo, della sua penna abile.

Domenica 25 febbraio 2024 Anna Montella* presenterà al pubblico “Paese mio… che stai sulla collina…” il suo nuovo libro sulle vicende storiche di Grottaglie, città del Nord Salento in Terra di Puglia.

L’incontro/dibattito è previsto a Grottaglie (TA), per le ore 18,30, al civico 45 di via Umberto I (anticamente via Scarpari nel cuore della Giudecca Ebraica) presso la sede di Grott’Art, Associazione di promozione turistica. Interviene il prefatore del volume, lo Scrittore e Storico Giuseppe Stea. Introduce Maria De Marco, Presidente Grott’Art.

...tra intrighi e delitti, manoscritti e quesiti irrisolti, antiche strade e chiese del 1600, poeti santi e briganti, angherie esodi rivoluzioni e scomuniche... l’autrice riporta alla memoria della propria comunità uno "slice of life", ossia uno spaccato di quella che era la realtà di Grottaglie, in Terra di Puglia, nei secoli scorsi con particolare riferimento al XVII secolo, cogliendo, altresì, l’occasione di “ragionare” su alcune ricostruzioni storiche la cui narrazione tradizionale, per quanto radicata nell’immaginario popolare e ricca di suggestioni, non sempre trova riscontro oggettivo nei documenti.

Un progetto di ricerca che va a concludere un percorso iniziato anni fa con la rielaborazione di una Planimetria della Grottaglie del XVII secolo e che matura in una logica di micro-learning, un promettente ambito in tendenza crescente basato sulla creazione di piccole unità di conoscenza focalizzate su uno specifico argomento proponendo, inoltre, come nel caso specifico, una reinterpretazione di spazi già noti.

Il volume, dal linguaggio semplice e scorrevole alla portata di tutti, si rivolge in primis alle Scuole per incentivare tra le giovani generazioni una maggiore conoscenza del territorio, ma anche a quell’ampio target di utenza ormai fuori dai percorsi scolastici che, pur avendo molteplici interessi e curiosità, non ha le opportunità, gli strumenti o il tempo di approfondire.

Il volume di 230 pg, in formato 16x23 cm, realizzato con il patrocinio culturale del Caffè Letterario La Luna e il Drago, a corredo e comprensione del testo è riccamente illustrato con le fotografie a colori di Carmela Montella, le illustrazioni di Pasquale De Angelis e di Alessandro Lenti, le foto d’epoca di Salvatore Brittanico.
L’evento gode del patrocinio culturale dell’Accademia Tiberina di Roma - già Pontificia - Istituto di Cultura Universitaria, La Camerata dei Poeti di Firenze, Circolo Iplac Insieme per la Cultura, sodalizio Assosinderesi per una cultura etica, sodalizio culturale Rette Parallele, Grott’Art Associazione di Promozione Turistica, Cipressino d’oro e Kiwanis International (organismo internazionale di Volontariato), Centro Studi Ricerche Francesco Grisi, Cenacolo Internazionale di Arti e di Lettere Le Nove Muse, CIESART (Cámara Internacional de Escritores y Artistas), UMPPL Asociación (Unión Mundial de Poetas por la Paz y la Libertad).
A conclusione della serata tutti i presenti riceveranno in omaggio un set di tre cartoline assortite realizzate con le illustrazioni d’autore contenute nel volume.

*Anna Montella, autrice poliedrica che si muove con grande disinvoltura tra i diversi generi di scrittura, dal romanzo al racconto breve, dalla mitologia e la fiaba alla ricerca storica, dagli articoli di informazione alla poesia e al drabble, dal 2000 ad oggi ha pubblicato due quaderni (serie “Il fascino del Meraviglioso”) e quattordici libri, oltre ad aver curato circa quaranta raccolte di Autori Vari e undici numeri della webzine del Caffè. Già giornalista pubblicista, esperta in marketing no profit e comunicazione sociale, operatore e promotore culturale, membro e/o presidente di giuria nonché consulente in premi letterari internazionali di prestigio, dal 2009 è ideatrice/curatrice del Caffè Letterario La Luna e il Drago con una progettualità di ampio respiro.

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