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Quando il popolo è contro le élite

Dalla consultazione referendaria del 4 dicembre scorso emergono due importanti lezioni. La 1a, Le elite culturali che nonostante contano su potenti mezzi vengono sconfitte dal popolo, quando volgono le spalle alla realtà. E' successo il 4 dicembre quando l'establishment politico, le elite culturali, hanno manifestato incomprensione per quanto è accaduto, ma forse per tutte le consultazioni dove nonostante tutto vince il popolo. E' successo per la Brexit e per le recenti presidenziali americane.

“I media continuano a non capire la gente comune, - scrive Marco Invernizzi  reggente nazionale di Alleanza Cattolica - quel popolo tanto evocato quanto disprezzato nella realtà. A un popolo che ha problemi sempre crescenti a mettere insieme il pranzo con la cena, la classe politica offre il matrimonio gay, il gender nelle scuole e pretende pure di presentarle come iniziative di progresso. Peraltro,“questa parte del popolo non compra più i giornali, non si lascia influenzare più di tanto dalla TV e ha soltanto bisogno che qualcuno la aiuti a formarsi e a crescere, culturalmente anzitutto”.

Il SI è stato presentato come un voto responsabile abbastanza lontano dai cosiddetti populismi e soprattutto vicino alla comunità internazionale, all'UE e agli investitori. Ma nonostante questo ha vinto il NO.

Per quale motivo? Probabilmente perchè si demonizza in continuazione e con insistenza ogni voto che non si adegua agli schemi dell'elite. Pertanto se fai capire“che è meglio limitare il più possibile il voto stesso, soprattutto quando passa per un referendum, la conclusione che ne trae chi ti ascolta e tiene al proprio voto – non gli è rimasto altro per esprimere il proprio orientamento – è dirti nella maniera più chiara che non è d’accordo.” E se poi a risultato acquisito,“insisti nel disprezzare sul risultato delle urne e lo qualifichi come incivile, hai veramente voltato le spalle alle realtà”. (A. Mantovano, Le Elite sconfitte se volgono le spalle alla realtà, 7.12.16, Il Nuovo Quotidiano della Puglia).

In questo disprezzo si sono distinti sia la sinistra radicalchic, che la destra perbenista, entrambe uscite mazzolate dal referendum.

Praticamente il SI poteva contare“su uno spiegamento impressionante: risorse senza limite, media proni, sponde e sostegni di ogni tipo in Europa e sulla scena internazionale e finanziaria. Il fronte del No ha opposto le mani nude ai missili e ai cannoni”. La cosiddetta “accozzaglia” del No, era una composizione diversificata, tra questi, c'era la componente delle famiglie italiane che peraltro“non si sentono rappresentate da nessuno e che protestano contro la propria umiliazione, accelerata negli ultimi tre anni”.

Per Mantovano,“qualcosa di analogo è accaduto negli Usa: H. Clinton confidava su un’ampia raccolta di voti femminili, puntando sull’essere la prima donna con serie possibilità di diventare presidente e sulla caricatura sessista dell’avversario. Ha incassato meno di quanto sperato perché a larga parte delle donne americane interessa arrivare alla fine del mese, mantenere il posto di lavoro, recuperare uno standard di vita minimo, molto più dei “diritti” lgbt, che hanno costituito un punto qualificante della sua compagna, a scapito dei diritti delle famiglie”. Sicuramente le motivazioni del NO sono state varie, ma è pur vero che hanno avuto un certo peso anche quelle del popolo del Family day. Voglio ricordare che al Circo Massimo, il 30 gennaio scorso, su uno striscione vicino al palco della manifestazione delle famiglie c'era scritto “Matteo ci ricorderemo”.

Pertanto,Il premier ha deriso quella piazza e il suo leader, Massimo Gandolfini, poi l’ha disprezzata imponendo con doppia fiducia la legge cosiddetta sulle unioni civili (nella sostanza il matrimonio same sex), dopo aver fatto passare con lo stesso metodo altre leggi ostili alla famiglia. Qualche mese dopo quel popolo – qualche milione di persone – “si è ricordato”. Per Mantovano, “sarebbe grave se questa componente del No fosse ignorata ancora adesso, dopo esserlo stata dai media, dai commentatori e dal premier per l’intera campagna referendaria; sarebbe grave per il rispetto che si deve agli elettori e alla verità”.

Adesso dopo il referendum che cosa bisogna fare? Certamente a questo punto, non basta un NO,è necessario passare dalla piazza – che è una ricchezza e non va abbandonata – a qualcosa di più e di più strutturato”. E' un monito che vale per tutti, anche per il mondo cattolico, che non ha capito e continua a non capire quello che  è successo negli Usa, demonizzando Trump. Tuttavia per le elezioni presidenziali americane, c'è un dato che viene ignorato, per Trump “hanno votato il 61% dei mormoni, il 60% dei protestanti, il 55% di altre confessioni cristiane e perfino il 52% dei cattolici. Sono cifre, non valutazioni: non trasformano Trump nel paladino della fede, né eliminano i nodi problematici della sua controversa figura: dovrebbero però – dentro e fuori gli Usa – far sollevare delle domande e far cercare delle risposte”.

Comunque sia il NO del 4 dicembre“è un incoraggiamento popolare – non populista – a non accontentarsi di aver fermato il pericolo: e a chiedersi, in epoca di crollo demografico, come ridare dignità alla famiglia”.

Un altro messaggio importante che possiamo trarre da questo referendum è quello che il popolo è presente e fa bene la sua parte, ma sono assenti  i capi, quelli che dovrebbero guidare questo popolo. Ma questo purtroppo, sembra una costante nella Storia delle varie insorgenze popolari. Mantovano è molto sensibile sulla questione leadership. Qualche anno fa ha organizzato a Lecce con il suo“Progetto Osservatorio” una serie di incontri, denominati “Le sfide della leadership” proprio per evidenziare la mancanza di classe dirigente per il nostro Paese. Pertanto anche in questa occasione fa notare che in Italia mancano i capi. L'esponente cattolico salentino per promuovere quegli incontri culturali e politici, utilizzava delle puntuali parole di San Giovanni Paolo II, pronunciate il 3 novembre 1984:“I capi non s'improvvisano, soprattutto in un'epoca di crisi. Trascurare il compito di preparare nei tempi lunghi e con severità d'impegno gli uomini che dovranno risolverla significa abbandonare alla deriva il corso delle vicende storiche”. Con parole nostre potremmo dire i capi non si acquistano al supermercato.

Con una buona dose provocatoria Mantovano in un fondo apparso sul quotidiano online LaNuovaBQ.it, sostiene che in questo momento manca un Hofer versione 2016 e non si riferisce a  Norbert Hofer, l'esponente del Partito della Libertà austriaco. Fa riferimento ad Andreas Hofer, quel padre di famiglia, che guidò l'insurrezione del popolo tirolese nel 1807 contro l'invasore francese Napoleone Bonaparte.“Il popolo non voleva Bonaparte e si attendeva che le elité guidassero la resistenza: ma i capi scapparono o si accordarono con l’invasore e, alla ricerca di una guida vera, i valligiani si rivolsero a chi stimavano e ritenevano affidabile”. Pertanto scrive Mantovano: Il popolo c’era. Allora come ora. Mancano i capi, Allora come ora”(A. Mantovano, Il popolo c'è mancano i capi, 5.12.16, LaNuovaBQ.it)

In conclusione quale dev'essere l'impegno per chi si è speso in questi anni nella battaglia culturale a favore della famiglia naturale e tradizionale. Lo sforzo del comitato “Le famiglie del NO”, “è stato ignorato, dai media e preso sul serio soltanto da un pugno di politici”, scrive Invernizzi,adesso si tratta di organizzarlo come movimento di popolo, con una struttura e una classe dirigente, con una presenza capillare sul territorio, non per costituire l’ennesimo partito ma un soggetto che faccia pressione sulla classe politica e organizzi quei milioni di persone che non si sono rassegnate alla morte dell’Italia, ma vogliono costruire il mondo di domani partecipando oggi alla sua nascita”.

Inoltre il voto al referendum, ha ricordato altre verità, Il mondo cattolico ha perso un’occasione per fare imparare ai fedeli l’importanza di scegliere in base a dei criteri comuni, che possono venire soltanto dalla dottrina sociale della Chiesa. Il problema nel merito non era Renzi, ma una riforma che ridimensionava i corpi intermedi fra la persona e lo Stato. Rifiutandosi di adottare questo criterio, i vescovi e i grandi mezzi di comunicazione hanno lasciato che associazioni e movimenti votassero divisi, anche al loro interno. Il risultato è stata la frantumazione, spesso con motivazioni incomprensibili. Sarebbe stata invece l’occasione per dire che i cattolici possono anche avere opinioni diverse, ma devono comunque partecipare e scegliere avendo dei criteri comuni, che nascono soltanto dal Magistero sulla società”. (“Dopo il referendum”, 5.12.16. www.alleanzacattolica.org)

 

 

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