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La morte dell'Ambasciatore Attanasio: un'imboscata in piena regola

Un'imboscata in piena regola, probabilmente a scopo di sequestro, finita in tragedia. L'ambasciatore italiano Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e il loro autista congolese, Mustapha Milambo, sono stati uccisi in un agguato mentre viaggiavano a bordo di un'auto dell'Onu in una regione della Repubblica democratica del Congo, il Nord Kivu, da anni teatro di violenti scontri tra decine di milizie che si contendono il controllo del territorio e delle sue risorse naturali. Il governo di Kinshasa punta il dito contro le Forze democratiche di liberazione del Ruanda (Fdlr), ribelli di etnia Hutu conosciuti per il genocidio in Ruanda del 1994, che hanno stabilito la loro roccaforte nell'area dell'agguato, mentre l'Italia chiede un rapporto dettagliato alle Nazioni Unite.

Il convoglio, composto da due vetture del Programma alimentare mondiale (Pam-Wfp), stava viaggiando verso nord, sulla strada tra Goma e Rutshuru, dove il diplomatico italiano avrebbe dovuto visitare un programma di distribuzione di cibo nelle scuole dell'agenzia dell'Onu, fresca di Nobel per la pace. Alle 10.15 (le 9.15 in Italia), le due auto vengono fermate a circa 15 km da Goma, nei pressi di Nyiaragongo, nel parco nazionale di Virunga, da un commando di 6 persone che apre il fuoco, prima sparando in aria, poi uccidendo l'autista.

Secondo le prime ricostruzioni riferite dal governatore del Nord Kivu, Carly Nzanzu Kasivita, gli assalitori portano il diplomatico e il carabiniere della scorta nella foresta. Scattato l'allarme, sul posto si precipita una pattuglia di ranger dell'Istituto Congolese per la Conservazione della Natura che si trova nelle vicinanze, seguita da forze dell'esercito locale. Esplode un conflitto a fuoco nel quale gli aggressori uccidono Iacovacci. Anche Attanasio viene colpito dagli spari: di chi, ancora non è chiaro. Il corpo esangue dell'ambasciatore, ferito all'addome, viene caricato su un pick-up dai primi soccorritori, per poi essere trasferito all'ospedale di Goma.

Altre tre persone sarebbero state rapite, riferisce il ministero dell'Interno di Kinshasa, e si parla anche di alcuni feriti. Il governo congolese ha dichiarato che le autorità provinciali del Nord Kivu non erano a conoscenza della presenza dell'ambasciatore nell'area e che questo non ha permesso loro di fornirgli misure di sicurezza adeguate, né il loro tempestivo arrivo sul posto in "una parte del Paese considerata instabile e in balia di alcuni gruppi armati ribelli nazionali e stranieri". Formatesi all'inizio degli anni 2000, le Fdlr sono accusate di diversi attentati nella zona, tra cui quello dell'aprile 2020 in cui morirono 17 persone tra cui 12 ranger dell'Iccn.

Il Pam ha tuttavia riferito che la strada era stata precedentemente controllata e dichiarata sicura per essere percorsa anche "senza scorte di sicurezza". La Farnesina ha però chiesto all'Onu di fornire quanto prima un report dettagliato sull'attacco in un luogo dove Attanasio si era recato su invito del Pam.

In Italia la morte di Attanasio e Iacovacci è stata accolta con sgomento e dolore, dal presidente Sergio Mattarella che ha parlato di "lutto per questi servitori dello Stato" al premier Mario Draghi che ha espresso il cordoglio del governo ai familiari del diplomatico, che lascia una moglie e tre bimbe piccole, e del giovane carabiniere che avrebbe dovuto sposarsi in estate. La terribile notizia ha raggiunto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio a Bruxelles, dove si trovava per il Consiglio Esteri Ue e dove ha raccolto il cordoglio unanime dei colleghi e dei vertici europei. Rientrato immediatamente a Roma, il ministro ha ricevuto messaggi di solidarietà dall'intera comunità internazionale, dall'Onu fino al segretario di Stato Usa, Antony Blinken. E raccogliendo l'appello delle forze politiche, unanimi nel cordoglio e nella condanna dell'attacco, ha annunciato che riferirà "il prima possibile in Parlamento per fare chiarezza" sulle circostanze dell'agguato ancora pieno di interrogativi e sul quale la procura di Roma ha aperto un'inchiesta.

Al telefono con la collega congolese, Marie Tumba Nzeza, il ministro ha chiesto "di fare luce sulle dinamiche e le responsabilità dell'attentato", auspicando che le autorità di Kinshasa offrano "piena collaborazione nei contatti e negli scambi con la magistratura e le forze di sicurezza italiane". Nel pomeriggio la stessa ministra ha reso visita alla vedova del diplomatico nella loro casa di Kinshasa, mentre i genitori di Attanasio restano chiusi nel loro dolore: "Lo abbiamo saputo dai media - hanno fatto sapere -, preferiamo non parlare".

La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha disposto l'esposizione a mezz'asta della bandiera italiana e della bandiera europea sugli edifici pubblici degli Organi Costituzionali e dei Ministeri, in segno di lutto per la tragica scomparsa dell'ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci.

"È stato straziante ieri sera - ha aggiunto - accogliere, a fianco del Presidente Draghi e dei familiari, le salme dei nostri due connazionali, vittime del vile agguato che ha stroncato le loro giovani vite e sconvolto quelle dei loro cari". Lo ha detto il Ministro degli Esteri Luigi Di Mio, riferendo alla Camera sull'agguato costato la vita all'Ambasciatore Luca Attanasio e al carabiniere Vittorio Iacovacci.  Un lungo applauso in loro memoria ha preceduto l'inizio dell'intervento del Ministro degli Esteri Luigi Di Maio. "Al Pam e all'Onu - ha aggiunto - abbiamo chiesto formalmente l'apertura di un'inchiesta che chiarisca l'accaduto, le motivazioni alla base del dispositivo di sicurezza utilizzato e in capo a chi fossero le responsabilità di queste decisioni.

Il consigliere diplomatico del presidente del Consiglio Mario Draghi, Luigi Mattiolo, ha ricevuto a Palazzo Chigi l'inviato del presidente della Repubblica Democratica del Congo, ambasciatore Patrick Mpoy Luabey, e non l'ambasciatore del Paese africano a Roma, come erroneamente segnalato in precedenza. Lo si apprende da fonti diplomatiche. Ieri si era appreso che il capo di Stato congolese Félix Antoine Tshisekedi aveva deciso di inviare a Roma un suo emissario per portare una lettera personale al presidente del Consiglio dopo l'attacco nel quale sono stati uccisi l'ambasciatore italiano a Kinshasa Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci, oltre all'autista congolese del Pam Mustapha Milambo Baguna.

Secondo un comunicato della presidenza congolese sono stati i rapitori a uccidere l'ambasciatore e il carabiniere, sparando loro a bruciapelo. "Allertate, le Ecoguardie e le Fardc", le Forze armate congolesi, "si sono messe alle calcagna del nemico. A 500 metri, i rapitori hanno tirato da distanza ravvicinata sulla guardia del corpo, deceduta sul posto, e sull'ambasciatore, ferendolo all'addome", si afferma nel comunicato riportato dal sito Cas-Info.

L'ambasciatore era arrivato a Goma già venerdì scorso, riferisce un comunicato della presidenza congolese. "L'ambasciatore è arrivato a Goma venerdì 19 febbraio 2021 alle 10:30 a bordo del jet della Monusco immatricolato 5Y/Sim. Alle 09:27 di lunedì 22 febbraio", viene aggiunto, "un convoglio di due veicoli del Programma alimentare mondiale 'Pam' è partito da Goma alla volta del comune di di Kiwanja, in territorio di Rutshuru".

E' illeso il terzo italiano che ieri viaggiava assieme all'ambasciatore Luca Attanasio e al carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci nel convoglio Onu attaccato in Congo. Rocco Leone, vice direttore del Pam nel Paese, secondo quanto si apprende, è stato portato in ospedale per controlli subito dopo l'agguato ma non ha riportato alcuna ferita. La moglie del cooperatore italiano dell'Onu superstite in Congo ha potuto parlare al telefono con il marito, che l'avrebbe rassicurata sulle sue condizioni. Le avrebbe detto di stare bene. Lo si apprende a Prato da amici dell'unico italiano sopravvissuto. Rocco Leone, direttore aggiunto del World Food Programme (Wfp), 56 anni, non risulta ferito nella sparatoria ma è ricoverato in un ospedale africano in stato di shock.

E le "Forze Democratiche per la liberazione del Ruanda" (Fdlr) hanno negato di essere responsabili per l'uccisione dell'ambasciatore, del carabiniere e dell'autista del Pam, secondo quanto riferisce il sito Actualite.cd citando una dichiarazione del gruppo ribelle che peraltro aveva già negato di aver compiuto un attacco che gli viene comunemente ascritto, quello nell'aprile scorso in cui morino 17 persone tra cui 12 rangers del parco nazionale Virunga.

Il presidente congolese Félix Antoine Tshisekedi "ha reso visita" alla vedova dell'ambasciatore italiano Luca Attanasio ucciso ieri nella Repubblica democratica del Congo. Lo riferisce un tweet del sito congolese Infoplus pubblicando una foto. Pur con le mascherine si riconoscono, tutti in piedi, il capo di Stato e la première dame congolese, Denise, quest'ultima accanto alla consorte dell'ambasciatore ucciso, la signora Zakia.

Oltre che di diamanti la Repubblica democratica del Congo, dove hanno trovato la morte l'ambasciatore Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci, è fra i primi produttori mondiali anche di due metalli che la tecnologia sta rendendo indispensabili e quindi sempre più appetibili come forma di autofinanziamento illegale per le decine di milizie che infestano soprattutto l'est del Paese: il cobalto e il coltan.
Del primo, il Congo produce oltre il 60% di quello in circolazione nel mondo dove è sempre più ricercato per l'impiego nella costruzione di telefonini e batterie di auto elettriche.

Il sottosuolo del Congo è ricco fra l'altro anche di petrolio, oro, argento, uranio, ma è con l'aumento della richiesta mondiale di tantalio che si è fatta più accesa la lotta fra gruppi para-militari e guerriglieri per il controllo dei territori congolesi di estrazione. Un'area particolarmente interessata è proprio la regione del Kivu dove è avvenuto l'attacco di ieri. 

 

Ed è da un ventennio che rapporti Onu denunciano come i proventi del commercio semilegale di coltan, il 'nuovo oro', e di altre risorse naturali pregiate abbiano alimentato la guerra civile fatta di vari conflitti regionali che tra il 1996 e il 2003, proprio nell'est del paese dove si trova il Kivu, causò la morte di milioni di persone soprattutto di fame e malattie. Uno sfruttamento del sottosuolo di cui fanno le spese anche un elevato numero di bambini-minatori, spinti o costretti ad esempio ad estrarre in condizioni disumane e dannose per la salute il cobalto utilizzato almeno da una trentina più noti marchi tecnologici e automobilistici, come denunciò a due riprese Amnesty International nel 2015 e 2017.

 

Fonte Ansa

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