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Maria Cristina, una regina amata dal popolo napoletano

C’è un aspetto forse poco conosciuto della beata Maria Cristina di Savoia, mi riferisco all’animazione socioeconomica che ha promosso in quei suoi tre intensi anni di regina di Napoli. Come non ricordare la sua creatura più importante, la seteria di San Leucio, dove venivano impiegate ben 300 donne. Oggi, la nostra epoca che sta vivendo una delle peggiori crisi antropologiche della Storia, ha sicuramente bisogno di conoscere e di imitare la vita esemplare della giovane regina del Regno delle Due Sicilie.

Mario Fadda e Ilaria Muggianu Scano, che hanno prodotto l’ottimo testo di “Maria Cristina di Savoia. Figlia del Regno di Sardegna, regina delle Due Sicilie”, Arkadia editore (Cagliari 2012, pp.258 e.17) oltre a far risaltare la santità della giovane regina, esaltano l’aspetto sociale e imprenditoriale. Intanto mentre sto scrivendo questo servizio apprendo da facebook che sua eminenza il Cardinale Crescenzio Sepe invia una lettera d’incoraggiamento e di stima ai due autori, per l’ottima biografia di Maria Cristina. “Molte provvidenze da lei attuate illuminano il suo apostolato di sovrana. Il suo governo – persino prima che i tempi fossero maturi – fu caratterizzato da un moderno regime sociale: tolse la donna dall’accattonaggio e ne fece un’operaia; ispirò leggi e ordinanze per la disciplina del lavoro, cercò di elevare il tenore di vita delle classi più umili, aiutò in larga misura le famiglie in condizione di miseria, si occupò di asili e ospedali. In un solo anno elargì ai bisognosi oltre 300.000 ducati d’oro”. (pag.160)

Tutto questo portò la “dolcissima figura di donna, di regina, di santa”, ad essere ammirata da tutto il popolo napoletano, fino al punto che qualsiasi madre napoletana augurava rivolgendosi alla propria bambina, di “diventare bella e buona come la nostra piccola regina”. Infatti, diceva padre Terzi, padre spirituale della principessa, che, “se si canonizzassero i Santi come una volta, a furor di popolo, Maria Cristina sarebbe già venerata sugli altari”.

Non c’era napoletano che non benedicesse l’avvento della principessa sabauda alla corte del Regno, tranne, naturalmente, i rivoluzionari liberali, “per loro la regina era troppo clericale, bigotta, superstiziosa, manipolabile dai potentati ecclesiastici, specialmente dall’Ordine dei Gesuiti”, e pertanto, “ritenevano, quindi, le nozze di Ferdinando lesive delle libertà popolari”. Il libro sfata le tante inesattezze e menzogne che successivamente sono state ad arte fatte circolare dai vari gazzettieri da strapazzo. Molti invece poterono dichiarare entusiasti di aver ricevuto dal Nord, un “leggiadro ‘regalo’”: la nuova regina di Napoli era veramente in quella città considerata come una madre dei poveri, e come modello di virtù (…)”.

Tuttavia, Maria Cristina, si “dimostrò ben presto democratica e tutt’altro che chiusa alla commistioni di costume(…)”per certi versi si è adeguata all’uso di abiti di gala con scollature un po’ “generose”, anche se nonostante fosse una delle principesse più belle del suo tempo, ha mantenuto sempre la sua speciale e proverbiale modestia. Maria Cristina secondo Fadda e Muggianu Scano, si sentì investita di una missione celeste: “purificare la corte borbonica, indicare dal suo posto privilegiato e ben visibile la retta via ai potenti e ai poveri, nello stesso modo e con lo stesso slancio”. Un vero peccato che questa “missione” durò troppo poco, chissà che cosa sarebbe stata capace di fare la giovane sovrana per il suo popolo napoletano.

E’ probabile che nel suo matrimonio con Ferdinando ha visto “un preciso disegno superiore”, e per questo mette da parte tutti i dubbi che l’avevano assillata prima di sposarsi e si concentra nel ruolo che gli ha assegnato la Divina Provvidenza. Anzi secondo i due autori, la regina ha conferito “a questa necessità un valore ultraterreno che aiuterà la ragazza a concentrarsi sui vantaggi; cercò di imitare il Cristo e seguire il suo insegnamento sul Regno dei Cieli”.

A tal punto che con l’esempio e con le parole della beata Maria Cristina, il bizzarro Ferdinando poté affermare di essere stato educato dalla sua sposa, apprezzava i suoi consigli, ritenendosi fortunato di averla sposata, visto il crescente consenso popolare che acquistava ogni giorno.“Maria Cristina riuscì a infiltrarsi con la forza dell’esempio negli interstizi della sua coscienza”, racconta padre Fontanesi.

E’ interessante come la giovane sovrana convinse il suo sposo a non praticare la pena di morte nel Regno. “Punite se, per il bene dello Stato, è necessario punire, - diceva Cristina a Ferdinando - ma con il sangue no: con la morte voi potete perdere un’anima immortale, con la vita può venire il pentimento”. La magnanimità di Cristina cresceva di giorno in giorno e portò rilevanti benefici a tutta la Casa borbonica.

I due giovani sovrani raggiunsero ben presto un’ottima intesa coniugale, il segno dove si poteva maggiormente vedere quando pregavano insieme: “si raccoglievano in orazione ogni sera, tra le diciotto e le diciannove, presso la cappella pubblica del palazzo, per ricevere la benedizione alla presenza del Santissimo Sacramento, inginocchiati davanti all’ostensorio”. Ferdinando, praticando con Cristina si era abituato a compiere lunghe meditazioni giornaliere. “Cristina voleva che Ferdinando gustasse il suo stesso ristoro contemplativo”. Abitualmente i due sovrani prima di prendere decisioni importanti, si inginocchiavano e recitavano unitamente delle preghiere segnandosi con la mano il petto di entrambi. “la raccomandazione che Cristina ripeteva infaticabilmente al marito è che non introducesse nuove gabelle a svantaggio del popolo ma ancor più che se egli avesse ‘sempre cercato il vantaggio della popolazione sarebbe stato un buon Re da tutti amato’”.

La beata ha capito che bisognava semplicemente sollevare i sudditi dallo stato di indigenza, in cui era facile imbattersi nei quartieri popolari, non solo ma cercava di andare nel profondo: “la regina intendeva infondere nella sua gente – nobili, poveri, colti e ignoranti – la coscienza della dignità di persone, di decoro e di rispetto, verso se stessi in primis, nel proposito della sicura conquista di una grande serenità interiore”.

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