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Soldi all'Italia dal 2021, intanto la recessione può far male

Il Consiglio finisce dunque senza (apparenti) sconfitti e garantisce ai falchi rigoristi guidati dall’Olanda di Mark Rutte una vittoria sostanziale sui temi di minor rilevanza mediatica (come i rebate) che ha permesso loro di annacquare le pretese più dure sul fondo per la ripresa.

Tutti vincitori ? Non credo, penso che vincitori, sono anche i frugali, che hanno costretto Michel, von der Leyen, Merkel, Macron e tutti gli altri a scendere sotto la soglia psicologica dei 400 miliardi di sussidi, venendo peraltro da una proposta iniziale di 500. Inoltre, hanno dimostrato ai loro elettori di aver saputo tenere testa all'asse franco-tedesco, piegandolo, e riuscendo anche ad aumentare i 'rebates', cioè i loro sconti al bilancio.

L'Austria in particolare l'ha quasi raddoppiato. Per chiudere la dura battaglia sulla governance si è invece trovato un compromesso che fa cantare vittoria a Rutte, che voleva il controllo sulle riforme degli altri, e non lascia completamente scontenta l'Italia, che si opponeva fermamente a lungaggini e intoppi nel processo di approvazione dei piani di rilancio e nel l'esborso dei fondi. Il meccanismo chiamato 'super freno d'emergenza' consente ad un Paese di portare i suoi dubbi sui piani di riforma all'Ecofin, ed eventualmente anche al Consiglio europeo, ma con un processo non automatico.

Giuseppe Conte dovrà ringraziare Angela Merkel e Emmanuel Macron da un lato e il fronte dei Paesi dell’Est Europa guidato dall’Ungheria di Viktor Orban dall’altro per l’esito della trattativa europea sul Recovery Fund che ha risparmiato al governo giallorosso una debacle senza precedenti.

“Un governo proporrà il suo Piano nazionale di riforme, precondizione per accedere al Recovery, la Commissione deciderà entro due mesi se promuoverlo in base al tasso di rispetto di politiche verdi, digitali e delle raccomandazioni Ue 2019-2020 : per l’Italia riforme di pensioni, lavoro, giustizia, pubblica amministrazione, istruzione e sanità”.

Esiste anche la possibilità di finanziare retroattivamente le misure poste in essere da febbraio 2020, purché compatibili con gli obiettivi del fondo: ma il governo giallorosso, tra liquidità-fantasma e bonus vacanze, non ha promosso investimenti o politiche anti-crisi efficaci.

Roma dovrà affrontare con le proprie forze la parte più buia della recessione e ricordare che anche in futuro il sostegno non sarà gratuito. La spada di Damocle della creazione di nuovi vincoli e nuovi scrutini comunitari sulla nostra sovranità è tutt’altro che rimossa dalle nostre teste. E i tempi lunghi aiutano a capire come di “storico” ci siano stati solo gli annunci che vogliono il Recovery Fund come l’ancora definitiva di salvezza dell’Unione.

Come sottolineato in un'analisi su La Verità, ripresa da Dagospia: tra i 209 miliardi di euro concessi all'Italia, oltre 120 sono di prestiti, che però secondo i primi accordi conclusi tra maggio e inizio giugno saranno mobilitabili solo una volta conclusa l'erogazione degli aiuti a fondo perduto. Eventualità che renderebbe addirittura al 2024, a metà dell'esercizio di bilancio pluriennale 2021-2027 in cui il fondo è inserito.

Secondo il Secolo XIX e ancora presto per fare un calcolo esatto delle quote che spetteranno a ogni Paese, ma il governo italiano è convinto di aver salvaguardato gli 81,4 miliardi di sovvenzioni previsti nella proposta della Commissione.

Questo perché la fetta di “grants” della “Recovery and Resilience Facility”, lo strumento per finanziare le riforme negli Stati membri, rimane pressoché uguale (sale da 310 a 312,5 miliardi). E anche perché l'altro programma che vede l'Italia tra i principali beneficiari – RescEu, destinato alle regioni più colpite – scende di poco (da 50 a 47,5 miliardi). Per Roma crescerebbe nettamente la quota di prestiti a disposizione: da 91 a 127 miliardi secondo le stime.

Gli 81,4 miliardi inizieranno ad arrivare verosimilmente a partire dalla primavera 2021 e andranno spesi in fretta: entro il 2023. Dovranno servire per finanziare le riforme proposte dal governo sulla base delle raccomandazioni della Commissione. Sull’iter di approvazione dei piani nazionali, alla fine l’ha spuntata Mark Rutte, che ha incassato il cosiddetto “freno di emergenza” per poter congelare l’erogazione dei fondi verso un Paese in caso di non rispetto della tabella di marcia delle riforme. Resta al Consiglio il potere di approvare (a maggioranza qualificata) i piani nazionali.

Fortemente critici l'ex senatore espulso dal M5s Gianluigi Paragone e l'anima sovranista del centrodestra, più positivo il giudizio del presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi.

L'ex senatore pentastellato Gianluigi Paragone, noto per la sua posizione euroscettica, non vede nessun motivo per la soddisfazione del premier Conte sull'accordo raggiunto a Bruxelles sul Recovery Fund, evidenziando che l'assistenza è costituita da meno aiuti e più prestiti, oltre al fatto che i fondi non saranno disponibili nell'immediato.

"Le esultanze di Conte stonano con un accordo tutt'altro che positivo: più prestiti e meno trasferimenti, tempi lunghi e il controllo degli altri Paesi su come gestiremo la nostra fetta (neanche troppo grossa)", ha scritto su Facebook Paragone.

Ancora più duro il giudizio del leader della Lega Matteo Salvini, che senza mezzi termini ha parlato di "fregatura grossa come una casa" intervenendo in una conferenza stampa con il responsabile sull'economia del suo partito Alberto Bagnai.

Due mesi fa il startmag scriveva questa nota di FT, l'inconsistenza di questo piano non è sfuggita all’editorialista Wolfgang Munchau che, dalle colonne del Financial Times, dubita del fatto che in questo momento le imprese riescano a moltiplicare i fondi ricevuti. Non c'è bisogno di crediti ma di interventi sul capitale delle imprese, eroso dalla crisi. Il Recovery Fund avrà un impatto marginale.

Tutta questa nebulosa ed inutile costruzione, proprio nei giorni in cui la Bce annuncia a ripetizione nuovi interventi. Il Financial Times ieri sera ha annunciato che la Bce si appresta ad acquistare, nell'ambito del programma già in atto, anche titoli il cui rating è sceso al livello spazzatura (junk). Si tratta soprattutto di obbligazioni societarie, che Bce può acquistare direttamente in emissione, ma potenzialmente anche di titoli pubblici che potrebbero subire in futuro dei declassamenti (Italia, in primis). Nella riunione di giovedì prossimo, c'è anche chi prevede l’aumento dell’ammontare di acquisti destinato a titoli pubblici (PEPP), fissato lo scorso 18 marzo a 750 miliardi. Con l’intervento dell’economista Olivier Blanchard, il coro di voci a favore di un intervento risolutivo della Bce è unanime. Solo l'Italia insiste a chiedere uno strumento dannoso, al più inutile.

Cm questi prestiti saranno fortemente condizionate nella destinazione, per cui la Commissione deciderà dove e come potrete spendere i vostri soldi, e vi diciamo che saranno spesi per cose poco utili, ma molto demagogiche. Sarà difficilissimo utilizzare questi fondi per qualcosa di utile, o proprio utilizzarli in generale;

Sono sottoposti al “Super freno” per cui i paesi (Olanda in testa, Austria seconda..) potranno rivolgersi alla Commissione per dire che “Non stiamo facendo le riforme” (leggasi tagli a pensioni e servizi sociali) e farli bloccare;

sono soldi che, direttamente o indirettamente, saranno pagati da noi e che faranno aumentare il peso delle decisioni non democratiche , di Bruxelles, a scapito di quelle democratiche, prese in Italia, sul nostro bilancio  

 

 

 

 

 

 

 

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