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Giovedì, 12 Dicembre 2024

No alla Grecia lazzaretto d'Europa

No alla Grecia lazzaretto d'Europa. Così un appello dei magazine Mondogreco.net e Prima di tutto Italiani,diretti dal giornalista Francesco De Palo, coordinatore Ctim Grecia, in cui si scuote l'opinione pubblica, le istituzioni europee e gli intellettuali pericolosamente silenziosi sul tema, a che il fardello dell'accoglienza dei migranti non sia scaricato solo sulle spalle della Grecia.

"L'Europa sta trasformando la Grecia nel lazzaretto d’Europa. Perché non costruire hotspots anche in Turchia? Ancora una volta, dopo la gestione approssimativa del Grexit, Bruxelles e Berlino imboccano una strada che non conduce a nulla. E’ da un anno almeno che si segnala il flusso biblico di profughi e migranti che fuggono dalla morte e dalla guerra, giungendo sulle isole greche del Dodecanneso, ma solo oggi la Nato invia le sue truppe navali in quel fazzoletto di acque in cui si muore ogni giorno".

E aggiunge: "I quattro hotspots realizzati sulle isole di Kos, Chios, Lesbo e Leros sono un pugno in faccia all'unica fonte di sopravvivenza degli isolani: il turismo. Logica avrebbe voluto invece che i tre miliardi stanziati dall'Ue alla Turchia avessero compreso anche una partecipazione più attiva di Ankara. Perché allora non costruire hotspots anche lì? Forse la protezione smisurata di cui gode Ankara riflette gli interessi geopolitici nella nuova guerra fredda con Mosca? Questo ai greci di Lesbo, Chios, Leros e Rodi non importa. Qui si sta rischiando grosso, con il germe della violenza e della protesta popolare che, da pacifica, si sta tramutando in violenza come dimostra la sassaiola di Kos con la polizia che ha sparato lacrimogeni sugli albergatori. Dopo il pasticcio del Grexit ecco che l'Unione Europea si appresta ad un'alta partita di giro, che non risolve l'emergenza ma se possibile ne foraggia un'altra".

Il premier Alexis Tsipras ancora una volta sulla graticola, si è presentato al tavolo con in tasca quattro hotspot su cinque a dimostrazione della buona volontà greca, ed ha battuto i pugni sul tavolo, rifiutando più volte di firmare la bozza di conclusioni, chiedendo impegno anche sui ricollocamenti. Forte l'intervento anche del premier Matteo Renzi, che ha ribadito la necessità di una solidarietà a doppio binario, facendo riferimento alla programmazione dei fondi strutturali 2014-2020. Il cancelliere Werner Faymann in giornata aveva fatto sapere che Vienna resterà sulla posizione assunta. "Dal punto di vista politico, è impensabile che accogliamo tutti i richiedenti asilo d'Europa".

Intanto il premier italiano Matteo Renzi minaccia di tagliare i fondi europei a quei Paesi, soprattutto dell'Est, che bloccano i ricollocamenti dei migranti rappresenta "un ricatto politico". Lo afferma da Budapest il portavoce del governo ungherese di Viktor Orban, Zoltan Kovacc, citato dall'agenzia di stampa Tanjug. L'Ungheria, ha ribadito il portavoce commentando le parole di ieri di Renzi al Consiglio europeo a Bruxelles, si oppone al sistema di quote per la ridistribuzione dei profughi all'interno dell'Unione europea.

"Cari amici, basta con le prese in giro: la solidarietà non può essere solo nel prendere, ma anche nel dare". Matteo Renzi, prende la parola durante la cena del Consiglio europeo per lanciare un messaggio chiarissimo ai Paesi dell'Est: o accettate i migranti o noi, Paesi contributori, vi bloccheremo i fondi.ache hanno dominato anche il pre-vertice con i leader della rotta dei Balcani occidentali, il croato Tihomir Oreskovic, lo sloveno Miro Cerar, il serbo Tomislav Nikolic, ed il macedone Gjorge Ivanov. orti le preoccupazioni espresse dai quattro. Molte le sottolineatura sulla volontà di restare Paesi di transito. Cerar dice di appoggiare il piano B promosso dai quattro Paesi di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria) per la costruzione di una barriera in Macedonia, se non si riuscirà a sigillare la frontiera turca. Belgrado fa sapere che si comporterà allo stesso modo di Vienna. 

"Quello che farà l'Austria farà la Serbia", ha detto il ministro responsabile per l'emergenza profughi Aleksandar Vulin. Intanto i capi delle polizie dei quattro Paesi a Zagabria hanno raggiunto un accordo per un nuovo sistema di controlli al confine greco-macedone, per evitare respingimenti a catena, come avvenuto nei giorni scorsi per circa 200 migranti, rimbalzati dal confine austriaco in Slovenia e da lì in Croazia e Serbia. Berlino critica il principio di respingere ai confini esterni i migranti "che non soddisfano le condizioni di ingresso o che non hanno presentato richiesta di asilo nonostante avessero avuto l'opportunità di farlo", contenuta nelle conclusioni del vertice, e preme sull'attivazione dell'articolo 26 del codice Schengen, quello che permette i controlli alle frontiere interne fino a due anni, per mantenere in vita l'area di libero scambio

Intanto Vienna resta isolata in Ue sulle misure varate per ridurre il flusso dei migranti. La discussione ha infiammato la cena del vertice dei leader dei 28 dedicata alla crisi dei profughi, con forti tensioni per decisioni che sono state definite unilaterali, non concordate a livello Ue, e che violano la legge europea e quelle internazionali, in particolare il trattato di Ginevra, considerato un baluardo da difendere. Il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker ha bocciato senza appello le decisioni dell'Austria: "Non mi piacciono".

E già nel pomeriggio il commissario europeo all'immigrazione Dimitris Avramopoulos in una lettera al ministro dell'Interno Johanna Mikl Leitner ha definito i tetti giornalieri massimi imposti su accoglienza - 80 richieste di asilo - e transito (3200 passaggi) "chiaramente incompatibili con gli obblighi delle leggi Ue e internazionali", invitando "a riconsiderare" la loro applicazione, prevista già per domani. Il premier Matteo Renzi ha messo in guardia: "Non possiamo pensare di chiudere il Brennero che e' uno dei passaggi simbolici dell'Europa". E per la Germania, spiegano fonti, le azioni austriache sono "miopi". Tra le possibili conseguenze vedono un appesantimento della crisi economica greca.

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