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Georgios Labrinopoulos e i suoi giganti d’Italia: Pertini, Andreotti, Cossiga, Craxi e…

L’Italia dei giganti del giornalista Georgios Labrinopoulos – a cura di Francesco De Palo per Pegasus Edition, vedrà la sua prima presentazione pubblica a Roma,  all’interno della rassegna internazionale del Libro dal titolo Libri sotto l’albero, nella splendida location di  Palazzo Falletti. C’è già tanta attesa rispetto a questo libro appena uscito, un volume che ricorda gli incontri professionali dell’autore con alcuni  protagonisti della storia italiana, con le loro previsioni politiche, con i loro esempi. Il volume fissa un importante momento di riflessione per soffermarsi su tempi passati ma anche per ragionare su quelli odierni.

George (così lo chiamano i colleghi e amici), quando arrivi nel nostro Paese per la prima volta? E cosa facevi esattamente prima di arrivare qui.

“Sono arrivato in Italia nel 1972; in Grecia vigeva quello che è noto come il regime dei colonnelli, il regime di dittatura militare di ispirazione fascista instaurato il 21 aprile 1967, poi proseguito, sotto varie forme, fino al 24 luglio 1974. All’inizio sono arrivato per motivi di studio, andando a Perugia per imparare l’ italiano all’Università per Stranieri, e poi a Roma, dove ero iscritto alla Facoltà di Lettere e Filosofia (La Sapienza) con  indirizzo Lingua e Letteratura anglo-americana. La mia famiglia è originaria del Peloponneso; vivevamo ad Atene, dove facevo lo studente. In Italia sono arrivato giovane, all’età di 21 anni”.

Quando nasce esattamente l’amore per il giornalismo?

“Quello è  arrivato durante le lezioni universitarie, con il Professor  Agostino Lombardo, che mi ha insegnato analisi del testo delle poesie:  mi ha introdotto nel mondo affascinante dei testi in generale. Avevo fatto anche tirocinio presso un giornale ateniese, dove avevo saputo che cercavano una persona come corrispondente da Roma. Erano i tempi del sequestro Moro, e così sono entrato poi nel 1980  alla Associazione  Stampa Estera in Italia, dove sono ancora membro effettivo”.

In oltre 40 anni di giornalismo, ti sei sempre occupato di Politica. L’Italia dei Giganti vuole essere un omaggio alla tua carriera e al nostro Paese. È corretto?

“Sono per l’esattezza 42 anni che sono corrispondente da Roma presso la Stampa Estera in Italia; volevo celebrare in qualche modo la mia  appartenenza all’ Associazione,  ed ho trovato il modo di farlo con l’idea di questo libro,  oltre che realizzare un omaggio ai miei figli facendo loro capire meglio cosa faceva il loro padre quando erano piccoli o non erano ancora nati. Nei giornali dove ho lavorato ad Atene mi sono sempre occupato di politica, e continuo ad occuparmene anche oggi nei giornali italiani, come il Corriere del Sud. Le interviste contenute nel volume L’Italia dei giganti riguardano personalità della politica italiana realizzate per il giornale presso il quale lavoravo all’epoca, rispolverate per inserirle ed adattarle ad un lavoro editoriale complessivo inedito, mai pubblicato prima. Questi incontri avevano lo scopo di presentare l’Italia di allora –  quarta potenza Mondiale nonché secondo partner commerciale della Grecia negli anni 80/90 –  e farla conoscere attraverso quel certo Personaggio politico intervistato”.

In questo tuo lavoro sono 5 i  grandi personaggi che hanno fatto secondo te la storia della politica italiana negli anni a cavallo tra gli 80 e i 90: Francesco Cossiga, Sandro Pertini, Giulio Andreotti, Bettino Craxi, oltre ad un inedito Papa Giovanni Paolo II. Che ritratto del nostro Paese ne fuoriesce?

“Un’Italia molto diversa da oggi. Un Paese che purtroppo non esiste più. I personaggi politici intervistati, ed in parte anche il Santo Padre Giovanni Paolo II, avevano due compiti precisi, che hanno sempre portato avanti con grande successo: la prosperità dello Stato e del popolo Italiano, e l’appartenenza  all’ Occidente”.

Cosa hai pensato la prima volta che hai incontrato ciascuno di loro?

“E’ stato interessante indubbiamente mettere a confronto i due presidenti, Pertini e Cossiga. Il primo, giornalista e partigiano italiano, è stato il settimo Presidente della Repubblica Italiana ed il primo ed unico socialista a ricoprire la carica. Dal suo mandato ebbe inizio una fase diversa, direi meno ingessata e più popolare per quanto riguarda il ruolo di un Presidente. Di Pertini si ricorda il grido di  ‘Sandro!’ quando si recava in visita ufficiale in città italiane e Paesi stranieri, o quel suo urlo di gioia ai Campionati Mondiali di Calcio del 1982. Nell’intervista che mi ha concesso, Pertini ha fatto anche un riferimento, in tempi non sospetti, circa l’evoluzione che avrebbe avuto nei decenni successivi la Cina, dimostrando una non comune capacità di visione, oltre che di amministrazione contingente. Una rarità guardando al panorama odierno. Mi ha parlato per più di tre ore, e ancora ne rammento l’emozione del racconto, quando mi ha descritto tutta la sua vita da giovane fino all’ingresso in Quirinale.  Cossiga aveva invece una cultura classica, e una  visione ampia in ambito internazionale; seguiva relazioni euro–atlantiche, e possiamo dire tranquillamente che era uno straordinario interprete dell’ancoraggio italiano agli Usa. Senza il suo mandato non so che strada avrebbe intrapreso l’Italia. E’ stato un punto di riferimento primario; di lui non dimentico l’estrazione culturale,  oltre che l’alta capacità politica”.

E poi arriva Craxi.

“Sì, e fu davvero un ‘gigante’. Per quanto mi riguarda, è  stato l’ultimo leader Italiano che ha mostrato indiscutibile carisma attraverso importanti decisioni politiche anche in senso anche internazionale, assumendosene la responsabilità. Si può essere d’accordo o meno, ma la posizione politica di Craxi è stata granitica ad esempio nella crisi di Sigonella (dal nome dalla base aerea siciliana presso la quale la crisi scaturì nel 1985: n.d.r.), che ha rappresentato un caso diplomatico importante  tra Italia e Stati Uniti, con conseguenze che avrebbero potuto essere pesanti. Per me, Craxi è stato pertanto una immensa figura politica interprete di cambiamenti epocali . Per primo mise anche l’accento sulle difficoltà che avrebbe avuto l’Europa (che si apprestava a Maastricht) a farsi Stato, come dimostrano le cronache di oggi. Previde anche la crisi del socialismo europeo”.

Giulio Andreotti, invece?

“Lui ha aiutato la Grecia ad entrare all’epoca nel MEC (Mercato Comune Europeo), ed è  stato sette volte Presidente del Consiglio e trentadue volte ministro della Repubblica Italiana. Qualcuno ha dimenticato che è stato il politico italiano con il record di incarichi. La Democrazia Cristiana deve il suo lungo percorso governativo alle capacità professionali e personali proprio del suo Presidente Andreotti. Atlantista e multilateralista, è stato interlocutore privilegiato di Capi di Stato e Papi”.

Adesso veniamo all’ultimo ‘gigante’ da te incontrato,  Papa Giovanni Paolo IISoffermiamoci in particolare su di lui:  in quel vostro incontro, il Papa ha parlato di ecumenismo e visioni future. Come sei riuscito nell’impresa, visto che, come è noto, non rilasciava interviste ?

“Conoscere il Santo Padre è stata una emozione indescrivibile. Giovanni Paolo II è stato sempre molto vicino a noi giornalisti della Stampa Estera, ed e stato il Papa che ha visitato la nostra sede quando eravamo in via della Mercede a Roma. Spesso eravamo invitati da lui al Vaticano, e anche alla sua residenza di Castel Gandolfo. Il primo incontro con lui è stato appunto in occasione di una nostra visita ufficiale al Vaticano come stampa estera. Quando l’ho avvicinato, ho realizzato in un attimo di trovarmi di fronte ad un uomo magnetico,  che dava l’impressione di sapere quello che avevi da dire ancora prima che tu pronunciassi parola. Quando dalla Grecia mi chiesero di fare l’intervista con il Papa, non credevano in realtà che sarei riuscito nello scopo. Mi avevano commissionato – in verità –  di incontrare sia il Presidente Pertini che Papa Paolo Giovanni II, ma senza crederci troppo. Avevano buttato l’idea sul tavolo, ma nessuno dei colleghi ci era mai riuscito. Con orgoglio posso dire che all’epoca sono stato l’unico ad avvicinare il Santo Padre e a fare una domanda, per poi ricostruire la sua vita. Nessuno sapeva che io e il suo portavoce, il giornalista spagnolo Joaquín Navarro-Valls, eravamo amici. Joaquín è stato il primo direttore della Sala Stampa della Santa Sede dal 1984 al 2006, divenendo una delle personalità più note del Vaticano durante il pontificato di Giovanni Paolo II.  Grazie a lui ho potuto realizzare questo meraviglioso lavoro. Il mio accordo con Navarro era che io avvicinassi il Santo Padre facendo una domanda. E così feci”.

Rivelaci in anteprima quale è stata la tua domanda al Santo Padre.

“Va bene, te lo rivelo: quando sarebbe venuto a visitare la Grecia”.

E Papa Giovanni Paolo II che cosa ti rispose?

“Mi rispose positivamente. Il suo desiderio di visitare il mio Paese è stato realizzato nell’anno 2001, ma ben 20 anni prima avevo io fatto affiorare questo suo Sogno tramite la nostra chiacchierata. Da cristiano ortodosso quale sono, ho sempre amato Giovanni Paolo II, ed ho pianto tanto alla sua morte. Per tutto il resto dei contenuti, rimando alla lettura del libro”.

L’Italia dei giganti è impreziosita dalla prefazione di Stefania Craxi e dalla postfazione di Symeon Katsinas, Archimandrita della Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia. Come mai hai scelto proprio loro?

“Quando parlavo con Stefania –  che conosco molto bene – di suo padre Bettino, constatavo ogni volta come fosse affezionata alla  memoria dell’amato genitore. Tra l’altro,  lo ero anche io, e lo sono ancora oggi. Quando ci siamo consultati con il collega Francesco De Palo, che mi ha curato il volume, per decidere gli ultimi dettagli di questo lavoro, il mio primo pensiero è stato per lei. Ero certo che ad un libro che inseriva suo padre tra i protagonisti della storia italiana lei avrebbe volentieri prestato voce introduttiva, per la stima reciproca che abbiamo da sempre l’uno per l’altra. Per quanto riguarda invece Padre Symeon Archimandrita della nostra Chiesa Ortodossa di San Teodoro di Roma, il suo nome era nei miei pensieri perché nel libro si parla di Giovanni Paolo II e pertanto anche di ecumenismo e di avvicinamento  tra religioni diverse. E lui era la persona giusta rispetto alle mie conoscenze dirette. Ringrazio di cuore  entrambi,  perché  mi hanno omaggiato di due sentiti e commoventi interventi scritti, che vi invito a leggere con attenzione”.

Che  radiografia socio-culturale del nostro Paese pensi di aver tratteggiato con il tuo volume?

“Il mio libro non è in ogni caso uno scritto nostalgico, ma ha funzione di memoria:  penso che i 30enni o anche i 40enni di oggi non sappiano cosa esattamente fosse l’ Italia negli anni passati, e qualcosa nel mio libro si può vedere, e qualcos’altro imparare. Ho avuto la fortuna di vivere da studente prima, e da giornalista professionista dopo,  tutti i cambiamenti sociologici e politici degli ultimi 50 anni, data anche la mia età anagrafica non più giovanissima. Devo però dire che l’ Italia del mio libro era indubbiamente un’Italia forte economicamente; una potenza economica mondiale decisiva all’interno della NATO, dell’ Organizzazione delle Nazioni Unite e in Occidente. Penso che, dopo la caduta del muro di Berlino, vi sia  stato un cambiamento politico tale da travolgere molti uomini politici che sapevano trattare di Geopolitica e di Politica nazionale ed  internazionale. Quello che è successo tra il 1992 ed oggi sta davanti ai nostri occhi. Penso che si veda che un certo sogno – quello  di De Gasperi e Spinelli  – riguardo alla Comunità Europea non è stato realizzato, perché la Ue non si è unita come fosse uno Stato, con una politica economica e militare comune”.

Cosa avevano capito di importante a livello di strategie politiche e di previsioni storiche – da quello che risulta dalle interviste che hai fatto con loro – questi ‘Giganti dell’Italia’?

“In breve. Craxi aveva previsto per primo le difficoltà che avrebbe avuto l’Europa a farsi Stato, come dimostrano le cronache di oggi. Pertini – lo ripeto e sottolineo – mi ha fatto un riferimento, in tempi non sospetti, circa l’evoluzione che avrebbe avuto nei decenni la Cina, dimostrando capacità di visione fuori dal comune.  Andreotti era l’ uomo che teneva rapporti diplomatici con i Palestinesi, ed oggi siamo allo sbando politico. Cossiga ci ha unito fortemente come Paese all’America. Il Santo Padre, infine,  sapeva che un giorno sarebbe caduta l’Unione Sovietica. Tutte menti come loro oggi sono difficili da trovare. Non ci sono più uomini di siffatta levatura, ammettiamolo”.

Oggi, alla vigilia dell’elezione del Presidente della Repubblica, cosa ti senti di dire?

“Non so chi diventerà il prossimo Presidente della Repubblica Italiana,  però a mio avviso  i tempi sono maturi affinché anche in Italia il Presidente della Repubblica venga votato dal popolo. Ritengo personalmente che il nuovo Presidente sarà l’ultimo eletto dal Parlamento. Tra l’altro, Giorgio Napolitano e l’attuale, Sergio Mattarella, hanno dimostrato di aver guidato  il Paese in una situazione che è già di semi presidenzialismo. Va ricordato che l’ultimo Presidente del Governo eletto dal popolo è stato Silvio Berlusconi, e tutti gli altri – dal 2011 ad oggi –  sono stati nominati. Situazioni regolarmente prevedibili per legge, certo…ma non sono stati eletti direttamente dalle urne”.

Dove sta andando l’Europa, George?

“Se l’Europa non si decide a diventare un vero Stato, con uniche decisioni economiche,  politiche e militari,  a mio avviso è destinata a fallire, sia come sogno che come realtà. La priorità di  alcuni Stati membri non significa Europa, ma solo privilegiare singoli Stati a discapito di altri. Personalmente, sono per rimanere nella Unione Europea, ma come stato sovrano”.

 

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