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L’evento si terrà giovedì 9 e venerdì 10 novembre con la partecipazione dei maggiori esperti nel settore provenienti dal mondo della Difesa, del comparto aerospaziale italiano, nonché docenti e studenti delle più prestigiose realtà universitarie italiane e straniere

“Una nuova sfida: sviluppare la capacità ipersonica”, questo il titolo del simposio tecnico-scientifico organizzato dall’Aeronautica Militare nell’ambito delle iniziative che hanno accompagnato il 2023 per il Centenario della Forza Armata e che vedrà riuniti presso l’Accademia Aeronautica di Pozzuoli, il 9 e 10 novembre prossimi, i maggiori esperti nel settore provenienti dal mondo della Difesa, del comparto aerospaziale italiano, nonché docenti e studenti delle più prestigiose realtà universitarie italiane e straniere.

Circa sei mesi di ricerca ed analisi da parte di oltre 80 tra tecnici, scienziati ed esperti civili e militari del settore verranno riassunti, nella due giorni del simposio, attraverso l’esposizione di cinque panel tematici che faranno una sintesi degli studi condotti su varie aree ritenute di interesse per sviluppare in futuro le capacità ipersoniche: dall’aerodinamica alle comunicazioni, dai propulsori ai materiali, dagli spazioporti al diritto spaziale, fino agli aspetti legati alla fisiologia umana nello spazio.

Un tema, quello della tecnologia ipersonica, di grande attualità e rilevanza per la confluenza di sfide ed opportunità che porta con sé, con implicazioni di vasta portata per l’ingegneria aerospaziale, per la difesa nazionale e per l’esplorazione scientifica. In un’era - come quella in cui stiamo entrando - caratterizzata da una sempre maggiore dipendenza dalla velocità e dalla capacità di adattarsi e reagire, fattori che nell’immaginario collettivo sono da sempre strettamente legati alle forze aeree e spaziali, il simposio di Pozzuoli vuole rappresentare uno sguardo su un futuro ormai prossimo, quello che andrà “oltre Mach 5”, e che per la complessità delle tecnologie coinvolte necessita di uno sforzo coordinato in termini di ricerca, sviluppo ed investimenti.

Il simposio, che sarà aperto dal Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, Generale di Squadra Aerea Luca Goretti, rappresenta solo l’atto conclusivo di questo lungo e complesso progetto di ricerca multidisciplinare avviato dalla Forza Armata in sinergia con il mondo accademico e dell’industria, ed ha l’obiettivo di indicare una prospettiva politico-strategica in un settore di significativa importanza per la Difesa nazionale, che possa essere anche da stimolo per il consolidamento di una “economia della Difesa” quale forza motrice per l’innovazione tecnologica del Paese. Al termine dei lavori verrà presentato in anteprima un documento conclusivo dei lavori, che verrà messo successivamente a disposizione della comunità scientifica e dei decisori militari e politici nazionali, che riassume le possibili linee di azioni per lo sviluppo della capacità ipersonica come leva strategica per la competitività del Sistema-Paese.

In collegamento dagli Stati Uniti, interverranno anche il Colonnello Luca Parmitano, pilota sperimentatore dell’Aeronautica Militare ed astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), e Nicola Pecile, in passato pilota sperimentatore dell’Aeronautica Militare ed attualmente pilota collaudatore negli Stati Uniti di veicoli suborbitali.

Fonte Aeronautica Militare

 

Una giornata intensa ed emozionante. All’Ocean Live Park è arrivata WindWhisper Racing Team che ha vinto la terza tappa della VO65 Sprint Cup di The Ocean Race aggiudicandosi la vittoria finale. Ma è stato anche il giorno della visita del presidente del Coni Giovanni Malagò, della premiazione della Regata 999 con protagonisti i ragazzi dei Centri educativi sociali del Comune di Genova e di due importanti incontri sui temi della sostenibilità.
 
Un benvenuto al sapore di pesto. La barca polacca ha tagliato il traguardo in soli sei nodi di vento alle 12:27:52 con un tempo finale di 10 giorni 23 ore 17 minuti e 52 secondi. Le altre imbarcazioni sono attese nella giornata di Martedì 27 giugno. Sul molo dell’Ocean Live Park ad attendere i vincitori il Sindaco di Genova Marco Bucci che come primo atto ha offerto a ogni membro dell’equipaggio un piatto di trofie al pesto. Poi festa grande sul palco con la premiazione affidata all’assessore allo sport del Comune di Genova Alessandra Bianchi.
 
La giornata stata contrassegnata anche dalla visita del presidente del Coni Giovanni Malagò che ha visitato il Fiv Experience Village e l’area dedicata a Genova 2024 Capitale dello Sport accompagnato dal presidente della Federazione italiana Vela, Francesco Ettorre, e dalla stessa Alessandra Bianchi. “Portare qui The Ocean Race è un’altra grande scommessa vinta”, ha sottolineato Malagò. “Per Ocean Race le varie istituzioni hanno giocato insieme, compatte e oggi siamo qui per onorare l’organizzazione. Oggi sento e vedo che Genova è il centro del mondo e dell’attenzione nello sport e soprattutto della vela. Stamattina, parlando con altri colleghi dello sport, dicendo di andare a Genova tutti mi hanno chiesto se fosse per Ocean Race. Penso che Genova oggi sia un riferimento prezioso sul tema della sostenibilità. La vela rispetto ad altri ha la sostenibilità e il rispetto ambientale nel dna. Genova è una di quelle città che sta vivendo un periodo di entusiasmo anche per questi eventi e l’amministrazione ha fatto molto bene ed è un dato di fatto. Dall’Ocean Race a Genova 2024 qui lo sport è davvero un fatto re di crescita e di straordinaria visibilità».
 
A Genova è stata presentata anche l’impresa di Luca Rosetti e Alessandro Torresani, gli unici solitari italiani al via della prossima Minitransat, classica e prestigiosa regata oceanica in partenza da Les Sables d’Olonne (Francia) il prossimo 24 settembre. Non poteva esserci un contesto migliore della “Mini6.50 Academy”, ospitata e voluta dalla Federazione Italiana Vela in concomitanza con il Grand Finale del giro del mondo, per presentare un’altra prestigiosa sfida bagnata dal blu intenso dell’Atlantico.
 
“Siamo orgogliosi di essere al centro del mondo sportivo e della vela in queste intense giornate”, sorride l’assessore allo Sport del Comune di Genova, Alessandra Bianchi. “La presenza del presidente Malagò impreziosisce ancora di più questo Ocean Live Park e conferma quanto sia importante questo evento e tutto il lavoro che Genova sta svolgendo dal punto di vista sportivo in vista di un anno importante come il 2024 in cui saremo Capitale Europea dello Sport”.
 
Genova “punto di riferimento” sui temi della sostenibilità. In attesa dell’Ocean Summit di domani, l’Ocean Live Park ha ospitato due importanti forum. È stata presentata, in anteprima mondiale, l’Agenda condivisa dei sindaci per la transizione, un piano comune che vedrà la collaborazione tra i comuni - con Genova capofila - e la Commissione europea. Al centro della giornata, oltre al tema dell’acqua come risorsa sempre più preziosa, il confronto tra l’agenda europea e i piani di lavoro delle realtà locali, con il reciproco impegno di fare fronte comune. “Presentare oggi la prima agenda di transizione comune dei sindaci è un punto di arrivo ma anche di partenza verso un ambizioso lavoro in sinergia dedicato alla cultura e tutela degli oceani”, spiega il Sindaco di Genova Marco Bucci. “La EU Mission Charter nasce per costruire un nuovo modo di rapportarsi con il mare e con l’acqua, oro blu che sta alla base delle nostre vite. Le città a vocazione portuale hanno il dovere di impegnarsi e attivarsi per tutelare l’ambiente marino e sostenere concretamente la blue economy: Genova sta lavorando per diventare la città pilota per sviluppare l’economia del mare nel rispetto dell’ambiente”.
La Missione “Oceani e Acqua” si pone come obiettivo quello di velocizzare il processo di rigenerazione della salute dei mari e dei bacini di acqua dolce, nel rispetto delle politiche internazionali. Genova è stata la prima città europea ad aver aderito alla Missione già nel settembre 2022 e ha promosso la coalizione dei sindaci. Gli obiettivi di sostenibilità dovranno essere perseguiti da tutti i soggetti coinvolti che dovranno fare squadra e tagliare tutti insieme il traguardo del 2030.
Oggi, oltre  ai rappresentanti delle realtà locali italiane e spagnole che hanno già aderito alla Missione e ai messaggi di saluto della presidente del Parlamento Europeo Roberta Metsola e del ministro degli Esteri Italiano, già presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, sono intervenuti i rappresentanti della Commissione Europea tra cui Kestutis Sadauskas vice direttore generale DGMARE, il parlamentare europeo genovese, Marco Campomenosi, il vice ministro Italiano delle Infrastrutture e dei Trasporti Edoardo Rixi, il presidente di Gruppo IREN Luca Dal Fabbro e rappresentanti di Università, di Banca Europea degli Investimenti, l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale, la Guardia Costiera, la Marina Militare e 40 Sindaci fra quelli italiani e spagnoli aderenti alla Coalizione.
 
Genova ha tenuto a battesimo anche "Eyes on Plastic", un progetto pilota per l'applicazione delle tecnologie aerospaziali alle attività di monitoraggio e individuazione di cumuli di plastica sul territorio e nel mare, per dare un futuro di benessere e sostenibilità all'ecosistema marino, a tutto l'ambiente e all'umanità.  Al progetto stanno lavorando Esa (Agenzia Spaziale Europea), Enel e Comune di Genova attraverso un Protocollo d'intesa che mira alla messa a terra di una progettualità inserita nel solco dei grandi programmi europei e globali di contrasto e raccolta di plastiche abbandonate nel mare e nell'ambiente.  Al convegno hanno partecipato l'assessore comunale al Porto Francesco Maresca, il parlamentare europeo Marco Campomenosi, il direttore marittimo della Liguria ammiraglio Sergio Liardo, l'Head of Electrification di Enel Sonia Sandei e Davide Coppola, Head of Space Applications Initiatives di Esa.
 
Sono stati i ragazzi della Regata 999 dei Municipi di Genova a dare il benvenuto alla prima imbarcazione che ha concluso The Ocean Race. Gli oltre 80 ragazzi erano presenti all'Ocean Live Park per la premiazione della Regata, realizzata dal Comune di Genova - Genova Blue District, Job Centre - all'interno del progetto C-City Genova Città Circolare. Dopo la vivacissima cerimonia, che ha visto vincere il Municipio Centro Est, i ragazzi hanno animato l'area dell'Innovation Village, cimentandosi nei tantissimi laboratori e esperienze proposte nei 9 stand delle soluzioni innovative per la tutela del mare e dell’ambiente. Secondo posto per Municipio Centro Ovest e terzo per Municipio Valpolcevera; quarto posto ex aequo per tutti gli altri partecipanti, nel nome della condivisione e della sportività. 
 
Nel pomeriggio, l'Innovation Village ha ospitato il Sea Forum, un incontro tra esperti per approfondire il legame tra Genova e il mare in ottica della promozione di spazi inclusivi e accessibili attraverso l’innovazione, il rinnovamento, l’arte e la cultura nelle città costiere.
 
Con l’arrivo delle altre barche attese e l’Ocean Summit, la giornata di martedì 27 sarà segnata da un’ondata di felicità. Protagonista di un charity event unico nel suo genere nella storia della nautica sarà Alice Leccioli con il suo esoscheletro “Felicità”, così lo battezzò la ventunenne ferrarese affetta dalla nascita da diparesi spastica quando nel 2019 una donatrice anonima, a seguito di una campagna di sensibilizzazione, le regalò EKSO. Si tratta di un esoscheletro riabilitativo robotizzato per la deambulazione di persone con deficit motori agli arti inferiori (paraplegie e tetraplegie complete e incomplete, emiplegie, sclerosi multipla, ictus). Un gioiello della tecnologia distribuito in Italia dalla genovese Emac e figlio delle ricerche della californiana Ekso Bionics di Richmond. All’Ocean Live Park Alice grazie al suo esoscheletro e accompagnata da Paolo Moretti, direttore della UOC di Medicina Fisica e Riabilitazione dell’Istituto Giannina Gaslini, salirà per la prima volta a bordo di una barca per lanciare una campagna crowdfunding Gaslininsieme per l’acquisto di un robot riabilitativo destinato al reparto di Medicina Fisica e Riabilitazione dell’Istituto Giannina Gaslini.

L'uomo, fin dalle epoche più remote, ha sempre cercato di penetrare i misteri sulla comparsa della vita sulla nostra Terra, mistero che tale rimane anche alla fine della lettura del volume L'alba sulla terra. Alla scoperta delle origini della vita (tab edizioni, 2022) scritto da Alessandro Giorgetti, biologo, già ordinario di Zootecnica Speciale all’ Università di Firenze. Ovviamente non è un racconto "giallo" e non c'è nessun assassino da scoprire, quindi, la lettura resta interessante e stimolante perché vengono presentate in modo semplice e ben comprensibile le varie definizioni di vita (Cap. l) che ci introducono in un mondo dove si riscontrano difficoltà da parte degli stessi scienziati a trovare una definizione condivisa.

Giorgetti conclude il primo capitolo con una sintesi: la vita come noi la conosciamo è caratterizzata da una nascita e una morte, nel mezzo ci sono le funzioni fondamentali: alimentarsi, espellere i prodotti di rifiuto, crescere, reagire all'ambiente, riprodursi. Semplice e lineare. Questa vita si fonda su delle basi, degli "elementi plastici" che costituiscono il materiale che permette a questa vita di "essere": idrogeno, carbonio, ossigeno, azoto che assieme ad altri macroelementi formeranno le molecole «più o meno complesse, sia di natura organica che inorganica». Tutto questo servirà alla nascita della cellula. Le cose cominciano a complicarsi quando si parte con l'indagine sulla nascita della Terra e la comparsa della vita (Cap. 3). È l’”alba" che ci interessa maggiormente e più stimola l'immaginazione e la curiosità non solo del mondo scientifico.

Forse 4.1 miliardi di anni fa c'era già qualche forma vivente, ma non tutte le fonti concordano. «Anche se non sappiamo esattamente come sono andate le cose possiamo ipotizzare», questo è il leitmotiv di tutte le ricerche storiche sulle origini della vita: ipotizzare. Non c'era nessuna telecamera nascosta a registrare l'evento e «forse quando sarà stata messa a punto una macchina del tempo potremo sperare di avere delle risposte» conclude Giorgetti, ma, nel frattempo non è inutile cercare di capire il più scientificamente possibile come la vita sia apparsa sulla Terra.

Forse nel mare, ma «non troppo in superficie a causa dell'azione negativa delle radiazioni ultraviolette»

o forse nell'atmosfera. «Alcune tendenze di pensiero attuali, che per le origini della vita fanno riferimento a substrati solidi come sede dei processi di sintesi delle prime macromolecole organiche, possono in teoria giustificare sia origini in ambiente liquido che aereo su una superficie».

Dalla cellula procariote, abbastanza “semplice” si passa a quella eucariote, molto più grande e

complessa e siamo nell'Algonchiano (Precambriano). «La cellula eucariote. possiede un nucleo, delimitato da una membrana, che contiene il materiale genetico e diversi tipi di organuli specializzati per lo svolgimento di altrettante funzioni». Con la comparsa di queste cellule compare la riproduzione sessuata con tutto quello che ne deriva: aumentano gli scambi genetici, la variabilità di ciascuna specie e così via. Come si sono formati questi mattoni indispensabili? «Non è chiaro (...), molto probabilmente attraverso l'associazione di più cellule procariote caratterizzate da differenti specializzazioni», cellule che «rappresentano anche un passaggio evolutivo fondamentale per la successiva comparsa di organismi pluricellulari, sia vegetali che animali». Ma bisogna aspettare il cambriano per assistere al Big Bang della vita.

Ma «come si sono originati i primi esseri viventi?», è la domanda che apre il capitolo 4. Le risposte sono molteplici, «ma (…) nessuna (…) può avere la pretesa, dal punto di vista scientifico, di rappresentare la verità assoluta». Le ipotesi sulle “origini”, secondo Giorgetti, sono raggruppate in due famiglie: creazionismo e abiogenesi. Tutte le religioni riconoscono un Dio creatore e «particolarmente articolata è la storia della Creazione presso le fedi abramitiche» con la narrazione descritta nella Genesi (1, 11-31) condivisa «da ebrei e cristiani almeno fino a tutto il Medioevo». Da quel momento in poi si comincia a mettere in dubbio la narrazione letterale fino a rivalutare le teorie abiogenetiche. Questo nonostante molti scienziati abbiano dimostrato che la vita nasce dalla vita e che la generazione spontanea non esiste: Francesco Redi (1626-1697) lo dimostra per gli insetti, l’abate Lazzaro Spallanzani (1729-1799) per i protozoi e Louis Pasteur (1822-1895) per i batteri. Proprio Pasteur dette il colpo di grazia definitivo a questa teoria che, però, risorse nel secolo scorso con l’abiogenesi moderna e la teoria di Alexandr Oparin (1894-1980) - John Bordon Haldane (1892-1964) che cercarono di dimostrare scientificamente la nascita della vita. Stanley Miller (1930-2007) e Harold Hurey (1983-1981) cercarono con un esperimento (1953) la conferma che «non andò oltre la sintesi di due aminoacidi (…) molto lontana dal definirsi “vita”». Infatti, sono continuati gli esperimenti e la formulazione di nuove teorie: Leslie E. Orgel (1927-2007) propose l’Rna come molecola originaria della vita anche se rimaneva la difficoltà di assemblarlo «senza un adeguato corredo enzimatico». Il solito dilemma: sono nate prima le proteine o gli acidi nucleici, l’uovo o la gallina? Sidney W. Fox (1912-1998) «si può considerare uno tra i più autorevoli rappresentanti del primato proteico». Ma «dava per scontato che miscele di aminoacidi fossero presenti sulla Terra» e che «da questi si potesse passare a macromolecole». Mentre Oparin ipotizzava la nascita della vita nel mare, Fox la vedeva sulla terra disponendo gli aminoacidi su pezzi di lava calda dove si sarebbero formati i “proteinoidi” che, col dilavamento, sarebbero arrivati al mare «organizzandosi in microsfere delimitate da una membrana semipermeabile». Tutto ancora da dimostrare, almeno in laboratorio. Se il mondo a Rna trova dei limiti nella sua complessità, Orgel ha pensato a qualcosa di più semplice, il Tna (acidi treonucleici), simili all’Rna e più semplici da sintetizzare, ma, qualsiasi mondo si ipotizzi, l’ostacolo insormontabile è il «passaggio successivo all’organizzazione di macromolecole enzimatiche o polinucleotidiche che è quello della cellularizzazione; infatti, un conto è una macromolecola organica e un conto è una cellula organizzata». In conclusione, come ebbe a dire Fred Hoyle (1915-2001) nel 1982, «la comparsa spontanea di un organismo unicellulare da una casuale combinazione di composti chimici è probabile quanto il montaggio di un Boeing 747 a opera di un tornado che attraversi un deposito di rottami». Se già l’origine della vita e della prima cellula riconosce notevoli difficoltà, i passaggi ulteriori fino ad arrivare alle specie viventi attuali, che sembra abbiano finito di evolversi, comportano altre difficoltà. Per risolverle è entrato in scena il darwinismo, da Charles Darwin (1809-1882): «quelli che hanno maggior successo riproduttivo hanno caratteristiche che conferiscono loro un migliore adattamento all’ambiente (fitness); attraverso la selezione naturale le generazioni successive si arricchiscono così degli individui dotati dei caratteri più vantaggiosi e da qui deriva una progressiva differenziazione nel tempo di una qualsiasi specie rispetto alle situazioni precedenti». Ma la selezione naturale non basta ecco che entrano in scena le mutazioni che «molto raramente portano ad un miglioramento della fitness». Entra allora in campo la deriva genetica e i flussi genici che «possono spiegare la nascita di nuove specie o, al limite, di generi diversi», ma per la macroevoluzione «cioè quella che dovrebbe spiegare l’esistenza di famiglie, ordini, classi e addirittura regni diversi le cose si fanno più complicate». Interessanti le critiche a selezione naturale e mutazioni fatte da Lynn Margulis che vede come motore dell’evoluzione l’«associazione simbiotica tra organismi appartenenti a taxa diversi». Complesso è spiegare certi organi e strutture solamente con l’azione del Caso che, in queste situazioni dovrebbe avere una «intelligenza e una volontà che non dovrebbero essere sue caratteristiche». Le critiche aumentano e nuove ipotesi si presentano: l’ipotesi Gaia e l’Intelligent Design. La prima «vede la Terra nel suo insieme come un sistema vivente con «la biosfera (…) entità autoregolante in grado di mantenere costantemente ordine nel sistema tramite il controllo di entrambe le sue componenti biotica (…) e abiotica». C’è chi vede in questo una nuova teleologia che spiega la non accettazione da parte del mondo scientifico. L’Intelligent Design (ID) vede la vita biologica funzionare «in modo troppo complesso per essere spiegata solamente con la selezione naturale, le mutazioni casuali e il drift, ma deve essere il risultato di un Intelligent Designer». L’ID nasce negli anni novanta del secolo scorso al Discovery Institute di Seattle grazie a Stephen Meyer e Jonathan Wells autore di Icons of Evolution: Science or Myth? Altri autori di riferimento sono Michael Behe con il suo Darwin’s Black Box (1996) che descrive la “complessità irriducibile” di molte strutture biologiche che difficilmente possono essere nate «per caso o con aggiunte successive». Altro autore citato da Giorgetti è William Dembski, filosofo e matematico che afferma come i sistemi a complessità irriducibile «non possono essere spiegati dalla teoria dell’evoluzione darwiniana; da ciò si dedurrebbe la necessità dell’intervento di un progettista intelligente che abbia creato la vita o comunque guidato l’evoluzione». «L’ID non nega né l’evoluzione né la possibilità di derivazione dei primi esseri viventi da molecole inorganiche», ma contesta «solo il “motore” di tali eventi: non il caso ma un progettista intelligente». Le teorie sono tante e la ricerca delle origini della vita vede molti scienziati dedicarsi a queste ricerche «allo scopo di contribuire a una migliore comprensione di una serie di possibili eventi che (…), comunque, per ovvie ragioni, non potranno mai sollevarsi al di sopra della “teoria” ed essere scientificamente dimostrati come verità assoluta».

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