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Tutti i sondaggi del weekend che precede l'Election Day vedono la candidata democratica accelerare verso il traguardo e in vantaggio nello sprint finale. Con l'impetuosa rimonta di Donald Trump che sembra aver esaurito la sua spinta. Ma la vera bomba alla vigilia del voto e' la nuova lettera del numero uno dell'Fbi, James Comey, al Congresso. Una lettera in cui certifica, senza giri di parole, che l'indagine sulle email di Hillary Clinton e' chiusa. Tutte sono state esaminate, senza che sia stata trovata traccia di illeciti. Per questo - scrive Comey - non ci sara' nessuna richiesta di incriminazione dell'ex segretario di stato.

Intanto sull'Election Day, oltre all'allarme terrorismo, si agita sempre piu' lo spettro di una vera e propria cyberguerra tra Washington e Mosca. Con gli americani che avrebbero penetrato addirittura le difese del sistema informatico del Cremlino, oltre alle reti elettrica e delle Tlc. Pronti a una rappresaglia se hacker russi dovessero entrare in azione per destabilizzare le operazioni di voto e tentare di influenzare il risultato delle urne. Il governo russo denuncia "cyberterrorismo di stato" e promette conseguenze. Ma per l'amministrazione Obama Putin si appresta a destabilizzare con l'azione degli hacker anche le prossime elezioni in Europa, dalla Francia alla Germania, il prossimo anno e nel 2018.

Intanto gia' 33 milioni di americani hanno espresso la loro preferenza grazie all'early voting, il voto anticipato, a cui di solito ricorrono le minoranze (dagli afroamericani agli ispanici) e che tradizionalmente favorisce i democratici. Con un colpo di scena, la Corte Suprema Usa ha reintrodotto in Ariziona la legge che considera il voto anticipato un reato: un brutto colpo per i democratici che sperano di strappare lo stato tradizionalmente repubblicano a Trump. Intanto, mentre Clinton gioca le ultime chance mettendo in campo lo 'star power' (da Beyonce' a Jay-Z, passando per Pharrell Williams e Stevie Wonder) e le personalita' democratiche piu' illustri (da Barack Obama a Joe Biden, da Bernie Sanders ad Elizabeth Warren), Trump appare isolato come non mai, circondato solo dai suoi fedelissimi e da gruppi di fan in adorazione. Vola di tappa in tappa con il suo 'Trump Force One', accompagnato solo dalla moglie e di fatto abbandonato dalle personalità del partito repubblicano. Ma forte di una rimonta che fa tremare l'avversaria.

Il countdown e' partito. Manca ormai un giorno all'elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti. E come da tradizione nell'ultimo weekend prima del voto infuria la battaglia finale negli stati ancora in bilico, con Hillary Clinton in leggero vantaggio che spera nell'alta affluenza delle ultime ore degli ispanici, soprattutto in Florida e in Nevada. Ma che sente il fiato sul collo di Donald Trump, capace di una straordinaria rimonta negli ultimi giorni. Sono 48 ore in cui tutto puo' succedere, e ogni minimo dettaglio puo' spostare voti e determinare il risultato di una gara ancora incerta. Come la nuova grana per Trump, con l'Associated Press che ha svelato le carte che smascherano la moglie Melania, rea - lei di origini slovene - di aver lavorato come modella negli Usa senza regolare permesso di soggiorno. Almeno dieci volte prima di ricevere la 'green card' nel 2001 e di diventare cittadina americana nel 2006, per un totale di oltre 20 mila dollari. Uno smacco per il marito, che della linea dura contro gli immigrati irregolari ha fatto il cavallo di battaglia del suo programma elettorale.

"Valgono le stesse conclusioni del luglio scorso", afferma, quando l'Fbi bacchetto' Clinton per la disinvolta e imprudente gestione del suo account privato di posta elettronica ma non riscontro' reati. Un colpo durissimo per Trump, forse quello del ko. Mentre la candidata democratica, dopo la 'sorpresa d'ottobre' che l'aveva fatta precipitare nei sondaggi, tira un enorme sospiro di sollievo. Si dice soddisfatta e ora guarda con grande ottimismo a martedi' 8 novembre. Anche perche' nelle ultime ore a spingere la candidata democratica ci sono soprattutto gli elettori ispanici, che hanno approfittato del fine settimana per recarsi in massa alle urne per il voto anticipato. Con i dati sull'affluenza in stati chiave come la Florida o il Nevada che fanno sorridere la campagna della Clinton. Anche se finora non si e' registrato il boom del 2008 quando in gara c'era Barack Obama.

Ma cio' che ai democratici importa e' che all'ultimo miglio della sua corsa Trump rischia di pagare cara la linea del pugno duro contro l'immigrazione, quella del muro con il Messico e della stretta sugli ingressi. Col Washington Post che definisce la candidatura del miliardario newyorchese "un assoluto disastro demografico" per il partito repubblicano, che negli ultimi anni aveva tentato come non mai di corteggiare il blocco degli elettori latinos. Blocco divenuto sempre più decisivo negli Usa in chiave elettorale e che già era costato la sconfitta a Mitt Romney nel 2012. Ma sono ancora una decina gli stati che i sondaggi danno in bilico, dove tra i due candidati ci sono meno di 5 punti di differenza, e in alcuni c'è ancora un testa a testa. E' qui che in queste ore si svolge una vera e propria caccia all'ultimo voto, dalla Florida all'Ohio, dalla Pennsylvania alla North Carolina. Vincere uno di questi stati vuol dire acquisire una dote di grandi elettori che può rivelarsi determinante per raggiungere il 'magic number' dei 270 necessari per la conquista della presidenza. I dati delle ultime rilevazioni sono comunque una boccata d'ossigeno per Hillary Clinton: avanti di 5 punti per Abc/Washington Post (48% a 43%), di 4 punti per Nbc/Wall Street Journal (44% a 40%) e di 3 punti per Politico/Morning (45% a 42%).

Gli ultimi sondaggi sugli elettori latinos, poi, mostrano come di fatto oltre il 67% ha votato o voterà per Clinton, solo il 19% per Trump: sarebbe il minimo storico per un candidato repubblicano. George W.Bush nel 2004 vinse il 44% dei voti dei latinos, John McCain nel 2008 il 31%, Mitt Romney nel 2012 il 27%. Ancora una volta, questa può essere davvero la chiave della eventuale vittoria della ex first lady. Intanto sui media si comincia a immaginare chi siederà nello Studio Ovale con Hillary Clinton. E ci si interroga su chi del suo staff personale debba o non debba entrare nelle segrete stanze. John Podesta, attualmente responsabile di Hillary for America, sembra avviato verso un posto di governo. Per Jake Sullivan, direttore politico della campagna, si pensa a un ruolo di consigliere per la sicurezza nazionale o di chief of the staff. E poi Michele Flournoy, in pole il Pentagono, e William Burns per il Dipartimento di stato. Mentre dubbi ci sono sul ruolo della fedelissima Huma Abedin, che insieme all'ex marito e' all'origine della bufera Fbi 

L'intelligence americana ha lanciato un'allerta terrorismo per oggi 7 novembre, il giorno prima del voto. Il timore e' che Al Qaida, secondo quanto riporta la Cbs, possa pianificare attacchi in tre stati americani. Nel mirino ci sarebbero New York, Texas e Virginia, individuati come possibili obiettivi.

Il governo americano - inoltre - secondo l agenzia ansa teme un massiccio attacco hacker dalla Russia o da altri Paesi con l'obiettivo di creare il caos nel giorno delle elezioni presidenziali, martedì 8 novembre. Per contrastare questo pericolo sta producendo uno sforzo senza precedenti coordinato dalla stessa Casa Bianca e dal Dipartimento per la sicurezza nazionale, col supporto del Pentagono e delle principali agenzie di intelligence, dalla Cia alla Nsa. Lo riporta la Nbc citando alti funzionari dell'amministrazione Obama.A Washington - raccontano fonti dell'amministrazione alla Nbc - ci si prepara al peggio, compreso il cosiddetto 'worst case scenario': quello di un massiccio cyber-attacco che mandi totalmente o parzialmente in tilt la rete elettrica o internet del Paese. Ma si lavora anche per contrastare azioni di manipolazione e disinformazione attraverso i social media, a partire da Twitter e Facebook. Col timore della pubblicazione di documenti falsi che coinvolgano uno dei candidati in esplosivi scandali senza che i media possano fare in tempo a verificare ed accertare la verità prima del voto.

Donald Trump, il futuro presidente degli Stati Uniti, "farà l'America di nuovo grande" e sicura. Lo ha detto a Filadelfia Melania Trump, secondo le agenzie di stampa la moglie del magnate newyorchese, nel suo primo e unico intervento nella campagna per il marito, dopo le critiche per aver copiato da Michelle Obama il discorso alla Convention repubblicana.

Melania ha aggiunto che "questa non è una campagna normale ma un movimento nel quale la gente si sente coinvolta e dal quale si sente ispirata, come ho toccato con mano anch'io". La signora Trump ha raccontato in particolare la propria storia di modella di origini slovene riuscita a realizzare il suo sogno emigrando legalmente in America, Paese "simbolo di libertà e opportunità" che l'ha ispirata in particolare sin dai tempi della presidenza Reagan. Poi ha elogiato il marito, le sue doti di imprenditore di successo, di padre amorevole, marito esemplare. 
   
"Sarò una sostenitrice delle donne e dei bambini": questo uno dei principali obiettivi di Melania Trump, che lo ha detto oggi nel suo unico comizio oggi a Filadelfia, se diventerà first lady. Uno dei temi prioritari su cui si impegnerà, ha aggiunto, sarà il cyberbullismo. 

''Donald Trump è una scelta pericolosa e distruttiva per il paese''. Lo affermano 370 economisti, inclusi otto vincitori del premio Nobel, in una lettera riportato dalle agenzie di stampa Italiane. ''Se eletto Trump pone un rischio unico al funzionamento delle istituzioni democratiche ed economiche. Per questo la nostra raccomandazione e' di non votare per Trump. Nella missiva gli economisti elencano i motivi per cui Trump non va eletto. Rinegoziare il Nafta, uno dei punti della sua campagna politica, non si tradurrà in un aumento dei posti di lavoro nell'industria manifatturiera, che è in calo dagli anni '70. Una flessione, spiegano, legata all'automazione e non agli scambi commerciali. Gli economisti mettono in dubbio la "matematica" di Trump su come eliminare il deficit riducendo allo stesso tempo le entrate. "Ripete false e ingannevoli statistiche economiche''.

Insomma, si e' di fronte a un finale in linea con quella che e' stata una delle campagne elettorali americane piu' tese che si ricordino in epoca moderna. "Vinceremo e vinceremo alla grande", continua a ripetere il tycoon in queste ultime ore, di comizio in comizio, dal North Carolina al Nevada, passando per il Colorado. Ma secondo gli ultimi pronostici - vedi quello del New York Times - Hillary Clinton ha ancora l'85% di probabilita' di vittoria, contro il 15% dell'avversario. Mentre i democratici avrebbero il 55% di chance di riconquistare il controllo del Senato. Per la media dei sondaggi realizzata dal sito specializzato RealClearPolitics Clinton - che nelle ultime ore batte a tappeto Florida e Pennsylvania - ha incrementato leggermente il suo vantaggio, portandolo a 1,8 punti: 46,6% a 44,8%. Ma quel che conta e' il dato sui grandi elettori. Sempre in base ai dati di RCP Clinton e' a quota 216, Trump a quota 164, con 158 elettori in ballo negli stati in bilico. Ne servono almeno 270. Dunque, se e' vero che l'ex first lady non ha ancora raggiunto il 'magic number', e' anche vero che per essere superata da Trump questi dovrebbe praticamente sbancare in quasi tutti gli stati incerti.

Uno dei pochi leader a chiamare Matteo Renzi per esprimergli la propria solidarietà e offrirli aiuti concreti è proprio il «nemico» Vladimir Putin. 

Nella telefonata, arrivata ieri mattina, come riferisce il qutidiano Italiano il Giornale  il presidente russo ribadisce la disponibilità ed estendere anche alle aree colpite dalle nuove scosse l'assistenza che la Russia ha già offerto ad agosto alle zone di Amatrice, Arquata ed Accumuli. 

Zone in cui secondo il Cremlino i servizi di soccorso italiani e russi continuano a lavorare «a stretto contatto». Il riferimento è agli aiuti nel settore soccorsi inviati a settembre. Anche allora il presidente russo era stato fra primi ad inviare le condoglianze per le vittime e ad assicurare «la necessaria assistenza per affrontare l'emergenza successiva al terremoto». Subito dopo il ministro per le Situazioni di Emergenza, Vladmir Puchkov, aveva contattato il capo della Protezione Civile Matteo Curcio per concordare «assistenza pratica all'Italia». Il governo Renzi, preso in contropiede ed evidentemente preoccupato di non offendere Barack Obama, gli «amici» di Bruxelles e gli alleati della Nato, aveva atteso cinque giorni prima di sciogliere le riserve e ad accettare la mano tesa di Mosca

Dalla «nemica» Russia, come sottolinea il Giornale ai cui confini siamo pronti a schierare i nostri soldati su ordine della Nato, la solidarietà e la promessa di aiuti da parte del presidente Vladimir Putin. Sembra la cronaca dell'assurdo, ma purtroppo è tutto vero, tutto reale. 

Nonostante la diffidenza del governo Renzi il Ministero delle Situazioni di Emergenza russo aveva fatto arrivare nelle prime settimane di settembre quattro complessi mobili Struna, con sensori ad alta capacità capaci di registrare le oscillazioni di un edificio in qualsiasi stato. «La sensibilità dell'apparecchio è così alta che può anche registrare il battito cardiaco di una persona appoggiata contro la parete di un edificio» - avevano spiegato in quell'occasione i portavoce del Ministero di Mosca. I complessi di diagnostica mobile Struna lavorano su una vastissima gamma di frequenze, da 0,1 a 150 Hz, e sono in grado di verificare le fluttuazioni di edifici di qualsiasi qualità e qualsiasi grado di usura. 

Grazie alle informazioni elaborate dagli Struna gli specialisti che lavorano con le squadre di soccorso russe sono in grado di determinare il danno subito dagli edifici e verificare se le strutture sono ancora in grado di reggere. Le squadre d'emergenza attrezzate con gli Struna erano già arrivate Italia nel 2009, dopo il terremoto che aveva devastato la città dell'Aquila. In quel caso le apparecchiature erano state utilizzate per controllare la stabilità di 21 condomini.

Gia dal 24 agosto era arrivata la prima comunicazione dal vertice del Cremlino. Vladmir Putin ha porto le proprie condoglianze al presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi. “La Russia – si legge nel telegramma inviato dallo “zar” al nostro premier – condivide il dolore della popolazione italiana, ed è pronta ad assicurare la necessaria assistenza per affrontare l’emergenza successiva al terremoto”.

La seconda comunicazione arriva dalla task-force russa leader nelle operazioni in caso di calamità naturale. Il ministro delle Situazioni di Emergenza russo Vladimir Puchkov – secondo quando riporta l’agenzia russa Interfax – ha inviato un telegramma al capo della Protezione civile Fabrizio Curcio offrendo “assistenza pratica” all’Italia nelle operazioni di rimozione delle macerie e di ricerca dei dispersi.

La Federazione Russa sarebbe disposta ad inviare gli uomini dell’unità “Tsentrospas” e il complesso diagnostico mobile “Struna” – dotato di attrezzature all’avanguardia e tecnologia avanzata – per effettuare la stima della profondità dei danni riportati da edifici ed infrastrutture.

Già nel 2006, l’allora capo del Ministero delle Emergenze russo Sergey Shoygu – oggi ministro della Difesa – ha visitato le località colpite dal sisma dell’Aquila. 

Cosi dagli «amici» dell'Unione Europea continua il Giornale una tignosa indifferenza e la raccomandazione a badare non alle macerie e alla ricostruzione, ma ai decimali del deficit.

A Bruxelles, a Berlino e in molte altre capitali europee il dramma delle regioni italiane martoriate dal sisma è vissuto non solo con indifferenza, ma con il sarcastico cinismo di chi pensa che, in fondo, anche il terremoto sia l'ennesima scusa, l'ennesimo, finto mal di pancia esibito da uno scolaretto abituato a trascurare i compiti affidatigli dai maestrini europei. 

Per capirlo basta il caustico distinguo con cui Stefan Seibert, portavoce di Angela Merkel, fa capire che Berlino non spenderà manco mezza parola per convincere la Ue a accettare le richieste di spesa italiane destinate alla prevenzione anti terremoti. «Tali questioni saranno da risolvere a livello europeo perché - spiega il portavoce - il patto di stabilità non è un impegno che uno Stato membro ha assunto nei confronti di un altro Stato, ad esempio l'Italia nei confronti della Germania, ma di fronte a tutti gli altri Stati membri».

 

 

Prima notte del dopo terremoto trascorsa in auto o nelle strutture di accoglienza per la popolazione colpita dal nuovo terremoto tra Umbria, Marche e Lazio. Diverse le scosse avvertite chiaramente anche nella zona di Norcia, la più forte di tutte, di magnitudo 4.2, registrata alle 4:27 dai sismografi dell'Ingv

"L'Ue resta pienamente pronta ad aiutare la popolazione e le autorità italiane" nuovamente colpite dal terremoto, ha ribadito oggi il portavoce della Commissione europea Margaritis Schinas dopo che ieri parole simili erano arrivate dal commissario europeo per gli Aiuti umanitari e la gestione delle crisi Christos Stylianidis.

"Ridateci le tende" è la richiesta che arriva dalla maggior parte degli abitanti di Norcia che hanno scelto di rimanere in città pur avendo le case inagibili o non potendo rientrare per la paura o perché all'interno della zona rossa. La Regione assicura comunque che già nelle prossime ore saranno montate tensostrutture collettive dove la comunità potrà passare la notte così che nessuno sia costretto a rimanere in auto. Per affrontare il problema degli sfollati con anche questo strumento che si aggiunge al trasferimento negli alberghi del Trasimeno e al contributo per l'autonoma sistemazione

Sono oltre quindicimila le persone assistite in seguito al terremoto di ieri mattina. Oltre cinquecento persone sono accolte in strutture alberghiere nell'area del Trasimeno e oltre quattromila negli alberghi sulla costa adriatica. A queste si aggiungono circa tremila persone in Umbria e altre settemila nelle Marche ospitate in strutture di prima accoglienza allestite a livello comunale. Rimangono, inoltre, tra gli assistiti a seguito del sisma del 24 agosto, oltre 1100 cittadini ospitati in alberghi e strutture ricettive, prevalentemente a San Benedetto del Tronto, presso le abitazioni del progetto C.a.s.e. nel comune dell'Aquila o nei Map localizzati in altri comuni d'Abruzzo nonché nelle residenze sanitarie assistenziali nelle quattro regioni colpite dal sisma.

La capitale non sorge su faglie sismiche, non è quindi ad alto rischio, ma il suo sottosuolo è di tipo alluvionale, un tipo di terreno che amplifica le onde sismiche scatenate dalle scosse provenienti o dal sistema appenninico o dalla zona vulcanica dei Castelli.

Anche oggi il terremoto di magnitudo 6,5 che ha colpito la zona di Norcia è stato avvertito nettamente a Roma, provocando danni alla basilica di San Paolo, crepe in alcuni palazzi e tanto panico tra i romani che in molti si sono riversati in strada. I terreni morbidi e alluvionali su cui sorge la capitale "tendono ad amplificare le onde sismiche ed è il motivo per cui si risentono molto i terremoti che avvengono nell'Appennino centrale", spiega il sismologo Antonio Piersanti, dell'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).

"Il modo in cui viene risentito un terremoto - aggiunge - dipende molto dalla struttura del territorio". La possibilità che avvengano danni dipende invece dalle caratteristiche della propagazione delle onde sismiche. "A distanze superiori a 100 chilometri - ha detto ancora l'esperto - le onde sismiche danno oscillazioni lente, che possono essere risentite maggiormente dalle strutture molto grandi. E' una questione di risonanza".

Roma in passato non è stata immune dall'essere danneggiata dal terremoto, a cominciare da quello del 1348, epicentro nell'Appennino abruzzese, che provocò, tra l' altro, il crollo di parte del Colosseo, il lato che poggia su terreno alluvionale.

Sempre il Colosseo fu danneggiato da un altro terremoto nel 1703, sempre con epicentro l'Appennino abruzzese, mentre gravi danni furono registrati a Roma nel 1806, ma questa volta la responsabilità fu della zona vulcanica dei Colli Albani. Peraltro proprio in questi giorni si è discusso di un possibile risveglio del vulcano dei Colli Albani, ma il sismologo Piersanti ha osservato che "non c'è alcuna evidenza che in questo momento siamo in una situazione diversa da quella degli ultimi anni, non ci sono segnali di alcun tipo.

I Colli Albani sono attualmente un'area vulcanica sopita, potenzialmente ancora attiva, ma non ci sono state variazione recenti che possano far pensare a un risveglio".

Intanto riapre Ponte Mazzini, inagibili a scopo precauzionale, a causa di alcune lesioni, i due marciapiedi ai lati del ponte, al centro di Roma, e i passaggi sotto le arcate all'altezza del greto del fiume. A quanto riferito dai pompieri, si sta riaprendo sul ponte la viabilità. Due chiese del centro storico di Roma sono state dichiarate al momento inagibili a scopo precauzionale dopo i sopralluoghi dei vigili del fuoco in seguito al terremoto di ieri. Secondo quanto si è appreso dai pompieri, si tratta della chiesa di San Francesco nel rione Monti e di quella di piazza Sant'Eustachio. Inagibile anche la chiesa San Barnaba di Marino, ai Castelli romani.

Rallentamenti a Roma in seguito alla chiusura di un tratto della Tangenziale Est e di Ponte Mazzini, in centro, per verifiche legate alla scossa di terremoto di ieri. Al momento si registra traffico rallentato sul Lungotevere, a piazza Adriana e nella Galleria Principe Amedeo Savoia Aosta, in direzione piazza della Rovere, per la chiusura del ponte Mazzini. Disagi anche sulla tangenziale con rallentamenti tra l'uscita via Tiburtina-Portonaccio e l'uscita San Lorenzo-Largo Settimio Passamonti-Verano in direzione San Giovanni.

Mentre il premier Matteo renzi ribadisce che dopo il terremoto verrà ricostruito tutti e verranno sostenuti tutti i costi necessari a farlo dall'Ue arriva un nuovo messaggio di solidarietà al nostro Paese e anche Berlino sottolinea che il pattò di stabilità europeo è flessibile.

"Il patto di stabilità ha molta flessibilità che può e deve essere utilizzata intelligentemente e su questo la posizione del governo federale non è cambiata": lo ha detto a Berlino il portavoce del governo tedesco, Steffen Seibert, rispondendo a una domanda su uno scorporo dei costi del terremoto dal computo del deficit italiano. Seibert, su questa "questione del bilancio", ha premesso di voler ribadire "ciò che è già stato detto in passato e naturalmente ancora ha validità". "Il patto di stabilità - ha aggiunto - non è un impegno che uno Stato membro ha assunto nei confronti di un altro stato", ad esempio "l'Italia nei confronti della Germania" ma di fronte "a tutti gli altri Stati membri" dell'Ue: "per questo tali questioni saranno da risolvere a livello europeo". "Oggi non voglio dire di più", ha aggiunto Seibert ribadendo che "il patto offre sufficiente flessibilità per poter reagire anche ad attuali acute sfide. Per tutto il resto, bisogna vedere".

L'Europa - dunque - si dice solidale. "Lo do per scontato", aveva tagliato corto ieri Matteo Renzi mentre il commissario Ue per gli Aiuti umanitari e la gestione delle crisi Christos Stylianidis, assicurava che l'Ue è "pronta ad aiutare".

Ma - perchè a Bruxelles un 'ma' c'è sempre - non nasconde che si dovrà valutare: "Stiamo monitorando attentamente l'impatto del nuovo terremoto in Italia". Invece Renzi ha fretta e lo dice in modo spiccio. "Penso alla chiesa di San Benedetto crollata a Norcia. San Bendetto è il patrono d'Europa. E oggi Europa significa ricostruire com'era tutto il territorio devastato dal terremoto e un pezzo d'identità italiana" 

Non faremo nessun tipo di passo indietro non faremo sconti di nessun genere ha promesso Renzi -. Quello che serve lo prendiamo, abbiamo spazio - scandisce - per poterle prendere nel bilancio e non abbiamo nessun tipo di riguardo per le regole tecnocratiche che negherebbero l'idea stessa di identità del Paese e del territorio".

E se serve di più "l'Italia non lesinerà, non lesinerà nella ricostruzione dei luoghi che sono la nostra anima. E se l'anima è inquieta anche il Paese sta male...". Niente tende, si ricostruirà tutto, garantisce dunque Renzi che per domani ha convocato il consiglio dei ministri straordinario.

"Pensiamo di intervenire fin dalla fase emendativa nel decreto legge terremoto per un allargamento dell'area del cratere - spiega -. Nessuno deve pensare di essere lasciato fuori. Non c'è un problema di risorse. Quello che servirà siamo impegnati a metterlo in campo. L'importante è che dolore profondo, stress, stanchezza, non si trasformino in rassegnazione per questo popolazioni".

Per questo tanto il premier Renzi quanto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella da Israele fanno appello all'unità. "Faccio appello alle forze politiche a evitare polemiche assurde e divisioni - dice il primo -. Ora riconosciamo le priorità: un conto sono le divisioni tra i partiti, legittime e sale della democrazia, altra cosa sono le polemiche sul terremoto. Ora le forze politiche smettano di litigare e siano unite, c'è in ballo l'Italia". Il Capo dello Stato Sergio Mattarella, dalla sua visita di stato in Israele, assicura "la ricostruzione del territorio. "Occorre il contributo di tutti: di ogni territorio, di ogni parte, di ogni opinione perchè a tanti concittadini in difficoltà venga garantito il diritto di poter vivere con tranquillità nelle proprie case", è l'appello accorato del Presidente.

 

 

 

 

 

A pochi giorni dal voto negli Stati Uniti, la gara tra Hillary Clinton e Donald Trump sembra più che mai aperta. Il tycoon repubblicano che aspira alla Casa Bianca, avrebbe recuperato consensi in Florida, Stato cruciale e indispensabile per vincere le elezioni. E proprio dal 'sunshine Statè'  Hillary ha ribadito a gran voce che no, non è il momento di distrarsi, che l'importante è rialzarsi, ogni volta. Ma i responsabili della sua campagna elettorale spingono per avere chiarimenti sulla bufera scatenata dalle email spedite dalla posta privata.

Eppure stando ai primi sondaggi condotti dopo la 'sorpresa di ottobre’ piombata sulla corsa di Hillary Clinton, il 63% dell'elettorato ritiene che le nuove indagini non cambieranno la loro decisione sul voto. 

È però il monitoraggio sulla Florida targato New York Times che balza in particolare agli occhi: il tycoon sarebbe in vantaggio con il 46% delle preferenze su Clinton, che si attesta al 42%. Dato cruciale: un'eventuale elezione di Trump alla presidenza non può prescindere dalla vittoria in Florida. 

Pochi pero sanno che giorni fa Kissinger è stato nominato membro del Accademia Russa delle scienze, un riconoscimento che viene attribuito ad eccellenze nel proprio campo, russe o straniere, assumendo parte attiva nelle discussioni dell’Accademia, con diritto di voto non vincolante. Kissinger si è rivelato un importante peso sulla bilancia delle relazioni tra USA e URSS, fu infatti insignito del Premio Nobel per la Pace proprio per le sue strategie di distensione nei confronti del regime comunista sovietico, sebbene si sia macchiato di altre azioni decisamente meno pacifiste nel corso del suo mandato di consigliere per la sicurezza di Nixon e successivamente come Segretario di Stato

Dunque si potrebbe ipotizzare che l’anziano diplomatico americano stia lavorando alle relazioni tra Washington e Mosca ancora una volta. Provando a proiettare tali schemi sulla real politik, la spada di Damocle potrebbe pendere sulla testa del tycoon americano candidato tra le fila dei repubblicani. Donald Trump ha, a più riprese, sostenuto la necessità di distendere i rapporti con la Russia, in un’ottica di allontanamento degli Stati Uniti dall’Europa nelle spoglie logore dell’Alleanza Atlantica. Riducendo la presenza americana sul Vecchio Continente di certo le tensioni con il Cremlino calerebbero sensibilmente, vista l’attuale spinta verso i confini orientali della NATO volti ad arginare una sedicente minaccia russa.

Trump ha inoltre ribadito una certa tolleranza nei confronti di due regimi che attualmente dialogano con Mosca: la Turchia di Erdogan e la Repubblica Araba siriana di Bashar al Assad. Nel primo caso, osserviamo come le dichiarazioni del candidato repubblicano abbiano sottolineato la comprensione per le azioni da portare avanti dal Sultano in seguito al coup d’etat perpetrato ai suoi danni lo scorso luglio, apprezzando per giunta la qualità della sua risposta, sostenendo che il tutto non fosse stato organizzato ad hoc per poter completare le operazioni di pulizia della dissidenza. Altresì ha espresso un parere assai controcorrente rispetto alla linea della politica estera americana sulla Siria. Nella logica del male minore, ha sostenuto che Assad deve restare al suo posto, in quanto il vero nemico è il terrorismo internazionale e la lotta di Assad, affiancato da Russia e Iran, è da sostenere nell’ottica dell’eliminazione di un nemico comune.

Il canovaccio della politica estere trumpiana dunque sembra distaccarsi notevolmente dal piano statunitense per il Medio Oriente inaugurato dai presidenti Bush e Obama, e sarebbe in netta antitesi rispetto al suo avversario democratico. Ci sarebbe dunque da aspettarsi un meccanismo anti-mainstream che si è attivato per portare contrastare l’establishment americano di cui la Clinton sarebbe la naturale continuazione. E questo movimento potrebbe avere un nome più che autorevole.

Ed e noto ai più che l’ex Segretario di Stato americano, Henry Kissinger, abbia un ottimo rapporto di amicizia con il Presidente russo Vladimir Putin. I due, dallo scoppio della crisi in Ucraina si sono visti o sentiti telefonicamente almeno cinque volte, in via ufficiale. Negli ultimi incontri l’ex guru della diplomazia americana si era espresso proprio in merito alle vicende diplomatiche che contornano l’affaire ucraino, nonché sul terreno di attrito del conflitto siriano, suggerendo a Putin e ad Obama un possibile indirizzo da intraprendere per la risoluzione della tensione.

Ma Il profilo Twitter dell'Fbi ha annunciato la pubblicazione delle 129 pagine sulle indagini sulla grazia concessa nell'ultimo giorno di Clinton alla Casa Bianca. Nel mirino la decisione dell'allora presidente americano di graziare l'imprenditore Marc Rich....Rich, morto nel 2013, era fuggito dagli Stati Uniti nel 1983 dopo essere stato accusato di legami con il crimine organizzato e di aver evaso oltre 48 milioni di dollari di tasse, così come di aver comprato illegalmente petrolio dall'Iran durante la crisi degli ostaggi del 1979. La grazia concessa da Clinton scatenò grandi polemiche, anche perché la moglie di Rich era donatrice del partito democratico.

Intanto sta di fatto che questi ultimi dati non tengono conto degli sviluppi dell'email gate, tanto più che cominciano solo adesso ad emergere le prime indicazioni utili a ricomporre il quadro.

Un sondaggio Abc/Washington Post, condotto tra venerdì 28 ottobre (il giorno dell'annuncio di Comey) e sabato 29 con focus sulla reazione al 'nuovo emailgatè sottolinea comunque che il 34% dei potenziali elettori si ritiene meno incline a votare per Clinton dopo gli ultimi sviluppi, mentre il 2% si dice più favorevole a votare per la candidata democratica. Non si specifica tuttavia quali fossero le intenzioni di voto prima dell'annuncio di venerdì del direttore dell'Fbi. Stando poi all'aggiornamento sulle preferenze a livello nazionale effettuato dagli stessi sondaggisti tra giovedì 27 e venerdì 28, Clinton e Trump sono rispettivamente al 46% e al 45%, confermando la tendenza rilevata nello stesso precedente studio realizzato tra il 24 e il 27 ottobre (47% a 45%).

Comey resta al centro della bufera e adesso sembra emergere che forse si sarebbe potuta evitare una tempistica potenzialmente così deleteria: secondo il Washington Post, che cita fonti informate, gli agenti dell'Fbi impegnati nell'inchiesta sull'uso di mail e server privati da parte di Hillary Clinton erano a conoscenza già all'inizio di ottobre che il nuovo materiale emerso da indagini separate poteva essere attinente all' inchiesta sull'emailgate.

Secondo John Podesta, presidente del Comitato della Clinton, il direttore dell'Fbi James Comey dovrebbe spiegare quella decisione «senza precedenti» con cui di fatto ha annunciato la riapertura dell'inchiesta sulle mail a soli 11 giorni dal voto, consegnando una nuova speranza a Trump. A complicare la situazione è il gran numero di messaggi di posta elettronica da analizzare: sono 650mila la mail da leggere, un'impresa, per la quale l'Fbi ha ricevuto il via libera, e che probabilmente durerà settimane se non di più, ben oltre la chiusura delle urne l'8 novembre.

Intanto il lavoro degli inquirenti procede e si prospetta gigantesco, visto che sono circa 650mila le mail contenute nel laptop di Anthony Weiner, marito della più stretta collaboratrice di Hillary Huma Abedin, che gli agenti federali si apprestano a esaminare per determinare quante siano legate all'inchiesta sull'uso di mail e server privati da parte di Hillary Clinton quando era segretario di Stato, come scrive il Wall Street Journal. Da parte sua Huma ha detto di non sapere come le nuove mail trovate dall'Fbi siano finite sul computer del marito (sequestrato per via del 'sexting'), sostiene di non averlo utilizzato regolarmente e per questo non era stato preso in considerazione quando aveva consegnato al dipartimento di Stato il materiale richiesto per l'inchiesta dell'Fbi su Hillary Clinton chiusa lo scorso luglio. Sul fronte democratico poi si serrano i ranghi e si prepara la graticola per Comey: il leader al Senato Harry Reid scrive al capo del bureau per dirgli che la sua è stata «un'azione di parte» e quindi potenzialmente in violazione della legge federale (Hatch Act) che vieta a funzionari governativi di utilizzare la propria posizione per influenzare un'elezione.

"L'Italia non rispetta le regole".  "L'Ungheria non dia lezioni". Lo scontro a distanza è sui migranti, dopo mesi di tensioni per il blocco dei paesi del gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia) che si è opposto alle quote di migranti stabilite dall'Ue. E l'avvertimento del premier Matteo Renzi sul fatto che se Paesi come l'Ungheria e la Slovacchia non daranno una mano, metterà il veto sul bilancio Ue.

Non si placa lo scontro tra Roma e Budapest sul fronte migranti. Dopo il botta e risposta di ieri il premier ungherese Viktor Orban torna all'attacco. "La politica interna italiana - ha detto Orban, secondo quanto riporta Mti - è un terreno difficile. L'Italia ha difficoltà di bilancio con un deficit che aumenta, mentre stanno arrivando in massa i migranti, con spese ingenti. Renzi ha tutte le ragioni di essere nervoso". Ma è pronta la replica del premier Matteo Renzi che ribadisce di essere pronto a mettere il veto sul bilancio Ue se non ci sarà condivisione di oneri e onori in Ue.

E' l'Italia che non adempie ai propri obblighi - ha attaccato il ministro degli Esteri di Budapest Peter Szijjarto -. Se rispettasse meglio norme e regole comuni, la pressione dell'immigrazione sull'Ue sarebbe molto minore". La risposta di Roma non si è fatta attendere ed è arrivata con un tweet del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni: "Con muri e referendum l'Ungheria ha sempre rivendicato di violare le regole europee sulle migrazioni. Ora almeno eviti di dare lezioni all'Italia". Ma Budapest è convinta che i fondi europei "spettino ai paesi dell'Europa centrale" che, con la loro adesione, "hanno aperto i mercati interni alle imprese dell'Europa occidentale, tra cui anche quelle italiane, che hanno realizzato profitti notevoli". "Il ministro degli Esteri ungherese non capisce o finge di non capire la situazione quando attacca Renzi e l'Italia", ha spiegato il sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova.

"Quello che ha detto il nostro premier - ha proseguito - è molto semplice ma decisivo: l'Unione Europea si basa sulla solidarietà e la condivisione. Se a livello Ue viene presa una decisione sul riparto dei rifugiati, questa decisione va attuata da tutti, nell'interesse di tutti, esattamente come le decisioni sulla ripartizione delle risorse del bilancio europeo". Dunque, "sì alla solidarietà nel bilancio Ue, sì alla solidarietà nell'accoglienza dei migranti

Il premier ungherese Viktor Orban parlando alla radio dopo lo scontro di ieri tra Roma e Budapest, ha definito intollerabile considerare l'Ungheria "paese non-solidale" sulla questione dei migranti perché l'Ungheria spende "molto per la difesa dei confini" esterni dell'Ue. "L'Ungheria - dice Orban - è solidale con gli altri perché, spendendo molto per la difesa dei confini, sta difendendo la sicurezza anche dei paesi oltre i suoi confini".

Nell'intervista alla radio MR, sintetizza l'agenzia, "Orban ha sottolineato che l'Ungheria, finora, ha speso 150 miliardi" di fiorini (quasi 500 milioni di euro) "per la difesa dei confini con la costruzione della barriera e i pattugliamenti permanenti". "Proprio per questo - ha detto il premier - non tolleriamo che l'Ungheria sia considerata un paese non solidale. E' un opinione unfair, non giusta. L'Ungheria, per l'appunto, è solidale con gli altri perchè, spendendo molto per la difesa dei confini, sta difendendo la sicurezza anche dei paesi oltre i nostri confini".

Orban ha parlato dell'Italia nell'intervista settimanale alla radio Mr, riportata dall'agenzia Mti. Ieri il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto, aveva accusato l'Italia di non rispettare le regole sui migranti innescando una serie di reazioni tra cui quella del capo della Farnesina, Paolo Gentiloni, che ha invitato Budapest a non dare 'lezioni' a Roma. L'attacco di Budapest è arrivato dopo che Renzi aveva annunciato che l'Italia è pronta a mettere il veto sul bilancio europeo se paesi come l'Ungheria e la Slovacchia non accoglieranno i migranti come previsto dagli accordi Ue.

"Il presidente Orban ha una visione dell'Italia non puntuale. In altri termini non è vero che il deficit aumenta, non è vero che l'Italia è in difficoltà o che c'è nervosismo". Lo dice a Radio Radicale il premier Matteo Renzi sottolineando che "o l'Europa, e questo vale anche per l'Ungheria, prende atto dei documenti che la stessa Europa ha firmato e si fa carico migranti, o c'è una bella novità: l'Italia metterà il veto su qualsiasi bilancio che non contempli pari oneri e onori". "L'Italia - ha attaccato - ogni anno dà 20 miliardi all'Europa e ne recupera 12. Oggi c'è una bella novità: il presidente del Consiglio italiano, poiché comincia la discussione sul bilancio, metterà il veto su qualsiasi bilancio che non contempli gli stessi oneri e gli stessi onori". Lo ha detto replicando alle parole di Orban, il premier Renzi a Radio Radicale. Evidentemente abbiamo colto nel segno" ma "deve essere chiaro che l'Italia non è più salvadanaio da cui andare a prendere soldi. Il tempo in cui l'Italia faceva il salvadanaio è finito".

Intanto con l'accusa di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, a Potenza, l'amministratore unico di una società addetta all'accoglienza dei migranti è stato arrestato dalla Polizia. Nell'ambito di un'indagine coordinata dalla Procura della Repubblica del capoluogo lucano, l'uomo è indagato con ad altre 2 persone per turbata libertà degli incanti, in relazione ad una procedura aperta per servizi di accoglienza nel Potentino dal 1 marzo scorso al prossimo 31 dicembre, del valore complessivo di circa nove milioni di euro.

La Squadra mobile sta eseguendo il provvedimento di misura cautelare ai domiciliari emesso dal gip di Potenza. La Polizia sta sequestrando parte delle quote della società amministrata dall'uomo arrestato e sta effettuando perquisizioni personali e domiciliari disposte dalla Procura potentina nei confronti degli altri due indagati: sono i rappresentanti di altre due società, con sede una a Potenza e l'altra a Bitetto (Ba), sempre impegnate nell'accoglienza di migranti.

 

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