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Le conseguenze dopo anni di immigrazione incontrollata iniziano a mostrarsi anche in Italia, soprattutto per quanto riguarda la crescente difficoltà di convivenza in una società multietnica. Nel comune di Monfalcone in Friuli-Venezia Giulia, nella provincia di Gorizia, il 33% della popolazione è di fede musulmana. 

Questa alta percentuale, all’interno di una comunità con meno di 30mila abitanti, non può che portare a tensioni sociali per colpa della mancata integrazione degli appartenenti all’islam. Queste problematiche emergono già all’interno delle scuole della città, dove la percentuale di stranieri è circa del 64%, mentre in alcune classi addirittura del 90%.

Il sindaco Anna Maria Cisint mette in luce una crescente tensione sociale, alimentata da atteggiamenti di non-integrazione da parte della comunità islamica.

Come segnala Il Giornale, nelle scuole di Monfalcone, un crescente numero di bambine indossano il velo nero che copre tutto il viso, tranne gli occhi. Una situazione che pone interrogativi sul trattamento delle donne nella cultura islamica e le priorità educative delle famiglie coinvolte.

Un altro dato preoccupante è la percentuale di stranieri nelle scuole della città: 64% degli studenti dall’infanzia alle medie non sono italofoni. In alcune classi, la percentuale sale addirittura al 90%, creando situazioni educative complesse e minando la convivenza pacifica.

Di fronte a tale quadro, il sindaco Cisint sta lavorando a un provvedimento che vieti l’utilizzo del velo integrale nei beni di proprietà comunale. Un passo motivato principalmente da esigenze di sicurezza e che richiede una rapida azione normativa a livello nazionale.

Nel contesto di radicalizzazione, le autorità di Monfalcone hanno dovuto intervenire in casi di violenza e vessazione su minori islamici. L’attuale clima di tensione mondiale aggrava ulteriormente i rischi di estrema radicalizzazione.

I casi di classi delle scuole elementari e medie a maggioranza straniera mostrano come gli italiani, oltre ad essere sempre meno, facciano anche meno figli. Lo scenario di una società multietnica dove gli italiani saranno considerati addirittura una minoranza è letteralmente dietro l’angolo, è questo non può che portare a scontri e tensioni.

Francesco Lollobrigida intervenendo al congresso della Cisal qualche mese fa ,ha affermato: “Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica: gli italiani fanno meno figli, quindi li sostituiamo con qualcun altro. Non è quella la strada”. Per contestualizzare tale dichiarazione, sono stati analizzati i dati dell’Istat sugli stranieri residenti in Italia e sulle acquisizioni di cittadinanza, nonché le stime della Fondazione Ismu sugli immigrati irregolari.

 

Fonte P.N / il giornale / e varie agenzie 

L’Europa continua a sostenere convintamente l’Ucraina, ma la fiducia sulla possibile vittoria nel conflitto con la Russia è letteralmente crollata

La maggioranza degli europei è disposta a tutto pur di impedire una vittoria della Russia, ma allo stesso tempo non crede in una vittoria dell’Ucraina: da qui la speranza in un compromesso accettabile. 

L’Europa continua a sostenere convintamente l’Ucraina, ma la fiducia sulla possibile vittoria nel conflitto con la Russia è letteralmente crollata. A quasi due anni dall’invasione ordinata da Vladimir Putin, appena il 10 per cento dei cittadini europei crede nel successo di Kiev: questo quanto confermato dal sondaggio commissionato dal Consiglio europeo per le relazioni estere (ECFR) e riportato dal Guardian. E c’è di più: per la maggioranza degli intervistati, il compromesso tra Kiev e Mosca rappresenta l’esito più probabile di questa guerra.

Il sondaggio è stato realizzato in dodici paesi europei – Italia compresa – ed è emersa la crescita esponenziale del pessimismo sull’esito della guerra, complici diversi fattori: dallo stallo della controffensiva di Kiev alla linea politica degli Stati Uniti, fino al possibile secondo mandato presidenziale per Donald Trump. Come anticipato, nessuna novità sulla necessità di sostenere il Paese di Zelensky: in Svezia (50%), Portogallo (48%) e Polonia (47%), gli intervistati sono più propensi a sostenere che l’Europa deve aiutare l’Ucraina a reagire, mentre in Ungheria (64%), Grecia (59%), Italia (52% ) e Austria (49%) l’accento è posto sulla necessità di raggiungere un accordo. Perfetto equilibrio in Francia, Germania, Paesi Bassi e Spagna.

Si tratta di un cambiamento piuttosto netto rispetto ai sondaggi di un anno fa, quando gli europei ritenevano possibile per l’Ucraina la riconquista di tutti i territori perduti. Per gli autori del sondaggio, gli intervistati desiderano un approccio più realistico da parte della politica, con i riflettori accesi su una “pace accettabile”

Mark Leonard, coautore del sondaggio dell’ECFR, citato dal Guardian, ha affermato: «Per sostenere la causa del continuo sostegno europeo all’Ucraina, i leader dell’UE dovranno cambiare il modo in cui parlano della guerra». La maggior parte degli europei «cerca disperatamente di impedire una vittoria russa», ma non crede che Kiev possa vincere militarmente. Dunque, l’argomentazione più efficace per un'opinione pubblica sempre più scettica sarebbe quella di riuscire a far capire che con ulteriori aiuti si potrebbe «arrivare a una pace sostenibile e negoziata che favorisca Kiev, piuttosto che Putin».

A due anni dall’invasione russa dell’Ucraina, gli italiani hanno sempre meno certezze sull’andamento della guerra (forse la Russia sta vincendo?) e sulle sue possibili soluzioni (Kiev dovrebbe negoziare con Mosca a qualsiasi condizione?). Non solo: se l’anno scorso la percezione prevalente era che la NATO, gli Stati Uniti e l’UE stessero tutti guadagnando influenza e coesione interna, oggi le opinioni sono cambiate, e la Russia di Putin è vista in forte ripresa.
Ho amici ebrei che mi dicono che Zelensky non è un ebreo, ma un disonore per gli ebrei". Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin intervistato al Forum economico internazionale di San Pietroburgo.

A Putin è stato chiesto come può dire che tra gli obiettivi della Russia c'è la "denazificazione" dell'Ucraina, quando il presidente Volodymyr Zelensky è un ebreo ed è stato eletto democraticamente. "Ho molti amici ebrei che mi dicono che Zelensky non è un ebreo ma un disonore per il popolo ebraico", ha risposto Putin, affermando che in Ucraina "oggi i neonazisti sono stati elevati al rango di eroi". Il presidente russo ha ricordato lo sterminio degli ebrei nella Seconda guerra mondiale. 

"L'Olocausto - ha detto - è stato lo sterminio di 6 milioni di ebrei, e un milione e mezzo sono stati sterminati in Ucraina, prima di tutto per mano dei Banderiti". Vale a dire dei seguaci del nazionalista Stepan Bandera, alleatisi con Hitler contro l'Unione Sovietica. Dopo aver fatto vedere una serie di video agghiaccianti sui massacri in Ucraina, Putin ha affermato che proprio Bandera e i suoi seguaci oggi sono "gli eroi dell'Ucraina" e coloro che "le autorità ucraine oggi proteggono". "Abbiamo l'obbligo di combattere contro questo - ha proseguito Putin -. La Russia è stata la parte che ha sofferto di più nella lotta contro il nazismo. Non dimenticheremo mai questo. "Abbiamo tutto il diritto - ha concluso il presidente russo - di ritenere che uno dei nostri obiettivi chiave in Ucraina è la denazificazione".
 
Fonte :  (ISPI) (Corriere del Ticino) ( ansa ) ( N.Porro atlantico Q. )

Dopo la mobilitazione di Mortara promossa dal presidente di SEED-Italia Carlo Besostri, il gruppo raccoglierà ulteriori firme alla Fiera in Campo di Vercelli che aprirà i battenti nei prossimi giorni. 
Dalla riprogrammazione del “green deal”, con la revisione della Politica Agricola Europea, al divieto di importazione di prodotti agricoli provenienti da paesi extra Ue, dove non sono in vigore regolamenti produttivi e sanitari diversi da quello italiano. Fino alla necessità di semplificare la burocrazia in capo alle aziende agricole. 

Sono alcune delle richieste degli agricoltori del pavese, di Novara e Vercelli , che lo scorso 15 febbraio si sono uniti con i loro trattori nella grande mobilitazione di Mortara promossa dall’imprenditore agricolo e presidente di SEED-Italia Carlo Besostri. Documento che, annunciano, “verrà presentato alla Regione Lombardia e sarà lo stesso Besostri a consegnarlo al vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio, già ministro dell’Agricoltura”. Nei prossimi giorni, dopo la manifestazione della settimana scorsa, gli agricoltori lomellini e piemontesi saranno presenti all’evento vercellese Fiera in Campo - nei giorni 23, 24 e 25 febbraio - per “proseguire nella raccolta firme in modo massiccio”.

Il gruppo di agricoltori, rappresentato da Lisa Magni per le aree di Novara e Vercelli e da Carlo Besostri per la zona della Lomellina, fanno sapere: “Siamo uniti per la stessa causa, senza alcuna bandiera politica né sindacale”. E dopo le “varie mobilitazioni nelle nostre zone abbiamo deciso di proseguire la nostra protesta per vie più incisive. Abbiamo dunque redatto un documento con dei punti che vogliamo sottoporre alla politica: un elenco di richieste corredate da numerose firme di colleghi agricoltori, ma anche di cittadini residenti nelle province e regioni vicine. Se le nostre richieste non verranno ascoltate il prossimo passo sarà senz'altro quello di presentarsi direttamente in Regione Lombardia e a Roma”. 

Tra i punti contenuti nel documento, la revisione della Pac, che “si prefigge obiettivi eccessivamente green, come la sostanziosa riduzione di prodotti per la coltivazione e l’obbligo di lasciare incolte alcune parti di azienda”. Ma anche di rivedere le “regole di etichettatura affinché siano uniformi in tutta Europa, per garantire al consumatore la giusta conoscenza del luogo di coltivazione o allevamento del prodotto e del luogo di trasformazione e confezionamento dello stesso; diamo al consumatore le informazioni vere su quello che acquista, garantendo trasparenza di tracciabilità e permettendogli quindi, sulla base di tali informazioni, di scegliere come alimentare la sua famiglia”.

E ancora si chiede una “riqualificazione del ruolo” degli uomini e delle donne del mondo agricolo: nel documento si dice “basta” con gli attacchi mediatici che “additano gli agricoltori come responsabili dell’inquinamento ambientale”. Infine un punto è dedicato al florovivaismo: “Data l’importanza del verde a livello ambientale e climatico, soprattutto nelle nostre città, ci aspettiamo nuove risorse anche da parte del Ministero della transizione ecologica per la copertura dell’innalzamento della percentuale detraibile”. 

“Con gli effetti dei cambiamenti climatici da arginare - concludono Besostri e Magni - ci sarà sempre più bisogno del verde e di chi se ne occupa. Ma per affrontare questa sfida, bisogna prima risolvere le criticità del settore, legate al taglio netto dei fitofarmaci richiesto dall’Ue, che lascerebbe le piante senza difesa in assenza di valide alternative già sul mercato; ai ritardi sul via libera alla legge nazionale in materia; all’impiego di substrati idonei per la coltivazione, su cui la ricerca non avanza e senza i quali il rischio che moltissime specie non possano più essere riprodotte è reale”.

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