I Comuni hanno allargato – ed alcuni di essi continuano ancora ad allargare – a dismisura, negli strumenti urbanistici, le aree qualificabili come fabbricabili e, in più, stabiliscono valori assolutamente inadeguati rispetto all’attuale inesistente mercato di tali aree. Ed anche se i valori attributi a queste ultime non sono vincolanti, avendo come scopo quello di limitare il potere di accertamento delle amministrazioni locali, ciò innesca, comunque, contenziosi infiniti.
E’ quanto segnala la Confedilizia, la quale ha condotto un’indagine su un campione di Comuni da cui è emerso che questi ultimi, pur ammettendo nelle loro determinazioni che il mercato è fermo e il Paese è in crisi, non riducono i valori in questione, limitandosi al massimo a non aumentarli, come se non aumentare fosse di per sé un adeguamento all’attuale situazione di mercato quando, ovviamente, così non è. Il che genera un’evidente sproporzione con ciò che i proprietari delle aree fabbricabili sono chiamati a versare, a titolo di Imu e Tasi. Tanto più se si considera che mantenere fermi da più anni i valori delle aree edificabili significa ancorarli a livelli pre-crisi e, quindi, assolutamente fuori mercato e che sono solo un ricordo.
La Confedilizia ricorda, al proposito, che, ai sensi dell’art. 5, d.lgs. 504/’92, la base imponibile dell’Ici, e ora dell’Imu e della Tasi, è costituita dal valore degli immobili. Tale valore, con riferimento alle aree fabbricabili, è rappresentato da quello “venale in comune commercio al 1° gennaio dell'anno di imposizione”, avuto riguardo ad una serie di condizioni come, ad esempio, la “zona territoriale di ubicazione”, l’”indice di edificabilità”, i “prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche”. Sulla base di questa premessa, l’art. 56, d.lgs. n. 446/’97 stabilisce, poi, che i Comuni possano, in particolare, “determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili”. Ciò, al fine di limitare il loro potere di accertamento “qualora l'imposta sia stata versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato, secondo criteri improntati al perseguimento dello scopo di ridurre al massimo l'insorgenza di contenzioso”.
I contribuenti quindi, versando un’imposta di valore inferiore a quello determinato dal Comune, vanno incontro, con ogni probabilità, ad un contenzioso con le stesse amministrazioni locali. Sennonché – per via della crisi – ormai il valore di mercato dei terreni edificabili si è, perlopiù, dimezzato. Pertanto – osserva la Confedilizia – per un numero sempre maggiore di proprietari di aree fabbricabili intraprendere la strada del contenzioso costituisce l’unico modo per difendersi dall’asfissiante e ingiusta imposizione locale.