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Dal Nord Africa a Lampedusa, viaggio diretto, senza il soccorso delle navi umanitarie. Così oltre 600 migranti sono arrivati nelle ultime 24 sull'isola a bordo di una ventina di imbarcazioni. Un'impennata di sbarchi che preoccupa il Viminale, alle prese con il problema di trovare strutture per la quarantena.

Il boom di arrivi di immigrati illegali, tra i quali diversi positivi al Covid-19, sta mostrando in questi giorni in tutta la sua evidenza il pesante tracollo della residua credibilità del governo italiano alimentando la maliziosa ipotesi che l'esecutivo abbia bisogno di “importare” malati di Covid-19 per poter giustificare il prolungamento dello stato d'emergenza in scadenza il 31 luglio.

Roma respinge alle frontiere, nel nome del rischio Covid-19, ricchi turisti statunitensi privi di sintomi e atterrati in Sardegna con un aereo privato (è accaduto davvero, per quanto pazzesco possa apparire abbiamo chiuso i confini ai cittadini USA ma non ai cinesi o ai clandestini afro-asiatici) ma lasciamo entrare illegalmente e poi accogliamo chiunque violi le nostre frontiere marittime o terrestri.

L'estrema debolezza dell'Italia nei confronti dell'immigrazione clandestina, anche in condizioni di pericolo sanitario, costituisce un vantaggio per i trafficanti facendo incrementare le partenze da Tunisia, Libia e Algeria ma anche dalla ben più lontana Turchia da dove provengono i crescenti flussi in arrivo sulla costa ionica.

E che il governo non faccia poi molto per bloccare l'arrivo di stranieri malati in Italia lo dimostra anche il blocco dei voli dal Bangladesh, del tutto inutile considerato che dall'inizio dell'anno coi barconi dalla Libia sono sbarcati clandestinamente 1.715 bengalesi, nazionalità seconda solo a quella tunisina (2.296) tra quelle dei clandestini sbarcati quest'anno (seguono Costa d'Avorio, Algeria, Sudan, Marocco, Guinea …..)

E l'opposizione attacca: «Governo di complici o di cretini?», chiede il leader leghista Matteo Salvini. Sbarchi triplicati rispetto all'anno scorso, con i clandestini che vengono recuperati perfino in prossimità delle acque maltesi, mentre Lampedusa è al collasso e centinaia di immigrati scappano dai centri di accoglienza col rischio di diffondere il Covid-19. Eppure, ormai da un anno nessun parlamentare della maggioranza organizza gite per incontrare i finti profughi: ora Pd e Iv preferiscono divertirsi in motoscafo al largo di Ischia. Altro che cancellare i Decreti sicurezza: questo governo mette in pericolo l'Italia". Lo dice il leader della Lega Matteo Salvini

L'ex ministro dell'Interno, poi, ha usato il sarcasmo per spiegare l’inazione da parte del governo: "Ormai da un anno nessun parlamentare della maggioranza organizza gite per incontrare i finti profughi: ora Pd e Iv preferiscono divertirsi in motoscafo al largo di Ischia". Un chiaro riferimento, questo di Salvini, a Maria Elena Boschi, capogruppo alla camera di Iv, immortalata in una foto mentre è in bikini in barca al largo dell'isola del golfo di Napoli con un folto gruppo di persone, tutte senza mascherine e senza rispettare le distanze. "Altro che cancellare i Decreti sicurezza- ha dichiarato ancora il leader della Lega- questo governo mette in pericolo l’Italia".

 Forza Italia che, per bocca di Anna Maria Bernini, rincara la dose, giudicando le politiche del governo ’totalmente fallimentari': «Sta per prorogare lo stato d'emergenza nazionale - dice Bernini -, ma non può continuare a tacere sull’emergenza in corso nelle regioni del sud, dove l'arrivo di centinaia di migranti sta mettendo a dura prova sia le autorità regionali che le forze di polizia, esposte in prima linea e prive di un'adeguata protezione sanitaria». Intanto dal mare continuano le disperate richieste di aiuto e la maggiore delle due imbarcazioni alla deriva si avvicina alle acque italiane, mentre Alarm Phone denuncia: «Malta e l'Italia dovrebbero smettere di giocare a giochi così pericolosi con la vita delle persone e avviare subito un’operazione di salvataggio».

Continuano intanto a crescere i numeri della regolarizzazione: sono 93 mila le domande giunte al Viminale dall'avvio della procedura, lo scorso 1 giugno. Il termine per l'invio scade il 15 agosto. Il fermo per la quarantena di Mare Jonio e Ocean Viking e quello amministrativo per la Sea Watch 3 non ha dunque scoraggiato le partenze. In 523 sono arrivati ieri a Lampedusa con una quindicina di barche ed altri 153 oggi su altre sette imbarcazioni. Ad eccezione di un barcone con 267 e di un altro con 95, gli altri arrivi si sono registrati a bordo di barchini.

Un Paese esposto al pericolo rinnovato dell'immigrazione clandestina con l'aggiunta dell'emergenza coronavirus, che si potrebbe diffondere attraverso questi sbarchi». Continuano ad arrivare, intanto, le domande per la regolarizzazione dei lavoratori: ad oggi 11.697 per lavoro subordinato e 81.674 per lavoro domestico. Sono 11.021 le istanze in corso di ultimazione. Altre 4.386 arrivano dal canale gestito dalle Poste. L'invio è possibile fino al 15 agosto.

Il governo regionale, nel frattempo, ha già inviato il materiale necessario per effettuare i tamponi sugli ospiti dell'hotspot, tutti in quarantena. Entro lunedì, invece, saranno inviate anche le attrezzature per effettuare test sierologici veloci. La Regione ha provveduto così a reperire in tempi rapidi il materiale sanitario, come avvenuto anche per la nave quarantena Moby Zazà, sostituendosi all'Usmaf, l'Ufficio di sanità marittima, aerea e di frontiera che avrebbe dovuto garantire la fornitura dei test.

"Finora è stata la Regione sostanzialmente a intervenire per colmare le lacune dello Stato - ha sottolineato Musumeci -. Ma riteniamo che il fenomeno degli sbarchi debba essere al centro dell'attenzione del governo nazionale”.

"L'Europa, la cinica Europa farebbe bene a svegliarsi e uscire dal ruolo dell'ipocrisia, che recita ormai da tanto, troppo tempo", ha poi aggiunto. "Questo fenomeno degli sbarchi che assume dimensioni assolutamente disarmanti non può essere scaricato nella fase gestionale sui sindaci, sui prefetti o sulla Regione siciliana. Lo Stato e l'Europa facciano sentire la loro presenza", ha concluso Musumeci.

Singolare metamorfosi quella di Salvatore Martello, meglio conosciuto come Totò, sindaco di Lampedusa. Un anno fa era un riverito e compassato progressista. Da ieri, complice l'arrivo d'un migliaio di migranti nel centro accoglienza della sua Lampedusa, ulula contro il governo incapace di fermarli e pretende navi militari per traslocare altrove i «disgraziati» diventati indesiderati. C'è da capirlo. Fare l'anti-Salvini al riparo dei decreti del cattivo Matteo era comodo ed elegante. In pubblico poteva spendere parole di fuoco contro il ministro simbolo della destra ingenerosa e disumana. In cuor suo, invece, se la poteva ridere sicuro e compiaciuto. Tanto a proteggere la sua isola e la sua reputazione bastavano i famigerati decreti sicurezza e tutte le misure che - dall'arrivo al Viminale di Salvini fino al 30 agosto del 2019 - hanno contribuito a ridurre drasticamente gli sbarchi.

Andateglielo a dire mentre il centro d'accoglienza straripa, mentre i pochi turisti fuggono e i migranti campeggiano sulla banchina. Andateglielo a dire e al posto del profeta dell'accoglienza scoprirete una specie di cacciatore di migranti pronto a bloccarli sul molo e a pretendere l'evacuazione su navi militari. E a far infuriare ancora di più il povero Totò s'aggiunge lo sgarbo d'un Salvini liquidato come un «giullare» per aver osato metter piede nella sua Lampedusa rinfacciandogli la passata arrendevolezza. A ben vedere non ha torto. Di altri Salvini a Lampedusa non c'è proprio bisogno. Basta e avanza il buon Totò. Anche perché da quando gli odiati e inutili decreti sicurezza non vengono più applicati, è lui il più sincero e convinto nemico di ogni umana accoglienza.

I abitanti dell'isola, nella notte, hanno bloccato tendendo una corda l'unica strada d'accesso al molo commerciale. Fra i manifestanti anche l'ex senatrice della Lega Nord, Angela Maraventano. Al molo sono andati la Digos, i poliziotti dell'Immigrazione e i carabinieri. "Abbiamo bloccato tutto, non entra nessuno e non esce nessuno - è stato detto durante la protesta - . Siamo stanchi, adesso basta". La protesta è avvenuta mentre era in corso lo sbarco dei 44 migranti soccorsi in mare aperto dalla Guardia costiera. "Chiediamo due aerei per trasferire, immediatamente, questi migranti che sono sull'isola perché siamo in pericolo" ha detto Maraventano.

Ma i guai non si fermano qui, Il 21 luglio 2020 i leader dell’Ue hanno concordato il piano per la ripresa e il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027, l’accordo sul Recovery Fund, accolto da una buona parte dell'opinione pubblica come un grande successo dell’Unione europea e del premier Giuseppe Conte. C'è chi ha parlato senza remore di “accordo storico”. Non la vede in questo modo uno dei massimi esperti di eurozona, Wolfgang Münchau, editorialista del Financial Times e fondatore del think-tank Eurointelligence. “Il modo in cui funzionerà lo strumento del Recovery europeo è che i contributori netti giudicheranno la conformità da parte dei destinatari. Questo è peggio della Troika”, osserva l’esperto sul suo blog, riferendosi al controllo sulle politiche economiche dei singoli Paesi e al cosiddetto “freno d’emergenza” voluto dal premier olandese Mark Rutte.




Il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, nei giorni scorsi, aveva denunciato i rischi di una decisione in tal senso: “Spingerà milioni di cristiani in tutto il mondo contro l’islam”. In virtù della sua sacralità, Santa Sofia, aveva rimarcato il Patriarca, è un centro di vita “nel quale si abbracciano Oriente e Occidente”, e la sua riconversione in luogo di culto islamico “sarà causa di rottura tra questi due mondi". Nel XXI secolo è “assurdo e dannoso che Hagia Sophia, da luogo che adesso permette ai due popoli di incontrarci e ammirare la sua grandezza, possa di nuovo diventare motivo di contrapposizione e scontro”.

Il “primus inter pares” dell’ortodossia, durante la liturgia, nella chiesa ortodossa dedicata ai Santi Apostoli a Istanbul, ha voluto rimarcare che Hagia Sophia è un centro di vita «nel quale si abbracciano Oriente e Occidente ».

Nella sua omelia Bartolomeo ha ripetuto che Hagia Sophia «non appartiene soltanto a chi la possiede in questo momento, ma a tutta l'umanità » e «il popolo turco ha la grande responsabilità e l'onore di far risplendere la sua universalità», visto che Hagia Sophia «costituisce il luogo simbolo dell'incontro, del dialogo e coesistenza pacifica dei popoli e delle culture, della reciproca comprensione e della solidarietà tra cristiani e islamici».

Il presidente greco Katerina Sakellaropoulou si è rivolta a Papa Francesco in relazione alla decisione di Ankara di trasformare la Basilica di Santa Sofia a Istanbul in una moschea e ha chiesto al pontefice di proseguire con gli sforzi per ripristinare lo status precedente della cattedrale.

"Da parte sua, il capo della Chiesa Cattolica Romana è stato d'accordo con le osservazioni di Sakellaropoulou, ha riconosciuto i motivi politici della decisione di Erdogan e ha promesso di proseguire con i suoi sforzi per la revisione questa decisione", fa notare il comunicato.

Sakellaropoulou ha ribadito a Papa Bergoglio l'invito a visitare la Grecia nel 2021, quando verrà celebrato il 200° anniversario dall'inizio della rivoluzione che portò alla Grecia l'indipendenza dall’Impero Ottomano. "Il Papa ha accettato l'invito, esprimendo la speranza che le circostanze consentano il viaggio", aggiunge l'ufficio stampa del presidente greco.

Nella conversazione il capo di stato ellenico ha ringraziato Papa Francesco per le sue dichiarazioni di sostegno e gli ha chiesto di utilizzare tutta la sua influenza sull'opinione pubblica internazionale per far sì che l’amministrazione turca annulli la propria decisione e ripristini lo status di Santa Sofia come monumento tutelato

Alcuni vescovi, sia appartenenti alla Chiesa cattolica sia membri di quella ortodossa, sembrano non volersi rassegnare alla riconversione: due missive inoltrate dall'Australia e sottoscritte da ecclesiastici sottolineano come la speranza che questa fase sia solo transitoria non si sia spenta del tutto: "Preghiamo anche che con il tempo la decisione venga annullata, in modo che Hagia Sophia possa essere di nuovo un luogo comune per tutte le persone e un emblema di pace", hanno fatto presente entrambi gli episcopati. Ma la volontà di Erdogan non sembra conoscere ripensamenti.

L'Unesco si è profondamente rammaricata per la decisione della Turchia, che cambia il "valore universale eccezionale" del sito, "potente simbolo di dialogo". "Un Paese - afferma l'agenzia Onu - deve assicurarsi che nessuna modifica mini lo straordinario valore universale di un sito sul suo territorio che si trova nella lista. Ogni modifica deve essere notificata dal Paese all'Unesco e verificata dal World Heritage Commitee".

Quasi novant'anni dopo, a Santa Sofia si tornerà a recitare le preghiere islamiche. Con buona pace di chi aveva pensato che quel luogo potesse continuare ad essere un baluardo della bontà del dialogo interreligioso.

Il governo greco ha descritto come "provocazione al mondo civile" la decisione del tribunale turco. "Il nazionalismo mostrato dal Presidente turco Recep Tayyip Erdogan riporta il suo Paese indietro di sei secoli", ha detto in un comunicato il Ministro della Cultura greco Lina Mendoni

Il ministro degli esteri cipriota Nikos Christodoulides ha pubblicato sul suo account Twitter ufficiale che Cipro “condanna fermamente le azioni della Turchia contro Santa Sofia nel suo sforzo di distrarre l’opinione nazionale. Il ministro degli esteri invita la Turchia a “rispettare i suoi obblighi internazionali”.

“Siamo delusi dalla decisione del governo turco di cambiare lo status di Santa Sofia”, ha dichiarato Morgan Ortagus, portavoce del Dipartimento di Stato in una nota. “Comprendiamo che il governo turco rimane impegnato a mantenere l’accesso a Hagia Sophia per tutti i visitatori”, ha concluso il portavoce.

Come ripercorso dall'Adnkronos, nel corso della giornata odierna, è già stato possibile visionare la nuova targa apposta sull'ex basilica di Istanbul: "La Grande Moschea di Hagia Sophia". Il colore della scritta è il verde, che è tipico per la religione musulmana. Papa Francesco, dal canto suo, non prenderà parte all'evento: era prevedibile.

Il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, nei giorni scorsi, aveva denunciato i rischi di una decisione in tal senso: “Spingerà milioni di cristiani in tutto il mondo contro l’islam”. In virtù della sua sacralità, Santa Sofia, aveva rimarcato il Patriarca, è un centro di vita “nel quale si abbracciano Oriente e Occidente”, e la sua riconversione in luogo di culto islamico “sarà causa di rottura tra questi due mondi". Nel XXI secolo è “assurdo e dannoso che Hagia Sophia, da luogo che adesso permette ai due popoli di incontrarci e ammirare la sua grandezza, possa di nuovo diventare motivo di contrapposizione e scontro”.

C'era da aspettarselo: il segnale dato da Erdogan al mondo occidentale ha un portato simbolico e geopolitico non irrilevante. E il leader turco, in funzione dell'inaugurazione, aveva persino deciso di inoltrare un invito a papa Francesco, che dal canto suo ha espresso la sua preoccupazione per la situazione venutasi a creare, dicendo di essere "molto addolorato" durante uno degli ultimi Angelus.

Prima cristiano, poi ortodosso, poi musulmano, soltanto nel 1931, dopo quasi quattro secoli come moschea, il laico Atatürk, padre della Turchia moderna, la volle trasformare in un museo. Non ci sarebbe da scandalizzarsi, dunque, se tornerà a essere una moschea, quella è la sua funzione naturale. Preoccupa invece, e molto, lo spirito che ha portato a questa decisione, non filologico né religioso. Erdogan ha voluto dare un altro segnale di distacco dalla cultura e dal mondo occidentale, sottolineando attraverso la religione. Ma è ancora niente, rispetto al non trascurabile fatto che la Turchia sta tentando di riprendersi la Libia, con le armi, dopo averla persa più di un secolo fa.

È solo uno dei tanti, e troppi, segnali di una svolta antidemocratica che ormai riceviamo ogni giorno anche da Paesi ben più potenti della Turchia.
Matteo Salvini, leader della Lega, su Twitter: «La stessa Turchia che qualcuno vorrebbe far entrare in Europa, trasforma Santa Sofia in una moschea. La prepotenza di un certo Islam si conferma incompatibile con i valori di democrazia, libertà e tolleranza dell’Occidente».

Con questo atto, che Erdogan crede essere una dimostrazione di forza della sua deriva islamista, l’aspirante sultano non fa altro che ammettere di essere incapace, nel 2020, di costruire qualcosa che possa anche solo avvicinare la maestosità della basilica di Santa Sofia costruita circa 1500 anni fa dalla cristiana Costantinopoli». Così su Facebook il presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni

Numerose anche ieri le reazioni contrarie per ragioni storico-politiche alla decisione di Ankara. Per molti si tratta di una provocazione di quel nazionalismo di cui fa prova il presidente Erdogan e la sua decisione ha sollevato non poche reazioni critiche. «Una mossa politica più che religiosa» l'ha definita il presidente della Comunità di Sant'egidio, Marco Impagliazzo. «I musulmani di Istanbul – si legge in un pronunciamento del Patriarcato caldeo guidato da Louis Raphael Sako – non hanno bisogno di una nuova moschea a Istanbul, dove ci sono già innumerevoli moschee». Il pronunciamento della Chiesa caldea si conclude con un’invocazione rivolta a Dio Onnipotente, affinché sia Lui a liberare l’umanità «dall’estremismo e dalla politicizzazione delle religioni ».

Per il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente (Mecc) la mossa compiuta dalla leadership turca rappresenta un duro colpo per tutte le iniziative di dialogo islamo-cristiano avviate negli ultimi tre decenni, anche come risposta alle insidie dell'estremismo e del fanatismo settario. Lo strappo di Hagia Sophia viene visto in sostanza come un sabotaggio ai nuovi cammini di fratellanza tra cristiani e musulmani.

E il Consiglio delle Chiese invoca sulla vicenda una presa di posizione decisa dell'Onu e della Lega degli Stati arabi. Il dato più insidioso dell'intera vicenda – sottolinea un messaggio firmato dal Segretario generale del Mecc, la libanese Souraya Bechealany – consiste nel fatto che la decisione turca avviene in un momento storico segnato dal solco dei rapporti di convivenza pacifica e solidale tra cristiani e musulmani, anche alla luce del Documento sulla Fratellanza Umana per la pace nel mondo firmato il 4 febbraio 2019 a Abu Dhabi da Papa Francesco e dallo sheikh Ahmed al-Tayyeb, grande imam di al Azhar.

Erdogan, rispondendo alle critiche, ha difeso la decisione invocando la "sovranità nazionale" e assicurando che le porte di Santa Sofia continueranno a essere aperte a tutti, musulmani e non musulmani, come avviene per tutte le moschee: "Ogni critica - ha detto - è un attacco alla nostra indipendenza". Centinaia di fedeli musulmani si sono recati davanti a Santa Sofia gridando: "Allah è grande". Il capo dell'Associazione per il servizio delle Fondazioni storiche e dell'ambiente ha dichiarato che continuare a lasciare Hagia Sophia come museo farebbe "male alla coscienza delle persone".

La Turchia ha inviato una nave da ricerca Oruc Reis al largo di Kastellorizo, isola greca resa celebre dal capolavoro di Gabriele Salvatores, Mediterraneo. Le indagini turche alla ricerca di gas sono annunciate da oggi sino al 2 agosto, ma la flotta Militare greca è stata messa in allerta dopo la partenza delle fregate turche dalla base navale di Aksaz, che scortano la nave da ricerca.

Sul punto si registra la reazione da parte di Berlino: la visita ad Atene del ministro degli esteri tedesco Haiko Maas del 21 luglio era finalizzata ad analizzare la questione greco-turca da vicino e provare ad evitare una possibile escalation

Con il comportamento della Turchia nel Mediterraneo orientale sempre più provocatorio, la Grecia si sta preparando per una possibile escalation delle tensioni, nel timore che i funzionari turchi mettano in atto le minacce di lanciare esplorazioni di idrocarburi al largo delle isole di Creta o di Kastellorizo. Di fatto, le indagini sismiche fanno parte dei lavori preparatori per la ricerca di potenziali idrocarburi.

Un eventuale intervento turco nel Mediterraneo orientale sarebbe motivato dalla volontà di Ankara di impedire un accordo sulla delimitazione di una Zona Economica Esclusiva (ZEE) tra la Grecia e l'Egitto, attualmente in discussione tra i due Paesi.

Il ministero degli Esteri di Atene ha criticato nelle scorse ore il Navtex inviato da Ankara evidenziando che in questo modo la Turchia "persiste...Le Forze armate Greche sono state messe in Stato di allerta a seguito dall'avvio di una campagna di indagine sismica a sud est dell'isola...

Sono in crescita le preoccupazioni di Atene nell’Egeo, dove si sono verificati nuovi sorvoli non autorizzati da parte dei caccia turchi e manovre intimidatorie da parte di due imbarcazioni della Guardia costiera della Turchia, nei pressi di una barca di pattugliamento di Frontex e di un peschereccio greco.  

la Grecia ha registrato 79 violazioni del proprio spazio aereo. Di queste, quindici sono state ricollegate ai caccia turchi F-16, i quali hanno sorvolato le isole di Limnos, Lesbo, Chio, Patmos e gli isolotti  di Panagia, Oinousses, Lipsoi, Arkioi e Agathonisi. In riferimento a tali sorvoli, i quali proseguono nei dintorni delle isole del Dodecaneso dallo scorso 16 gennaio, il ministro degli Affari Esteri della Grecia, Nikos Dendias, aveva accusato la Turchia di violare i diritti sovrani della Grecia, mentre Ankara accusa Atene di non rispettare la clausola sulla demilitarizzazione delle isole del Dodecaneso, sancita dal Trattato di Losanna, firmato il 24 luglio 1923 dalla Turchia e dagli Alleati della Prima guerra mondiale, il quale pose fine al conflitto greco-turco.

Oltre ad aver registrato le violazioni del proprio spazio aereo, nella giornata del 21 maggio Atene ha altresì denunciato manovre intimidatorie che due imbarcazioni della Guardia costiera turca hanno effettuato nei pressi di una nave di Frontex e di un peschereccio greco, in un’area ad Est degli isolotti di Panagia e Oinousses. In risposta, Atene ha inviato due imbarcazioni della propria Guardia costiera, mantenendo sotto osservazione le due imbarcazioni turche fino al loro rientro presso la costa. Al termine delle operazioni, la Guardia costiera ellenica ha pubblicato un video che mostra le pericolose manovre intimidatorie effettuate dalle imbarcazioni turche.  

Ekathimerini, ha rivelato che un’altra fonte di preoccupazione per Atene è l'annunciata intenzione della Turchia di velocizzare le procedure per avviare le esplorazioni minerarie nelle aree definite dal Memorandum d’intesa siglato lo scorso 27 novembre dal Presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, e dal presidente del consiglio presidenziale del governo di Tripoli, Fayez al-Sarraj. In virtù di tale accordo, il quale definiva i confini marittimi tra Libia e Turchia, Ankara potrà iniziare le operazioni di esplorazione energetica a Sud di Creta, dato che secondo la Turchia, l'isola non dispone di piattaforma continentale.

In virtù delle tensioni con la Turchia, rivela il quotidiano, la Grecia ha tentato di rafforzare i propri rapporti con i principali attori coinvolti nella regione. È in tale contesto che si colloca il vertice telefonico avuto dal ministro degli Esteri di Atene, Nikos Dendias, e l'ambasciatore degli Stati Uniti in Libia, Richard Norland, con cui ha discusso della situazione nel Paese nordafricano dove, sottolinea il quotidiano, la NATO vuole adottare un ruolo maggiore per allontanare l’interferenza della Russia, mentre la Turchia mira a espandere la propria influenza nella regione. In aggiunta, in seguito alle dichiarazioni del segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, in merito al sostegno dell'Alleanza al Governo di Accordo Nazionale di Tripoli, la Grecia aveva reagito, invitando il segretario generale della NATO a rispettare la posizione comune dell'intera Alleanza che, aveva sottolineato il portavoce del Ministero degli Esteri della Grecia, Alexander Gennimata, non è in linea con quanto dichiarato.
 
Erdogan punta alla polarizzazione della propria strategia energetica su tutto il versante mediterraneo: il memorandum siglato con la Libia infatti, che presenta profili di dubbia consistenza, ha provocato forti reazioni da parte di Ue, Usa e Francia perché “dimentica” dalla mappa l'isola greca di Creta, che appartiene ad uno stato membro dell'Ue. La Turkish Oil Company (TRAO) lo scorso 30 maggio ha ottenuto le licenze per l'esplorazione dei nuovi blocchi identificati nel memorandum turco-libico, da Rodi alla parte est di Creta orientale, con la possibilità di entrare in azione ai primi di settembre

Dipartimento di Stato osserva che “non è utile, ma provocatorio” e rappresenta “un pericolo immediato di tensioni nella regione”. Un portavoce del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha osservato che “questi sviluppi indicano il pericolo che il conflitto in Libia assumerà dimensioni regionali più ampie e l’urgente necessità che tutte le parti in una soluzione negoziata funzionino”. In premessa il Dipartimento di Stato aveva precisato che gli Stati Uniti generalmente non prendono posizione sulle controversie sulle frontiere marittime di altri stati. Tuttavia ha invitato “tutte le parti ad astenersi da azioni che rischiano di aumentare le tensioni nel Mediterraneo orientale in un momento delicato”.

Le relazioni tra Grecia e Turchia risultano compromesse per via di molteplici fattori. Principalmente, ad aver danneggiato i rapporti tra Ankara e Atene concorrono le dispute in materia di diritti minerari nel Mar Egeo, all’interno delle quali si inseriscono i sorvoli non autorizzati dei caccia turchi nello spazio aereo della Grecia e la controversia sulle trivellazioni condotte dalla Turchia a largo delle coste di Cipro, ricche di gas naturale. I rapporti si sono ulteriormente incrinati quando, lo scorso 30 maggio, Ankara, in virtù del Memorandum siglato con la Libia, aveva pubblicato in Gazzetta ufficiale i 24 blocchi per cui la compagnia petrolifera di Stato turca, la TPAO, aveva richiesto la licenza per avviare le esplorazioni energetiche. 
 
Insieme al disegno delle aree di competenza, in Gazzetta è stata inserita anche la richiesta da parte ella TPAO di condurre esplorazioni in tutti i blocchi occidentali della mappa, i quali si trovano nei pressi delle isole della Grecia. La pubblicazione dei blocchi in Gazzetta ufficiale confermava le intenzioni della Turchia di portare avanti l’implementazione dell’accordo siglato lo scorso 27 novembre con la Libia, nonostante le Nazioni Unite non abbiano ancora approvato i confini marittimi decisi dai due Paesi.      
In tale quadro, Atene ha dichiarato di ritenere evidenti le intenzioni di Ankara di sfidare la propria sovranità territoriale nelle acque delle isole greche.

Intanto lunedì il parlamento egiziano ha votato per approvare l’invio delle sue forze armate per combattere “milizie criminali” e “gruppi terroristici stranieri” su un “Fronte occidentale”. In precedenza l'Egitto aveva sorvolato solo sortite sulla vicina Libia, tuttavia ciò avrebbe segnato il primo intervento diretto sul terreno.

La situazione in Libia si surriscalda ulteriormente e si innalza ad un livello internazionale superiore. Come sapete la Turchia appoggia il presidente Sarraj a Tripoli ed il Governo di Accordo Nazionale, GNA e con il suo aiuto questo governo ha fermato l’esercito del generale Haftar che governa da Bengasi. Però stiamo andando molto oltre ora, verso una direzione che potrebbe avere gravi conseguenze.

Intanto  Erdogan ha invitato Papa Francesco alla cerimonia di riapertura del complesso di Santa Sofia a Istanbul come moschea. ... A confermare l'invito al Papa è stato Ibrahim Kalin, portavoce del presidente Recep Tayyip Erdogan, all'emittente televisiva Cnn Turk.

il presidente greco Katerina Sakellaropoulou ha contattato Papa Francesco proprio per discutere la questione della riconversione di Santa Sofia in moschea In una nota dell'ufficio stampa del governo greco si legge che Sakellaropoulou ha sottolineato come la decisione danneggia “profondamente coloro che considerano questo simbolo superiore del cristianesimo come appartenente all'umanità e al patrimonio culturale mondiale e distoglie la Turchia dai valori dello stato secolare e dai principi di tolleranza e pluralismo”.
 
Il Papa, secondo quanto riporta la nota, “ha concordato con le osservazioni” del presidente Sakellaropoulou, “ha riconosciuto i motivi politici della decisione” di Erdogan e “ha promesso di continuare i suoi sforzi, come parte del suo ruolo, per rivedere la decisione”. Il Pontefice “ha anche elogiato gli sforzi” della Grecia “nell’accoglienza di rifugiati e immigrati, come ha avuto l'opportunità di vedere durante la sua visita a Lesbo nel 2016”. Il presidente della Grecia ha ribadito l'invito a Francesco a visitare il Paese nel 2021, in occasione del 200esimo anniversario della rivoluzione greca. “Il Papa ha accettato l’invito, sperando che le condizioni consentissero il viaggio”, conclude la nota.
 

Secondo quel che scrive proprio il giornale tedesco BILD, La Merkel ha fermato il conflitto militare tra la Turchia e la Grecia proprio all'ultimo minuto...
Le forze armate della Grecia sono in allerta. L'ordine l'ha dato il ministro della Difesa Immediata è stata la reazione del premier greco, Kyriakos Mitsotakis, che ha deciso di allertare telefonicamente la cancelliera tedesca, Angela Merkel. Già ieri del resto le tensioni con la Turchia erano state al centro della visita del ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, ad Atene, con Mitsotakis che ha protestato duramente per le azioni turche e ha invocato sanzioni contro un paese che, oltre a “mettere in discussione i diritti sovrani della Grecia e di Cipro (…) mette in dubbio (anche) i diritti sovrani europei”.

La Turchia provoca la Grecia ogni giorno,ma provoca anche la UE, perché la Grecia e parte integro dell'Europa,ed e contro i suoi confinanti occidentali e meridionali. Infatti abbiamo assistito a:

La trasformazione di Santa Sofia in Moschea;
La continua riaccensione delle tensioni e etniche a Cipro;
pretese turche sui mari di Cipro;
il trasferimento forzato dei profughi al confine con la Grecia;
il coinvolgimento diretto della Turchia in Libia contro l’Egitto;
le tensioni fa filo-turchi e Siriani nel sud;

Pare che la Marina greca si prepari ad opporsi con la forza ai tentativi di trivellazione turchi nell’Egeo, nelle proprie aree di interesse, ma le autorità hanno chiesto di non diffondere notizie sui social media circa la posizione delle navi di Atene. Se così fosse vedremmo finalmente fino a che punto potrebbe spingersi Erdogan.

“La Turchia sostiene che la piattaforma continentale di un Paese dovrebbe essere misurata dalla sua terraferma e che l'area a sud dell'isola greca di Kastellorizo rientra quindi nella propria zona esclusiva. La Grecia, al contrario, afferma che anche le isole devono essere prese in considerazione nel delineare la piattaforma continentale di un Paese, in linea con la legge delle Nazioni Unite sul mare, reclamando dunque la sovranità esclusiva sull’area, indipendentemente dalla vicinanza dell'isola alla Turchia”, ha scritto il Sole 24 Ore.

Da parte tedesca traspare molta comprensione per la posizione greca. “Per quanto riguarda le trivellazioni della Turchia nel Mediterraneo Orientale”, ha affermato Maas, “abbiamo una posizione molto chiara: il diritto internazionale deve essere rispettato, quindi i progressi nelle relazioni Ue-Turchia sono possibili solo se Ankara interrompe le provocazioni nel Mediterraneo orientale”. Per la Germania insomma le trivellazioni turche devono finire.

Una altra sua provocazione che l Occidente fa finta di non vedere e successo un mese fa, quando 35 fra soldati e forze speciali turche ha preso il controllo di un piccolo lembo di terra all'altezza di Melissokomeio, costruendo un accampamento nei pressi della città di Feres, la cui presenza è segnalata da una bandiera turca sventolante dalla cima di un albero. Si tratta un gesto simbolico, alla luce delle dimensioni risibili del territorio occupato, ma non per questo è da trascurare perché, in altri tempi, sarebbe stato l'equivalente di una dichiarazione di guerra.

Il governo turco ha giustificato l'invasione come una reazione ai presunti tentativi greci di alterare la demarcazione territoriale a detrimento di Ankara per mezzo di lavori di livellamento, il governo greco sostiene che si trattasse di semplici cantieri destinati a rafforzare le misure protettive dei muri di delimitazione in funzione anti-immigrazione clandestina.

Erdogan non darà l'ordine di ritirata fino a che non otterrà qualcosa di concreto in cambio, come l'apertura di un tavolo negoziale che riapra e risolva (anche solo parzialmente) la questione dei territori contesi nella Tracia orientale e nell’arcipelago del mar Egeo. In entrambe le aree, è da più di un trentennio che la Turchia agisce come se possedesse la sovranità esclusiva, rendendosi protagonista di frequenti sconfinamenti che, a volte, hanno avuto anche un tragico epilogo.

Le relazioni tra Grecia e Turchia risultano compromesse per via di molteplici fattori. Principalmente, ad aver incrinato i rapporti tra Ankara e Atene concorrono le dispute in materia di diritti minerari nel Mar Egeo, all'interno delle quali si inseriscono i sorvoli non autorizzati dei caccia turchi nello spazio aereo della Grecia e la controversia sulle trivellazioni condotte dalla Turchia a largo delle coste di Cipro, ricche di gas naturale. In tale clima, il ministro degli Affari Esteri della Grecia, Nikos Dendias, aveva accusato la Turchia di violare i diritti sovrani della Grecia, mentre Ankara accusa Atene di non rispettare la clausola sulla demilitarizzazione delle isole del Dodecaneso, sancita dal Trattato di Losanna, firmato il 24 luglio 1923 dalla Turchia e dagli Alleati della Prima guerra mondiale, il quale pose fine al conflitto greco-turco. Nonostante quanto sancito dal trattato, secondo la Turchia, Atene mantiene la propria presenza militare sulle isole e, in aggiunta, sebbene abbia acque territoriali per 6 miglia, “sostiene di avere uno spazio aereo di 10 miglia”.    

Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha richiesto che la Turchia di rinunciare ai propri piani di esplorazione e trivellazione nelle aree contese, per far calare le tensioni fra i due paesi. Nel frattempo il  ministero degli Esteri greco ha affermato che nel caso di violazioni della propria aree di territorialità , la Grecia è pronta a difendere i propri confini con le armi. In questi giorni, per la prima volta, una coppia di F-16 turchi ha sorvolato il territorio più orientale della Grecia, comprese le isole di Strongyli e Megisti. Ankara ha poi emesso un avviso NAVTEX nel quale avvisa di esercitazioni navali fra Cipro e Creta, in acque territoriali non di sua competenza.
 
I leader dell'Unione Europea hanno condannato i desideri di espansione illegittima della Turchia nel Mediterraneo orientale, anche se l’Europa, volendo, potrebbe interrompere l’espansionismo di Ankara semplicemente dispiegando qualche nave da guerra nell’area.  Il Dipartimento di Stato americano sta inoltre appoggiando la posizione della Grecia e di Cipro nell’area.

Il Consiglio finisce dunque senza (apparenti) sconfitti e garantisce ai falchi rigoristi guidati dall’Olanda di Mark Rutte una vittoria sostanziale sui temi di minor rilevanza mediatica (come i rebate) che ha permesso loro di annacquare le pretese più dure sul fondo per la ripresa.

Tutti vincitori ? Non credo, penso che vincitori, sono anche i frugali, che hanno costretto Michel, von der Leyen, Merkel, Macron e tutti gli altri a scendere sotto la soglia psicologica dei 400 miliardi di sussidi, venendo peraltro da una proposta iniziale di 500. Inoltre, hanno dimostrato ai loro elettori di aver saputo tenere testa all'asse franco-tedesco, piegandolo, e riuscendo anche ad aumentare i 'rebates', cioè i loro sconti al bilancio.

L'Austria in particolare l'ha quasi raddoppiato. Per chiudere la dura battaglia sulla governance si è invece trovato un compromesso che fa cantare vittoria a Rutte, che voleva il controllo sulle riforme degli altri, e non lascia completamente scontenta l'Italia, che si opponeva fermamente a lungaggini e intoppi nel processo di approvazione dei piani di rilancio e nel l'esborso dei fondi. Il meccanismo chiamato 'super freno d'emergenza' consente ad un Paese di portare i suoi dubbi sui piani di riforma all'Ecofin, ed eventualmente anche al Consiglio europeo, ma con un processo non automatico.

Giuseppe Conte dovrà ringraziare Angela Merkel e Emmanuel Macron da un lato e il fronte dei Paesi dell’Est Europa guidato dall’Ungheria di Viktor Orban dall’altro per l’esito della trattativa europea sul Recovery Fund che ha risparmiato al governo giallorosso una debacle senza precedenti.

“Un governo proporrà il suo Piano nazionale di riforme, precondizione per accedere al Recovery, la Commissione deciderà entro due mesi se promuoverlo in base al tasso di rispetto di politiche verdi, digitali e delle raccomandazioni Ue 2019-2020 : per l’Italia riforme di pensioni, lavoro, giustizia, pubblica amministrazione, istruzione e sanità”.

Esiste anche la possibilità di finanziare retroattivamente le misure poste in essere da febbraio 2020, purché compatibili con gli obiettivi del fondo: ma il governo giallorosso, tra liquidità-fantasma e bonus vacanze, non ha promosso investimenti o politiche anti-crisi efficaci.

Roma dovrà affrontare con le proprie forze la parte più buia della recessione e ricordare che anche in futuro il sostegno non sarà gratuito. La spada di Damocle della creazione di nuovi vincoli e nuovi scrutini comunitari sulla nostra sovranità è tutt’altro che rimossa dalle nostre teste. E i tempi lunghi aiutano a capire come di “storico” ci siano stati solo gli annunci che vogliono il Recovery Fund come l’ancora definitiva di salvezza dell’Unione.

Come sottolineato in un'analisi su La Verità, ripresa da Dagospia: tra i 209 miliardi di euro concessi all'Italia, oltre 120 sono di prestiti, che però secondo i primi accordi conclusi tra maggio e inizio giugno saranno mobilitabili solo una volta conclusa l'erogazione degli aiuti a fondo perduto. Eventualità che renderebbe addirittura al 2024, a metà dell'esercizio di bilancio pluriennale 2021-2027 in cui il fondo è inserito.

Secondo il Secolo XIX e ancora presto per fare un calcolo esatto delle quote che spetteranno a ogni Paese, ma il governo italiano è convinto di aver salvaguardato gli 81,4 miliardi di sovvenzioni previsti nella proposta della Commissione.

Questo perché la fetta di “grants” della “Recovery and Resilience Facility”, lo strumento per finanziare le riforme negli Stati membri, rimane pressoché uguale (sale da 310 a 312,5 miliardi). E anche perché l'altro programma che vede l'Italia tra i principali beneficiari – RescEu, destinato alle regioni più colpite – scende di poco (da 50 a 47,5 miliardi). Per Roma crescerebbe nettamente la quota di prestiti a disposizione: da 91 a 127 miliardi secondo le stime.

Gli 81,4 miliardi inizieranno ad arrivare verosimilmente a partire dalla primavera 2021 e andranno spesi in fretta: entro il 2023. Dovranno servire per finanziare le riforme proposte dal governo sulla base delle raccomandazioni della Commissione. Sull’iter di approvazione dei piani nazionali, alla fine l’ha spuntata Mark Rutte, che ha incassato il cosiddetto “freno di emergenza” per poter congelare l’erogazione dei fondi verso un Paese in caso di non rispetto della tabella di marcia delle riforme. Resta al Consiglio il potere di approvare (a maggioranza qualificata) i piani nazionali.

Fortemente critici l'ex senatore espulso dal M5s Gianluigi Paragone e l'anima sovranista del centrodestra, più positivo il giudizio del presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi.

L'ex senatore pentastellato Gianluigi Paragone, noto per la sua posizione euroscettica, non vede nessun motivo per la soddisfazione del premier Conte sull'accordo raggiunto a Bruxelles sul Recovery Fund, evidenziando che l'assistenza è costituita da meno aiuti e più prestiti, oltre al fatto che i fondi non saranno disponibili nell'immediato.

"Le esultanze di Conte stonano con un accordo tutt'altro che positivo: più prestiti e meno trasferimenti, tempi lunghi e il controllo degli altri Paesi su come gestiremo la nostra fetta (neanche troppo grossa)", ha scritto su Facebook Paragone.

Ancora più duro il giudizio del leader della Lega Matteo Salvini, che senza mezzi termini ha parlato di "fregatura grossa come una casa" intervenendo in una conferenza stampa con il responsabile sull'economia del suo partito Alberto Bagnai.

Due mesi fa il startmag scriveva questa nota di FT, l'inconsistenza di questo piano non è sfuggita all’editorialista Wolfgang Munchau che, dalle colonne del Financial Times, dubita del fatto che in questo momento le imprese riescano a moltiplicare i fondi ricevuti. Non c'è bisogno di crediti ma di interventi sul capitale delle imprese, eroso dalla crisi. Il Recovery Fund avrà un impatto marginale.

Tutta questa nebulosa ed inutile costruzione, proprio nei giorni in cui la Bce annuncia a ripetizione nuovi interventi. Il Financial Times ieri sera ha annunciato che la Bce si appresta ad acquistare, nell'ambito del programma già in atto, anche titoli il cui rating è sceso al livello spazzatura (junk). Si tratta soprattutto di obbligazioni societarie, che Bce può acquistare direttamente in emissione, ma potenzialmente anche di titoli pubblici che potrebbero subire in futuro dei declassamenti (Italia, in primis). Nella riunione di giovedì prossimo, c'è anche chi prevede l’aumento dell’ammontare di acquisti destinato a titoli pubblici (PEPP), fissato lo scorso 18 marzo a 750 miliardi. Con l’intervento dell’economista Olivier Blanchard, il coro di voci a favore di un intervento risolutivo della Bce è unanime. Solo l'Italia insiste a chiedere uno strumento dannoso, al più inutile.

Cm questi prestiti saranno fortemente condizionate nella destinazione, per cui la Commissione deciderà dove e come potrete spendere i vostri soldi, e vi diciamo che saranno spesi per cose poco utili, ma molto demagogiche. Sarà difficilissimo utilizzare questi fondi per qualcosa di utile, o proprio utilizzarli in generale;

Sono sottoposti al “Super freno” per cui i paesi (Olanda in testa, Austria seconda..) potranno rivolgersi alla Commissione per dire che “Non stiamo facendo le riforme” (leggasi tagli a pensioni e servizi sociali) e farli bloccare;

sono soldi che, direttamente o indirettamente, saranno pagati da noi e che faranno aumentare il peso delle decisioni non democratiche , di Bruxelles, a scapito di quelle democratiche, prese in Italia, sul nostro bilancio  

 

 

 

 

 

 

 

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