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I Padri (nascosti) del Big Bang: Alexander Alexandrovich Friedmann

Alexander Alexandrovich Friedmann

 

Ricordiamo, brevemente, lo status quaestionis riguardante la comprensione dell’Universo, da parte della scienza, alla vigilia degli anni 20’ del secolo scorso, cioè quelli che videro “protagonista” il matematico e meteorologo russo, Alexander Alexandrovich Friedmann (1888-1925): l’uomo che scoprì l’espansione dell’universo. La sua opera, unitamente, a quella dell’abate e fisico belga Georges Lemaitre (1844-1966) e del fisico russo-americanizzato-George Gamow (1904-1968), mutò profondamente la conoscenza e la visione del mondo fino allora comunemente accettate. La portata di quel cambiamento di “paradigma”è radicale, ma non fu, né allora, né oggi, per la verità, adeguatamente compresa, tanto che i tre non godettero, e non godono, di un riconoscimento proporzionale ai loro meriti. Armati unicamente di carta, matita e…ingegno, “sfidarono” e vinsero la battaglia contro un establishment scientifico compattamente schierato a favore di un Universo concepito come eterno, statico e infinito. In uno dei prossimi articoli vedremo che, in realtà, non c’era alcun fatto empirico- l’unico motivo che dovrebbe ispirare e guidare le teorie scientifiche-, che facesse propendere per una tale concezione, ma solo delle pre-comprensioni filosofiche di stampo materialista e antimetafisico. Quelli, dunque, erano gli anni in cui il grande fisico Albert Einstein (1879-1955) era pervenuto con la sua Teoria della Relatività Speciale, prima, e Generale, poi, per la prima volta nella storia dell’uomo, a una descrizione coerente della totalità degli oggetti gravitazionalmente interagenti, cioè del nostro Universo fisico. Le sue equazioni di campo erano esteticamente soddisfacenti e matematicamente “semplici”: due ingredienti indispensabili per una teoria scientifica vera. Tuttavia, qualcosa non quadrava, stonava rispetto al “paradigma”allora vigente: la formula della gravità einsteiniana descriveva un Universo in cui tutto si attraeva, tendendo, così, a convergere in un punto e, dunque, ad autodistruggersi. Lo stesso problema presentava, anche se dovuto a cause di natura diversa, l’universo newtoniano; il grande scienziato inglese credette di“risolvere” la questione, mediante il concetto di sensorium divino, una sorta di connessione tra Dio e lo spazio fisico infinito, che trovò diversi oppositori già all’epoca. In pratica, ogni tanto, Dio avrebbe assestato qualche “colpetto”al punto giusto impedendo, così, all’universo di collassare su se stesso… Naturalmente, Einstein non poteva accettare una simile concezione; tuttavia, altrettanto “fideisticamente”, si impegnò a trovare una soluzione che garantisse sì, in perfetta coerenza con quanto osservato, la stabilità dell’universo, ma al contempo fosse in armonia con l’idea previa, di un universo eterno e statico, secondo le aspettative del mondo scientifico coevo. Einstein, ci riuscì: trovò un espediente ad hoc, la famosissima costante cosmologica, analoga sostanzialmente, agli epicicli del tanto vituperato Tolomeo (100 ca-170). In pratica, era una forza repulsiva fittizia, col valore numerico “giusto”, introdotta da Einstein, - nient’altro, che un sensorium divino moderno- per contrastare la forza di attrazione gravitazionale. Con questo “colpetto”, arbitrario, ottenne un terzo, importantissimo, risultato, che si aggiungeva ai primi due, già conseguiti, indipendentemente, dalla costante cosmologica: 1) Spiegava, altrettanto bene, tutti i fenomeni della meccanica newtoniana 2) Spiegava perfettamente i fenomeni in prossimità di forti campi gravitazionali -es, moto di mercurio al perielio, deflessione di un raggio di luce-, dove la teoria newtoniana perdeva la sua validità. 3) Finalmente, spiegava un universo statico ed eterno. Questa, dunque, era la situazione al momento in cui Friedmann fece il suo esordio nel mondo scientifico. Nacque a San Pietroburgo nel 1888 e visse, dunque, la sua giovinezza in tempi politicamente agitati: si schierò subito contro lo zar Nicola II (1868-1918), in ciò forse stimolato dal suo professore di matematica Vladimir Andreevich Steklov (1864-1926). Proprio Steklov, intuì il suo grandissimo talento matematico; gli propose, mentre era ancora studente, un problema molto complesso, inerente all’equazione di Laplace. Friedmann, lo risolse prontamente, presentandone la soluzione in un testo di 130 pagine, che lasciò basito lo stesso Steklov. Partecipò alla prima guerra mondiale, visse la Rivoluzione russa e la successiva guerra civile; finalmente, in un periodo relativamente calmo, poté frequentare l’ambiente accademico russo, ormai sovietico, nel quale vivrà altrettanti problemi personali, a causa delle sue scoperte. Ma procediamo con ordine. Gli avvenimenti politici prima descritti, per la loro intensità, tennero fuori per un po’ la Russia dal grande flusso di idee della comunità scientifica internazionale. Alla fine, questo isolamento, si rivelò addirittura benefico per Friedmann; infatti, quando “incontrerà”la teoria della Relatività, non si lascerà influenzare dalle idee di Einstein sulla costante cosmologica, che conosceva poco e male. Al cospetto delle equazioni da campo relativistiche, si lasciò guidare, unicamente, dal suo enorme talento matematico; talento che, ovviamente, si orientò non sulle precomprensioni filosofiche occidentali, ma sulla grandiosità e bellezza originarie delle equazioni einsteiniane, logicamente, prive della costante cosmologica. Come nel gioco del domino, dalle soluzioni originarie scaturiva un universo dinamico e in evoluzione; probabilmente, interessato da una violenta espansione, necessaria, a contrastarne l’attrazione gravitazionale su se stesso: l’esatto opposto di quanto desiderato in Europa. Non solo, ma Friedmann si pose e risolse il problema di cosa sarebbe accaduto variando sia la velocità di espansione, sia la densità media di materia. Il risultato fu sorprendente: scaturirono, addirittura, tre varianti dell’Universo. In breve: con una grossa densità di materia, l’universo sarebbe collassato su se stesso; con una leggera densità, avrebbe continuato a espandersi; con una quantità di materia intermedia, l’espansione avrebbe teso a rallentare, ma non ad arrestarsi del tutto. Una cosa, tuttavia, era certa: pur non potendo ancora scegliere, in base alle verifiche sperimentali, qual era il vero modello di universo, si poteva dire, però, con certezza, che certamente non era quello eterno e statico di Einstein! Friedmann pubblicò questi risultati strabilianti sulla rivista Zeitschrift fur Physik”, nel 1922. Einstein, naturalmente, reagì da par suo; erano tempi, quelli, nei quali in mancanza di evidenze sperimentali, il grande fisico ebreo- tedesco, poteva decretare, con una sua parola, la vita o la morte di una teoria. Presa carta e penna, scrisse una lettera di reclamo al Direttore della rivista: «I risultati relativi al mondo non stazionario contenuti nel lavoro- di Friedmann- mi appaiono sospetti. In realtà, la soluzione fornita risulta non soddisfare le equazioni (della Relatività Generale)». In pratica, Einstein adombrava la possibilità di un errore matematico nel lavoro di Friedmann; ma, così come si dice che è rischioso correggere il latino in bocca a san Girolamo (347-420) lo è altrettanto, cercare di correggere la matematica in bocca a Friedmann, anche se a farlo, è Einstein in persona. Friedmann non si perse d’animo – ricordiamo che stiamo parlando di un giovane che osa combattere contro la stessa istituzione “incarnata”della scienza-, e tramite lettera mostrò che i suoi calcoli erano esatti: in matematica, così come nella scienza galileiana, contano i contenuti provati, non quelli opinati. L’argomento d’autorità non ha alcuna valenza, se non corroborato dai fatti: anche se, il coevo circo mediatico sembra dimenticarlo e agli scienziati, in genere, chiede “verità” su tutto, anche in campi lontani dalle loro competenze. A onore di Einstein, tuttavia, occorre rilevare che ammise prontamente l’errore, scusandosene: «Sono convinto che i risultati ottenuti da Friedmann siano corretti e chiarificatori. Mostrano che oltre a soluzioni statiche (alla relatività generale), le equazioni di campo hanno anche soluzioni mutevoli nel tempo con una struttura spaziale simmetrica». Einstein, ammetteva, dunque, la correttezza delle soluzioni di Friedmann, ma - all’epoca lo poteva ancora fare-, poiché, al tempo, non c’erano, prove sperimentali “preferiva”affidarsi alla soluzione statica introdotta dalla sua correzione ad hoc o costante cosmologica. Friedmann, purtroppo, morì appena tre anni dopo questa vicenda a soli 37 anni, forse per le conseguenze di una polmonite contratta durante un volo in una mongolfiera a 7600 metri d’altezza. Tuttavia, Friedmann non era destinato a trovare pace, nemmeno dopo morto. L’ubicazione della sua tomba, infatti, andò perduta poco tempo dopo la sua sepoltura. Il regime stalinista, infatti, lo considerava un creazionista, per aver destabilizzato la nozione di un universo statico ed eterno, cara al materialismo marxista; pertanto, non si curò affatto, né della sua tomba, né, logicamente, della sua memoria. La sua “fortuna” consisté nell’essere stato sepolto accanto al grande matematico Eulero (1707-1783). Così anni dopo, pur se Eulero era stato spostato, ci si ricordava dell’ubicazione della sua tomba e, conseguentemente, fu “facile” rintracciare quella di Friedmann. A tal proposito si racconta un aneddoto divertente, che merita di essere ricordato. Siamo al cimitero di Smolenskoye e uno studente di fisica, Michail Rosenberg, una mattina ne mette in subbuglio la direzione; infatti, sta scrivendo la sua tesi di laurea e, il suo relatore, Andrei Grib, gli fa capire, che uno dei suoi compiti sarà proprio quello di ritrovare la tomba di Friedmann: se ci riuscirà, sarà ampiamente ricompensato, con un’adeguazione del voto finale. Mentre discute animatamente con un dirigente, è avvicinato da un “becchino”che chiede al direttore il motivo di tale disputa. Così racconta l’episodio, il prof. Jean - Pierre Luminet: «Il direttore del cimitero gli risponde che lo studente cerca un certo Friedmann…Quale Friedmann -chiede l’impiegato-quello che ha scoperto la soluzione cosmologica non statica delle equazioni di Einstein? Sì, Si! grida lo studente. Beh, venga con me, gliela faccio vedere! La tomba del cosmologo è stata ritrovata così. Il becchino non era altri che un ex fisico costretto a lasciare il suo istituto di ricerca per mancanza di fondi». Quasi, quasi sembra una storia dei nostri giorni…

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