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I padri dell'emergenza terrorismo islamico adesso fanno la morale a Donald Trump. 

Una stretta di centoventigiorni agli immigrati che vengono da quei Paesi a rischio terrorismo, "nuovi controlli in profondità" nella lotta al radicalismo islamico e, soprattutto, priorità ai rifugiati cristiani. Come già promesso in campagna elettorale, il neo presidente Donald Trump si dimostra a dare un giro di vite a quell'accoglienza indiscriminata imposta agli americani dall'ex presidente Barack Obama. 

Nell'ordine esecutivo in materia di immigrazione, che mira a impedire l'ingresso di terroristi islamici negli Stati Uniti, è stata così prevista la sospensione per tre mesi del programma di ammissione dei rifugiati, e l'ingresso, fino a ulteriore comunicazione, di quelli siriani

In un tweet, l'Alto commissario per i diritti umani, il giordano Zeid Raad Al Hussein, ha definito l'ordine esecutivo del presidente degli Stati Uniti su rifugiati e musulmani «meschino» e ha qualificato «la discriminazione basata sulla nazionalità contraria ai diritti umani». Non solo, secondo al Hussein, quel bando «manca di generosità» e rappresenta «uno spreco di risorse» che invece potrebbero essere utilizzate «nella lotta contro il terrorismo». 

Il presidente Usa Donald Trump ha ribadito oggi che il suo ordine esecutivo «non è un bando ai musulmani», ricordando che «ci sono altri 40 Paesi nel mondo a maggioranza islamica che non sono interessati dal provvedimento», e ha ricordato che gli Usa rilasceranno nuovamente i visti dopo aver rivisto e rafforzato il sistema dei controlli, come previsto dalle sue disposizioni.

«Per essere chiari, questo non è un bando ai musulmani, come i media riportano falsamente», ha sostenuto Trump. «Non ha a che fare con la religione, ma con il terrore e il mantenimento della sicurezza del nostro Paese», ha aggiunto, ricordando l'esistenza di oltre 40 Paesi a maggioranza musulmana non colpiti dal provvedimento. «Rilasceremo nuovamente i visti a tutti i Paesi una volta che avremo rivisto e completato le politiche più sicure nei prossimi 90 giorni», ha proseguito. 

L'Unione europea e l'Onu, che da anni chiudono gli occhi davanti al contagio islamista trasmesso troppo spesso da un'immigrazione incontrollata e sempre più devastante, attaccano il presidente statunitense per aver bandito gli immigrati che arrivano da sette Paesi a maggioranza Musulmana. Un bando che non ha nulla a che fare con il fede in Allah, ma che punta a prevenire nuovi attacchi jihadisti sul suolo americano. Eppure, al pari dei movimenti pacifisti e delle organizzazioni vicine a George Soros che sfilano contro il tycoon, Bruxelles e il Palazzo Vetro hanno alzato il muro del moralismo per difendere l'accoglienza degli immigrati.

Le indagini parlano chiaro. Dietro alle principali stragi che hanno colpito l'Occidente c'è il fallimento dell'immigrazione. Eppure i burocrati dell'Ue, che proprio l'anno scorso hanno dovuto fare i conti con le stragi di Bruxelles, Nizza e Berlino (tanto per citare le più spietate e drammatiche), non si tirano indietro dal difendere quello stesso meccanismo che hanno lasciato l'Europa in balia del terrorismo islamico. "L'Unione europea è contro le discriminazioni sulla base della nazionalità, della razza o della religione - tuona il portavoce della Commissione europea Margaritis Schinas - e non solo quando si parla di asilo, ma di tutte le altre nostre politiche". In un articolo pubblicato nel fine settimana dal giornale tedesco Die Welt, lo stesso presidente Jean-Claude Juncker ha contrapposto il nazionalismo alla giustizia sociale, l'isolazionismo alla fraternità. E lo stesso ha fatto oggi l'Onu definendo la politica di Trump "illegale e meschina". "La discriminazione basata sulla nazionalità è proibita dal diritto umanitario", ha incalzato l'Alto commissario per i diritti umani Zeid Ràad Al Husein invitando gli Stati Uniti a mantenere la"lunga tradizione" di protezione di chi fugge dai conflitti.

La protesta contro il bando di Donald Trump all'immigrazione, fermato parzialmente da un giudice federale, dilaga nel mondo e in Usa, da Ny fin sotto alla Casa Bianca, dove diverse migliaia di persone hanno manifestato sotto lo slogan 'No Muslim ban'. "Non è un bando dei musulmani, come i media riportano falsamente", ha tentato di gettare acqua sul fuoco il presidente, ricordando che "ci sono altri 40 Paesi nel mondo a maggioranza islamica che non sono interessati dal provvedimento", e ribadendo che gli Usa rilasceranno nuovamente i visti dopo aver rivisto e rafforzato il sistema dei controlli, come previsto dalle sue disposizioni. Ma già ieri si è scontrato per la prima volta con i contrappesi della democrazia, quando il giudice federale di New York Ann M. Donnelly, accogliendo il ricorso di due iracheni bloccati al Jfk, ha deciso che nessun rifugiato, nessun titolare di visto e nessun viaggiatore proveniente dai sette Paesi islamici banditi può essere rispedito indietro, per evitare "danni irreparabili".

Una decisione valida su tutto il territorio nazionale, dove nel frattempo 16 procuratori generali hanno emesso una dichiarazione congiunta nella quale definiscono il bando incostituzionale. Gli attorney general sostengono che la libertà religiosa è un principio fondamentale del Paese, auspicando che l'ordine esecutivo sia ritirato e impegnandosi nel frattempo a garantire che il minor numero possibile di persone soffrano per questa situazione. La Casa Bianca continua a difendere il provvedimento. "Non c'è alcun caos", ha assicurato il capo dello staff Reince Priebus, aggiungendo che ieri 325 mila viaggiatori sono entrati negli Usa e solo 109 sono stati fermati. "Gran parte di loro sono stati rilasciati. Abbiamo ancora una ventina di persone che restano detenute", ha sostenuto, prevedendo che saranno presto rilasciate se sono in regola. Priebus ha però fatto una parziale retromarcia precisando che l'ordine non interesserà i detentori della 'green card' (che consente ad uno straniero di risiedere in Usa per un periodo di tempo illimitato), un punto suggerito dall'eminenza grigia della Casa Bianca, il chief strategist Steve Bannon. Priebus ha tuttavia ricordato che gli agenti di frontiera hanno il "potere discrezionale" di detenere e interrogare i viaggiatori che arrivano da Paesi a rischio, alimentando così nuove incertezze.

Trump tuttavia non fa marcia indietro: "Il nostro Paese ha bisogno di confini forti e di controlli rigidi. Guardate quello che sta succedendo in Europa e, anzi, in tutto il mondo - un caos orribile!", ha twittato. Ma il mondo protesta, a partire dall'Europa, dove alcuni leader cominciano a mostrare il loro dissenso, da Angela Merkel a Paolo Gentiloni sino a Theresa May e al suo ministro degli Esteri Boris Johnson, alfiere di quella Brexit lodata apertamente da Trump. Scende in campo anche la Lega Araba, con il suo segretario generale Ahmed Aboul Gheit che si è detto "profondamente preoccupato" per le "restrizioni ingiustificate" adottate da Trump nei confronti dei cittadini di sette Paesi islamici, con possibili "effetti negativi". E se il governo iracheno, fortemente legato agli Usa, dice di comprendere i motivi di sicurezza del bando, l'Iran non fa sconti e convoca l'ambasciatore svizzero a Teheran (che rappresenta gli interessi americani nel Paese) per consegnarli una dura lettera di protesta contro lo stop agli ingressi. La protesta monta anche in tutta l'America, dove ieri molti aeroporti, in primis il Jfk, sono stati teatro di manifestazioni per la liberazione dei passeggeri detenuti.

La contestazione si è spostata a Battery Park, in vista della Statua della Libertà, il monumento simbolo delle politiche di accoglienza dell'America. A lanciare l'appello via Twitter è stato il regista Michael Moore, che aveva mobilitato gli attivisti al Jfk, e nel pomeriggio una folla enorme si è riversata li', marciando poi sino a Ground Zero e Midtown. Ma la protesta più inattesa è stata quella che ha assediato la Casa Bianca, promossa sulle reti sociali con il motto 'Non staremo in silenzio. Combattiamo'. Diverse migliaia di persone hanno gridato ed esibito numerosi slogan contro il provvedimento di Trump, mentre lui telefonava ad alcuni leader arabi dallo Studio Ovale. Sul piano politico il presidente deve fare i conti non solo con l'opposizione democratica, che gli ha già chiesto di ritirare il bando minacciando iniziative legislative, ma anche con alcuni leader repubblicani, che lo hanno invitato alla cautela. Mitch McConnell, leader della maggioranza al Senato, ha detto che è una buona idea rafforzare i controlli sull'immigrazione ma, ha precisato, "penso anche che sia importante ricordare che alcune delle nostre risorse migliori contro il terrorismo islamico sono i musulmani, sia in questo Paese che all'estero".

"Merita di essere presa in seria considerazione la proposta di aprire talune, significative finestre di controllo giurisdizionale nelle indagini, piuttosto che prevedere interventi di tipo gerarchico o disciplinare". Questo uno dei passaggi salienti della relazione per l'apertura dell'anno giudiziario del Primo presidente della Cassazione Giovanni Canzio che critica anche le indagini "già di per sè troppo lunghe" e le "distorsioni del processo mediatico" favorite anche dalla "spiccata autoreferenzialità" di taluni pm.

Nell'aula magna del "Palazzaccio" sono presenti, come sempre, le massime cariche dello Stato, primo tra tutti il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il ministro della Giustizia Andrea Orlando, il procuratore generale della Suprema Corte Pasquale Ciccolo e il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini. Assenti, per protesta, i vertici dell’Anm (Associazione nazionale magistrati): il sindacato delle toghe manifesta in questo modo il proprio malcontento per il mancato rispetto del govero di alcuni impegni su pensioni e trasferimenti dei magistrati.

"L'azione di riforma proseguirà, ma si è già sensibilmente ridotto il peso di quelle patologie, cronicizzatesi nel corso di troppi anni". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, all'inaugurazione dell'anno giudiziario in Cassazione. "Dovevamo misurarci con tre emergenze - ha sottolineato -: il sovraffollamento carcerario, le carenze di personale, la mole dell'arretrato e i tempi della giustizia. Le abbiamo affrontate".

"Superare le difficoltà del rapporto tra l'Anm e il governo", attingere "al proprio senso di responsabilità, alimentando la cultura del dialogo": è l'appello che il vice presidente del Csm Giovanni Legnini rivolge nel corso della cerimonia di inaugurazione dell'Anno giudiziario. Una scelta non causale, visto che per la prima volta oggi l'Anm diserta la cerimonia in polemica con il governo.

Contro la "terribile minaccia" del terrorismo internazionale occorrono "adeguate misure di polizia e prevenzione", un maggior coordinamento delle indagini anche con l'istituzione della Procura europea, e un "efficace sistema repressivo, fino a configurare gli atti di violenza terroristica come crimini contro l'umanità". Sempre in tema terrorismo, in particolar modo riferito a quello di matrice islamica, Canzio sottolinea che "l'ambiente carcerario favorisce la radicalizzazione e l'indottrinamento dei giovani". E poi osserva: "Solo attraverso un trattamento carcerario umano e finalizzato all'integrazione può attenuarsi, almeno in parte, il rischio di pericolosi integralismi".

In Cassazione il numero delle prescrizioni è "irrisorio" - ha riguardato circa 767 processi nell'ultimo anno, pari all'1,3% del totale - ma appare "comunque irragionevole che la prescrizione continui a proiettare gli effetti estintivi del reato nel corso del processo, pur dopo la condanna di primo grado, mentre sarebbe più corretto intervenire con misure acceleratorie sulla durata dei giudizi di impugnazione".

La Cassazione "non può e non intende sottrarsi al dovere di apprestare tutela ai diritti fondamentali della persona", seguendo il "criterio guida dell'interesse preminente del minore", ma "demandare il via esclusiva alla giurisdizione" la soluzione di questioni su scelte etico-sociali "non è la via preferibile", sarebbe "da privilegiare il percorso ermeneutico disegnato sulla base di una chiara ed esplicita volontà legislativa". Canzio chiede una legge per le adozioni e i figli di coppie 'same sex'.

La Corte di Cassazione si sofferma anche sulle adozioni da parte delle coppie gay, dopo le diverse sentenze pronunciarte di recente."La Corte non può e non intende sottrarsi al dovere di apprestare tutela ai diritti fondamentali della persona". E arriva la strigliata al parlamento: "Ma domandare in via esclusiva alla giurisprudenza la soluzione di questioni che involgono scelte impegnative dal punto di vista etico-sociale non è la via preferibile, mentre sarebbe da privilegiare il percorso ermeneutico disegnato sulla base di una chiara ed esplicita volontà legislativa". In altre parole, osserva Canzio, noi facciamo la nostra parte ma voi (legislatori) dovete fare la vostra. Nel frattempo, su questo tema, si accende subito la polemica politica

Al contempo mostra, a parlamento e governo, la strada da seguire. C'è spazio anche per una dura strigliata ai pm, in merito alla fuga di notizie sulle indagini in corso e il mancato riserbo: "Fenomeno grave perché rischia di ledere il principio costituzionale di non colpevolezza, più volte viene invocato l’intervento del mio ufficio, che risulta quasi sempre sterile per la obiettiva difficoltà di individuare le singole responsabilità". Altro tema "delicato" sollevato da Canzio "è quello del riserbo, sul quale già l’anno scorso mi sono soffermato ricordando che la stessa Corte di Strasburgo ha ribadito che ai magistrati è imposta la massima discrezione anche là dove si sia trattato di sostenere pubblicamente le ragioni e la bontà dell’attività giudiziaria svolta". 

Il reato di immigrazione clandestina - osserva il presidente Canzio - si ribadisce l’inefficacia della risposta penale, mentre la configurazione di un illecito e di sanzioni amministrative, fino all’espulsione, darebbe risultati più concreti. Le Corti d’Appello - ricorda il primo presidente - denunciano un incremento esponenziale dei procedimenti legati all’ingresso di migranti, molti dei quali richiedenti protezione internazionale, insieme con la presenza di migliaia di minori non accompagnati. Il fenomeno nella sua complessità pone problemi di natura umanitaria, culturale, economica e sociale ma ha anche ripercussioni considerevoli a carico dell’amministrazione della giustizia, sia per la gravosa gestione dei procedimenti sia per gli alti costi che comporta. Da qui «l’esigenza di un’urgente ridefinizione legislativa delle relative procedure in termini di semplificazione e accelerazione".

Canzio snocciola anche un dato molto interessante, che si riferisce alle prescrizioni: "Il numero è irrisorio (767, pari all’1,3% delle definizioni), apparendo comunque irragionevole che la prescrizione continui a proiettare gli effetti estintivi del reato nel corso del processo, pur dopo la condanna di primo grado, mentre sarebbe più corretto intervenire con misure acceleratorie sulla durata dei giudizi di impugnazione".

Quanto alla corruzione per il presidente Canzio è molto diffusa la percezione che sia molto diffusa sia nella Pubblica amministrazione che tra i privati. Per il presidente però tale percezione è errata: "Non trova riscontro nelle rilevazioni delle statistiche giudiziarie. Il dato nazionale registra, infatti, un numero esiguo di giudizi penali per siffatti gravi delitti, con appena 273 procedimenti definiti nel 2016 in Cassazione, pari allo 0,5%". Per Canzio "occorre pertanto avviare un’approfondita riflessione sull’efficacia delle attuali misure, preventive e repressive, di contrasto del fenomeno, perché nei sia consentita l’emersione nelle sue reali dimensioni".

"Il governo pensa di poter decidere chi deve fare il giudice e chi no. E questo non è consentito dalla Costituzioni e dalle convenzioni internazionali". Lo dice il presidente dell'Anm, Piercamillo Davigo, nel corso di un'affollata conferenza stampa, per spiegare le ragioni per le quali il sindacato delle toghe ha disertato la cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario. Davigo parla di vulnus all'indipendenza "che non ha precedenti nella storia italiana".

Umiliata in Siria e in Medio Oriente dall’intervento russo, confusionaria e inconcludente nel Pacifico e inutilmente provocatoria nei confronti della Federazione Russa negli ultimi giorni di mandato, con la decisione disperata di dispiegare truppe ai confini orientali della NATO, la politica estera dell’amministrazione Obama lascia dietro di sé molte macerie e una superpotenza, quella rappresentata dagli Stati Uniti, sconfitta e ridimensionata su più fronti,e in un interessante analisi del Il Giornale Roberto Vivaldelli spiega i nuovi scenari

Una strategia debole che ha reso Vladimir Putin l’assoluto protagonista delle vicende politiche internazionali degli ultimi anni. Toccherà ora al presidente eletto Donald Trump ridefinire complessivamente una strategia geopolitica degli Stati Uniti rinunciando – almeno stando alle sue dichiarazioni in campagna elettorale – a costosi interventi militari “umanitari” e ridisegnando un nuovo asse con Mosca. Lo slogan è “America first”. In tutto questo dovrà tenere conto dei “limiti” al potere presidenziale previsti dalla Costituzione americana e dell’importanza di altri organi decisionali il Congresso, il Pentagono, la Cia e e altre agenzie d’intelligence.

Lo stesso Kissinger, poche settimane fa,aveva confermato di aver incontrato più volte il presidente eletto Donald Trump e di essere diventato il suo “consigliere informale”: l’ex Segretario di Stato ha dichiarato di aver suggerito a Trump un riavvicinamento con la Russia allo scopo di ridimensionare la Repubblica Popolare Cinese. Il tycoon può offrire a Putin il ritiro – quantomeno parziale – delle sanzioni occidentali e il riconoscimento della Crimea.Nell’elaborare una nuova strategia, Trump dovrà fare i conti con il recente passato. Tra poche luci e tante ombre, l’eredità del presidente uscente Barack Obama è quella di una superpotenza statunitense fortemente indebolita.

Secondo l' analista geopolitico Pepe Escobar redattore di Asia Times e collaboratore di Sputnik International, Trump adotterà la vecchia regola del “Divide et impera”: “La strategia politica del guru di Trump, Henry Kissinger, per affrontare il formidabile trio eurasiatico Russia, Cina e Iran – scrive – è quella del Divide et impera: sedurre la Russia dalla sua partnership strategica con la Cina e colpire l’anello più debole della catena, l’Iran. In opposizione a Kissinger, la politica estera di Obama e del suo mentore Brzezinski, promotore della russofobia, proponeva un Divide et impera mirato altresì ad avvicinare la Cina”.

La aperture verso Putin e le provocazioni indirizzate alla Cina non sono per nulla casuali

Altro aspetto, non meno importante, è la collaborazione strategica con la Gran Bretagna. Non è un caso, infatti, che proprio Theresa May sarà il primo leader mondiale ad incontrare il presidente eletto Donald Trump alla Casa Bianca venerdì prossimo allo scopo di sancire un nuovo asse Londra-Washington. Secondo il Telegraph, l’incontro di venerdì, che il quotidiano britannico definisce “di portata storica”, ha come obiettivo di “ridurre le barriere tra le banche americane e quelle inglesi attraverso un sistema di “passaporto unico”; definire un gruppo di lavoro congiunto Stati Uniti-Inghilterra per individuare gli ostacoli commerciali tra i due Paesi; firmare una dichiarazione congiunta per chiedere ai membri dell’UE di spendere il 2% del Pil nella difesa e nella lotta contro l’Isis”.

Secondo il giornalista americano Andrew Spannaus, autore del libro perche vince Trump, “come molti altri nel mondo politico americano Trump si scaglia contro la manipolazione del tasso di cambio da parte dei cinesi, accusando la crescente potenza asiatica di impiegare il protezionismo per tenere chiusi i propri mercati mentre allo stesso tempo aggredisce quelli esteri con pratiche scorrette. Trump non critica il libero commercio in sé, ma dichiara che deve essere equo. Per garantire questo cambio promette di costringere i cinesi a rinegoziare le condizioni commerciali tra i due Paesi”.

Ma oltre al cambio di rotta nella strategia geopolitica, si attendono importanti novità anche sul piano geo-economico. La prima, esemplificativa, è lo stralcio del TTP  firmato a pochi giorni dall’insediamento. “Per troppo tempo, gli americani sono stati costretti ad accettare accordi commerciali che fanno gli interessi delle l’élite di Washington rendendo duro il lavoro degli uomini e delle donne di questo Paese” – ha recentemente commentato il presidente eletto. “Come risultato, le città dei colletti blu hanno visto le loro fabbriche spostarsi all’estero, mentre gli americani affrontano un deficit commerciale e un’industria manifatturiera devastata”.

Tutti a Montecitorio con la fascia tricolore per sostenere i propri sindaci e per rappresentare simbolicamente ognuno la propria comunità. Sit-in di protesta in piazza Santi Apostoli di un nutrito gruppo di terremotati del Centro Italia riuniti nel comitato spontaneo di cittadini apartitici "Quelli che il terremoto...", nato in difesa delle popolazioni colpite.

Tra gli striscioni esposti in piazza alcuni recitano: "Montanari sì, fessi no" e "Ad Amatrice la scossa, a Roma datevi una mossa". "Siamo qui per manifestare la nostra amarezza - dice Peppe Mariani, imprenditore marchigiano di Roccafluvione, tra gli organizzatori della manifestazione - per come è stata gestita tutta questa emergenza. Siamo molto arrabbiati e per tanti motivi. Che fine hanno fatto i soldi versati per solidarietà dagli italiani? Dove sono le casette e i moduli abitativi che ci avevano promesso? Non possiamo più aspettare chiacchiere e parole, vogliamo finalmente i fatti".

Intorno alle 12 i manifestanti si sono mossi in corteo verso Montecitorio dove alle 13 circa una delegazione sarà ricevuta da un gruppo di parlamentari.

"Al momento il bilancio delle vittime a Rigopiano è salito purtroppo a 24 e quindi di conseguenza si è abbassato il numero dei dispersi che al momento è di 5. Di queste 24 vittime 13 sono uomini e 11 sono donne e restano da identificare ancora 12 vittime. Lavoreremo ininterrottamente fino a che non avremo recuperato tutti". E' quanto ha detto il direttore dell'ufficio emergenze del Dipartimento della Protezione civile, Titti Postiglione, parlando dalla Dicomac di Rieti. "In campo - ha aggiunto - ci sono più di 200 uomini che stanno lavorando".

E sono 15 i corpi recuperati dai resti dell'hotel Rigopiano e attualmente all'obitorio dell'ospedale di Pescara. A questi si aggiungono le cinque salme già restituite alle famiglie, per un totale di 20, sulle 24 vittime estratte dalle macerie. Sono in corso gli accertamenti medico legali e le procedure di identificazione; poi la delicata fase della comunicazione ai familiari e del riconoscimento. I corpi recuperati nelle ultime ore o in corso di recupero dovrebbero arrivare in giornata in obitorio.

Gabriele D'Angelo è morto assiderato sotto la valanga che ha travolto l'hotel Rigopiano: lo ha stabilito l'autopsia a cui è stato sottoposto, secondo quanto riferisce il medico legale di parte Domenico Angelucci. "Non ci sono segni di traumi né di asfissia come emorragie congiuntivali - spiega il medico -. Secondo noi se fosse stato soccorso entro due ore probabilmente poteva essere salvato'', riferisce il medico di parte della famiglia D'Angelo.

Conferenza stampa del sostituto procuratore di Pescara, Cristina Tedeschini, per fare il punto sulle indagini dell'hotel Rigopiano. Casi di esclusivo schiacciamento, con morti istantanee, e per altri concorrenza di cause, tra quali ipotermia e asfissia. Sono questi, fin qui, i motivi delle morti delle sei persone sottoposte ad autopsia: ha confermato il pm. Finora sono state effettuate 6 autopsie e altre 6 sono in programma. 

Si sono registrate sette lievi scosse considerando solo quelle di magnitudo non inferiore a 2 da mezzanotte nel Centro Italia. Secondo i rilevamenti dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), la scossa più rilevante è stata all'1:20 con magnitudo 2.8 ed epicentro a 7 km da Campotosto (L'Aquila). Non si registrano nuovi crolli. 

Un summit con sindaci, prefetto, forze dell'ordine, protezione civile e le altre istituzioni coinvolte nell'emergenza neve e terremoto degli ultimi giorni, è stato convocato alle 10,30 all'Aquila dal presidente della Regione, Luciano D'Alfonso, che è anche vicecommissario per la ricostruzione in seguito al sisma del 24 agosto scorso. L'incontro ha come obiettivo fare il punto della situazione nella provincia dell'Aquila tra le più colpite alla luce dell'emergenza nell'alta valle dell'Aterno, epicentro del terremoto del 18 gennaio scorso, colpita anche da nevicate record. Nell'Aquilano ci sono state polemiche sulla tempestività dei soccorsi e sugli annunci della commissione grandi rischi della possibilità di altre scosse forti, che hanno gettato nel panico la popolazione.

La domanda, alla luce delle scosse in atto è: quanti Comuni oggi conoscono la sicurezza degli edifici pubblici e la vulnerabilità sismica? Il problema, denunciato da molti, è la mancanza di fondi per le verifiche sugli edifici pubblici, una normativa introdotta nel 2003 dopo il disastro della scuola di San Giuliano di Puglia

Preoccupati per lo sciame sismico in atto e la vulnerabilità sismica della loro scuola, gli studenti del Liceo Cotugno dell'Aquila, sostenuti da genitori e insegnanti, da stamattina sono riuniti in sit in davanti all'istituto: l'edificio è agibile sì ma, secondo quanto si è appreso, ha un basso indice di sicurezza sismica. Inoltre 5 aule del liceo sono chiuse per lavori. Gli studenti hanno deciso per una protesta ad oltranza - accompagnati dallo slogan #SicuriDaMorire - fin quando non sarà fatta chiarezza sulla struttura, di proprietà della Provincia, che ospita in via Leonardo da Vinci tre dei quattro indirizzi della scuola, Classico, Linguistico e Scienze Umane, per un totale di circa 1200 studenti. In alternativa si chiedono soluzioni anche provvisorie che consentano di riprendere al più presto l'attività didattica

Le preoccupazioni sulla sicurezza dell'edificio sono emerse dopo che alcuni genitori, preoccupati già dalle scosse di fine ottobre, hanno ottenuto con richiesta di accesso agli atti alla Provincia la documentazione completa sullo studio di vulnerabilità sismica dell'edificio. Uno studio, riferisce la docente Annalucia Bonanni, che la Provincia aveva realizzato nel 2013, ottemperando all'obbligo dell'O.P.C.M. 3274 del 2003. "Questo studio - prosegue la nota -, di cui sono usciti sulla stampa in questi giorni alcuni estratti e tabelle, rileva per la maggior parte dei corpi della struttura indici di vulnerabilità sismica molto bassi, che vanno dallo 0% al 26%, di quanto richiesto dalle attuali norme affinché la struttura possa essere considerata adeguata. Solo due corpi dell'Istituto, corrispondenti ad Aula Magna e Palestra, risulterebbero adeguati".

La conclusione dello studio, secondo quanto riferito da genitori e docenti, è che "la verifica statica sarebbe soddisfatta (e nemmeno per tutti i corpi dell'edificio) solo se si dimezzassero i carichi, ma le norme in questo caso imporrebbero di destinare l'edificio ad altro uso (è bene sottolineare che si parla in questo caso di sola verifica statica, che non tiene dunque conto dei carichi dinamici come quelli di un terremoto)".

In queste condizioni, anche se i sopralluoghi effettuati negli ultimi giorni non hanno rilevato danni strutturali con le recenti scosse, gli studenti, sostenuti dai genitori, non se la sentono di tornare tra i banchi.

Intanto lunedì 23 si è quindi tenuto un consiglio d'istituto: i rappresentanti delle varie componenti scolastiche hanno chiesto che "la Provincia si pronunci in merito all'agibilità della struttura tenendo conto dei dati emersi, approfondendo e completando, se necessario, lo studio sulla vulnerabilità e dando chiarezza definitiva sulla sicurezza della struttura in caso di evento sismico".

I genitori hanno inoltrato una diffida alle autorità dicendosi "sorpresi e sgomenti del fatto che la Provincia fosse a conoscenza della situazione di (in)sicurezza dell'edificio e non abbia preso nessun provvedimento e invitano le autorità competenti ad adottare i provvedimenti opportuni per garantire l'incolumità a studenti e personale, riservandosi di informare la Procura della Repubblica".

"Dall'Aula del Senato credo debba venire forte e unanime un sentimento di cordoglio e di compassione per le 23 vittime dell'Hotel Rigopiano dove si cercano 6 dispersi, per le 6 dell'elisoccorso di Campofelice e per le 5 vittime del maltempo e del terremoto". Così il premier Paolo Gentiloni, nell'informativa nell'aula di Palazzo Madama, dove i senatori si sono alzati tutti in piedi per applaudire.

"Le risorse ci sono: 4 miliardi nella legge di bilancio e altri ci saranno come ho anticipato personalmente al presidente della commissione europea Jean Claude Juncker". "Abbiamo lavorato per la verifica della tenuta delle 40 dighe nella zona interessate dal sisma - ha detto ancora il premier - dighe che vengono verificate di prassi ogni volta che si verifica una scossa di magnitudo superiore a quattro. E che quindi sono state ripetutamente verificate negli ultimi mesi. Sapete dell'incontro con ministro Delrio che ha asseverato lo stato intorno al bacino di Campotosto per prevenire i rischi ed evitare anche il diffondersi di voci incontrollate su rischi esagerati".

A Rigopiano sono state dispiegate 200 persone il massimo possibile. Nel momento di picco della crisi, il 19 gennaio, le utenze non allacciate hanno raggiunto il numero considerevole di 177mila, oggi ne sono rimaste solo alcune alcune centinaia nel teramano. E' giusto a livello di Governo verificare in questa dinamica quanto abbiano inciso le circostanze eccezionali e quanto ciò abbia messo in luce problemi più generali di manutenzione. Se ci sono stati ritardi e responsabilità saranno le inchieste a chiarire. Il governo non teme la verità che serve a fare meglio e non ad avvelenare i pozzi. Io che condivido la ricerca della verità non condivido la voglia di capri espiatori e giustizieri anche perché la storia è lesta a trasformare i giustizieri in capri espiatori. Al di là di singoli errori che le inchieste accerteranno - ha proseguito  - abbiamo mostrato una capacità di reazione del sistema all'altezza di un grande Paese, non a caso abbiamo un sistema di Protezione civile all'avanguardia: non è di destra o sinistra, di questo o quel governo, è un patrimonio italiano che dobbiamo tenerci stretto. La prossima settimana - ha concluso Gentiloni - vareremo un decreto. Nessuno immagini che sia un ritorno all'indietro, sarà un passo avanti e molto mirato nei suoi obiettivi". Il decreto, ha spiegato il premier, "sarà mirato a intervenire in alcuni punti e gangli l'accumulo di ritardi che finora non ci sono stati ma possono accumularsi nei prossimi mesi e che possiamo prevenire"

"Siamo orgogliosi dei nostri soccorritori, sono cittadini italiani esemplari: forte e unanime deve essere il sentimento di riconoscenza per le 11mila persone intervenute che si prodigano per salvare vite.  Rimarranno impresse - ha aggiunto il premier - le immagini dei lutti ma anche quelle delle vite salvate, dello Stato che mobilita tutte le proprie energie e arriva in mezzo alla tormenta con sci e pelli di foca. Credo - ha proseguito - che sia stato messo in atto ogni sforzo possibile dal punto di vista umano, organizzativo, tecnico per cercare di salvare i dispersi. Davanti alla concatenazione degli eventi in una crisi senza precedenti - ha detto Gentiloni - il dispiegamento delle forze, coordinate dalla Protezione Civile, è stato molto rilevante: dalle 4-5mila persone del 16-17 gennaio alle oltre 11 mila impegnate ieri e questo per raggiungere le frazioni isolate e soccorrere le persone in difficoltà con 3581 interventi di soccorso via terra e 32 elicotteri con oltre 300 missioni.

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"Il debito pensionistico implicito è qualcosa che c'è oggi e che noi siamo destinati pagare, a meno che non si facciano ulteriori riforme del sistema pensionistico che riducano la generosità dei trattamenti". 

"Questa è una manovra che fa aumentare il debito implicito e ogni manovra che li fa scarica oneri sulle generazioni future. La manovra lo fa in modo rilevante: aumenta la spesa pensionistica aumenta la generosità di trattamenti su categorie che hanno già fruito di trattamenti più vantaggiosi di chi li fruirà in futuro". Così ha dichiarato Tito Boeri, presidente Inps, al convegno "Tutto pensioni" organizzato dal Sole 24 ore a proposito della manovra contenuta nell'ultima legge di bilancio. "Nell'ambito del sistema pensionistico rimangono forti iniquità differenze di trattamento macroscopiche anche nella ambito della stessa generazione, sulle quali fin qui non si è intervenuti".

Tito Boeri, presidente dell'Inps, auspicando che nel discutere le politiche pensionistiche si tenga sempre più conto degli impatti che le scelte fatte possono avere sulle generazioni future, evitando di concentrarsi solo sugli oneri immediati. "Il debito implicito è l'insieme degli impegni presi dallo Stato nei confronti degli attuali contribuenti, degli attuali pensionati e anche dei contribuenti futuri. Se si dice che il debito implicito non ha valore, si sta implicitamente dicendo che si taglieranno in futuro le pensioni", ha spiegato Boeri a margine del convegno 'Tutto pensioni', dopo aver rilevato dal palco dell'evento che "quando nell'ambito delle uscite pubbliche abbiamo parlato del debito pensionistico implicito, ho visto molto scetticismo da parte della classe politica".

A riguardo, Boeri ha poi precisato che nel parlare di problemi di equità si riferiva in particolare "alla parte più corposa della manovra di bilancio: quattordicesima e queste operazioni, che non vanno a tenere conto della situazione economica complessiva delle famiglie". L'economista ha infatti segnalato che la quattordicesima potrebbe andare anche a chi, in virtù della propria situazione familiare, non si trova in una situazione di disagio. "Bisogna concentrare l'aiuto su persone che sono in situazioni reddituali e patrimoniali di difficoltà: c'è uno strumento per farlo che è il nuovo Isee", la considerazione espressa in merito dal presidente dell'Inps.

Poi il presidente dell'Inps ha parlato dei dipendenti: "L' Inps sta perdendo circa 100 dipendenti ogni mese. Abbiamo bisogno, per venire incontro alle richieste e alle domande dei pensionandi, di rafforzare la nostra presenza. Chiedo al parlamento e al governo di aiutarci, dandoci finalmente la possibilità di assumere". Boeri ha rimarcato che le novità inserite nell'ultima legge di bilancio, dopo anni di inasprimento dei requisiti per l'accesso alla pensione, portano una "liberalizzazione molto selettiva, che spingerà moltissime persone a chiedere maggiori informazioni per capire se anche loro beneficeranno di questa possibilità". Infine parla busta arancione e dell'Ape, l'anticipo pensionistico: "Abbiamo già deciso di inviare, a quei lavoratori che ricadranno in quella fascia di età che potrà fruire dell'Ape, delle buste arancioni, per cercare di spingerli ad acquisire più informazioni possibili". "L'Ape volontaria è un meccanismo complesso e senza precedenti, perché pone l'Inps al centro di una rete che vedrà da una parte le banche, dall'altra le compagnie di assicurazione, le imprese e i lavoratori", ha spiegato Boeri, sottolineando che dal punto di vista del lavoratore "è uno strumento di non facile comprensione", motivo per cui l' Inps sta lavorando con particolare attenzione sul tema dell'informazione.

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