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La Francia ha richiamato a Parigi per consultazioni l'ambasciatore a Roma Christian Masset. Lo annuncia una nota durissima del Quai d'Orsay che parla di "attacchi senza precedenti dalla fine della guerra e senza fondamento" e "dichiarazioni oltraggiose" da parte del governo italiano. "Essere in disaccordo è una cosa, strumentalizzare la relazioni a fini elettorali è un'altra", aggiunge il ministero degli Esteri francese.

Una scelta dovuta "agli attacchi senza precedenti del governo italiano", dicono dal ministero degli Esteri di Parigi, "La campagna per le elezioni europee non può giustificare la mancanza di rispetto per ogni popolo o la sua democrazia. Tutti questi atti creano una situazione seria che mette in discussione le intenzioni del governo italiano nei confronti della sua relazione con la Francia. La Francia invita l'Italia ad agire per ripristinare il rapporto di amicizia e rispetto reciproco, in linea con la nostra storia e del nostro destino comune".

A irritare la Francia sono state le polemiche sollevate oggi dal Viminale per le continue incursioni da parte dei gendarmi francesi sui treni a Ventimiglia. Controlli che spesso causano ritardi significativi alla circolazione ferroviaria o accuse ai capotreno italiani di non rispettare le forze dell'ordine francesi. Ma anche l'incontro avvenuto nei giorni scorsi da i leader del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, con i gilet gialli. Una "provocazione inaccettabile", l'aveva bollata ieri Parigi.

Quello di oggi è solo il culmine di uno scontro che va avanti da mesi. Dai blitz a Ventimiglia e Bardonecchia al franco imposto alle ex colonie in Africa, dalle accuse sull'accoglienza, fino agli scontri per i conti in Europa.

Perché la Francia continua a sconfinare per controllare chi c'è a bordo e nel caso respingere nel nostro Paese gli immigrati irregolari. Nelle ultime ore è, infatti, tornato centrale nell'agenda dei due Paesi il mantenimento dell'ordine al confine. Ad alzare la voce è ancora una volta il ministero dell'Interno denunciando i soprusi e gli sconfinamentidegli agenti francesi. Una nuova occasione di frizione che non farà che incrinare ulteriormente i già difficili rappoprti tra Matteo Salvini e Emmanuel Macron.

"Questa volta - fanno sapere dal Viminale - si tratta del comportamento della polizia doganale di Parigi". Sempre più spesso, infatti, gli agenti d'Oltralpe salgono a bordo dei treni italiani, alla stazione di Modane, per effettuare operazioni di controllo su passeggeri e merci e tengono fermi i convogli a lungo. Il risultato? Una vera e propria concorrenza sleale. I fortissimi ritardi danneggiano, infatti, sia i viaggiatori sia le imprese. Ma non solo. 

Si registrano anche svariati problemi per i responsabili dei treni italiani: in alcuni casi i convogli sono partiti con i doganieri ancora a bordo scatenando così reazioni particolarmente stizzite da parte di Parigi. Il capotreno italiano, che ha dato il via libera alla partenza, rischia ora una misura detentiva doganale per "opposizione allo svolgimento delle proprie funzioni". Un reato punibile con un anno di reclusione e una multa da almeno 15mila euro. Il Viminale ha già contattato le autorità francesi pretendendo "rispetto e ragionevolezza". "L'auspicio - fanno sapere dal ministero dell'Interno - è individuare immediatamente un punto di equilibrio, uniformando le operazioni di controllo".

È da tempo che al Viminale tengono d'occhio i francesi per questo comportamento. I fari erano già accesi lo scorso ottobre quando la gendarmerie ha obbligato un africano, probabilmente del Mali, che viaggia senza biglietto e, soprattutto, senza documenti, a rientrare nel nostro Paese. "Lo straniero ha superato il confine dall'Italia - avevano tuonato i militari francesi in quell'occasione - e in Italia deve ritornare". Al suo rientro a Torino, l'immigrato era stato immediatamente consegnato alla Polfer e portato nel commissariato locale, ma Salvini aveva comunque tenuto il punto con Parigi portando all'attenzione dell'Eliseo "l'ennesimo episodio di arroganza". "Aggiungiamo un altro capitolo al lungo elenco di lamentele. L'Italia pretende rispetto", aveva commentato il vicepremier leghista ringraziando pubblicamente le nostre forze dell'ordine e i ferrovieri per "non aver abbassato la testa" davanti ai francesi.

Ora il faldone degli sconfinamente inizia ad essere davvero corposo. Da Ventimiglia a Bardonecchia, gli episodi continuano a sommarsi e i rapporti con Macron si fanno sempre più tesi. Anche perché dopo l'accordo firmato con Angela Merkel, il presidente francese è definitivamente uscito allo scoperto. Non che ce e fosse bisogno, ma adesso è chiaro a tutto che sta giocando una partita contro l'Italia.

Intanto il governo italiano è a caccia di alleanze internazionali. E nel tempo è sempre più chiaro che c’è solo un leader pronto a sostenere Roma e la linea politica della maggioranza di governo: Donald Trump. Non è un mistero che il presidente degli Stati Uniti consideri l’Italia un perfetto alleato per rompere gli schemi europei. Sia Roma che Washington, sotto le rispettive amministrazioni, hanno come obiettivo quello di colpire l’asse franco-tedesco. A entrambi i governi interessa concentrare gli sforzi sul Mediterraneo e il Medio Oriente in un’ottica di stabilizzazione. Ed entrambi i governi (per gli Stati Uniti non lo Stato profondo) apprezzano un maggiore dialogo con la Russia.

A fronte di queste convergenze, è chiaro che Italia e Stati Uniti siano due Paesi completamente diversi. Gli Usa sono la superpotenza: l’Italia è un alleato e, in ultima analisi, un partner che serve a Washington per migliorare i propri interessi. Interessi che però convergono per un intricato gioco di incastri con quelli italiani. Ed è per questo che da Roma è partita la corsa per prendere il posto di miglior alleato di Trump in Europa.

Un’alleanza che non è solo strategica e fra due Stati, ma anche fra due governi e fra partiti politici. Ed è proprio per questo che Lega e Movimento 5 Stelle hanno ingaggiato, nel tempo, una sfida per ottenere maggiore peso nel cuore della Casa Bianca e dello Stato profondo americano. Entrambi i partiti sanno di non essere apprezzati dall’establishment europeo. Ed è per questo che possono giocare la carta Trump, che in questa Europa ha interesse a costruire la sua rete politica di alleanze rappresentata da The Movement di Steve Bannon.

La questione della richiesta a procedere per il ministro del interno intanto va avanti : in un documento allegato alla memoria difensiva del totolare del Viminale consegnato alla Giunta per l'Immunità del Senato, il premier spiega la sua posizione: "Sulla Diciotti c'è stata "attuazione di un indirizzo politico-istituzionale che il governo ha condiviso". Ma proprio sul docmuento presentato da Conte si apre un dibattito spinoso all'interno della Giunta. Come riporta l'Adnkronos la stessa Giunta delle Immunità del Senato è stata aggiornata al termine dei lavori dell'Aula. Dovrà valutare la ricevibilita' delle memorie presentate dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, dal suo vice, Luigi Di Maio, e dal ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli.

In un documento allegato alla memoria difensiva del totolare del Viminale consegnato alla Giunta per l'Immunità del Senato, il premier spiega la sua posizione: "Sulla Diciotti c'è stata "attuazione di un indirizzo politico-istituzionale che il governo ha condiviso". Ma proprio sul docmuento presentato da Conte si apre un dibattito spinoso all'interno della Giunta. Come riporta l'Adnkronos la stessa Giunta delle Immunità del Senato è stata aggiornata al termine dei lavori dell'Aula. Dovrà valutare la ricevibilita' delle memorie presentate dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, dal suo vice, Luigi Di Maio, e dal ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli.

I documenti, secondo l'ex presidente del Senato, Pietro Grasso, sarebbero irricevibili e dunque dovrebbero essere trasmesse al Tribunale dei ministri. Sulla vicenda è anche intervenuto il vicepremier, Luigi Di Maio: "Noi siamo sempre stati contro qualsiasi tipo di immunità, ma questo è un caso specifico che coinvolge la decisione di tutto il governo. Non stiamo isolando il ministro, è una decisione presa insieme. Il Movimento sta leggendo le note e prenderà una decisione con grande serenità. Ovviamente, la decisione sarà corale e la prenderemo dopo il percorso dell’istruttoria", ha affermato ai microfoni di UnoMattina. Dopo una mattinata agitata il presidente Maurizio Gasparri ha dichiarato ammissibili i documenti che rigurdano Conte, Di Maio e Toninelli.

 

 

Il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha iniziato a scrivere l'altro ieri la memoria difensiva che porterà alla Giunta per le immunità del Senato, che dovrà pronunciarsi entro il 23 febbraio, ovvero entro un mese da quando ha ricevuto le carte, per stabilire se il vicepremier dovrà essere giudicato o meno per il caso Diciotti.

il leader della Lega punterà su una linea difensiva ben chiara, ovvero far capire che le sue azioni sono state concordate d'accordo con il resto del governo.  

Lo ha detto lui stesso: «Andrò in Senato a testa alta, perché ho difeso l'interesse del mio Paese, i confini e la sicurezza. Combattere gli scafisti e gli amici degli scafisti, i trafficanti di droga, armi e uomini era e rimane una mia priorità».
Lo si è capito anche dalle dichiarazioni del collega pentastellato Di Maio, che ha chiarito che insieme al premier Giuseppe Conte porterà in Giunta una seconda memoria difensiva «per spiegare che le decisioni sulla Diciotti sono state prese insieme dal governo e non solo dal ministro dell'Interno». Insomma, se si decidesse di procedere con il negare l'immunità il tribunale dei Ministri potrebbe trovarsi davanti alla decisione di dover giudicare l'intero governo.

Un punto fondamentale, su cui probabilmente sarà focalizzata l'attenzione. Le leggi internazionali consentono, infatti, al governo di un Paese, di poter respingere immigrati qualora essi costituiscano un pericolo per la sicurezza nazionale. Questo principio è sancito dall'articolo 33 della Convenzione di Ginevra, che cita testualmente che a un rifugiato può persino essere negato lo sbarco «se per motivi seri egli debba essere considerato un pericolo per la sicurezza del Paese in cui risiede oppure costituisca, a causa di una condanna definitiva per un crimine o un delitto particolarmente grave, una minaccia per la collettività di detto Paese». Ebbene, all'epoca in cui Salvini e il governo impedirono ai migranti di scendere dalla Diciotti, a bordo c'erano 4 presunti scafisti, individuati grazie alle indagini della Polizia di Stato dopo alcuni giorni. E questo, da solo, può essere un motivo sufficiente a giustificare l'azione del ministro.   

Per il 55% degli italiani non va assolutamente processato Salvini per il noto caso “Diciotti”, dice si alla magistratura solo il 29%. Tra i contrari all’autorizzazione a procedere anche il 54% degli elettori Cinque Stelle con buona pace di Fico e Di Battista. L’altra divisiva questione, tra “durismo grillino” e salviniana visione, la Tav. Essendo un valico per il collegamento tra il Nord del Paese e le città della Francia sarebbe scontato il favorevole parere dei settentrionali. Qui è la sorpresa: oltre ad un 61% complessivo di connazionali che dicono si al valico Torino-Lione; si schierano con la Tav il 65% del Nord, il 61 del centro ed un impensabile 55% del meridione e delle isole. Per il no all’infrastruttura accolta da Salvini ed osteggiata da Di Maio/Di Battista un residuale 25% di italiani.

la Lega permane il maggior partito d’Italia con il 32.1% seguito dall’alleato , i Cinque Stelle, con un tondo 25 e che, in totale, conferisce al Governo Conte un 57.1%. Segue il Pd al 17.3, Forza Italia in ascesa all’11.7, Fratelli d’Italia al 4.1 ed altri per una complessiva percentuale pari al 9.8%. Il centrodestra unito si attesta al 47.9 contro un centro sinistra che, se andasse ad assimilare anche il totale del restante dato degli “altri” pari al 9.8 registrerebbe un 27.1. Così come in un’ipotetico accordo, grillini e democratici, la percentuale supererebbe di poco il 42 (42.3 per l’esattezza).


Intanto oggi si aggiunge una notizia della quale da almeno una settimana sono a conoscenza sia il ministro Salvini che il ministro Bonafede e cioè che per il loro comportamento, a seguito di una denuncia, è stato aperto un fascicolo presso la Procura di Roma, che ha deciso di fare domanda di archiviazione depositandola presso il Tribunale dei ministri, che potrebbe come sappiamo, anche respingerla. Come ben si ricorderà anche il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro aveva formulato sul caso della nave Diciotti «una richiesta motivata di archiviazione» ma il Tribunale dei ministri ha poi seguito un'altra strada.

L'esposto della Camera Penale di Roma era stato presentato contro il video pubblicato sul profilo Facebook del ministro Bonafede, in cui si riprendevano le fasi legate all'arrivo in Italia di Cesare Battisti tra cui anche il fotosegnalamento e l'acquisizione delle impronte digitali. In particolare, nel testo si citava fra l'altro l'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo sul «divieto di trattamenti disumani e degradanti» e l'articolo 114 del codice di procedura penale che vieta «la pubblicazione dell'immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all'uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica» e quella prevista dall'articolo 42 bis della legge sull'ordinamento penitenziario che prevede che «nelle traduzioni sono adottate le opportune cautele per proteggere i soggetti tradotti dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità».

Secondo la Procura di Roma Bonafede e in concorso con lui Salvini, avrebbe violato la legge per la mancata adozione delle opportune cautele dirette a proteggere le persone in arresto dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità. A mettere nei guai il ministro della Giustizia sarebbe stato proprio questo video - realizzato con toni trionfalistici e propagandistici - in cui Battisti veniva esibito come un trofeo nel passaggio e nella consegna tra le varie forze dell'ordine. Tuttavia per i magistrati romani il fatto non costituisce reato perché mancherebbe il dolo e il vantaggio patrimoniale.

Archiviare, per mancanza di dolo, le posizioni del ministro dell'Interno Matteo Salvini e del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, indagati per la vicenda legata all'arrivo a Ciampino dell'ex terrorista Cesare Battisti. È la richiesta della Procura di Roma fatta al tribunale dei ministri. Salvini e Bonafede erano stati indagati dopo un esposto della Camera penale di Roma che denunciava la mancata tutela della dignità della persona arrestata.

Ora la palla passa al Tribunale dei ministri. Ci si chiede, intanto, come mai né il ministro Bonafede né Salvini abbiano sentito il dovere di rendere nota questa vicenda giudiziaria che li riguarda. E soprattutto il premier Conte ne era a conoscenza? E Di Maio? «La trasparenza è un dovere» diceva Beppe Grillo quando venne sospeso il sindaco ancora pentastellato Federico Pizzarotti per un avviso di garanzia per alcune nomine al teatro Regio di Parma e di cui non diede notizia tempestivamente ai vertici del M5s. Ma era molto tempo fa, c'era il «codice etico», le valutazioni seguivano ben altri costi-benefici da quelli della quadratura del cerchio del governo.

 

 

 

Il 14 febbraio 2019, San Valentino, dunque rischia di essere ricordato come il giorno della fine del tormentone Tav oppure come quello di una possibile crisi del governo M5S-Lega, visto che il tunnel è la punta dell'icebeerg di tensioni fortissime.  

l'Italia rischia di perdere o di dover restituire 1,2 miliardi di fondi europei se dovesse rinunciare al tunnel ferroviario fra Italia e Francia noto come Tav. Seconda novità: informalmente ieri Bruxelles ha fatto sapere a Roma che attende una risposta definitiva, che sia un si oppure un no, entro la prima metà di febbraio.

La cifra di 1,2 miliardi fra restituzioni e perdite si riferisce solo ai fondi europei ai quali bisognerebbe aggiungere le penalità da pagare alla Francia per i lavori già partiti su quel versante e le spese per la chiusura degli scavi già effettuati in territorio italiano. Secondo l'Osservatorio sulla Tav il no all'opera determinerebbe un costo di oltre 2 miliardi.  

Sul fronte politico anche ieri Salvini ha ribadito che si potrebbe trovare una soluzione «di buon senso» a patto che non piovano «insulti altrimenti le cose si complicano». Parole, quelle del leader della Lega, dirette innanzitutto ad Alessandro Di Battista le cui espressioni pesanti dell'altro ieri (Salvini non rompa i c....) però non sono apparse a nessuno come casuali.

Del resto la nuova versione dell'analisi è pronta. Sarebbe addirittura già stata tradotta in inglese e francese e, in settimana, sarà recapitata a Bruxelles. «Io sono con la valigia in mano», ha spiegato Fabrizio Ramella, tra i membri della commissione. Il suo contenuto è chiaro. In mattinata il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli un tv ha asfaltato così la Tav: «Chi se ne frega di andare a Lione». Parole sulle quali il Comité Transalpine Lyon-Turin ironizza: «Argomentazioni potenti».

Agli 1,2 miliardi di fondi Ue a rischio si arriva in questo modo: 500 milioni già stanziati da Bruxelles andrebbero restituiti sull'unghia mentre altri 700 milioni, previsti come contributo per la tratta italiana della Tav nei bilanci dell'Unione fino al 2020, verrebbero cancellati o riconvertiti. Com'è noto l'Ue è la principale finanziatrice del tunnel con il 40% delle quote mentre all'Italia spetterebbe il 35% e alla Francia il 25%. Recentemente Bruxelles si era detta disponibile a salire al 50% dell'intero investimento che per il tratto transfrontaliero, praticamente il tunnel (che sarebbe il più lungo del mondo), viene calcolato in circa 8,5 miliardi complessivi

Intanto in caso di rimpasto di governo o caduta dell’esecutivo Conte, il capo dello Stato non potrà solo interpretare la Costituzione rispetto alla fiducia che gli italiani gli riconoscono

Secondo Scenari Politici-Winpoll gli italiani alla domanda: "Mi può cortesemente dire quanta fiducia ha in una scala da 1 (per nulla fiducia) a 10 (massima fiducia) nei seguenti esponenti?" La massima risposta, con un 7.2, la ottiene proprio il presidente della Repubblica. Subito dopo, con un 5.9, e Matteo Salvini. Questo "testa a testa" non potrà essere non considerato se la Lega dovesse, appunto, quasi raddoppiare il risultato del marzo scorso in occasione del rinnovo del Parlamento Europeo.

Ritornando al calcolo da prassi costituzionale, Mattarella potrebbe affidare in prima battuta ancora a Giuseppe Conte, e poi proprio allo stesso ministro all’Interno, il tentativo di trovare una maggioranza, per un nuovo governo nazionale, prima di valutare una terza personalità o sciogliere il Parlamento. Il buon risultato che gli italiani riconoscono al capo dello Stato, stando ancora alla fiducia che i connazionali riconoscono a questo Governo, potrebbe passare anche dalla firma apposta al decreto che contiene le due riforme "dei giamaicani", per cui gli si riconosca quell’imparzialità pur provenendo da una formazione politica avversa.  

Su eventuali nuovi scenari, a margine delle elezioni europee, Sergio Mattarella terrà conto dei sondaggi per non tradire la credibilità riconosciutagli? Primo, come per prassi, in caso di crisi politica non potrà certamente sciogliere le Camere. Perché ipotizzare ciò? Semplice: le troppe fibrillazioni tra i due alleati e poi un'eventuale conferma dei numeri previsti dai vari Istituti nazionali rispetto ai dati ufficiali che scaturiranno a maggio.

Se i primi due sono i già citati, al terzo posto con un 5.3 c’è proprio l'attuale premier che potrebbe esser la maggior spina nel fianco al capo della Lega. Segue Luigi Di Maio, con un 4.4, che come minaccia ha il compagno Di Battista, fuori dalla politica istituzionale, ma già con un 4.2 e poi, sempre per la fiducia goduta dagli italiani, colui che sarà il capo del Pd, Nicola Zingaretti con un 3.8 e subito dopo, malgrado il venticinquennale della sua ascesa, Silvio Berlusconi con un 3.4.

In caso di crisi di Governo non sarà certamente facile gestire il tutto specie se gli italiani dovessero confermare questi ultimi dati, sempre dell'Istituto Scenari Politici-Winpoll, relativi alle intenzioni di voto: Lega Nord 31,5%, Movimento 5 Stelle 24,8%, Partito Democratico 13,1%, Forza Italia 9,2%, Partito di Renzi 8,2%, Fratelli d'Italia 4,2%, altri di centrosinistra 2,6%, Più Europa 2,2%, Potere al Popolo 1,7%, altri di centrodestra 1.4% e Liberi e Uguali 1.1%.

Da qui, in caso di somme, Lega più Cinque Stelle sempre solidi con un 56.3% ma ad "idillio/litigioso" rotto, se i grillini dovessero flirtare con Pd e Partito di Renzi (che non ci sarà e quindi il dato complessivo non sarebbe simile alla scomposizione prevista dal sondaggio come storicamente risaputo: ad unità il risultato sempre minore rispetto ad una corsa scomposta) andrebbero, sommando i tre numeri, al 46.1% contro un'alleanza di centrodestra che raggiungerebbe il 46.3%.

Intanto mentre il Governo Italiano ha un idilio litigioso tra i due componenti del Governo  i problemi continuano piu importanti di prima e come sottolinea il quotidiano il Giornale  : la Nato continua ad espandersi. Ma per l'Europa è diventato un problema La Nato continua ad espandersi. Ma per l'Europa è diventato un problema

L’Europa si trova in mezzo a questa guerra fredda giocata su sanzioni e espansionismo. E dal momento che la maggior parte dei Paesi membri della Nato mantengono solidi rapporti con la Russia, l’Alleanza atlantica, con la sua politica decisamente ostile nei confronti di Mosca, rischia di rappresentare un ostacolo alla stessa Europa. Sia come Unione europea sia come singoli Stati membri.

La Nato secondo "occhi alla guerra"continua la sua espansione nei Balcani. Il 6 febbraio, inizierà l’iter per l’ingresso della Macedonia del Nord dopo l’accordo sul nome con la Grecia. E per l’Alleanza atlantica si tratta di un nuovo tassello da inserire nel suo mosaico.

Una scelta che è perfettamente in linea con quanto avvenuto in questi decenni successivi alla caduta dell’Unione sovietica. Da sempre il comando atlantico ha la volontà politica, e prima ancora strategica, di inglobare i Paesi che facevano parte dell’orbita di Mosca per costruire un ‘Europa orientale legata a doppio filo alla volontà di Bruxelles (sponda Nato) e Washington. E la fine del veto greco su Fyrom ha di fatto dato il via libera all’ingresso di Skopje nell’Alleanza

L’Italia, in questo senso, è emblematica. Le sanzioni che hanno colpito la Federazione russa dopo l’annessione della Crimea hanno rappresentato una scure molto pesante sulle aziende italiane che vivevano di esportazioni in territorio russo. Una ferita ancora aperta per molte imprese italiane del settore agricolo ma anche manifatturiero che il governo italiano ha deciso di ricucire anche grazie ai buoni rapporti che intercorrono fra Palazzo Chigi e il Cremlino. Ma che deve comunque fare i conti con l’appartenenza di Roma nell’Alleanza atlantica e i rapporti fin qui solidissimi fra il governo giallo-verde e gli Stati Uniti di Donald Trump.

Ma questa linea di espansione verso Est, con un ritorno della conflittualità fra Occidente e Oriente, rischia di avere conseguenze particolarmente importanti sul presente e sul futuro dell’Europa. Ed è per questo che molti si interrogano sul peso che la Nato debba avere all’interno del Vecchio Continente in un momento in cui i rapporti fra Stati Uniti e Russia sono tornati di nuovo decisamente ostili, con la sospensione reciproca del Trattato Inf a essere il simbolo recente di questa sfida fra potenze.

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