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Giulio Regeni non era una spia

Giulio Regeni non era una spia: I servizi lo ripetono da giorni, da quando cioè si sono diffuse le voci che il giovane ricercatore trovato morto al Cairo fosse in realtà stato inviato dagli 007 in Egitto.

Ma ora l'ipotesi viene rilanciata dall'Huffington, e ripresa dal quotidiano Il Giornale che secondo cui "proprio nelle quarantotto convulse ore consumate a cavallo del ritrovamento del corpo martoriato di Giulio Regeni, il generale Alberto Manenti, direttore dell’Agenzia per la sicurezza esterna (Aise), si è trovato al Cairo faccia a faccia con i vertici dei servizi segreti egiziani".
Una coincidenza? È possibile che fosse una missione programmata da tempo. Così come è possibile che Manenti sia stato inviato dal governo per fare pressione sulle autorità egiziane nelle ore in cui si iniziava a temere la tragedia. "Sta di fatto che il viaggio di Manenti è avvenuto al termine di una escalation di contatti tra Roma e il Cairo, cominciata con una urgente e ripetuta richiesta di informazioni fatta dal nostro ambasciatore alle autorità egiziane, proseguita con un intervento diretto del ministro degli Esteri Gentiloni al suo omologo, e culminata con un doppio colloquio telefonico tra il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il presidente al-Sisi", spiega l'Huffington Post, che aggiunge come il ritrovamento del cadavere sia avvenuto proprio nel giorno in cui Manenti avrebbe lasciato il Cairo: "Una tempistica così precisa da autorizzare a ritenere che, chiunque siano stati gli assassini, il governo egiziano fosse venuto in qualche modo a conoscenza di ciò che era accaduto".

Intanto pero anche una nota attivista egiziana, Mona Seif, ha sostenuto su Twitter e Facebook che l'investigatore capo del caso Regeni ha un precedente per tortura. "Khaled Shalaby, l'ufficiale cui è stato assegnato il caso di Giulio Regeni, fu condannato da un Tribunale penale di Alessandria nel 2003 per falsificazione di rapporti di polizia e - assieme a due altri funzionari - per aver torturato a morte un uomo", scrive in inglese Seif sulla sua pagina Facebook cui rimanda un suo tweet. Shalabi "fu condannato a un anno di prigione - la sentenza fu sospesa", si limita ad aggiungere il testo che allega un link a un blog e al sito dell'Ong Arabic Network for Human Rights Information (Anhri).

Il generale Shalabi è l'inquirente che, presentato col titolo di "direttore dell'Amministrazione generale delle indagini di Giza", in dichiarazioni rilanciate giovedì da un sito egiziano aveva sostenuto che per Regeni "le indagini preliminari" parlavano "di un incidente stradale". Seif è sorella di Alaa Abdel-Fattah, uno dei più importanti attivisti e blogger egiziani che nel febbraio dell'anno scorso è stato condannato a cinque anni di reclusione per aver partecipato nel novembre 2013 a un raduno "non autorizzato" sfociato anche in violenze contro la polizia. Seif è diventata famosa per il suo attivismo durante e dopo la rivoluzione egiziana del 2011.

Il sito dell' "Arabic Network for Human Rights Information" (Anhri), l' Ong cui rimanda il link dell'attivista Mona Seif, scriveva nel 2007 "che il 18 giugno 2003 la corte d'Assise di Alessandria ha condannato a un anno di carcere con la condizionale tre poliziotti: il tenente colonnello Khaled Shalabi e i capitani Haitham el Kilani e Abdel Ghaffar el Dib per aver ucciso un cittadino, Shawki Ahmed Abdel, dopo averlo torturato". Shalabi in queste ore è capo delle indagini su Regeni: il sito Elwatannews ancora dopo mezzogiorno di oggi scriveva che "le forze guidate dal generale Khaled Shalabi, direttore del Dipartimento generale delle indagini" di Giza "continuano ad ascoltare sospetti".

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