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La novita di queste ore sarebbe che Di Maio vorrebbe tornare di fare Governo con il PD, ma incassa il no dei Renziani e il no degli attivisti del suo movimento.

"Fosse per noi - dice il capogruppo alla Camera Danilo Toninelli a Radio 102.5 - staremmo già scrivendo il contratto di governo con la Lega. Domani l'ipotesi di un governo di centrodestra sarà finita definitivamente e Salvini dovrà decidere se restare aggrappato alla restaurazione o se scrivere un contratto di governo con noi".  "Purtroppo Salvini continua a restare con quel centrodestra che è un'ammucchiata, noi non staremo mai con Berlusconi". 

"Noi - ha detto Toninelli - parliamo solo della Lega perché il presidente Mattarella ha dato alla Casellati un mandato specifico ma noi non è che non stiamo parlando al Pd al quale rinnoviamo la proposta di sedersi a un tavolo e scrivere un contratto di governo. Io spero che su sollecitazione anche del presidente della Repubblica facciano un passo avanti. Se il Pd vuole realizzare un programma serio noi ci siamo, noi abbiamo il reddito di cittadinanza e loro hanno il reddito di inclusione, troviamo una via di mezzo e combattiamo la povertà".

Gli attivisti insorgono contro Luigi di Maio e il suo cerchio magico: l'inciucio con il Pd per la nascita di un governo tra dem e Cinque stelle spacca il Movimento :

Sarà un problema di Forza Italia accettare qualcosa che non va secondo le sue logiche. Di cosa si ha paura visto che il patto va firmato prima di fare il governo?», scrive ad esempio Alberto. Mentre Bruno è ancora più severo: «Ancora parlate per risolvere i problemi. Sono già da un paio d'anni che siete al Parlamento e l'unica cosa che avete fatto e tagliare i vini del Parlamento. Dovevate aprire in due il parlamento come una scatoletta di tonno e non avete fatto niente». Si contano sulle dita di una mano i messaggi di sostegno per Di Maio, dopo la virata a sinistra.  

"PD e M5S sono agli antipodi. Penso al reddito di cittadinanza e il reddito di inclusione: metodi distanti tra loro come il polo nord e il polo sud", ha detto però a Radio Anch'io su Radio Uno Rai il deputato Pd Roberto Giachetti esclude un'alleanza. "Da un lato assistenzialismo e dall'altro un aiuto a chi vive una soluzione complicata. Ma si potrebbe parlare anche delle posizioni sulla legge Fornero, sulla sicurezza, sullo ius soli - prosegue -. Le differenze tra noi e M5S sono molto più accentuate rispetto invece a una convergenza tra loro e la Lega. I 5S cambiano posizione sulle questioni di volta in volta a seconda della convenienza. E' affidabile un partito che si comporta in questo modo? Io penso di no".

C'è chi ricorda la battaglia per il No al referendum sulla riforma costituzionale che Boschi e Renzi volevano introdurre in Italia: «Mi permetto di aggiungere che una tua alleanza con il Pd non mi sembra proprio un messaggio di cambiamento, con coloro che un anno e mezzo fa volevano scardinare la costituzione», commenta Walter. Il mantra si ripete anche sui profili ufficiali degli uomini più fidati del leader. Il popolo dei Cinque stelle ribolle contro l'alleanza con il Pd. Lorenzo in un lungo post argomenta la sua rabbia: «Vi ho dato fiducia con convinzione, il 4 marzo, per poi vedervi accarezzare l'idea di creare un governo col Pd e sentirvi promettere fedeltà agli alleati nell'atroce ennesima invasione in Siria». Gli schiaffi arrivano anche dal fronte Pd: «Toninelli se ne faccia una ragione: il Pd non farà lo scendiletto di Di Maio. A differenza del M5s, il programma che abbiamo presentato agli italiani non cambia, è determinante ed è alternativo alla prima, alla seconda e alle versioni successive che il M5S presenterà», scrive in un tweet il senatore del Pd Davide Faraone. Per Di Maio, che non si schioda dalla strategia dei veti, oltre il danno della ribellione del popolo grillino sembra sia in arrivo anche la beffa di un no del Pd. 

E se Beppe Grillo, il più duro in questi anni contro il partito di Matteo Renzi, resta in silenzio, la base «tradita» fa sentire la propria voce. Una voce di protesta contro la virata a sinistra, che il capo politico vuole imporre al M5s, senza alcuna consultazione. La forzatura di Di Maio rischia di aprire una ferita profonda nel rapporto con il popolo grillino. E se si spezza il legame con gli elettori, la carriera politica del giovanissimo leader avrà vita breve. 

Ma ad oggi, l'ex vicepresidente della Camera ha in testa un solo pensiero: andare a Palazzo Chigi. Anche a costo di fare un patto con il diavolo, consumando l'ennesima giravolta. È bastato che il reggente del Pd Maurizio Martina abbia lanciato segnali di dialogo al M5s su alcuni temi sociali, per spingere Di Maio e la sua corte a riaccendere il forno (infuocato) con i dem. Ma il leader del Movimento non aveva immaginato la rivolta dei militanti. Contrari alla strada di un accordo politico con il Pd. Dal giorno della svolta, la pagina di Di Maio è stata inondata di messaggi di indignazione e critiche contro l'asse tra Pd-M5s. L'intesa con gli «odiati» dem viene considerata follia pura. «C'è una contraddizione nella proposta del movimento. Se si lavora sui temi per fare un contratto da firmare prima del governo, quale sarebbe il problema se lo firmasse anche Forza Italia? 

Intanto al Palazzo Giustiniani Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. "Nutriamo la fondata speranza che si riesca finalmente a superare la politica del no che in molti hanno portato avanti fino a oggi", ha detto al termine delle consultazioni con la Casellati, Matteo Salvini. "Confidiamo che il secondo partito superi i veti e accetti finalmente di sedersi al tavolo parlando di programmi e non dai posti". "Per noi è improponibile un governo con chi ha perso", ha detto ancora il leader della Lega. "E' l'ultimo appello alla responsabilità si parli di temi e non di posti e spero che questo venga consegnato alla presidente Casellati".

"Sì, ci sono dei segnali di novità dal M5S, confidiamo oggi in quel che dirà Di Maio", ha detto Salvini all'uscita di Palazzo Giustiniani. "Ieri siamo usciti di qui con gli schiaffoni, se oggi usciamo con i sorrisi metà dell'opera è fatta, il resto lo facciamo la prossima settimana. Speriamo che oggi sia il giorno buono: confidiamo che si possa fare un governo di chi ha vinto le elezioni. Se cadono i veti, se cadono i 'no' si può iniziare a lavorare". 

I tre sono arrivati insieme a Palazzo Giustiniani e si sono intrattenuti con al presidente del Senato per circa tre quarti d'ora. E lanciano l'ultimo appello al Movimento Cinque Stelle. "Visto che viviamo nell'Italia reale, che sta perdendo la pazienza, consultazione contro consultazione, con veti contro veti nutriamo la fondata speranza che si riesca finalmente a superare la politica del no che hanno portato avanti fino a oggi", ha detto Matteo Salvini, che al termine del colloquio ha preso la parola con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni al suo fianco.

"Confidiamo che chi verrà dopo di noi accetti finalmente di sedersi a un tavolo parlando di programmi e non di posti", ha continuato il leader della Lega, "Abbiamo detto a Casellati che abbiamo fiducia sulla nascita di un governo che rappresenti il voto degli italiani finalmente, dopo tanti governi che non lo hanno rispettato. Che si basi su un accordo tra i primi e i secondi, tra centrodestra e M5s. Noi siamo disponibilissimi a parlare di tutti i temi - riforma Fornero, fiscale, la scuola - speriamo che oggi sia il giorno buono".

E uscendo da Palazzo Giustiniani Salvini si è detto ottimista: "Ieri siamo usciti con gli schiaffoni, oggi invece siamo usciti con i sorrisi: metà dell'opera l'abbiamo fatta, l'altra metà la facciamo settimana prossima", ha detto spiegando di aver avuto contatti con i 5 stelle.

.Sul piatto, al momento, restano, però, i veti incrociati M5s-Lega. "L'Italia non può aspettare. Non c'e alcuna novità: se tutti continuano a rimanere fermi sulle loro posizioni - dice Matteo Salvini - si creano situazioni che non hanno risposta. Vedo se riesco a inventarmi qualcosa di più rispetto al tanto che già come Lega abbiamo ipotizzato per fare partire un governo superando i no, i litigi e i bisticci. Io ultimatum non ne pongo, vediamo se riesco a convincere gli altri". Intanto da Forza Italia tiene il punto sul Cav. "Il Governo non nasce a seconda del passo di lato di Berlusconi - attacca il governatore della Liguria Giovanni Toti ad Agorà su Rai3 -  non diciamo delle cose che non hanno senso, le patenti di legittimità le danno gli elettori, non certo i leader politici avversari". .

Sul piatto, al momento, restano, però, i veti incrociati M5s-Lega. "L'Italia non può aspettare. Non c'e alcuna novità: se tutti continuano a rimanere fermi sulle loro posizioni - dice Matteo Salvini - si creano situazioni che non hanno risposta. Vedo se riesco a inventarmi qualcosa di più rispetto al tanto che già come Lega abbiamo ipotizzato per fare partire un governo superando i no, i litigi e i bisticci. Io ultimatum non ne pongo, vediamo se riesco a convincere gli altri". Intanto da Forza Italia tiene il punto sul Cav. "Il Governo non nasce a seconda del passo di lato di Berlusconi - attacca il governatore della Liguria Giovanni Toti ad Agorà su Rai3 -  non diciamo delle cose che non hanno senso, le patenti di legittimità le danno gli elettori, non certo i leader politici avversari"

"L'Italia - è l'appello del premier Gentiloni - non può permettersi di restare fuori della dinamica che disegna il futuro dell'Ue e l'Ue non si può permettere di affrontare il dibattito senza l'Italia". "L'attuale governo è impegnato, nessuno ha staccato la spina. Ma certamente serve una soluzione politica in tempi rapidi che dia certezza del ruolo dell'Italia".

 

 

 

 

 

 

Mattarella ha affidato "il compito di verificare l'esistenza di una maggioranza parlamentare fra i partiti della coalizione del centrodestra e il M5S e di un'indicazione condivisa per il conferimento dell'incarico del presidente del Consiglio per costituire il governo. Il presidente della Repubblica ha chiesto alla presidente del Senato di riferire entro la giornata di venerdì". 

"Assumo - ha detto la Casellati - questo incarico con lo stesso spirito di servizio con cui ho assunto quello di presidente del senato. Sarete informati del calendario degli incontri che avverranno in tempi brevi".

Dai vertici del M5S, a quanto si apprende, trapela soddisfazione per la scelta del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. E' l'occasione per esplicitare che il centrodestra non ha i numeri per governare, viene spiegato dal M5S che osserva come, in questa occasione, il leader della Lega Matteo Salvini dovrà assumersi la propria responsabilità e decidere se vuole governare o stare all'opposizione con Berlusconi.

Governo tecnico, di scopo, di minoranza, del presidente. Sono molte le formule e le sfumature che vengono citate, anche dai protagonisti politici, dato che le urne hanno consegnato un Parlamento senza una chiara maggioranza.  Diverse sono le vie percorribili per il Capo dello Stato Sergio Mattarella.

"Per la Lega è positivo l'incarico alla presidente Casellati - si legge in una nota del Carroccio - perché il perimetro di un governo di centrodestra-5 stelle è esattamente quello deciso dal popolo italiano. La Lega è pronta a governare anche oggi, basta che gli altri smettano di litigare".

"Ringraziamo - commenta il capogruppo M5s al Senato Danilo Toninelli - il presidente Mattarella per questa occasione che sarà utile per fare chiarezza. L'Italia ha urgente bisogno di un governo del cambiamento e noi metteremo al centro dell'agenda i temi che il 4 marzo hanno portato 11 milioni a votarci". "Lo scenario - dice a Radio Rai il senatore pentastellato Vito Crimi - è Di Maio Premier. Alla Casellati diremo le stesse cose che abbiamo detto a Mattarella. Il veto su Silvio Berlusconi resterà, perché rappresenta il non-cambiamento. Vogliamo dare una sferzata al modo di fare politica". 

"Voglio augurare buon lavoro alla presidente del Senato e ringraziare il presidente Mattarella per questa decisione. Questa per noi è un'occasione preziosa per fare chiarezza anche perché l'Italia non può più aspettare. Alla presidente del Senato esporremo le nostre posizioni e le nostre proposte coerentemente con quanto abbiamo già affermato negli ultimi giorni". Lo afferma, in un video su facebook, il capo politico del M5S Luigi Di Maio.

La conversione di Luigi Di Maio è iniziata qualche mese fa, quando il giovane leader grillino ha deciso di vestire la mise istituzionale spiegando guarda caso dal salotto buono di Porta a Porta che no, «non è più il momento di uscire dall'euro».

Passati 44 giorni dal voto, il giovane leader del M5s sta tenendo fede alla sua svolta istituzionale. D'altra parte, non è un segreto che Mattarella immagini di partire proprio dai Cinque stelle per dar vita ad un governo. Dovendo scegliere tra i due vincitori della tornata elettorale Di Maio e Matteo Salvini il capo dello Stato è infatti convinto che il leader della Lega fornisca poche, pochissime garanzie sul fronte della politica estera. Sull'intervento in Siria, per esempio, il Colle non ha affatto gradito la linea filo Putin sostenuta con forza da Salvini. 

Una posizione che ha provocato le accese e durissime rimostranze di Washington. Non è un caso che sul punto Di Maio abbia tenuto una linea decisamente filoatlantista, così netta e per certi versi inedita da scatenare l'accesa reazione della base che sui social gli ha puntato il dito contro definendolo un «novello Gentiloni». 

D'altra parte, quella sulla Nato è solo l'ultima di una lunga serie di giravolte. Denunciate proprio ieri dal quotidiano Il Foglio che ha raccontato con dovizia di particolari la storia della truffa del programma M5s votato on line, approvato e poi sostituito in gran segreto con uno diverso (e ovviamente non votato da nessuno). Ben venti Pdf totalmente riscritti, anche e soprattutto sul fronte della politica estera con un'attenta bonifica delle critiche alla Nato, agli Stati Uniti, all'euro e all'Ue. Un modo per iniziare a smarcarsi dalle critiche di chi, come Emmanuel Macron, è convinto che sia anche per colpa del populismo euroscettico e del revanscismo neonazionalista se oggi l'Europa «rischia una guerra civile».

Al Di Maio istituzionalizzato e per certi versi addomesticato, dunque, è seguito a ruota il tentativo di normalizzazione del programma M5s.

Governo tecnico, di scopo, di minoranza, del presidente. Sono molte le formule e le sfumature che vengono citate, anche dai protagonisti politici, dato che le urne hanno consegnato un Parlamento senza una chiara maggioranza.  Diverse sono le vie percorribili per il Capo dello Stato Sergio Mattarella.

 

 

Ultime mosse in vista delle nuove comunicazioni del capo dello Stato su un possibile incarico per la formazione di un governo che dovrebbero arrivare in settimana. 

Mentre Luigi Di Maio continua coi suoi veti e a pretendere la poltrona di Palazzo Chigi, Matteo Salvini resta più moderato e apre alla possibilità che la premiership vada a una fugura terza.  Matteo Salvini non chiude all'ipotesi di una figura 'terza'. "Se ci fosse qualcuno in gamba c- ha detto nel corso di uno 'Speciale elezioni' a Telemolise - che sottoscrive un programma che condivido perché no. Io a differenza di Di Maio non sono qua a dire o governo io o non si fa niente". 

"Siamo stati noi a eleggere il primo senatore nero - ha ricordato Salvini - tantissimi immigrati regolari votano Lega e ci dicono 'mi raccomando non fatene entrare più, perché più ce ne sono, più casino c'è e mettono anche noi, persone perbene, nello stesso pentolone'. Penso che l'unico razzismo sia quello della sinistra che sfrutta l'immigrazione per avere nuovi poveri e nuovi schiavi da sfruttare nelle aziende", conclude Matteo Salvini nella sua intervista a Telemolise.

Sono ventidue i giorni trascorsi dalla prima seduta delle Camere dopo le elezioni politiche, e dieci dall'inizio del primo round di consultazioni al Quirinale per la formazione del nuovo governo. Il tempo passa senza che sia stata raggiunta un'intesa, e salgono le quotazioni di un mandato esplorativo. Non sarebbe la prima volta.

Nella storia della Repubblica sono stati sette i mandati esplorativi conferiti dal Quirinale: quattro a presidenti del Senato (Merzagora, 1957; Fanfani, 1986; Spadolini, 1989; Marini, 2008) e tre a presidenti della Camera (Leone, 1960; Pertini, 1968 Iotti, 1987).

A fronte dell'"urgenza" sottolineata dal presidente Mattarella per l'individuazione di un nuovo esecutivo e di una nuova maggioranza, è utile vedere quali siano state le crisi di governo più brevi e quali le più lunghe.

Quella che ha portato all'insediamento del governo Monti è stata una delle più brevi crisi di governo della storia recente: si è risolta in tre giorni e con un solo giorno di consultazioni al Quirinale, tenutesi il 13 novembre 2011. Un solo giorno di consultazioni è servito anche per la nascita del governo Prodi II: era il 16 maggio 2006.

Tra le consultazioni più lunghe vanno ricordate quelle che hanno portato alla formazione del governo Letta, il primo della scorsa legislatura.

Il presidente Giorgio Napolitano ricevette le delegazioni dal 20 al 30 marzo 2013. Dopo il fallimento dell'incarico esplorativo di Pierluigi Bersani, tutto si fermò per far lavorare la commissione di 'Saggi' istituita dal Capo dello Stato; le consultazioni ripresero il 23 aprile, con Enrico Letta che il giorno successivo sciolse la riserva e formò il suo governo. Tra la data del voto e la nascita del governo Letta passarono 61 giorni: poco più di due mesi.

Le crisi di governo più lunghe sono quelle che sono seguite alla fine del governo Dini (1996, 127 giorni), all'Andreotti V (1979, 126), all'Andreotti I (1972, 121) e al Prodi II (2008, 104 giorni). In tutti e quattro i casi le crisi hanno portato allo scioglimento anticipato delle Camere e alla fine della legislatura.

Un mese e dieci giorni passarono dalla vittoria di Dc e Pci alle elezioni del 1976 alla nascita del primo governo di solidarietà nazionale. Mentre trascorsero due mesi dalle Politiche del 1979 alla nascita del primo governo Cossiga.

«Nell’ intervista che e stata pubblicata dalla Stampa sembra che Kurt Volker sia l’inviato in Ucraina di Obama e non di Trump». Lorenzo Fontana, vicepresidente della Camera e vicesegretario della Lega, è uno dei più stretti collaboratori di Matteo Salvini con il quale ha condiviso per molti anni i banchi del Parlamento europeo. È convinto che sulle sanzioni alla Russia stia crescendo la consapevolezza della loro inutilità. 

Nelle prossime ore - ed entro giovedì mattina - Sergio Mattarella dovrebbe rompere il silenzio e provare a sciogliere il rebus di governo. L'ipotesi più accreditata è quella di un mandato esplorativo a una delle due alte cariche dello Stato e in particolare a Maria Elisabetta Alberti Casellati

I nomi sul tavolo da gioco sono quattro: Elisabetta Alberti Casellati, Matteo Salvini, Luigi Di Maio e Roberto Fico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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