Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *
Captcha *
Reload Captcha
Venerdì, 03 Maggio 2024

Le opere di Bach: gli eff…

Mag 02, 2024 Hits:127 Crotone

In città l'ultima tappa d…

Apr 30, 2024 Hits:199 Crotone

Convegno Nazionale per la…

Apr 23, 2024 Hits:408 Crotone

L'Associazione "Pass…

Apr 05, 2024 Hits:861 Crotone

Ritorna Calabria Movie Fi…

Apr 03, 2024 Hits:895 Crotone

La serie evento internazi…

Mar 27, 2024 Hits:1127 Crotone

L'I.C. Papanice investe i…

Mar 01, 2024 Hits:1568 Crotone

Presentato il Premio Nazi…

Feb 21, 2024 Hits:1670 Crotone

Quello di Dallas "è stato un attacco feroce e premeditato", ha detto il presidente Obama. Le uccisioni degli afroamericani da parte della polizia ''non sono una questione solo nera o ispanica, ma americana". "Tutte le persone imparziali dovrebbero essere preoccupate della frequenza con cui la polizia uccide gli afroamericani'', ha osservato. I neri uccisi dalla polizia sono il doppio dei bianchi in Usa, ha detto Obama

E’ stata un’imboscata, con procedure atte a massimizzare i danni, sfruttando il caos. Quanto avvenuto nel cuore di Dallas, sebbene alcune dinamiche siano ancora al vaglio degli inquirenti, conferma pianificazione

Appare evidente quanto la prima raffica fosse stata pianificata per essere quella più letale e per abbattere quanti più poliziotti possibile. 11 gli agenti colpiti in questa fase, 5 quelli che perderanno la vita nei minuti successivi. Secondo la ricostruzione delle agenzie stampa e stato ferito anche un civile. Lo scontro a fuoco si è svolto a pochi isolati di distanza dal Dealey Plaza, dove il presidente John F. Kennedy fu assassinato nel 1963. Esaurita la spinta iniziale, il commando inizia ad arretrare, abbandonando le iniziali posizioni di fuoco sopraelevate. Anche questa seconda fase, oltre ad una certa lucidità, palesa pianificazione.

Come scrivono le agenzie stampa i cecchini che a Dallas hanno ucciso cinque poliziotti hanno usato fucili di precisione, alcuni sparando da posizioni elevate, in quello che sembra un attacco coordinato. Lo ha dichiarato il capo della polizia locale, David Brown. "Stavano agendo assieme con fucili, triangolandosi da posizioni elevate in diversi punti del centro cittadino in cui le marce erano arrivate", ha affermato in conferenza stampa. Tra i feriti ci sono poliziotti e anche un civile, ha aggiunto. Tre sospettati sono stati fermati, mentre un quarto è morto dopo essersi asserragliato in un garage da cui ha avvertito di bombe piazzate in centro a Dallas. I cecchini appostati in posizioni elevate hanno sparato almeno 50 volte in quello che è sembrato un "attacco coordinato".

L’obiettivo era continuare ad uccidere da posizioni ottimali. Le immagini riprese da un telefonino mostrano un individuo in abbigliamento tattico, passamontagna, dal passo relativamente pesante ed armato con fucile semi-automatico. Sembrerebbe indossare anche dell’equipaggiamento balistico e che disponesse di una buona scorta di munizioni. Allontanata la minaccia, le cellule provano a dileguarsi sfruttando il caos. La polizia di Dallas riesce a fermare tre persone sospette. Due di queste sono state viste allontanarsi in fretta a bordo di una Mercedes nera era quindi previsto anche un piano di fuga e non una missione suicida. Un altro sospetto, asserragliatosi in un garage, si è suicidato. Le unità K-9 della polizia di Dallas sono al lavoro per scoprire possibili ordigini esplosivi. La polizia comunica che sono stati individuati due pacchi sospetti: gli artificieri sono al lavoro per verificare se contengano esplosivi.

Per ore c'è stato uno scontro a fuoco in un garage di Dallas tra un sospetto, asserragliato dentro l'edificio, e la polizia: l'uomo avrebbe riferito che "ci sono bombe piazzate in città". L'uomo è stato poi  "neutralizzato". I centro della città è stato poi chiuso ma finora le ricerche per possibili esplosivi hanno dato esito negativo.

"Alle 20:58 le 2:58 in Italia, ndr si è verificato l'incubo peggiore", ha detto durante una conferenza stampa il sindaco di Dallas Mike Rawlings sottolineando che un totale di 12 agenti sono stati colpiti da cecchini, 5 morti e altri 6 feriti tra questi due donne. Sono stati colpiti anche due civili. Sul posto, ha precisato, al momento della sparatoria c'erano 100 poliziotti. In un primo momento si pensava che a sparare fossero state solo due persone, ma successivamente Brow, ha affermato che i "cecchini" erano quattro. Dopo la strage sono state fermate alcune persone persone, tra cui una donna. Un sospetto che era stato fermato dopo essersi costituito, Mark Hughes, è stato poi rilasciato. Dopo l'attacco la polizia aveva diffuso una sua fotografia in cui l'uomo aveva un fucile in mano. Nessuno dei fermati sta al momento parlando con gli inquirenti.

Chi ha agito era a conoscenza del perimetro e possedeva una certa perizia nell’attuare una strategia che ricorda da vicino quelle militari. Il corteo si è mosso alle 19 (ora di Dallas) da Belo Garden. Presenti circa 800 persone e circa 100 agenti di polizia. Gli assalitori, nella prima fase, aprono il fuoco da tre diverse posizioni sopraelevate: una chiara strategia che mira a creare un predeterminato percorso di morte, inconsapevole per chi cerca riparo. Triangolando il fuoco, si raccolgono i bersagli in spazi ristretti.

Dopo le prime raffiche, avvenute alle 20,58, si scatena il caos. I manifestanti abbandonano il corso principale della manifestazione, a circa mezzo miglio dal Municipio, in cerca di una copertura. E’ proprio in quell’istante che da altre due postazioni, i criminali aprono il fuoco. In queste prime fase non è ancora chiaro che tipo di armi abbia utilizzato il commando, ma durante le riprese a terra sono visibili dei fucili semi-automatici, forse AR-15.

Non si conosce ancora, invece, l’equipaggiamento utilizzato per colpire gli agenti dai tetti. L’AR-15 ha un raggio effettivo di 500 metri, mentre la versione civile in vendita negli USA supporta esclusivamente il fuoco semi-automatico (sebbene si possa modificare). Secondo la polizia di Dallas, nella primissima fase dello scontro a fuoco sarebbero stati esplosi 60 colpi da due angolazioni. Se cosi fosse, due assalitori potrebbero aver svuotato entrambi i caricatori dei fucili semi-automatici.

La protesta di Dallas era una delle tante manifestazioni organizzate in varie città del Paese dopo la morte di due afroamericani, uccisi da poliziotti, in Louisiana e Minnesota. Diverse centinaia di persone si erano radunate per marciare verso City Hall. Non erano ancora le nove di sera. E lungo la strada che porta alla sede del Comune decine di agenti erano pronti a impedire assalti contro gli edifici istituzionali. All'improvviso gli slogan di protesta sono stati brutalmente interrotti dai colpi sordi delle armi da fuoco, fucili d'assalto che hanno preso a esplodere senza alcuna pietà. I cecchini, come ha spiegato il capo della polizia di Dallas, David Brown, sparavano contro "la polizia da posizioni elevate". Così, mentre la folla si disperdeva per cercare di non rimanere ammazzata dal fuoco dei cecchini, almeno una dozzina di agenti è rimasta a terra. Cinque di loro sono morti sul colpo, mentre altri sei sono stati portati d'urgenza in ospedale. Tra i feriti c'è pure una civile, la 37enne afroamericana Shetamia Taylor che è stata raggiunta a una gamba. La donna si è buttata a terra per far scudo col suo corpo al figlio quindicenne, mentre gli altri tre figli sono corsi via perdendosi nella folla.

Dopo la sparatoria, le forze di sicurezza hanno subito fermato tre persone. Tra queste c'è anche una donna. Un altro uomo si è nascosto in un garage e ha minacciato di uccidere altri agenti facendo detonare alcune bombe già piazzate in città. "La fine è arrivata", ha intimato. Ma, quando ha capito che non aveva più scampo, si è suicidato. Secondo il capo della polizia, che è apparso in conferenza stampa con il sindaco di Dallas, il democratico Mike Rawlings, i cecchini "volevano ferire o uccidere il maggior numero possibile di agenti". Per questo hanno preparato un'imboscata colpendo gli agenti alle spalle. "È un attacco pianificato da molto tempo, in attesa dell'occasione per compierlo - ha spiegato Steve Moore dell'Fbi - potrebbero non aver pianificato il luogo e il punto da cui condurlo, ma erano preparati ad attaccare".

 

Ieri il Bangladesh ha concluso  i due giorni di lutto nazionale per il massacro di venerdì nella Holey Artisanal Bakery con una cerimonia di Stato nello stadio dell'esercito a Dacca in cui la premier Sheik Hasina, vari ministri, diplomatici stranieri e molta gente comune si sono raccolti davanti ai feretri delle 20 vittime, di cui ben nove italiane. L'atto solenne ha chiuso il capitolo del cordoglio ufficiale per quello che per i bengalesi è stato senza dubbio una sorta di 11 settembre, poiché si è trattato dell'attacco terroristico che ha causato il maggior numero di vittime civili nella storia del Paese. Dopo la cerimonia le salme sono state prese in consegna dalle rispettive nazioni di appartenenza. I resti delle vittime italiane arriveranno a Roma questa sera, ha fatto sapere il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. A Ciampino, ad attendere i feretri, ci sarà anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che per questo ha ridotto il programma del suo viaggio in America latina, che dopo il Messico avrebbe dovuto vederlo in Uruguay e Argentina.

"Quella sera anch'io avrei dovuto essere nel ristorante dov'è avvenuta la mattanza: l'Holey Artisan Bakery, a Dacca, è frequentato molto dagli italiani perché fanno pane fresco ed è uno dei pochi posti dove si mangia in maniera decente. Io e un altro italiano siamo salvi perché stavamo poco bene e abbiamo preferito rimanere a casa". Lo racconta all'ansa Gennaro Cotugno, originario di Bitonto (Bari) ma da tre anni in Bangladesh con la sua azienda tessile, in un primo momento dato per disperso perchè si pensava si trovasse anche lui nel ristorante della strage. Ora Gennaro sta rientrando a Bitonto e dice che a Dacca, "probabilmente, non tornerò mai più". "Li aiutiamo e li sovvenzioniamo dal 1970 e questo è il ringraziamento che abbiamo". "Non sono mai stato razzista - dice - ma dopo questo episodio credo che lo diventerò". "La mia famiglia, ho tre bellissimi figli - spiega Gennaro - mi ha chiamato preoccupata per avere mie notizie. Li ho rassicurati e poi ho chiamato la Farnesina per avvisare che stavo bene".

Il volo è atteso a Ciampino tra le 18:40, dove ci sarà anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, di rientro dal Messico e il ministro degli esteri Paolo Gentiloni. Dopo l'omaggio delle autorità, i cadaveri saranno portati nell'istituto di medicina legale del Policlinico Gemelli dove dopo il riconoscimento da parte dei parenti, saranno sottoposti ad una tac dal professor Tommaso Tartaglione. Domani sono in programma le autopsie.

I venti ostaggi del caffè di Dacca sono stati uccisi nei primi venti minuti dai terroristi che hanno assaltato il locale venerdì sera. Lo riferisce il capo della polizia bengalese AKM Shahidul Haque, secondo quanto riporta il Dhaka Tribune. "Alcuni media stanno dicendo che abbiamo agito troppo tardi con il blitz, ma non è vero. Abbiamo portato a termine l'operazione in 12 ore, mentre in altri Paesi come il Kenya ci sono voluti 4 giorni per affrontare una situazione simile", ha aggiunto.

Sul fronte delle indagini la britannica SkyNews, citando la polizia bengalese, scrive che gli agenti che hanno fatto irruzione nel ristorante potrebbero avere ucciso uno degli ostaggi di Dacca per errore, convinti che fosse uno dei terroristi. Inoltre si allunga la lista dei sospetti:  tra ieri e oggi sono stati fermati i genitori di uno dei terroristi e il padre e il fratello di un altro.

Solidarietà e dolore che in serata si sono manifestati anche con una messa concelebrata nella chiesa seminario del quartiere di Banani dal Nunzio apostolico in Bangladesh, mons. George Kocherrym, dall'arcivescovo di Dacca, mons. Patrick D'Rozario, e da vari sacerdoti per "sottolineare l'unità della chiesa di fronte alla minaccia del terrorismo". Ed infine con una veglia a lume di candela convocata via Facebook in un luogo vicino al ristorante colpito, sulla strada 79 del quartiere di Bushan, e denominata 'Tributo al lume di candela alle anime perdute per l'omicidio di massa della Holey Artisan Bakery a Gulshan-2", il quartiere diplomatico della capital

Di fronte alla sfida di un terrorismo sanguinario occorre ormai "una alleanza della comunità internazionale contro la barbarie". Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nei colloqui oggi a Città del Messico con il presidente Enrique Nieto.

La "mano sanguinaria del terrorismo" minaccia l'intero pianeta e i suoi valori di libertà e convivenza. Proprio per combattere la "barbarie terrorista e l'ampiezza delle sfide del mondo contemporaneo, quali migrazioni, tutela dell'ambiente, c'è bisogno ormai di "uno sforzo corale". Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, da Città del Messico dove ha incontrato il presidente Enrique Pena Nieto. "Estamos juntos, siamo uniti in questa battaglia di civiltà", ha aggiunto Mattarella.

Intanto sono rientrate a Tokyo nelle prime ore del mattino le salme dei sette cittadini giapponesi tra le vittime dell'attacco terroristico nel ristorante di Dacca, in Bangladesh.
Ad attenderli una delegazione che includeva il ministro degli Esteri Fumio Kishida, l'ambasciatore del Bangladesh in Giappone Rabab Fatima e il capo dell'Agenzia giapponese di cooperazione internazionale, per la quale alcune delle vittime lavoravano nel Paese del sudest asiatico. Sull'aereo messo a disposizione del governo nipponico si trovavano anche i familiari delle vittime, a cui le autorità offriranno assistenza e supporto psicologico.
Sulle bare bianche sono state deposte delle corone dei fiori e si è osservato un minuto di silenzio.

 

Il ballottaggio delle presidenziali in Austria va rifatto per le irregolarità nello spoglio avvenute in alcuni seggi. Lo ha deciso la Corte costituzionale austriaca. I giudici hanno vagliato il ricorso presentato dall'Fpoe.

"Le elezioni sono il fondamento della nostra democrazia e il nostro compito è di garantirne la regolarità. La nostra sentenza deve rafforzare il nostro Stato di diritto e la nostra democrazia", ha detto a Vienna il presidente della Corte costituzionale Gehrart Holzinger prima di pronunciare la sentenza con cui è stato accolto il ricorso presentato dall'Fpoe lo scorso 22 maggio. E' la prima volta che viene annullato un ballottaggio in Austria. Al ballottaggio era risultato eletto il verde Alexander Van der Bellen con uno scarto di meno di un punto percentuale, pari a circa 30 mila voti, rispetto al leader dell'estrema destra Norbert Hofer. Il nuovo voto si dovrebbe tenere tra settembre e ottobre.

La Commissione europea "non ha commenti da fare su quella che è una decisione della Corte costituzionale di uno stato membro". Lo ha detto il portavoce dell'esecutivo a proposito dell'annullamento del ballottaggio delle presidenziali in Austria.

Il presidente della commissione Ue Juncker chiede che la Gran Bretagna faccia chiarezza sulle sue intenzioni. "Sulla cosiddetta Brexit, vogliamo essere chiari, non ci saranno negoziati prima della notifica ed invitiamo le autorità britanniche a rendere chiare le loro intenzioni. Non abbiamo tempo da perdere. Non possiamo aggiungere incertezza ad incertezza. Vorremmo sapere dove ci stiamo dirigendo"

Intanto : "Ci vuole uno statista serio per negoziare la Brexit". Parola di Tony Blair che in un articolo sul Telegraph delinea il profilo del leader che dovrà traghettare la Gran Bretagna fuori dall'Unione europea. Nell'intervento che per il giornale conservatore sarà interpretato come una "candidatura" a svolgere un ruolo dei negoziati, l'ex premier scrive che "un ministro pro Brexit ed euroscettico", riferendosi a Michael Gove, non è una scelta "saggia". "Saranno negoziati incredibilmente complessi, pieni di trappole ad ogni passaggio", sottolinea Blair spiegando che "è cruciale riuscire a comprendere la psicologia dei 27 paesi membri dell'Unione europea". "Il nostro Paese è in pericolo - conclude l'ex premier europeista convinto - per superare questo momento abbiamo bisogno di politiche adulte. Dobbiamo procedere con calma, maturità e senza recriminazioni. Perché in gioco c'è il futuro del Regno Unito".

E non si placa il dibattito sul tema Brexit. Michael Gove, candidato alla leadership Tory, dice no ai negoziati formali con Ue prima del 2017 e subito il presidente della commissione Ue Juncker chiede che la Gran Bretagna faccia chiarezza sulle sue intenzioni. Il ministro della Giustizia candidato euroscettico alla guida dei Tory e del governo britannico ha esposto il suo programma, spiegando che intende mettere “fine alla libera circolazione", dopo che ieri Boris Johnson aveva ritirato la sua candidatura a leader dei Tory.

Dal canto suo Johnson ha assicurato che appoggerà la candidatura di Theresa May a patto che nel 2020 si faccia da parte per permettergli di correre come premier. Intanto dalle pagine del Telegraph l’ex premier Tony Blair delinea il profilo del leader che dovrà traghettare la Gran Bretagna fuori dall'Ue. Mentre dall'italia arriva il messaggio positivo del premier Renzi che dice dopo la Brexit "In Europa si apre una stagione interessantissima, ex malo bonum".

Il ministro della Giustizia, Michael Gove, candidato euroscettico alla guida dei Tory e del governo britannico e' d'accordo con la rivale Theresa May nel non prevedere di attivare nei prossimi mesi l'articolo 50 del Trattato di Lisbona per il divorzio formale dall'Ue dopo la Brexit. Se ne parlera' nel 2017, ha lasciato intendere. D'accordo con May anche sul no a elezioni anticipate in Gran Bretagna: si votera' nel 2020, ha detto, per dare tempo a chi succedera' a David Cameron di attuare un programma di governo aggiornato secondo le indicazioni emerse dal referendum. Poco prima aveva affermato di voler mettere fine alla libera circolazione". Lo ha detto Michael Gove spiegando il suo programma da candidato alla leadership Tory. "Introdurrò un sistema di punti all'australiana e ridurrò i numeri" degli immigrati.

Boris Johnson avrebbe deciso di ritirare la sua candidatura a leader dei Tory e appoggiare quella di Theresa May a patto che nel 2020 si faccia da parte per permettergli di correre come premier. Lo sostiene il quotidiano Times che parla di un'"offerta segreta" dell'ex sindaco di Londra subito dopo la vittoria del 'Leave' al referendum sull'Unione europea. Johnson, sostiene ancora il quotidiano, avrebbe anche chiesto un incontro con la May lunedì ma lei avrebbe rifiutato.

Dieci ore di terrore e di sangue, 13 minuti per il blitz delle forze speciali bengalesi, poi il conteggio infinito dei morti, dei feriti, dei sopravvissuti. L'assalto con presa d'ostaggi compiuto da nove terroristi dell'Isis la notte scorsa all'Holey Artisan Bakery, ristorantino chic affacciato sul lago nel cuore del quartiere diplomatico di Dacca, è terminato con 20 civili uccisi tra cui 9 italiani imprenditori del tessile, 7 giapponesi e un americano, un numero imprecisato di feriti, 13 ostaggi portati in salvo e 6 assalitori eliminati. Uno solo è stato catturato, ferito. In serata una notizia positiva dalla Farnesina: il decimo italiano in un primo momento dato per disperso non era nel ristorante al momento dell'attacco e ha contattato la famiglia.

l commando jihadista era arrivato all'Holey Artisan Bakery poco dopo le 9 di sera, ora locale. Nelle mani dei killer un vero e proprio arsenale, kalashnikov, bombe a mano, machete. Non ci sono state incertezze: prima gli spari e il grido ormai diventato sinonimo di morte in tutto il mondo 'Allah u Akbar', poi alcune raffiche ad altezza d'uomo che hanno freddato due poliziotti, l'irruzione nel ristorante, le luci spente e le telecamere messe fuori uso, gli stranieri dalla pelle chiara sgozzati con ferocia. Infine la tragica messa in scena degli interrogatori degli altri avventori presi in ostaggio ai quali veniva imposto di recitare alcuni versetti del Corano. Per chi non ci riusciva non c'è stato scampo e così sono stati ammazzati anche un indiano e due bengalesi, un ragazzo e una ragazza studenti di università americane tornati a casa per trascorrere la fine del Ramadan con i loro familiari.

L'Italia si è accordata con le autorità del Bangladesh ed il rientro delle salme italiane avverrà "nei tempi più brevi possibili, dipenderà dalle incombenze" burocratiche. Lo ha detto a Rainews24 il capo dell'Unità di Crisi della Farnesina Claudio Taffuri. Il nostro personale, ha aggiunto, è sul posto già da sabato per collaborare con la nostra ambasciata a tutti gli adempimenti del caso. Lo stesso Taffuri sta per partire per il Bangladesh.

I venti ostaggi del caffè di Dacca sono stati uccisi nei primi venti minuti dai terroristi che hanno assaltato il locale venerdì sera. Lo riferisce il capo della polizia bengalese AKM Shahidul Haque, secondo quanto riporta il Dhaka Tribune. "Alcuni media stanno dicendo che abbiamo agito troppo tardi con il blitz, ma non è vero. Abbiamo portato a termine l'operazione in 12 ore, mentre in altri Paesi come il Kenya ci sono voluti 4 giorni per affrontare una situazione simile", ha aggiunto.

Nel secondo giorno di lutto nazionale dopo la strage al ristorante di Dacca, la premier del Bangladesh Sheikh Hasina stamane ha reso omaggio alle vittime. In una cerimonia allo stadio dell'esercito, alle dieci locali, ha deposto corone di fiori sulle bare, riferiscono i media locali. Le bare sono state collocate in una piattaforma rialzata con le bandiere di India, Italia, Bangladesh, Giappone e Stati Uniti, le nazioni delle vittime straniere, nove delle quali italiane. Alla cerimonia hanno partecipato anche rappresentanti delle autorità italiane, indiane, giapponesi e americane. In seguito, è stato consentito l'accesso ai familiari e poi a tutti i cittadini.

Isis o non Isis. E' questa la margherita che esponenti governativi, dei servizi di intelligence e i media del Bangladesh stanno sfogliando dopo lo shock suscitato dal massacro di 20 civili stranieri - tra cui 9 italiani - compiuto venerdì nella Holey Artisan Bakery di Dacca. Da giovani terroristi rampolli di ricche famiglie locali arruolatisi nelle file della jihad "per moda", secondo la versione del ministro dell'Interno. E' stato necessario assistere ad una strage in un gettonato ristorante della classe medio-alta, la più grave mai registrata nella storia del Paese, perché il governo - che da sempre nega infiltrazioni della rete del terrore globale in Bangladesh - esaminasse con la dovuta attenzione la rivendicazione dell'azione da parte dei seguaci del 'Califfo' Abu Bakr al-Baghdadi. Dal febbraio 2015, quando gli attacchi a intellettuali, blogger, stranieri ed esponenti di minoranze religiose si sono fatti sempre più frequenti, Isis e Al Qaida se li sono sistematicamente attribuiti, collezionandone oltre una ventina ciascuno. Fino alla strage nella Bakery del quartiere diplomatico di Gulshan-2, che l'Isis ha fatto sua assicurando attraverso Amaq, l'agenzia di stampa del 'Califfato', che è stata opera di un commando bengalese di cui si conoscono anche i nomi (oltre che i volti) dei cinque componenti: Akash, Badhon, Bikash, Don e Ripon. Erano seguiti da tempo dalle forze dall'intelligence locale, ha fatto sapere l'ispettore generale della polizia del Bangladesh, AKM Shahidul Hoque. E stavolta all'interno del governo sono cominciate ad affiorare le prime divergenze. Fino a qualche mese fa la premier Sheikh Hasina ed i suoi ministri escludevano la presenza dell'Isis o di Al Qaida nel Paese, ripetendo che i colpevoli degli attentati non erano altro che i membri dell'opposizione guidata dal Partito nazionalista bengalese (Bnp) della 'begum' Zia Khaleda, ed in particolare il suo alleato Jamaat Islami.

E la polizia del Bangladesh ha deciso il fermo di tre persone. Ieri sera è stato fermato Hasnat Karim, il professore universitario che era nel locale per festeggiare un compleanno ma ripreso da alcune immagini fumare in terrazza con i membri del commando. E ancora altre due persone che si trovano in ospedale e di cui non è stata resa nota l'identità, sospettate di avere avuto un ruolo nella dinamica dell'attacco al ristorante.

Intanto un video amatoriale del blitz dell'esercito di ieri all'alba - girato da un cittadino sud-coreano da una finestra che si affaccia sul ristorante attaccato dai terroristi - ha sorpreso gli esperti e gettato altri dubbi sulla versione ufficiale fornita dalla polizia bengalese. I portavoce ufficiali avevano infatti assicurato di aver liberato numerosi ostaggi grazie all'intervento armato. Ma le immagini sembrerebbero mostrare che vi sia stato un rilascio volontario di persone, probabilmente musulmani, fra cui bambini e donne velate, che si vedono camminare con calma attraversando un giardino prima dell'intervento dei blindati, impiegati dopo oltre 10 ore per mettere fine alla presa di ostaggi. Infine c'è da segnalare che per non restare indietro all'Isis nella corsa per la leadership del terrore in Asia meridionale, il leader di al Qaida nel subcontinente indiano (Aqis), Asim Umar, ha incitato i musulmani dell'India a "sollevarsi" e a lanciare attacchi alle autorità e alla polizia indiane. E per questo ha evocato l'esempio dei "lupi solitari" in Europa.

Ieri il più radicale nel continuare a negare la presenza di miliziani riconducibili all'Isis nel Paese è stato il ministro dell'Interno, Asaduzzaman Khan, che ha insistito nel mantenere la questione entro i confini nazionali, attribuendo la responsabilità dell'attacco ad un gruppo jihadista indigeno, il Jumatul Mujaheddin Bangladesh. Gli autori del massacro sono "tutti istruiti, provenienti da famiglie benestanti, sono andati all'università e nessuno di loro ha mai frequentato una madrassa", ha dichiarato il ministro. E alla domanda sul perché sarebbero diventati militanti islamici, Khan ha risposto secco: "E' diventata una moda".

Non la pensa proprio così il numero due del ministero degli Esteri bengalese MD Shahidul Haque che, presentando all'ambasciatore d'Italia Mario Palma le condoglianze per le vittime italiane, ha sostenuto che "la gente qui è scioccata e sorpresa perché si chiede come mai dei giovani possano essersi radicalizzati così tanto". Haque, a differenza del ministro dell'Interno, non ha respinto categoricamente che possa essersi davvero trattato di un'azione coordinata dall'Isis. Ma anche lui ha confermato che "gli autori non vengono dall'Iraq o dalla Siria, sono giovani bengalesi, molti dei quali colti, con buone prospettive ed appartenenti alla classe media del Paese".

Ecco chi sono i nostri connazionali morti nell'assalto :

Cristian Rossi, l'imprenditore del Nord-Est . Sposato e padre di due gemelline di 3 anni, Rossi era stato manager alla Bernardi. Dopo alcuni anni si era messo in proprio. Era in Bangladesh per motivi di lavoro. A Feletto Umberto (Udine), dove l'uomo abitava con la famiglia.

Marco Tondat, l'imprenditore del Nord-Est -  Aveva 39 anni Marco Tondat ucciso a Dacca. Era nato a Spilimbergo (Pordenone), ma viveva a Cordovado. "Ci eravamo sentiti ieri mattina - ha riferito il fratello - doveva rientrare in Italia per le ferie e abbiamo concordato alcune cose, lo aspettavo per lunedì. Era un bravo ragazzo, intraprendente e con tanta voglia di vivere". Il fratello di Tondat ha quindi detto che Marco "era partito un anno fa, perchè in Italia ci sono molte difficoltà di lavoro e ha provato ad emigrare. A Dacca era supervisore di un'azienda tessile, sembrava felice di questa opportunità. A tutti voglio dire che quanto accaduto deve far riflettere: non è mancato per un incidente stradale. Non si può morire così a 39 anni".

Claudia Maria D'Antona, il suo scopo era aiutare il prossimo - "Mia sorella Claudia e suo marito Giovanni erano una coppia fantastica, due persone d'oro, con un grande impegno nel volontariato". Così Patrizia D'Antona, all'ANSA. "Finanziavano - spiega - un'associazione che porta esperti di chirurgia plastica in Bangladesh per curare le donne sfregiate con l'acido. Aiutare il prossimo era sempre in cima ai pensieri di Claudia e di suo marito. Si erano sposati due anni, con una bellissima cerimonia a Dacca, dove avere convissuto per oltre 20 anni".

Nadia Benedetti, la manager che amava il canto - Adorava cantare, la musica e le canzoni di Franco Califano. Ogni volta che tornava nella sua Viterbo non mancava mai di passare al karaoke nel ristorante del fratello Paolo. Sorrideva, si divertiva. Chi la conosceva la ricorda come una persona gioiosa, da sempre dedita al lavoro che l'ha portata a girare mezzo mondo, fino ad arrivare in Bangladesh, dove ieri è rimasta vittima del cruento attentato di Dacca, per mano di quelli che la nipote Giulia, su Facebook, definisce "un branco di bestie". Nei prossimi giorni l'amministrazione comunale rispetterà un giorno di lutto per ricordare Nadia Benedetti, manager 52enne e figlia di imprenditori che proprio da Viterbo ha mosso i primi passi nell'industria tessile.

Simona Monti aspettava un bambino e aveva già prenotato un volo che all'inizio della prossima settimana l'avrebbe riportata in Italia, a Magliano Sabina (Rieti), per un lungo periodo di aspettativa. Simona Monti, la 33enne reatina morta nell'attentato all'Holey Artisan Bakery di Dacca insieme ad altri 8 italiani, dalla scorsa estate, dopo diverse esperienze di studio e lavorative in oriente, aveva scelto il Bangladesh per vivere e lavorare in un'azienda tessile.

Maria Riboli mamma di una bimba di 3 anni, spesso in giro per il mondo per il suo lavoro in un'impresa che si occupa di abbigliamento, Maria Riboli avrebbe compiuto 34 anni il prossimo 3 settembre. La vittima bergamasca dell'attentato terroristico di ieri sera a Dacca era nata ad Alzano Lombardo, in valle Seriana. La sua famiglia è originaria di Borgo di Terzo, piccolo centro della valle Cavallina. Dopo il matrimonio, celebrato il 21 marzo 2006, Maria Riboli si era trasferita con il marito Simone Codara a Solza, paese di duemila abitanti dell'Isola bergamasca, oggi scosso per la notizia della morte della giovane concittadina e mamma. Maria Riboli lavorava nel settore dell'abbigliamento e si trovava in viaggio per lavoro per conto di un'impresa tessile. Da diversi mesi era in Bangladesh.

Adele Puglisi, una donna "buona, solare, che amava viaggiare e il mare". Era così per gli amici e i parenti Adele Puglisi, 54 anni, una delle vittime italiane della strage di Dacca. Assassinata alla vigilia del suo rientro a Catania, dove abitava, anche se nella sua città d'origine, raccontano i vicini, "stava al massimo 20 giorni l'anno", perché, spiegano, "era sempre in giro per il mondo per il suo lavoro". Era lei stessa a descriversi così sul suo profilo Facebook, pubblicando sue foto al sole e al mare. Lei vittima del terrorismo islamico su Fb il 16 novembre del 2015 aveva postato la prima pagina di 'Libero' sulla strage di Parigi commentando il titolo ('Bastardi islamici') con un secco "è vergognoso" e aderendo a una petizione che lo contestava. Ma sul social network ricostruiva anche la sua vita lavorativa: era a Studiotex fino al 2010, poi è partita e si è trasferita nello Sri Lanka. Fino ad aprile del 2014 quando ha cominciato a lavorare per Artsana, come manager quality control a Dacca.

Vincenzo D'Allestro, l'imprenditore tessile del Sud - Abitava nella mansarda di una palazzina rosa di quattro piani che si affaccia su via don Girolamo Marucella, ad Acerra (Napoli), l'imprenditore tessile Vincenzo D'Allestro, 46 anni, ucciso da un commando dell'Isis a Dacca, in Bangladesh. Nel Parco Azalea, dove D'Allestro abitava con la moglie Maria Gaudio, sono stati i giornalisti a portare la notizia che ha gettato nello sgomento quanti conoscevano la coppia. Secondo quanto si appreso da alcuni condomini l'imprenditore era quasi sempre fuori per lavoro.

Claudio Cappelli, l'impreditore del Nord - Aveva una impresa nel settore tessile che produceva t-shirt, magliette, abbigliamento in genere e anche intimo. "Diceva di avere avuto una esperienza positiva e di essere contentissimo. Era da più di 5 anni impegnato in questa 'avventura'. Era entusiasta e diceva che era un Paese dove si poteva lavorare molto bene" ricorda con dolore il console generale onorario del Bangladesh in Veneto, l'avvocato Gianalberto Scarpa Basteri.

L'ennesimo attacco terroristico sulle rive del Bosforo - il quarto di quest'anno - è anche il più sanguinoso: 42 morti, di cui almeno 15 stranieri, senza contare i tre kamikaze che si sono fatti esplodere dopo aver aperto il fuoco sulla folla al terminal internazionale dell'aeroporto Ataturk, e 239 feriti. Vittime di 10 nazionalità, per le quali oggi è stato proclamato il lutto nazionale. E la sensazione di non essere in grado di fermare una minaccia terroristica, che per il premier turco, Binali Yildirim, stavolta è quasi certamente quella dell'Isis. E anche il direttore della Cia John Brennan - pur in assenza, al momento, di rivendicazioni da parte dello Stato islamico - vede chiarissima la firma di Daesh e della sua "depravazione" dietro l'attacco. Le indagini hanno seguito sin dalle prime ore la pista dell'attacco jihadista.

Ma sul commando che ieri sera è piombato indisturbato, imbracciando i kalashnikov, nel principale scalo della Turchia restano ancora molte ombre. Uno dei kamikaze ha agito da ariete, facendosi saltare in aria all'esterno e creando il caos che ha favorito l'ingresso degli altri due. Oltre ai tre terroristi kamikaze, che sarebbero tutti stranieri, fonti di polizia avevano parlato di quattro persone in fuga. Una è stata arrestata ieri sera, si tratterebbe di una donna. Ma nulla si sa al momento della sua identità. Come fortissimo resta il riserbo sulla sorte dei tre ipotetici terroristi alla macchia. In queste ore, la Turchia guarda allo specchio soprattutto le lacune del suo sistema di sicurezza e di prevenzione.

L'intelligence turca aveva inviato 20 giorni fa una lettera alle autorità competenti per avvisarle della minaccia imminente di possibili azioni terroristiche dell'Isis in diversi luoghi di Istanbul, tra cui l'aeroporto Ataturk. Lo sostengono fonti giornalistiche, citate dal quotidiano Hurriyet.

Una lettera che avvisava della minaccia imminente di attacchi dell'Isis giaceva da almeno 20 giorni sui tavoli delle autorità....Mittenti, gli 007 turchi. Tra i siti definiti a rischio, anche l'aeroporto Ataturk. Un allarme che è stato ignorato. O almeno, trascurato. Sotto accusa ci sono poi le falle della sicurezza nello scalo. Il doppio filtro di controlli, con un primo passaggio ai metal detector già all'ingresso, non è bastato a fermare i terroristi. Dallo Stato islamico, nel giorno simbolico in cui celebra il secondo anniversario dell'auto-proclamato Califatto da parte di Abu Bakr al Baghdadi, non sono giunte finora rivendicazioni esplicite. Il governo di Ankara sottolinea come l'attacco sia giunto proprio nel giorno in cui ha firmato l'accordo di riconciliazione con Israele, a 6 anni dall'incidente della Mavi Marmara, e riallacciato i contatti con la Russia, suggerendo un nuovo tentativo di destabilizzazione

La polizia turca ha compiuto all'alba diversi blitz in covi di sospetti militanti dell'Isis a Istanbul, dopo l'attacco che martedì sera ha ucciso 42 persone all'aeroporto Ataturk. Non si hanno al momento notizie di arresti, né di legami diretti con l'attentato. Inoltre l'esercito turco ha annunciato di aver ucciso sabato, 2 presunti membri dell'Isis di nazionalità siriana, mentre cercavano di attraversare il confine con la Siria. Uno dei 2 era ricercato in Turchia perché sospettato di preparare attacchi kamikaze ad Ankara o ad Adana, nel sud del Paese.

Al presidente Recep Tayyip Erdogan è giunta la solidarietà in due telefonate con Barack Obama e Vladimir Putin. Quest'ultimo lo ha chiamato dopo 7 mesi di silenzio, dopo la lettera di scuse del leader turco per il jet russo abbattuto. Parole di condanna sono state espresse anche dai leader di Italia, Germania, Francia, Gran Bretagna, Belgio, Israele e da papa Francesco. La conta delle vittime si è arrestata solo nel primo pomeriggio, includendo almeno 15 stranieri di 9 nazionalità diverse: 6 sauditi, 2 iracheni, 1 tunisino, 1 uzbeko, 1 cinese, 1 iraniano, 1 ucraino, 1 giordano e una donna palestinese. Al momento, non risultano esserci italiani. Ma fino a sera, ancora quattro cadaveri sono rimasti senza nome. Oltre un centinaio di feriti accertati sono ancora in ospedale, di cui 41 in terapia intensiva.

La Turchia, intanto, ha fretta di tornare alla normalità. Già di prima mattina lo scalo era stato parzialmente riaperto, ben prima di quanto previsto nell'immediatezza dell'attacco. Ma molte compagnie hanno preferito comunque non far partire subito i loro aerei per Istanbul. E nel Paese il clima resta tesissimo, coi social network inaccessibili fino a sera per evitare lo scambio e la diffusione di informazioni sull'attacco.

Intanto Raid aerei americani hanno ucciso ieri almeno 250 combattenti dell'Isis in un convoglio che si muoveva fuori da Falluja, in Iraq. Lo riporta la stampa Usa, sottolineando che negli attacchi sono stati distrutti 40 veicoli. I raid arrivano a 24 ore dall'attacco all'aeroporto di Istanbul, per il quale l'Isis e' considerato il primo sospettato.

I combattenti dell'Isis stavano fuggendo da un'offensiva lanciata sul terreno dall'esercito di Baghdad. Lo ha detto una fonte irachena alla Bbc. Sono stati bombardati mentre si stavano dirigendo verso zone ancora sotto il controllo dello Stato islamico, vicino al confine con la Siria, ha aggiunto la fonte. Il ministero della difesa di Baghdad ha anche diffuso un video e foto in cui si vedono le bombe cadere sugli obiettivi e una decina di camion bruciati. Domenica il governo iracheno ha annunciato di aver preso il pieno controllo di Falluja dopo un'offensiva durata cinque settimane.

Pubblicità laterale

  1. Più visti
  2. Rilevanti
  3. Commenti

Per favorire una maggiore navigabilità del sito si fa uso di cookie, anche di terze parti. Scrollando, cliccando e navigando il sito si accettano tali cookie. LEGGI