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"È da sei mesi che chiediamo il cambio delle regole della Missione Sophia perché prevede che tutti gli immigrati soccorsi dovessero sbarcare in Italia. In 6 mesi in Europa ci hanno detto sempre No. Se ora qualcuno, pensando di fare un danno all'Italia, si sfila per noi non è assolutamente un problema. Qual è il nostro interesse a pagare? Viene meno? Ce ne faremo una ragione". Così il ministro dell'Interno Matteo Salvini in conferenza stampa al Viminale. "Leggo tante parole al vento: deportazioni, nazismo. Si dovrebbero vergognare ad accostare uno dei più crudeli episodi della storia a una gestione dell'immigrazione basata sul rispetto". 

C'è una strana coincidenza nella scelta di Angela Merkel di far trapelare i propri dubbi sulla missione Sophia proprio nel giorno della firma del Trattato di Aquisgrana con cui si propone, insieme al presidente francese Emmanuel Macron, di creare "un nuovo ordine internazionale" fondato sulla collaborazione franco-tedesca. Forse, nella testa dei due alleati, c'era l'intento di mettere in difficoltà l'Italia. Chiamarsi fuori dall'operazione Eunavfor Med Sophia, lanciata nel maggio del 2015 su impulso dell'allora premier Matteo Renzi, significa lasciare Roma ancor più sola se possibile nella gestione dell'emergenza immigrazione. 

Sebbene la missione sia stata pensata per fermare il traffico degli immigrati nel Mediterraneo centrale e, al tempo stesso, contribuire alla stabilizzazione della Libia, il punto debole dell'accordo sta nel fatto che tutti gli immigrati soccorsi vengano fatti sbarcare solo in Italia. "Non so in cambio di cosa Renzi abbia sottoscritto questo accordo tanto geniale...", commenta Salvini ricordando che la missione Sophia ha contibuito a portare nel nostro Paese ben 500 mila immigrati. Per questo, a detta del vicepremier leghista, "se qualcuno si fa da parte", per l'Italia "non è certo un problema".

Lo strappo della Germania ha aperto il vaso di Pandora. Perché se è vero che la missione Sophia è stata pensata e per risolvere l'emergenza immigrazione è anche vero che nel corso degli anni non ha fatto altro che portare in Italia tutti gli immigrati che venivano soccorsi nel Mar Mediterraneo. 

Ed è proprio al nostro paese che potrebbe essere rivolto il gesto dell’uscita della Germania dalla missione Sophia. Quest’ultima viene concepita in sede europea nel maggio 2015, in una delle fasi cruciali dell’emergenza immigrazione. Promotrice è l’Ue, con il rappresentante della politica estera Federica Mogherini: si cerca di dare, all’epoca, un segnale a Roma circa l’impegno comunitario nel contrasto all’immigrazione ed agli sbarchi lungo le coste italiane. Una missione che prevede per l’appunto l’impegno congiunto di diversi paesi europei, tra cui la Germania per l’appunto, nel pattugliare il Mediterraneo. 

Intanto Angela Merkel e Emmanuel Macron hanno firmato il trattato di Aquisgrana, che rilancia l'amicizia e la collaborazione franco-tedesca. Prima dei due leader, il trattato è stato firmato dai ministri degli Esteri di Francia e Germania. Si tratta dell'intesa che rilancia il contratto dell'Eliseo, che nel 1963 fu firmato da Korad Adenauer e Charles de Gaulle. 

"Oggi è un giorno molto significativo per i rapporti franco-tedeschi", "significa che vogliamo andare avanti mano nella mano",  ha detto la cancelliera prima della firma del trattato franco-tedesco. Alla luce della storia del passato, e della inimicizia passata fra i due Paesi, "questo non è scontato", ha continuato. Dopo la seconda guerra mondiale, portata dalla Germania in Europa, c'è stata la riconciliazione, e poi l'amicizia, ha spiegato. "E questo non potrebbe renderci più felici", ha concluso Merkel.

Di fronte alle molte sfide che si presentano oggi in Europa, "Francia e Germania devono assumersi la responsabilità e parlare con una voce sola", ha affermato Macron, citando "i nazionalismi che minacciano l'Europa", la "scossa" che proviene dalla Brexit, ma anche "il terrorismo, il cambiamento climatico" e le nuove dinamiche economiche. Il presidente francese ha anche sottolineato che le minacce "non provengono solo dall'esterno, ma anche dall'interno" della nostre società.

Oggi però, con il trattato di Aquisgrana, quel mondo di appena quattro anni fa sembra superato. Davanti la diplomazia europea, si piazza quella della coppia europea per eccellenza. E questo messaggio deve essere ben recapitato ad una recriminante Italia, che con i governi di Parigi e Berlino al momento non va proprio molto d’accordo. Dunque la Germania si tira fuori da Sophia, la Francia copre politicamente la ritirata. E l’Italia, dal canto suo, non può far altro che prenderne atto  

Ad Aquisgrana va in scena un’intesa che è destinata a provocare ripercussioni importanti. “La mossa avrà numerosi effetti dirompenti”, sostiene La Verità. “Innanzitutto a Washington, dove dovremo attenderci reazioni poco composte da parte di Donald Trump, ma anche in Italia e nel resto dell’ Ue. Non tanto perché l’Onu sia considerato decisivo, quanto perché il passo segna la rottura definitiva della finta impalcatura della diplomazia europea, quella guidata da Lady Pesc, Federica Mogherini, tanto per capirsi. La speranza è quella di assemblare una sola locomotiva che traini l’ Ue. Il senso è: o la va o la spacca”. E in questo contesto, il nuovo partenariato porterebbe a una convergenza di interessi tra i due Paesi che metterebbe a repentaglio la posizione del nostro Paese nel contesto comunitario

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Il trattato rinnova quello siglato all’Eliseo nel 1963, ma nasce in un contesto storico plasmato in maniera molto divergente rispetto a quello di allora. “Questo trattato sarà siglato in un’Europa completamente diversa, dove non esiste più il pericolo sovietico, che oggi potrebbe essere rappresentato dal pericolo russo ma con caratteristiche decisamente diverse, e nemmeno il protettorato americano, con gli Usa che hanno spostato il proprio sguardo nel Pacifico – commenta il filosofo, politologo e germanista Angelo Bolaffi – Oggi, con l’ascesa dei cosiddetti sovranismi, la priorità è quella di creare un forte e compatto nucleo europeista nel cuore dell’Unione”.

Aquisgrana è una città che richiama alla mente evocativi riferimenti storici. Nel 765 e nel 768, rispettivamente, il re dei Franchi Pipino il Breve e il suo erede Carlo Magno vi trascorsero il Natale, elevando la città a sede invernale della corte regia prima e imperiale poi, mentre nel 936 Ottone I, futuro imperatore del Sacro romano impero, fu incoronato re di Germania. Aquisgrana è la città simbolo del legame tra Francia e Germania e, non casualmente, è stato scelta come sede della firma del nuovo trattato che regola le relazioni tra Parigi e Berlino.

­Il doppio standard è la conseguenza diretta dell’asse franco-tedesco. Aquisgrana secondo il quotidiano Italiano il Giornale nasce come estremo tentativo di resistenza all’influenza crescente degli Stati Uniti di Donald Trump nel nostro continente, sostanziato in particolar modo con la vicinanza ai Paesi governati dai cosiddetti “sovranisti”, Italia in primis. Saint Nazaire non rappresenta, in questo contesto, un’eccezione, ma ciò che potrebbe riservare l’Europa esterna all’asse di Aquisgrana nei prossimi mesi. .

­Una sinergia crescente tra Parigi e Berlino che tenderebbe ad escludere gli altri Paesi, di maggiore o minor taglia che siano. “Basti pensare alle dichiarazioni del ministro francese dell’ Economia, Bruno Le Maire, che si è speso per fare pressioni sul regolatore Ue affinché la fusione tra Alstom e Siemens venga approvata senza indugio.
La firma del nuovo trattato di Aquisgrana getterà ponti preziosi per fondere i rispettivi colossi e nulla impedisce di pensare che banche francesi possano intervenire in Commerzbank e pure in Deutsche Bank

La scelta dei membri della Commissione scrive il giornale e la nomina del successore di Mario Draghi alla Bce potrebbero rappresentare un’ulteriore conseguenza di Aquisgrana. La miopia della mossa di Macron, che punta ad “allearsi col vincitore” o presunto tale, a costo di minimizzare il rischio di governi attualmente non allineati come quello italiano, si sposa con la generale problematica del nuovo asse di Aquisgrana come motore di una nuova Unione europea. 

Possono un leader delegittimato come Macron e un cancelliere a fine corsa come la Merkel proporsi come volti credibili per dare nuova linfa all’Europa? Risulta praticabile la mossa di rafforzare in maniera tanto palese la crisi di legittimità delle istituzioni comunitarie a costo di preservare le rendite di posizione dei due Paesi? Soprattutto, funzionerà, specie alla luce delle conseguenze dell’ultimo “asse” di questo tipo, che ha portato all’assalto della Troika alla Grecia e alle manovra non troppo scoperte contro l' Italia di Berlusconi nel 2011 ? 

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Gente che per millenni si è fatta chiamare in altri modi, nel 1946 si è ricordata di colpo che si chiamerebbero "macedoni". Fino a quando Tito per motivi di rivendicazione dell'accesso al mare, attraverso il Porto di Salonicco, ha deciso di chiamare la Vardanska col nome di "Repubblica Socialista di Macedonia" nessuno di questi "macedoni" sospettava di essere "macedone"....ecco i accordi che fa il governo greco vuole chiamare Vardanska "Macedonia del nord" ..Alessandro Magno era greco e come tale si definiva egli stesso. Basta guardare anche la lettera di Alessandro a Dario III Codomano, inviata dopo la battaglia di Issus nel 333 A.C. Dal testo scritto da Alessandro in persona:"I vostri antenati hanno invaso la Meacedonia ed il resto della Grecia (quindi per Alessandro la Macedonia era parte della Grecia) e ci fece danno, nonostante non vi avessimo portato alcuna provocazione. Sono stato nominato Comandante in Capo dei Greci (non dei macedoni, ma dei greci...al cui popolo e cultura Alessandro apparteneva) e con il compito di punire i persiani sono entrato in Asia, poichè voi siete gli aggressori. Del resto Aristotele, maestro di Alessandro cos'era? E Vergina, Pella, Pydna, Dion, Salonicco dove sono? E in che alfabeto scrivevano i macedoni? Greco o slavo? Comunque FYROM si chiamava Vardanska. Non lo dico io, ma lo stato jugolsavo. Ecco qui un loro francobollo, ove la regione in questione si chiama appunto Vardanska....

Scontri e proteste ad Atene dove migliaia di persone si sono ritrovate per manifestare contro l’accordo con la Macedonia (che deve essere ancora ratificato) riguardo la disputa sul nome del Paese da modificare in ‘Repubblica della Macedonia del Nord’. Piazza Syntagma si è riempita di bandiere greche ed è stata luogo di scontro con la Polizia che ha risposto con i lacrimogeni ai lanci di oggetti da parte dei dimostranti che manifestavano contro l’accordo fatto lo scorso giugno dal primo ministro greco Alexis Tsipras e il primo ministro macedone Zoran Zaev per cambiare il nome della Macedonia in “Repubblica della Macedonia settentrionale”. Approvato dalla Macedonia, il cambio di nome dovrà essere ratificato anche dal parlamento greco. La discussione inizierà questa settimana e il voto finale dovrebbe arrivare venerdì. Durante le manifestazioni ci sono stati scontri molto violenti con la polizia 

326 pullman provenienti da tutto il paese, e in particolare dalla Grecia settentrionale, hanno portato migliaia di manifestanti ad Atene che hanno sventolato bandiere della Grecia e cantato “la Macedonia è greca”. Il dato è stato comunicato dalla polizia, mentre gli organizzatori un comitato contrario al cambio di nome della Macedonia ha parlato di 3 mila bus. Il centro della capitale è stato chiuso al traffico per gran parte della giornata, così come le stazioni della metropolitana vicino a Syntagma, sede frequente dei grandi raduni che si trova di fronte al parlamento greco.

Verso le tre del pomeriggio circa 30 giovani con il viso coperto sono riusciti a infiltrarsi nella manifestazione fino a quel momento pacifica: hanno lanciato sassi, bottiglie, molotov e altri oggetti contro la polizia, cercando di forzare anche l’entrata del Parlamento. Gli agenti, in tenuta antisommossa, hanno risposto con gas lacrimogeni che hanno provocato la dispersione di molti manifestanti.

Negli scontri sono stati feriti almeno 25 poliziotti e due manifestanti sono stati ricoverati in ospedale per disturbi respiratori. Il gruppo di infiltrati ha poi attaccato direttamente i fotografi e i cameramen presenti rompendo loro l’attrezzatura. Un giornalista è stato portato in ospedale. La polizia ha fatto sapere che sono state arrestate sette persone.
Hanno attaccato i poliziotti con bastoni e manganelli, mandando dozzine di feriti all’ospedale». Sempre domenica, circa 300 anarchici hanno organizzato una contro-manifestazione pacifica. La polizia aveva alzato delle barriere per prevenire gli scontri.

La scorsa settimana l’accordo sul nome della Grecia aveva causato le dimissioni del ministro della Difesa Panos Kammenos e l’uscita dalla coalizione del suo partito, ANEL, il partito dei Greci Indipendenti, nazionalista e di destra. Tsipras aveva dunque chiesto un voto di fiducia sul suo governo e il Parlamento aveva votato a favore. Kammenos era sempre stato contrario all’accordo stretto da Tsipras sulla Macedonia così come i partiti di opposizione. Alla manifestazione di domenica hanno partecipato anche alcuni esponenti di Nuova Democrazia, il principale partito greco di centrodestra, così come l’ex primo ministro conservatore Antonis Samaras che l’aveva definita «una dimostrazione per la democrazia» e alcuni preti. Erano presenti anche i membri della comunità monastica del Monte Athos: hanno dichiarato che l’accordo «distorce la storia» e hanno chiesto un referendum sull’accordo. Il partito neonazista Alba Dorata aveva invece invitato esplicitamente i suoi sostenitori a protestare.

Le origini della disputa sul nome con la Grecia risalgono al 1991, quando la Macedonia dichiarò la sua indipendenza dalla Jugoslavia scegliendo il nome “Repubblica di Macedonia”, lo stesso nome che aveva messo Tito mentre prima quando faceva parte della federazione jugoslava il suo nome era  Vardanska  . Già allora alcuni cittadini e politici greci accusarono il nuovo paese di essersi appropriato di un nome e di un’identità culturale e storica appartenente a un’area geografica che rientra nei confini dello stato greco, la regione della Macedonia appunto.

Cosi non va giù ai greci l’idea che la Fyrom (Former Yugoslav Republic of Macedonia) assuma il nome di “Repubblica di Macedonia del Nord”. E ieri in decine di migliaia (gli organizzatori parlano di mezzo milione) di persone si sono ritrovate ad Atene in piazza Syntagma per protestare bandiera in pugno contro l’accordo del giugno 2018 tra il governo Tsipras e quello macedone di Zoran Zaev, mediato dall’Unione Europea sia per porre fine ad una questione rimasta aperta dal 1991, sia per garantirsi il via libera della Grecia all’adesione di Skopje.

Dopo il via libera del Parlamento macedone al cambio del nome, tocca ora a quello greco fare altrettanto, ma la cosa sembra tutt’altro che in discesa. In Macedonia il referendum popolare di tre mesi fa aveva visto l’affluenza di solo il 35% degli elettori, un risultato atteso vista al campagna per il boicottaggio del voto fatta attraverso centinaia di account fasulli su Facebook, cosa di cui sono stati accusati i russi.

L'intesa voluta dal Governo ma non dalla maggioranza della Popolazione Ellenica mette fine a una querelle diplomatica,ma questo accordo non fa felice la Russia che capisce che la Fyrom non e Macedonia anche perche il passo successivo sarebbe l' adesione della Skopjie  all’Unione Europea è quello del passaggio alla Nato.

L'opposizione all'accordo ha raccolto adesioni bipartisan, dall'estrema destra di Alba Dorata ai Socialisti, fino a diversi esponenti della Chiesa, a cominciare dai monaci della comunità monastica del Monte Athos. Dopo l'uscita dalla coalizione del partito Greci indipendenti (Anel) dell'ex ministro della Difesa Panos Kammenos, Tsipras guida un governo di minoranza e avrà bisogno dell'appoggio di deputati indipendenti e dell'opposizione per riuscire a far passare in Parlamento l'intesa. Per molti greci, il nome Macedonia si riferisce solo alla provincia settentrionale greca nota per aver dato i natali al conquistatore Alessandro il Grande.

Da qui, la querelle diplomatica sul nome della Repubblica vicina che finora ha impedito a Skopje di far richiesta di adesione all'Ue e alla Nato. Tsipras ha presentato l'accordo come "un passo storico" verso la normalizzazione delle relazioni tra i due Paesi e ha esortato "le forze progressiste" a sostenere l'intesa. Per il premier greco, il nuovo nome - Macedonia del Nord - offre "una chiara distinzione" tra la regione greca e il Paese vicino; inoltre è previsto che Skopje non possa rivendicare alcuna relazione con l'antica civilta greca di macedonia ma apre ovviamente problemi politici e strategici per il futuro

L'accordo è stato ratificato dieci giorni fa dal Parlamento macedone e aspetta ora il via libera dei deputati greci. Mercoledì il Parlamento di Atene ha confermato la fiducia al governo con 151 voti contro 148, facendo tirare un sospiro di sollievo al premier, Alexis Tsipras, che conta di mettere ai voti l'accordo la prossima settimana.

Ma l'intesa trovata con la Macedonia per il cambio di nome ha suscitato la dura reazione popolare: secondo le stime della polizia erano 60 mila (per gli organizzatori 300 mila) le persone da tutta la Grecia che si sono radunate a Piazza Syntagma, nel centro di Atene, assediando il palazzo del Parlamento chiedendo di non ratificare l accordo ma anche contro l austerita del Governo verso la Popolazione Ellenica che ha trasformato il Paese il piu povero della Ue.

Durante il Natale i cristiani si prostrano davanti all'immagine di Gesù bambino. Sono gli stessi che il Venerdì Santo si genuflettono davanti al crocifisso. «E forse in questo bipolarismo c'è una risposta, perché nel tardo medioevo la contemplazione dell'umanità di Gesù si è concentrata sugli episodi dell'infanzia e della passione. Basterebbe pensare ai misteri del rosario». Nelle vacanze natalizie ho letto un libro che riesce bene a inquadrare la storia del culto a Gesù Bambino. Una storia che riesce ad esporre il sacerdote spagnolo Michele Dolz in un documentatissimo libro dal titolo, «Il Dio Bambino. La devozione a Gesù Bambino dai Vangeli dell'infanzia a Edith Stein», pubblicato da Mondadori nel 2001. Nel testo il sacerdote ci spiega dove è nato questo culto e come si è sviluppato all'interno della Chiesa. Soprattutto racconta quali sono stati i santi a praticarla, a svilupparla e a diffonderla.

Inoltre il testo elenca quali sono le immagini più celebri e venerate, il testo ne pubblica alcune. Infine don Dolz sviluppa le ragioni teologiche che sostengono questa devozione. Dolz prima di passare ad approfondire tutti questi elementi, avverte citando lo storico del Medioevo Huizinga che questa devozione al Bambino Gesù può apparire grottesca e capricciosa.

Cosa si può pensare quando una persona culla tra le braccia la statuetta del bambino cantandogli ninna nanne, Anche se questo si può rimandare per altre occasioni come il rapporto di amore tra due amanti.

Nel testo di Dolz si fa riferimento a visioni, rivelazioni, apparizioni e fenomeni mistici straordinari, veri o presunti. Anche se la Chiesa è andata sempre cauta riguardo a questi aspetti. Peraltro l'autore del libro avverte che lui su questo tema non prende posizione, perchè spesso i racconti sono privi di attendibilità.

L'interesse di Dolz è quello di comprendere come veniva vissuto in determinati ambienti la devozione al Gesù Bambino.

Dolz specifica di aver fatto delle scelte, una selezione, soffermandosi su quei santi che hanno vissuto con eroismo la loro devozione e forse le loro esperienze mistiche. Un'ultima avvertenza, la devozione al bambin Gesù non è solo un fenomeno vissuto (nell'ambiente religioso) da un'élite religiosa, ma certamente è una pratica vissuta anche tra il popolo.

Andando a studiare le radici di questa devozione al Bambino, Dolz, inizia dai Padri della Chiesa, che sono stati attenti al significato teologico che non all'aspetto della «ricreazione contemplativa», i padri sottolineavano maggiormente la divinità di Cristo. Si comincia con Sant'Atanasio (295-373), vescovo di Alessandria in polemica con i manichei è interessato a difendere il corpo umano di Gesù che nasce da Maria con un corpo vero e si nutre di veri alimenti. Poi S. Gregorio Nazianzeno (329-390) che propone i vari personaggi intorno alla nascita di Gesù descritti nel Vangelo. Quindi si passa alle descrizioni di Sant'Ambrogio e S. Girolamo che dimorò per lunghi anni a Betlemme.

Una eccezione nel panorama patrististico è S. Leone Magno 8400-461) che ha dedicato ai misteri dell'infanzia numerose omelie. Tutta la vita di Gesù per S. Leone ha avuto un valore redentivo a cominciare dall'incarnazione. S. Leone evidenzia le proprietà delle due nature: divina e umana. In quel momento storico occorreva ribadire con forza che Cristo è vero Dio e vero uomo contemporaneamente, senza mescolanze delle nature né separazione in due persone più o meno vincolate.

Pertanto Dolz può scrivere: «mentre la contemplazione del Bambino nel presepio ci mostra la debolezza umana, l'annuncio degli angeli ne rivela la grandezza divina. Ai magi appare come Re, mentre fuggendo da Erode dimostra di essere un vulnerabile bambino». Così dunque i Magi, afferma S. Leone: «Adorano il Verbo nella carne, la Sapienza nell'infanzia, la Virtù nella debolezza e il Signore della maestà nella realtà dell'uomo». Cristo ama l'infanzia, sentenzia S. Leone.

Interessante il culto della grotta di Betlemme, fin dai primi tempi S. Girolamo reputava il luogo dove è nato Gesù più sacro della rupe Tarpea. Altro elemento da considerare nel diffondersi della devozione all'infanzia di Gesù Bambino sono i pellegrinaggi in Terra santa, si conservano a questo proposito dei «souvenir» destinati a mantenere viva la memoria dei cristiani come a Monza dove si trovano diverse ampolle del VI° secolo con l'immagine dei Magi e dei pastori adoranti il fanciullo in braccio a Maria. Il sacerdote ricorda pure la reliquia della culla di Santa Maria Maggiore a Roma.

La «Sacra Culla» che si fa risalire l'arrivo a Roma ai tempi di papa Teodoro (642-649) che era di origine palestinese, l'avrebbe avuto in dono dal patriarca di Gerusalemme San Sofronio, per salvarla dall'invasione maomettana.

E' un dato di fatto dall'XI° secolo, la Sacra Culla, ha nutrito la devozione alla nascita e all'infanzia di Cristo nel popolo romano. Da segnalare che don Dolz per la sua indagine su Gesù Bambino, prende in considerazione anche i vangeli apocrifi, anche perché i Vangeli canonici narrano pochi e scarni episodi dell'infanzia di Gesù. Peraltro i temi preferiti da questi vangeli apocrifi sono proprio l'infanzia di Gesù. Pertanto al di là di quello che si può pensare, certamente questi vangeli per Dolz sono una lettura importante per comprendere il comune sentire del cristianesimo primitivo.

Tuttavia è con San Bernardo, nel XII° secolo che dopo aver troppo sottolineato la divinità di Cristo, si fa strada «una nuova sensibilità», si avvia la stagione della scolastica. In questo periodo che è stato coniato l'espressione «umanesimo monastico», soprattutto nei monasteri dei cistercensi.

In questi monasteri nasce abbondante letteratura spirituale e teologica che corrisponde anche una rinascita della religiosità popolare. E' un periodo di grande partecipazione laicale. E' in questo contesto che nasce l'ideale del cavaliere cristiano. Inoltre si rinnova il culto dei santi. L'eroe del secolo sarà Tommaso Becket, assassinato nel 1170 e canonizzato nel 1173. La sua tomba diviene subito meta di pellegrinaggi internazionali. Infatti sono i pellegrinaggi a segnare la vita spirituale dei fedeli, non solo nelle mete celebri, come Gerusalemme, Roma, Santiago. In Occidente il XII° secolo è stato definito «secolo mariano». S. Bernardo fu il colosso del secolo, per Dolz, la svolta bernardiana consiste nel passaggio dalla devozione per Cristo a quella per Gesù. Qualcosa di analogo avviene in S. Pier Damiani (1007-1072) e Sant'Anselmo (1033-1109). Nasce una nuova visione nei riguardi dell'Infanzia e dell'educazione. Questo secolo è nettamente favorevole al bambino, e si apprezza in particolare la sua innocenza. Si arriva a parlare di una vera pastorale dell'infanzia. «Ai bambini viene riservata una speciale partecipazione alla liturgia del Natale», scrive Dolz. Negli affreschi, nelle vetrate, nelle miniature, il ciclo dell'infanzia di Gesù è il più raffigurato. Pertanto il ciclo del Natale acquista un rilievo appena inferiore a quello pasquale. Da questo momento si delineano i due periodi della vita del Salvatore che la pietà popolare privilegerà: l'infanzia e la passione e morte.

Altra caratteristica di questo periodo, figlia della contemplazione, è l'affettività nella devozione. L'autore del testo riporta brani precisi di S. Pier Damiani, Sant'Anselmo, di S. Bernardo, dove si può apprezzare la tenerezza nei confronti della nascita, della morte di Gesù. Sostanzialmente si comincia a scoprire la contemplazione dell'umanità di Cristo. Ma è a Bernardo che dobbiamo una nuova e fervida considerazione dell'umanità di Cristo, che non è una contemplazione sentimentale, ma profondamente teologica.

Altra figura di spicco del secolo è Aelredo di Rievaulx, che ci ha lasciato un'intera opera dedicata alla meditazione dell'infanzia di Gesù: De Jesu puero duodenni (1153-1157). Questo abate è passato alla storia come maestro dell'amicizia. Fece carriera alla corte del re David I di Scozia. Altre figure importanti citate dal sacerdote spagnolo sono Nicola di Clairvaux e Assalonne di Springkirsbach.

Al capitolo IV° Dolz mette in luce il movimento francescano cha ha dato una spinta nuova paragonabile a quella di Bernardo e dei cistercensi nell'evidenziare l'umanità di Cristo.

  1. Francesco d'Assisi (1182-1226) che è stato definito «adoratore lirico della Trinità per Cristo e in Cristo» e anche «mistico dell'incarnazione», secondo il suo principale biografo Tommaso da Celano, S. Francesco «era un assetato del suo Cristo con tutta l'anima e gli dedica non solo il suo cuore ma anche tutto il proprio corpo». Il suo programma era immedesimarsi con Cristo in tutti gli aspetti nei suoi misteri, dalla natività alla passione e morte. In particolare era legato alla passione di Gesù. Il popolo aveva bisogno delle immagini toccanti della vita terrena del Salvatore per imprimersi profondamente nella memoria della gente. Per fare diventare Gesù un vero fratello carnale. Per questo motivo l'artista, rappresentava Gesù nella sublime semplicità della sua natura umana.
  2. Francesco è l'autore del presepe vivente di Greccio nel 1223, probabilmente il suo viaggio in Terra Santa lo aveva commosso talmente che ha voluto sottolineare la sua incarnazione, allestendo il presepe vivente, proprio nella notte di Natale nel bosco di Greccio. Francesco in persona ha presenziato alla manifestazione religiosa insieme ai frati. Nel libro Dolz si sofferma anche nei particolari, Francesco era talmente preso dall'evento che sembrava che belasse, proprio vicino alla mangiatoia.

Tuttavia il presepe di Greccio, ha una caratteristica più contemplativa che descrittiva. Dolz ricorda che è Giotto quello che interpreta più di tutti lo spirito francescano, come si può ammirare nell'affresco della basilica di Assisi. Soprattutto nel riquadro della natività, «dove la Madonna non è più ieratica, matrona sdraiata, ma una tenera mamma che siede contemplando il figlioletto». In pratica nell'affresco nota Dolz: «Gesù bambino non è più tanto adorato quanto vezzeggiato».

Altra adoratrice del Dio bambino è stata Chiara d'Assisi (1193-1253). Ancora una volta Dolz racconta dei bellissimi particolari, ricchi di amore verso Gesù bambino. Un altro che sottolineato l'umanità di Gesù Bambino è stato Antonio di Padova che  combattè le eresie in Italia e in Francia, meritandosi il soprannome di «martello di Dio». Antonio viene raffigurato con il bambino tra le braccia, é una icona tra le più popolari del mondo, che ha avuto grande fortuna nell'arte.

Altri religiosi che hanno avuto un ruolo fondamentale nel pensiero medievale insieme a Tommaso d'Aquino, troviamo Bonaventura di Bagnoregio, il santo si occupò dell'amore a Gesù bambino, e propone una unione mistica con Cristo. «L'anima mediante la grazia dello Spirito Santo, può concepire spiritualmente Gesù […] Come una Madonna incinta, prova disgusto per il cibo di questo mondo e desidera le cose celesti ed eterne. Ma alcuni si lasciano ingannare dal maligno e uccidono o abortiscono la creatura concepita».

Infine secondo Dolz vanno ricordati due testi francescani che contribuiscono in maniera determinante all'estensione della nuova devozione a Cristo bambino. Si tratta di Philomela e delle Meditationes Vitae Christi, descrizioni dettagliate che invitano il lettore a prendere parte alla scena. In pratica in questi scritti «Cristo in Maestà cede il posto al fragile Bambino di Betlemme e al Cristo provato dal dolore, crocifisso, morto,deposto in grembo dell'Addolorata. Lo scopo è importante: si tratta di suscitare emozioni e lacrime per una partecipazione via via più personale ai fatti descritti, al fine di raggiungere asceticamente una profonda conformazione alla vita e ai sentimenti di Cristo». (S. Cola, Meditazioni sulla vita di Cristo, Città Nuova, Roma 1982).

Il V° capitolo il libro lo dedica alle Meditazioni, visioni, tradizioni.

Le Meditationes vitae Christi, hanno avuto grande successo nella letteratura spirituale, destinate a diventare molto popolare fino al Seicento. Favorirono la diffusione di libri popolari illustrati, soprattutto con l'avvento della stampa. Anche in questo capitolo Dolz propone alcune figure che hanno avuto una grande familiarità col Bambin Gesù. Ce ne sono tante tra il XIII° e il XV° secolo. L'elenco sarebbe lungo e soprattutto non possiamo soffermarci su ciascuna figura. Dolz ne evidenzia alcune tra le più significative. Tra queste, la più conosciuta è Gertrude di Hefta la Grande, che fa parte della mistica femminile del XIII° secolo, che proclamava la spiritualità del fidanzamento spirituale. Gertrude insieme a Matilde di Magdeburgo e Matilde di Hackeborn promuove la devozione a Gesù Bambino nel loro convento di Hefta in Sassonia.

Queste donne disponevano di approfondite conoscenze teologiche, erano istruite ed avevano il carisma delle visioni. Un'altra donna appassionata dell'infanzia di gesù è Margherita Ebner, nata da nobile famiglia in Baviera. Infine Dolz ricorda, forse quella più conosciuta, S. Brigida di Svezia, è quella che ha ricevuto più grazie mistiche. Dolz racconta sinteticamente la vita di questa straordinaria donna, in sposa a tredici anni, nei ventisette anni di matrimonio, accolse ben otto figli, cresciuti nella profonda religiosità della madre. Brigida fu canonizzata nel 1431 e proclamata compatrona d'Europa, insieme a S. Caterina da Siena e S. Teresa Benedetta della Croce, da Giovanni Paolo II.

Il VI° capitolo prende in esame la spiritualità carmelitana, si comincia con Teresa di Gesù. Qui Dolz ricorda alcuni punti del suo appassionato amore all'umanità di Cristo.

E ricorda che «che è impossibile riassumere in queste poche righe divulgative ciò che Santa Teresa ha rappresentato nella storia della spiritualità. Una pietra miliare, un passaggio obbligato per i posteri. Una spinta alla santità che non si vedeva da secoli. Non per nulla le è stato dato il titolo di Dottore della Chiesa».

Voglio citare solo questo particolare che Dolz propone ai lettori del libro, S. Teresa amava tanto le immagini, scriveva la santa carmelitana: «Buon mezzo per mantenervi alla presenza di Dio è di procurarvi una sua immagine o pittura che vi faccia devozione, non già per portarla sul petto senza mai guardarla, ma per servirvene e intrattenervi spesso con lui; ed egli vi suggerirà quello che gli dovrete dire».

  1. Teresa aveva consigliato di esporre le immagini nei suoi monasteri che andava fondando, «l'obiettivo era di rendere 'visibile' e quasi 'presente' l'umanità del Signore, perno di tutta la spiritualità teresiana».

Un personaggio singolare nella Spagna cinquecentesca è Francisco del Nino Jesus, questo frate girava con una grande cassa e sopra c'era fissata una statuetta del Bambin Gesù. Re Filippo II e la regina, lo veneravano come un santo. Sono molte le anime sante carmelitane che si sono distinte nella devozione a Gesù Bambino, tutte seguendo l'esempio di Teresa di Gesù.

Un capitolo a parte merita la devozione al Bambino Gesù nella Francia del Seicento, importata essenzialmente dalla Spagna. In Francia questa devozione ha assunto il carattere aristocratico e non solo popolare. Da segnalare il cardinale Berulle, il vescovo Fenelon con il coinvolgimento di circoli nobili parigini. Il pensiero ricorrente è che «il cristiano deve vivere in funzione del Verbo incarnato: come la terra gira perennemente intorno al sole, la terra dei nostri cuori deve muoversi continuamente verso Gesù mediante la meditazione della sua vita[...] Bisogna che i misteri della vita di cristo siano contemplati in tutte le loro circostanze perché sono tutti salvifici. Il cristiano deve adorarli, penetrarli, applicarli a se stesso, lasciarsi impregnare da essi fino a giungere a una comunione di sentimenti con Cristo».

Un altro personaggio che ha segnato il secolo, è stata la venerabile Margherita del Santissimo Sacramento, carmelitana scalza di Beaune. Margherita addirittura imitava la posizione e i tratti del Bambino quando si coricava. Invitava a meditare tutte le azioni, parole e misteri di Gesù Bambino. Ma soprattutto bisognava imitare le qualità della sua infanzia: semplicità, benignità, dolcezza e profonda umiltà. Dolz ricorda il particolare della santa che ha pregato molto affinché il re di Francia e la regina potessero avere il tanto desiderato delfino. Anche per la Francia non è facile elencare la moltitudine di devoti del Bambin Gesù. Una particolare menzione la merita madame Guyon, che con la sua maternità spirituale guidava e orientava soprattutto nobili dame per la «via d'infanzia» che lei stessa percorreva. Guyon fu anche feconda scrittrice, la sua opera consta di bel 39 volumi. Ha creato una specie di confraternita. Dolz racconta la sua unione spirituale con il divino infante per mezzo del matrimonio spirituale, con tanto di contratto.

Il libro di Michele Dolz può apparire noioso, ma ha una grande particolarità, ha creato una specie di piccolo dizionario sulla devozione al Bambin Gesù. Non è facile trovare questo genere di libri.

L'VIII° capitolo è dedicato all'epoca barocca, in particolare alla devozione al Bambino operante in Italia. Dolz fa riferimento al grande «colosso di santità e di sapienza»: Alfonso Maria de Liguori, anche lui adoratore del Bambin Gesù. Nato nel napoletano nel 1696, fu un ingegno vivace e versatile, acuta intelligenza e sensibilità artistica, oltre alle lettere e alla filosofia, s'nteressò con ottimo profitto di architettura, pittura e musica. Si è laureato a Napoli nel 1713, «tre elementi si uniscono nella prodigiosa opera scritta di Sant'Alfonso, che comprende ben centoundici libri: l'abbondante esperienza pastorale, l'incessante studio teologico, una vita interiore molto profonda e sincera». Ancora oggi la Chiesa si nutre della sua grande opera. S. Alfonso ha un grande fascino irresistibile per la sua grande spiritualità.  Ancora prima del Vaticano II, S.Alfonso ricorda che la santità è per tutti e non per un ceto di privilegiati claustrali. Crede fortemente che tutti possono accedere alle vette della vita spirituale.

La meditazione alfonsiana dell'infanzia ha un'idea fondamentale: «la croce ha le sue radici nella culla; a Betlemme comincia il calvario del verbo fatto carne. Essa affiora dovunque. S. Alfonso non perde mai di vista il dramma sanguinoso del redentore e con insistenza lo richiama alla memoria dei fedeli per destare in ricambio gratitudine e amore generoso».

Naturalmente Dolz ricorda che S. Alfonso fu un poeta delicato, musicando anche melodie orecchiabili che la folla di fedeli non fece fatica a imparare come «Tu scendi dalle stelle».

Infine l'elenco che riguarda i Nostri tempi prende in considerazione cinque personaggi di popolarità mondiale che hanno dato un rinnovato impulso all'intimità con il Bambino e all'infanzia spirituale, sempre in continuità con la tradizione cattolica. Si inizia con Teresa di Gesù Bambino, carmelitana. Faustina Kowalska con il suo messaggio della Divina Misericordia. Edith Stein che poi prende il nome di Santa Teresa Benedetta della Croce, canonizzata da Giovanni Paolo II. Maria Valtorta, un caso singolare per le sue visioni particolari sulla vita di Gesù, ben dieci volumi per oltre quattromila pagine complessive. Un gran numero di pagine ricche di particolari sulla vita di Gesù e quindi sulla sua infanzia. Io ho un particolare ricordo di questi particolari che spesso mi ripeteva la buonanima di mia mamma.

Dolz nel libro fa riferimento alle critiche e alle perplessità che ha suscitato la vasta letteratura Valtortiana. Infine Dolz per ultimo lascia lo spazio a Josè Maria Escrivà(1902-1975).

Il X° capitolo spiega le radici teologiche di questa devozione al Bambino. Naturalmente il sacerdote spagnolo rileva la scarsità di notizie sull'infanzia di Gesù. Il Vangelo stesso poco e niente dice sulla vita di Gesù a Nazareth.

Inoltre nelle riflessioni finali Dolz spiega l'importanza delle scelte delle immagini che rappresentano Gesù. Trovo interessante riportare qualche passaggio: « l'immagine funziona come via d'accesso per la quale il credente penetra nel mistero totale. Si sceglie un aspetto di maggiore rilievo o maggiore sensibilità, che funge da punto di contatto per vivere tutti gli altri. Chi prende - Scrive Dolz – come immagine preferita il Crocifisso, il Bambino del presepio, il Risorto non disconosce per questo tutti gli altri aspetti o misteri della vita e della persona del Signore».

Tra l'altro se Cristo avesse voluto ricevere  culto «da adulto», non sarebbe apparso la sulla terra come bambino, né sua infanzia avrebbe fatto parte del messaggio di salvezza contenuta nei vangeli. Tra le riflessioni finali di Dolz merita la precisazione sull'importanza della regalità del Bambino Gesù, aspetto importante nell'iconografia tradizionale, quanto impopolare nell'immaginario del cristiano di oggi.«Taluni per una superficiale questione di parole, si sentono infastiditi anche solo dall'espressione CRISTORE, come se il regno di cristo potesse essere preso per una formula politica, o piuttosto perchè la confessione della regalità di cristo li condurrebbe anche ad ammettere una legge [...]».

Nell'ultimo capitolo l'XI° Dolz fa la storia dell'iconografia soltanto quella di Gesù Bambino da solo. Naturalmente si tratta di una sintesi. Si comincia con San Cristoforo, una raffigurazione molto popolare e fortunata. Mi ha colpito un particolare riportato nel testo da Dolz, si tratta di uno straordinario ritrovamento di una fabbrica di terracotta del 1400 a Utrech dove furono ritrovati i CALCHI in negativo per la fabbricazione di 13 modelli di S. Barbara, 14 di S. Caterina, 38 la Madonna col bambino e ben 60 del solo bambino. E pare che questa non sia l'unica fabbrica in Europa. Lascio al lettore un eventuale battuta ironica su quello che oggi viene fabbricato a Utrech.

 

 

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