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Giovedì, 02 Maggio 2024

Intervistato da Lanuovabq, Alfredo Mantovano curatore del libro “Legge omofobia, perchè non va”, edizioni Cantagalli (2021), ha affermato che  il Ddl Zan per alcuni può essere accettato così com’è, invece per altri, va rifiutato. Soprattutto dopo che è trapelata la notizia che il testo è stato letteralmente censurato, boicottato dalla “Feltrinelli”, la più grande catena di diffusione libraria in Italia. Un episodio grave che preoccupa chi è convinto che la Legge Zan inneschi atteggiamenti liberticidi nell’ordinamento giudiziario.

Ma perché fa paura il testo curato da Mantovano? A chi fa paura? La risposta si trova nel libro stesso. Almeno per quanto mi riguarda l’ho trovata leggendo il testo e ho constatato che fa paura perchè è straordinariamente convincente; ben “confezionato”, frutto di una ricca e documentata riflessione comune maturata nell’ambito del Centro Studi “Rosario Livatino”, con il contributo di ben dieci studiosi, coordinati da Alfredo Mantovano. E’ raro discutere di una legge, dei suoi articoli, e avere una completa analisi come fanno gli studiosi di questo libro.

Il testo vuole essere una guida alla lettura dei 10 articoli del testo di legge redatto dal relatore on. Alessandro Zan, per contrastare l’omo-transfobia. I contributi sono di D. Airoma, D. Bianchini, F. Cavallo, F. Farri, C. Leotta, A. Mantovano, R. Respinti, M. Ronco, A. Salvi, e A. R. Vitale.

I primi due capitoli, inquadrano la novità legislativa nella situazione attuale e forniscono elementi per valutare la sostanziale inutilità delle disposizioni proposte.

La pubblicazione è stata completamente rivista e ampiamente accresciuta rispetto alla precedente: “Omofobi per legge?”, il suo scopo è sempre quello di mantenere uno sguardo laico e non confessionale sulla questione dell’omofobia. Un termine che ha cominciato ad essere presente nei principali quotidiani a partire dagli anni ‘90, da quando l’associazionismo gay, mette piede nelle aule parlamentari. In particolare con l’on. Franco Grillini, che si pone l’obiettivo di conseguire, più che la tutela dei “diritti” delle persone omosessuali, il riconoscimento pubblico delle unioni fra persone delle stesso sesso. “Snodo fondamentale di tale mutazione è l’alleanza strategica con quella sinistra, nata dalle ceneri del Partito Comunista Italiano, che viene assumendo sempre più i caratteri di un partito radicale di massa, espressione politica del relativismo culturale”.

In pratica la nuova sinistra, delusa dal fallimento marxista, abbraccia la questione omosessuale, rivendicando i nuovi diritti, attaccando la famiglia e il matrimonio, concepiti secondo la legge naturale.

Ben presto, l’accusa di omofobia, diventa “uno strumento efficace di lotta politica”, pertanto è omofobo chiunque si opponga all’affermazione dei nuovi diritti e al riconoscimento pubblico dei “matrimoni” same sex e delle famiglie arcobaleno. “Si passa così dalla punizione della condotta alla punizione dell’autore [...] l’omofobia finisce per stigmatizzare un modo di essere, una condizione di ritenuta squalificante arretratezza culturale”.

Ormai chi studia questo settore è convinto che siamo di fronte ad una vera e propria rivoluzione antropologica, che tra l'altro non esita a divorare i suoi stessi figli. L’ideologia di fondo di questa rivoluzione, è quella del gender, che non ha nulla a che vedere con l’esigenza di rimuovere presunte discriminazioni degli omosessuali e transessuali. La lotta dei militanti gender va oltre i diritti delle minoranze sessuali. Il loro obiettivo è quello di una volta de-costruita la sessualità, di ri-costruirla secondo il desiderio di ciascuno, disincarnandola del tutto dal corpo[...]”.

Per quanto riguarda i cosiddetti crimini (hate crime) contro le persone omosessuali, leggendo i dati degli ultimi dieci anni, dell’osservatorio OSCAD del ministero dell’Interno, si evince dai numeri che non c’è nessuna emergenza. E peraltro non esiste neanche nessun vuoto normativo, perché vi sia un impellente esigenza di nuove disposizioni.

Il testo curato da Mantovano evidenzia il forte legame dell’impostazione ideologica del Ddl Zan con la Rivoluzione sessuale del ‘68, oggi i sopravvissuti di quella rivoluzione, dovrebbero cantare vittoria. “Il percorso dissolutorio che in precedenza aveva scardinato le difese esterne all’uomo - religiose, sociali, nel mondo del lavoro e dell’economia - ha conosciuto il completamento dentro l’uomo stesso, grazie alla relativizzazione di dati la cui oggettività non era mai contestata in modo così diretto, diffuso e radicale”.

Gli estensori del libro, edito da Cantagalli, vedono nel t.u. Zan, se approvato, un significato politico e culturale, che per certi versi, chiuderebbe il cerchio, mettendo “in sicurezza”, i risultati dei nuovi diritti, fin qui ottenuti.

La messa in discussione della relazione uomo-donna, dà l’opportunità di una “ri-creazione del mondo attraverso la realizzazione di un indistinto magmatico [che]non sia più il desiderio di qualche filosofo gnostico, nè l’ansia elitaria di ‘illuminati’ tanto potenti quanto sconosciuti ai più[...]”.

Sostanzialmente per gli studiosi del Centro Studi Livatino, è una mentalità che “sta diventando persuasione di massa, mediaticamente egemone: nessuna fiction va in prima serata su una tv di Stato se non racconta una storia omosessuale e se non fa l’apologia della canna”.

A fronte di questa deriva, per Domenico Airoma, che ha scritto il 1 e il 2 capitolo, il solo ostacolo è una ragionata riproposizione della verità sulla persona, sulla sua natura, e sulle relazioni, anzitutto fra i sessi. Attenzione tutto questo va fatto con molta pazienza, non cerchiamo il martirio, non poniamo le premesse per subirlo, “è indispensabile stare ai fatti, all’approfondimento scientifico, distinguere i fatti dalle opinioni [...] mantenendo fermi chiarezza di valutazione e di giudizio, di non allontanarsi mai - per lo meno nelle intenzioni e nello sforzo - da argomenti ragionevoli, esito di attenta riflessione”.

Occorre cercare sempre un rispettoso confronto con l’interlocutore, che è anzitutto una persona, quand’anche sia collocato su posizioni antitetiche.

Certo non è facile seguire queste raccomandazioni. Spesso i militanti Lgbt, dell’ideologia del gender, “il modo di superare l’ostacolo non è il confronto, magari aspro: è piuttosto la sanzione penale”.

Pertanto se cerchi la badante per il caro anziano, e se si propone un trans, e tu rifiuti, il tuo gesto sarà qualificato come discriminatorio, punito con il carcere. Stessa cosa per chi affitto solo a studentesse; o chi impartisce insegnamenti scientifici basati sulla realtà e non sull’identità di genere; o chi spiega i termini dell’amore fra un uomo e una donna ai frequentatori di un corso di preparazione al matrimonio.

C’è un paradosso in questa faccenda: ora che i dogmi ideologici del ‘68 sembrano trionfanti, il prezzo però è quello di sottostare al presidio del processo e dell’esecuzione penali. Infatti, “I ‘figli dei fiori’ proclamavano di combattere i padroni e istituzioni, ma adesso la tutela delle loro conquiste è affidata a quelle toghe che mezzo secolo fa odiavano, osteggiavano e nella degenerazione terroristica perfino colpivano. Predicavano e tentavano di praticare l’anarchia e oggi si ritrovano, una volta realizzate le loro parole d’ordine, in un regime: quello della dittatura del relativismo.

Negli articoli proposti da Ddl Zan, la parte preponderante sono le sanzioni penali derivanti dall’estensione degli articoli 604-bis e 604-ter cod. pen. Sono quelli della legge Reale e Mancino. “L’estensione che viene proposta agli art. 604-bis e 604-ter del codice penale dell'orientamento sessuale e all’identità di genere fa saltare il già precario bilanciamento individuato a proposito di razza, etnia e confessione religiosa e conduce a una deriva che rischia di sanzionare non già la discriminazione, bensì l’espressione di una legittima opinione”. Per Mantovano rispondendo alle domande de Lanuovabq, c’è una incertezza nell’esatto significato delle espressioni e la nostra Costituzione indica che una legge deve essere chiara, precisa, tassativa. La Ddl Zan intende punire la manifestazione, anche privata, di un’opinione. Il libro fa l’esempio delle discussioni intrafamiliari fra una madre e una figlia che può benissimo trasferirsi in un’aula di tribunale. Un suggerimento della madre si trasforma in discriminazione. Si punisce un modo di pensare, e ancor prima di essere.

Per Airoma, la parola omofobia “si carica di una valenza etica: è lo stigma che colpisce chiunque si opponga alla costruzione dell’’omo novus’, anche semplicemente opponendo una resistenza passiva, inconsapevole, come nel caso della cosiddetta ‘omofobia interiorizzata’”. Pertanto, “omofobo è colui al quale viene attribuita una disposizione interiore di odio, per il solo fatto di non voler abbandoanre una visione dell’uomo che si pretende fondata su una legge scritta nel cuore e resa visibile dal corpo”.

Per Airoma è stata innescata con l’identità di genere, una prospettiva di respiro universale: “una vera e propria opera di nuova civilizzazione che si fonda sull’idea dell’assenza di qualsivoglia limite e che mira a superare l’uomo così come uscito dalle mani di Dio”. Attenzione, continua a precisare Airoma: “L’incriminazione serve, dunque, per un verso a consolidare le conquiste raggiunte e, per altro, a porre le condizioni per una ‘profilassi’ preventiva e per incisiva azione rieducativa nei confronti di soggetti socialmente impresentabili ed eticamente biasimevoli.

Tra gli articoli che procurano delle preoccupazioni, sottolineato da Mantovano nelle numerose interviste, c’è il 7°, ovvero quello del gender nelle scuole. A suo tempo quando era ministro dell?istruzione la Fedeli, ci si era accordati che per trattare temi sensibili a scuola come quelli sessuali, bisognava avere il consenso dei genitori, ora tutto questo salta, anche perchè tra l'altro per il 17 maggio, è stata istituita la Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia.

Con il t.u. Zan trasformato in legge, secondo Daniele Bianchini,  i genitori non potrebbero più invocare la libertà educativa per evitare l’introduzione nelle scuole di insegnamenti fondati sulla teoria gender. Peraltro la visione antropologica su cui si fonda la Legge Zan, anche se non condivisa dai genitori, sarebbe comunque ritenuta obbligatoria nei percorsi educativi proposti nelle scuole. Anzi c’è il concreto rischio “che i genitori che mettano in discussioni gli insegnamenti sull’identità di genere impartiti a scuola, siano indicati come “omofobi” e pertanto giudicati incapaci di provvedere in maniera adeguata all’educazione e all’istruzione dei figli per il loro discostarsi da quanto ‘legittimamente’ insegnato a scuola”.

E se per caso qualche genitore si azzardasse a chiedere l’esonero del proprio figlio da questi insegnamenti, rischierebbe la galera.

Naturalmente ci sarebbero forti rischi per gli insegnanti in disaccordo con l’ideologia gender.

Ma realmente che cosa accadrebbe se passasse la Legge Zan? A questa domanda si risponde con quello che è accaduto in altri Paesi, in Spagna, Fernando Sebastian Aguilar, arcivescovo emerito di Pamplona, veniva iscritto nel registro degli indagati per “omofobia”. In particolare si analizza quello che è successo negli Usa, al fioraio che si oppone di realizzare un allestimento floreale per una cerimonia di matrimonio same-sex. E poi stessa cosa per un pasticciere, il pizzaiolo, il fotografo. Tutti a rischio di perdere il lavoro e di essere incriminati e passare seri guai.

Mi fermo vi lascio alla lettura del testo tanto discusso in questi giorni.

 

 

 

Scienziati in tonaca crescono. Dalla prima edizione dell’ottobre 2013 alla terza (aprile 2021) si sono aggiunte 40 pagine e con esse altre biografie ad arricchire un saggio scritto a quattro mani da Francesco Agnoli e Andrea Bartelloni. La Fontana di Siloe, marchio dell’editore Lindau s.r.l. specializzato in biografia e saggistica cristiana, ha creduto in questo lavoro e dopo la seconda edizione del gennaio 2018 ha voluto una terza chiedendo agli autori di ampliare ulteriormente il saggio. Già la seconda edizione vedeva crescere il volume con nuove biografie: il card. Nicola Cusano (1401-1464), pilastro della moderna astronomia accanto a Nicola Oresme (1323-1382) che apriva la prima edizione, poi le biografie di James Bradley (1693-1762) e Giovanni Battista Guglielmini (1763-1817) con le prove dell’eliocentrismo descritto per primo dal canonico Niccolò Copernico (1473-1543). Nuova biografia inserita nella seconda edizione è quella di Angelo Secchi, S.J. (1818-1878): uno scienziato «moderno», un personaggio che percorre tutto l’800 con le sue turbolenze legate specialmente ai rapporti tra il nascente stato unitario, la chiesa e il mondo scientifico. La terza edizione è nuova fin dall’inizio. Ci si allontana un po’ di più nel passato, fino a toccare gli albori del secondo millennio con un personaggio affascinante e controverso: Costantino l’Africano (1020-1087). Monaco benedettino, medico, traduttore che, con la sua biografia, offre lo spunto per entrare nella storia della medicina nel periodo nel quale si incontrano il mondo latino, quello greco, quello arabo e quello bizantino e si aprono panorami affascinanti. La curiosità verso questo monaco nasce dalla lettura del suo “giuramento” che ricalca quello di Ippocrate, ma che risente di mille anni di cristianità. Giuramento trovato in un volumetto edito dall’Abbazia di Praglia e proprio da questa Abbazia viene lo scritto che chiude la nuova edizione: una intervista al suo Abate, p. Stefano Visintin. Fisico nucleare, sacerdote dal 2009, che affronta temi di grande attualità come l’integrazione tra scienza, filosofia e religione o scenari che vedono scienza e tecnica elevati al ruolo di salvatori dell’umanità, ma che, un essere microscopico, il Covid-19, ha riportato ad un sano realismo. L’intervista si affianca agli interventi già pubblicati di don Giuseppe Tanzella-Nitti e don Alberto Strumia. La nuova edizione, oltre alla nuova copertina, ha anche le note inserite a piè di pagina che rendono il testo più facilmente fruibile.

Francesco Agnoli

Andrea Bartelloni

Scienziati in tonaca. Da Copernico padre dell’eliocentrismo a Lemaitre, padre del Big Bang

La Fontana di Siloe, Saggi. Terza edizione, aprile 2021

Martedì 20 aprile 2021 si è presentato alla camera dei deputati a Roma, il primo libro edito dalla Fondazione Margherita Hack, “intelligence collettiva” autore On. Angelo Tofalo.

Un progetto ideato e realizzato grazie al Dottor Santarelli direttore scientifico della Fondazione Margherita Hack.

Santarelli ha spiegato così le ragioni del debutto della Fondazione Margherita Hack nell'editoria: "Margherita Hack ha speso la sua vita, non sempre compresa dal mondo scientifico, per coniugare la ricerca speculativa alla divulgazione. La sua filosofia di vita e di lavoro era quella di raccontare le cose difficili con parole semplici. 

Il nostro obiettivo è lo stesso:questa collana si propone di divulgare al cittadino alcune delle abilità dei Servizi segreti per una maggiore consapevolezza e per uno sviluppo di una cultura diffusa sulla sicurezza. Oltre a questo va sottolineato che i proventi del libro serviranno a finanziare il sostentamento del progetto di catalogazione del fondo librario di Margherita Hack che stiamo realizzando in collaborazione con il Comune di Trieste”.

Il libro svela in modo semplice ed intuitivo storia, struttura e ruoli di un apparato che si occupa di fornire al decisore politico il più prezioso degli strumenti: l’informazione.

Il testo raccoglie anche i contributi di autorevoli professionisti che a diverso titolo si sono occupati di “Intelligence” e che possono descrivere, attraverso esperienze vissute in prima persona, le dinamiche che si celano dietro le articolazioni dello Stato che compongono il Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica. Un affascinante mondo più noto al comune cittadino con il termine “Servizi segreti”.

L'autore e gli intervenuti aiuteranno il lettore, con un approccio didattico, a comprendere l'importanza strategica di un potentissimo strumento che si è dovuto adattare nel tempo ad un contesto molto più complesso fatto di intricate relazioni globali.
Difendere il Paese dalle minacce interne ed esterne vuol dire preservare i valori fondanti della nostra democrazia e difendere la sovranità politica dagli appetiti mondiali.

Angelo Tofalo infatti interviene così :” Questo libro è il frutto di relazioni, studi, convegni, tavole rotonde, interviste e dialoghi che hanno arricchito la mia esperienza politica ed istituzionale. Ho voluto creare un progetto editoriale per consentire a tutti, in particolar modo a chi non ha una solida cultura di settore, di comprendere rapidamente quanto per un Governo e per un Paese sia di vitale importanza poter disporre degli strumenti tipici del mondo dell’Intelligence.

Offrire ai cittadini delle letture semplificate di apparati complessi vuol dire aiutarli a comprendere meglio le azioni che possono destabilizzare o rafforzare le nostre istituzioni e renderlo parte attiva di un processo di crescita collettiva.

Intelligence Collettiva è un progetto divulgativo che ho creato con l’obiettivo di rafforzare il Sistema Paese nel suo insieme. Se vogliamo contribuire alla costruzione di un nuovo modello di sicurezza partecipata dobbiamo connettere maggiormente i tre nodi che rappresentano le principali dimensioni espressive dell'attività umana: il cittadino, lo Stato e l'azienda.”

A cosa serve raccontare dopo tanti anni, la storia di un importante esponente comunista ceco fatto fuori dai suoi stessi compagni per ordine di Stalin. La risposta la lascio ai lettori. Mi riferisco al capo comunista Rudolf Slanskij, che aveva scalato la gerarchia comunista cecoslovacca fino a diventare segretario del partito e poi vice-presidente del Consiglio dei ministri, caduto in disgrazia nel luglio del 1951. Vittima delle purghe staliniane, fu impiccato il 20 novembre 1952, dopo un processo-farsa in cui si auto-accusò dei peggiori crimini contro il regime.

La storia viene raccontata da sua moglie Josefa Slanska, in un breve saggio di 160 pagine, «Slanskij 1952. Processo & impiccagione di un gerarca comunista», Edizioni Ares (2010). La prima edizione è uscita nel 1969, col titolo, “Morte a Slanskij”. L'opera è curata da Curzia Ferrari, la prefazione è di Sergio Romano.

Il libro raccoglie le strazianti memorie della vedova di Slanskij, con le varie brutalità di cui venne sottoposta lei e i suoi figli dopo l'arresto dell'esponente comunista che era stato fino a quel momento uno dei più autorevoli feudatari dell'Urss.

Al libretto sono allegati anche gli atti e le testimonianze del processo. Si tratta di documenti pubblicati per la prima volta, durante la cosiddetta “Primavera di Praga”, sono importanti perchè favoriscono una riflessione culturale, politica e morale su questa terribile storia, che seppur indirettamente, secondo Romano, coinvolgeva anche il partito comunista italiano.

Infatti, per l'ex ambasciatore, «nessuno, fra i membri e gli amici del Pci, aveva voglia di vedersi costretto a spiegare perchè la fedeltà all'Urss avesse prevalso sui sentimenti di indignazione e riprovazione che quelle vicende avrebbero dovuto suscitare nei loro animi. Anche per questo un libro di Josefa Slanska merita di essere ricordato, letto e discusso».

Tuttavia per qualche mese sino all'invasione sovietica dell'agosto 1968, le rivelazioni sulle purghe, in particolare il processo Slanskij, furono al centro del dibattito sul cosiddetto “socialismo dal volto umano”, che agitava la Cecoslovacchia di Dubcek. Dibattito ridotto al silenzio dopo l'intervento “amichevole” del Patto di Varsavia, e quindi con la “normalizzazione” del Paese.

Per comprendere l'assassinio di Slanskij, occorre fare riferimento a qualche anno prima, quando il maresciallo Tito, venne accusato da Stalin di aver tradito i principi del marxismo-leninismo, adottando posizioni deviazioniste antisovietiche. La Jugoslavia diventa per Stalin una specie di Paese eretico, scismatico. Tanto che per un momento si pensò di far rientrare i compagni titini all'ortodossia staliniana con l'invasione dell'Armata Rossa. Alla fine si pensò che era meglio isolare Tito e compagni deviazionisti.

Pertanto in questi anni si replicarono le grandi purghe che Stalin aveva promosso alla fine degli anni trenta. Così in tutti i Paesi dell'Est, si diede la caccia al “responsabile” di deviazionismo e ai suoi complici. Questi processi, scrive Curzia Ferrari, «servivano a mettere fuori causa i presunti nemici di Stalin che si annidavano all'interno del partito [...]». Tra il 1948 e il '52, scardinare ogni revanchismo nella zona sovietica Mitteleuropa fu un obiettivo primario. Alcuni degli imputati «preferirono uccidersi anziché assoggettarsi all'umiliazione di un giudizio truccato». Mosca mandò in ogni capitale dell'Est, i propri «“missi dominici”: una banda di arroganti, imperiosi, decisi a ignorare sprezzatamente le obiezioni e le reticenze degli interlocutori locali». Gli atti di accusa furono le stesse delle grandi purghe: gli imputati furono accusati di spionaggio, collusione con i nemici di classe, con i Paesi capitalisti, con Tito, con l'intelligence americana, britannica. Infine l'atto più grave di accusa per il marxismo-leninismo: il trotzkismo. Questo era un catalogo di accuse che veniva rovesciato addosso ad ogni imputato, che addirittura doveva confessare senza riserve di aver commesso. «Il risultato fu raggiunto - scrive Romano nella prefazione - con una combinazione di mezzi persuasivi: le droghe, la tortura, la minaccia di rappresaglie sui membri della famiglia e persino la richiesta di un ultimo sacrificio sull'altare del partito e della rivoluzione».

Per chi conosce la Storia, è la stessa tecnica usata dai rivoluzionari giacobini nella Rivoluzione Francese. C'è un interessante saggio scritto da Augustin Cochen, “Meccanica della Rivoluzione”, dove lo studioso francese dimostra che la macchina rivoluzionaria alla fine stritola gli stessi macchinisti, è una tecnica che si ripete sempre in tutte le rivoluzione degli ultimi due secoli.

Ritornando all'Urss, la diabolica tournèe giudiziaria degli sgherri di Stalin inizia in Ungheria, dove come vittima fu scelto il ministro degli Esteri, Lazlo Rajik, poi si passò alla Bulgaria, qui l'agnello sacrificale, fu Traico Kostov, in Polonia viene processato Wladislaw Gomulka. Anche se quest'ultimo si salvò, perchè nel frattempo era morto Stalin.

Ritornando al processo a Slanskij, Sergio Romano precisa che il gerarca ceco non era certamente uno stinco di santo. Le memorie di Josefa, non fa cenno al colpo di Stato del 1948, dove Slanskij fu responsabile di numerose condanne a morte e della carcerazione di circa 25.000 persone. Nonostante questo curriculum funesto, Stalin, scelse di processarlo e di mandarlo a morte. 

Per accusarlo di alto tradimento e quindi per arrestarlo, secondo lo scrittore Francois Fejto, fu confezionata una lettera dai servizi segreti cecoslovacchi, dove si metteva in luce che il segretario del Pcc stava preparando la fuga in Occidente, insieme a una organizzazione di ufficiali cecoslovacchi chiamata Okapi. Una lettera che poi fu trasmessa a Mosca, che affidò il compito di processare Slanskij ad Anastas Mikojan, membro del Politbjuro.

Slanskij venne arrestato dopo un pranzo il 23 novembre 1951, episodio ben descritto dalla moglie nelle sue memorie. Il processo non fu soltanto una “purga” comunista, ci tiene a precisare Romano, ma fu anche per volontà di Stalin, un processo al sionismo. Infatti Slanskij era ebreo, così come molti dei protagonisti dei processi nei vari Paesi comunisti. Stalin non vedeva di buon occhio il cosmopolitismo ebraico, temeva di essere divorato da questo tarlo.

Sembra che nei confronti degli ebrei stava preparando una sorta di “soluzione finale”, fortunatamente, morì prima di metterla in pratica.

Ho sentito Claudio Macarelli, per telefono e mi ha spiegato che a maggio esce il suo primo romanzo Prokeite.. 

Grazie che parli ai lettori del Corriere del sud del tuo primo lavoro..con due parole di cosa si tratta, di cosa parla il tuo primo libro ?

Prokeitai – Dentro la luce, in libreria da maggio 2020, è un romanzo di avventura ambientato tra Castellabate, caratteristico borgo medievale della Costa Cilentana, e la magica isola di Procida. Attraverso una trama avvincente, porta il lettore ad addentrarsi in una serie di episodi misteriosi, che percorrono i secoli a partire dall’epoca micenea per finire nelle profondità del mare di Procida all'alba del nuovo millennio. Un libro che trasmette l'amore per il mare e l'importanza del rispetto della natura. 

So che sei stato uno sommozzatore come ti e venuta l idea ?
 
Ho sentito l'esigenza di dare spazio al mio grande amore, la scrittura. Dalle mie esperienze lavorative in molte parti del mondo e dalla mia passione per la vita sottomarina, unita a quella per la fantascienza e l'avventura, ho cercato ispirazione il mio primo romanzo, a dire la verità a una misteriosa iscrizione, e il fortuito ritrovamento di un libro mi hanno spinto, me sommozzatore professionista e appassionato di Storia, a indagare, approfittando di un lavoro che mi e stato offerto a Procida: la stupenda isola sembra infatti l’unico punto d'unione tra alcuni strani episodi, accaduti in epoche diverse. Mi sono spinto, sempre più a fondo, sia nel mare, da me tanto amato, sia nella ricerca della verità,così diviene  per il protagonista del mio romanzo una vera e propria ossessione, che lo condurrà a incredibili sorprese. Al suo fianco, due splendide donne e un variopinto gruppo di amici, compagni di un viaggio verso l'ignoto.

Dimmi qualcosa in più per il romanzo PROKEITE, che come sai e una parola Ellenica

Questo caro Giorgio queste sono delle frasi del mio libro significative per far capire al lettore cosa troverà nel leggere il mio romanzo: 

“Dopo un tempo che gli sembrò infinito tutto si calmò, la baia tornò buia, ma prima che l'ultimo tumulto d'acqua si placasse, un raggio di luce accecante li trafisse come una lancia.” “Il suo sguardo era rivolto lontano, verso quel cielo sempre più tinto dei colori del vespro, verso l'ignoto.” “«Ci sono avvenimenti del passato che è meglio non conoscere. Credetemi, è più saggio lasciarli sepolti sotto la polvere dei secoli»” “Sì, domani sarebbe andato oltre il limite. Non sapeva cosa sarebbe successo, ma sapeva che era lì per un motivo. 

Ora capiva che era nato per quel momento e niente e nessuno lo avrebbe potuto fermare.” “Tutto quello che voleva era lì in quel momento: il mare con il suo infinito mistero da esplorare e il profumo di quella terra che lo accoglieva in un rassicurante abbraccio.” “L’acqua e le forme di vita sottomarine gli scorrevano davanti come le sensazioni e i volti delle persone che si erano alternate nella sua vita in quell'ultimo periodo.” “Si sentiva libero e inebriato da quel momento, misto di passione e mistero. La sfida che lo aspettava gli dava la carica che amava sentire dentro di sé.” “Il mare avvolgeva tutto e un senso di pace e rispetto per l'immenso aleggiava tra le lamiere arrugginite della vecchia nave.” 

CLAUDIO MACARELLI 

nasce a Pistoia nel 1961. A soli cinque anni si fa regalare una maschera subacquea e appena mette la testa sott'acqua capisce di aver trovato il suo mondo. Da quell’estate passata a Baratti non abbandona più il suo elemento naturale, il mare. Trasforma quella passione infantile in un lavoro, diventando un sommozzatore professionista. Dopo più di trent'anni di attività subacquea, che lo hanno portato a immergersi in svariati ambienti marini, sente l'esigenza di dare spazio al suo altro grande amore, la scrittura. Dalle esperienze lavorative in molte parti del mondo e dalla sua passione per la vita sottomarina, unita a quella per la fantascienza e l'avventura, trae ispirazione il suo primo romanzo 

Ti ringrazio per l'intervista sperando sempre di vederci alla stampa estera quando passerà questa questione della pandemia... 

 

 

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