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Di Maio si dimette da capo politico M5S

Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio oggi pomeriggio annuncerà le sue dimissioni da capo politico del Movimento. Di Maio, a quanto si apprende, avrebbe anticipato la sua decisione questa mattina nella riunione con i ministri del Movimento. L'annuncio arriverà in occasione della presentazione dei facilitatori regionali, al Tempio di Adriano. Cresce, in queste ore, l'ipotesi di affidare la reggenza del M5S a Vito Crimi, in vista degli Stati generali previsti nella metà di marzo.

Il martedì dei fantasmi inizia prestissimo. Prima riunione ristretta alle 8.30 di mattina. C'è da scrivere il discorso di addio: un mix tra rabbia e orgoglio. Ma anche un messaggio di responsabilità nei confronti del governo visto che è il ministro degli Esteri. Ma sono pensieri che viaggiano come nuvole.

A un certo punto, chiuso nel bunker della Farnesina, Luigi Di Maio evoca chi è lontano migliaia di chilometri, in Iran: «Potrei fare una cosa con Dibba, un domani». E cioè Alessandro Di Battista, con il quale condivide una certa allergia nei confronti del Pd. Entrambi d'altronde erano contrari al governo giallorosso. Già ma cosa? L'unica certezza è che un Movimento organico nel centrosinistra non potrà mai andargli a genio

Di Maio - «che in queste ore si fida di pochissime persone» - nel pomeriggio avvisa il premier Conte della sua scelta. E poi chiama Beppe Grillo. Questa è la telefonata più complicata: «Non ce la faccio più: è impossibile andare avanti così», si sfoga il ministro degli Esteri con il Garante.

In tanti chiamano in serata Grillo, tutti con un moto d'apprensione. E lui prova a sfilarsi: «So che Luigi domani parlerà. Che dirà? Chiedete a lui, ragazzi». Anche il padre nobile è preoccupato: non sa come si muoverà il suo (ex) pupillo.

Nella testa di «Luigi» si affollano di continuo fantasmi e trincee.

Per esempio, all'ora di pranzo, i suoi collaboratori gli hanno raccontato che è partita la convocazione di un'assemblea congiunta dei parlamentari per la settimana prossima. «Deputati e senatori vogliono metterti alle strette».

In quell'occasione i ribelli che da 3 sono arrivati «a più di 30» saranno pronti a far diventare il documento di un mese fa partorito in Senato una vera e propria mozione. E soprattutto, vorranno discutere «le regole d'ingaggio» degli stati generali destinati a diventare un vero e proprio congresso. E ancora spingeranno per traghettare i pentastellati nel centrosinistra, a braccetto con il Pd.

Ecco perché Di Maio gioca d'anticipo e in un momento di sfogo ammette: «Del risultato dell'Emilia Romagna non mi importa nulla, io ero per non presentarmi: vada come vada. Non vado in tv a commentare un 5%». In cuor suo sa che la notizia del suo addio, potrebbe aiutare, e non poco la narrazione di Matteo Salvini sul voto utile. Il tutto a discapito della maggioranza: «Non è un problema mio».


Di Maio oscilla. Passa dal senso di responsabilità alla voglia di sfasciare tutto. Un ministro lo chiama, con affetto, «il nostro Sansone».
Tecnicamente gli sono rimasti pochissimi fedelissimi: da Stefano Buffagni a Vincenzo Spadafora, forse il duo Bonafede&Fraccaro. Ma forse. Di Maio è infuriato con Patuanelli: «L'ho fatto diventare capogruppo, poi ministro e adesso non fa altro che mettermi in difficoltà. Questa è la gratitudine».

In queste ore Di Maio non pensa di ricandidarsi agli Stati generali, ma immagina per sé un futuro politico molto, ma molto più defilato. L'idea di riprendersi con una mossa a sorpresa il Movimento in quello che sarà un vero e proprio congresso gli viene consigliata dai collaboratori più stretti. Ma poi, dati alla mano, subito pensa a una retromarcia: «Forse torno tra tre mesi». Forse no. Nel tardo pomeriggio gli fanno leggere l'agenzia stampa di nuovi addii verso Fioramonti. Lunedì ce ne saranno altrettanti. «Così non reggo».

"Parlerà" Luigi Di Maio, "la cosa importante è restare uniti, tenere tutti uniti nel movimento, nello scegliere insieme la strada per il futuro". Lo ha detto il ministro per lo sport, Vincenzo Spadafora, uscendo da Palazzo Chigi al termine dell'incontro tra il capo politico M5s e i ministri.

"Di Maio è stato tirato per la giacchetta, dunque aspettiamo che assuma lui un'iniziativa". Lo dice il premier Giuseppe Conte ai microfoni di Nonstopnews", su Rtl. "Se fosse una sua decisione lo rispetterò" anche se "mi dispiacerà sul piano personale", spiega.

Monta quindi la voce insistente di un possibile passo indietro, a breve, di Luigi Di Maio dalla guida del Movimento 5 Stelle. Rumors ricorrenti, non confermati dal suo staff di comunicazione, prevedono addirittura un possibile annuncio del capo politico prima della chiusura della campagna elettorale per le regionali di domenica. 

E mentre danno il loro addio al Movimento due nuovi deputati, oggi il leader M5s presenterà a Roma la nuova squadra di facilitatori regionali scelti dalla Rete per fare da raccordo tra il territorio e la direzione nazionale del Movimento: potrebbe quella essere l'occasione in cui il ministro degli esteri e leader del Movimento fornirà un chiarimento sulle sue intenzioni. Che appaiono legate strettamente alla stessa esistenza di questi nuovi organismi: la durata in carica dei facilitatori nazionali e regionali è infatti connessa alla permanenza di Di Maio al vertice.

Intanto il Movimento continua a perdere pezzi. I deputati M5s Michele Nitti e Nadia Aprile hanno lasciato il Movimento e formalmente fatto richiesta di aderire al gruppo Misto.

"Non posso nascondere che i fatti che mi hanno visto protagonista nell'ultimo periodo mi hanno seriamente scossa - ha detto in una nota Nadia Aprile, Parlamentare uscente del Gruppo M5S alla Camera -. La situazione in cui mi sono trovata è dipesa esclusivamente da un'inesorabile deriva autoritativa del MoVimento e dalla mancata considerazione in cui sono stata tenuta come Parlamentare e come persona". "Dopo aver riflettuto a fondo" e ritenendo "illegittimo ed infondato il procedimento a mio carico ho deciso di non continuare più a militare nel MoVimento".

"Basta andare sul sito tirendiconto.it per vedere che la deputata Nadia Aprile ha effettuato la sua ultima restituzione a dicembre 2018, mentre per Michele Nitti le restituzioni sono ferme ad Aprile 2019. Per tale motivo i due, che ieri hanno annunciato di lasciare il gruppo M5S alla Camera, andavano incontro ad un provvedimento disciplinare". Lo sottolineano fonti del M5S in merito all'addio al Movimento dei deputati Nitti e Aprile.

'La maggioranza alla Camera è solida, non abbiamo nessun timore. La nostra stretta sul termine delle rendicontazioni ha prodotto qualche movimento di persone verso il Misto. La maggioranza è solida sia alla Camera che al Senato, non vedo preoccupazioni". Lo dichiara il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D'Incà, interpellato dai cronisti fuori da Palazzo Chigi.

Con i due nuovi passaggi salgono a 14 i deputati ex M5s che siedono al Misto: per formare un nuovo gruppo ne servono 20. In totale in questa legislatura sono 31 i parlamentari eletti con il M5s e passati ad altri gruppi, per scelta personale.

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