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La Grecia alza un muro lungo il confine nord-orientale con la Turchia

La Grecia ha ufficializzato il proprio piano di costruire un muro lungo il confine nord-orientale con la Turchia. Il governo di Kyriakos Mitsotakis ha motivato la decisione di aggiungere 26 chilometri di barriere al muro di dieci chilometri già esistente citando il timore che possano avvenire attraversamenti di massa del confine orientale dell'Unione europea da parte dei migranti presenti in Turchia. Il progetto costerà 63 milioni di euro e dovrebbe essere completato entro la fine di aprile.

Sia per via di controlli alle frontiere più severi che mai sia per la pandemia, quest'anno il flusso di migranti e rifugiati che tentano di raggiungere l’Unione europea attraverso il confine greco è diminuito. E la Grecia, fidandosi poco del vicino oriente – con cui condivide un’avversione reciproca storica dalle radici antiche – sembra intenzionata a far sì che la situazione non cambi.  

Bruxelles ha paura di Ankara, che la ricatta sui migranti ma a cui Berlino vende sei sommergibili, e fa marcia indietro sulle sanzioni a Erdogan per le ricerche illegali di gas a Cipro e in Grecia. Il vertice Ue sulla crisi del Mediterraneo orientale si è trasformato in un risiko diplomatico: dopo 9 ore di negoziati e dopo tre diverse bozze, è stato raggiunto un primo accordo sulle questioni relative alle azioni scomposte della Turchia, che rivendica il gas in quelle acque ma senza l'appoggio di alcun trattato internazionale. 

Continueremo a cercare, perforare e proteggere i nostri diritti" nel Mediterraneo orientale. "Se c'è qualcosa, certamente la troveremo", scrive su Twitter il ministro dell'Energia turco Fatih Donmez. Una delle linee guida della diplomazia della Turchia di Erdogan è quella di "riconquistare" spazio sul mare. Dietro alla politica aggressiva nel Mediterraneo c'è la dottrina "Patria blu" che rivendica per il paese acque che i trattati internazionali di inizio '900 - siglati con un impero ottomano agonizzante - negano.  

Da mesi lo scontro è stato riacceso dall'accordo marittimo siglato da Ankara con il governo di Fayez Serraj in Libia a cui Atene si è opposta immediatamente, e dalla scoperta di cospicue risorse energetiche sui fondali marini del Mediterraneo orientale. A luglio la Turchia ha inviato un vascello di esplorazione in una tratto di mare conteso con la Grecia, avviando una spirale di tensioni che hanno raggiunto il Consiglio europeo, il quale ha minacciato Ankara di sanzioni. A complicare la situazione e a inquietare gli animi da entrambe le parti si aggiunge l'ulteriore tassello dell’accordo marittimo firmato tra Grecia ed Egitto e rifiutato dalla Turchia. Sullo sfondo la dottrina Patria blu, che vede Erdogan rivendicare tratti di mare che i trattati internazionali siglati nel secolo scorso – con un impero ottomano prossimo allo scioglimento – non hanno assegnato alla Turchia.

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