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Europeisti, economisti di sinistra e sovranisti: tutti contro la riforma del Mes

La riforma del Mes è riuscita nell’impresa di mettere d’accordo sovranisti, europeisti convinti ed economisti vicini agli ambienti della sinistra. Ebbene sì, la modifica del Meccanismo europeo di stabilità non piace a nessuno. Pur partendo da punti di vista completamente diversi tra loro, i contrari all’upgrade del Fondo salva-Stati sono uniti da un punto in comune: l’Europa rischia di intossicarsi a causa dell’ennesimo bocconcino avvelenato messo sul piatto da Bruxelles. 

I sovranisti hanno una posizione collegabile alla loro visione del mondo; ritengono, in sostanza, che riformare il Mes eroderebbe altra sovranità agli Stati nazionali, relegando questi ultimi in secondo (o addirittura terzo) piano rispetto alle istituzioni dell’Unione Europea. Gli europeisti, che tutto sommato apprezzano il contesto attorno al quale si sta sviluppando questa Ue, concordano nel considerare la riforma “squilibrata” e “destabilizzatrice” per l’intera Eurozona; in altre parole, il Mes distruggerebbe tutto quanto costruito fino ad oggi in campo europeo. Diverso è il ragionamento degli economisti di sinistra, che ritengono il Mes uno strumento “inutile” e “pericoloso” in quanto faciliterebbe la ristrutturazione del debito.  

Giuseppe Conte arriva all’Eurosummit a Bruxelles con ben poche certezze: sia dal punto di vista interno che internazionale. Il Movimento Cinque Stelle è in piena fase di ribellione per la riforma del Mes, e i partiti d’opposizione sono sul piede di guerra, con Lega e Fratelli d’Italia che agitano lo spettro del “tradimento” e che cavalcano l’ondata di protesta verso una riforma di cui solo ora si iniziano a conoscere tutti gli ingranaggi.

Conte, nel suo intervento all'Eurosummit, ha chiesto "una modifica del punto 2 delle conclusioni in modo da dare atto che c'è ancora da lavorare per la revisione del Mes". Lo si apprende da fonti italiane. La modifica chiesta da Conte è di inserire il passaggio: "Chiediamo all'Eurogruppo di continuare a lavorare al pacchetto di riforme del'ESM...", modificando così la dichiarazione "Chiediamo all'Eurogruppo di finalizzare il lavoro tecnico riguardante il pacchetto di riforme...". Conte, sempre secondo quanto viene riferito, ha "ricordato che il Parlamento italiano, sia a giugno sia mercoledì, ha espresso una chiara opzione per la logica di pacchetto in modo da riservarsi una valutazione complessiva dei vari elementi del processo di riforma".

Intanto e stato durissimo l' intervento di Claudio Borghi nel dibattito dopo le comunicazioni del premier alla Camera, Giuseppe Conte, prima del Consiglio europeo. Ricordando l'informativa del 2 dicembre sul Mes, l'esponente del Carroccio si rivolge al premier affermando: "Dicendo di averci informato, lei ha umiliato e offeso anche Di Maio, che le sedeva accanto imbarazzato". E ancora: "Ma chi credeva di prendere in giro? Noi abbiamo seguito la trattativa e il mandato che ebbe era uno: l'italia non avrebbe mai firmato quel Trattato. Glielo dissero Salvini e Di Maio", aggiunge. "Cosa non capiva?", domanda ancora Borghi che poi conclude: "Forse noi siamo ingenui, ma cosa dobbiamo pensare se ascoltiamo che il trattato è chiuso? Che lei presidente è un traditore".

Franco Bechis,sul Tempo parla di un "buco di bilancio del cosiddetto Fondo Salva- Stati". Peccato però che tra le tante dichiarazioni il premier bis abbia dimenticato che l'Italia si è impegnata a versare, sempre per il Meccanismo Europeo di Stabilità, ogni anno "i soldi che il fondo ha perso per colpa degli interessi negativi".

Secondo il direttore si tratta di "77 milioni di euro che vanno a coprire parzialmente il buco di bilancio, in quanto il Fondo da un paio di anni non è in grado nemmeno di salvare se stesso". Una sorpresina insomma, quella inserita nell'articolo 62 della legge di Bilancio firmata da niente di meno che Roberto Gualtieri, il nostro ministro dell'Economia, e da Conte stesso. "Entrambi - prosegue Bechis - sostengono che il costo reale non ci sarà perché per avere quei soldi il Mes depositerà 15 miliardi di euro (più o meno la quota versata dall'Italia per il suo capitale) su un conto corrente della Banca di Italia, che compenserà il Tesoro dell'esborso".

Conte intanto chiede all’Europa una riforma che sa di poter ottenere perché di fatto è senza effetti. Come scritto oggi su il Giornale, “l’impressione diffusa è che l’Italia in questa fase possa al massimo prendere tempo in attesa che possa aprirsi uno spiraglio”. Ma questo spiraglio sembra estremamente difficile che si apra. Del resto chi conta in Europa non è certo Roma che, in pochi mesi, è riuscita a perdere ogni tipo di credibilità o leva contrattuale. La Germania punta alla riforma come è stata impostata dall’Europa a trazione franco-tedesca.

La Francia ha alcune perplessità, ma Emmanuel Macron non farà certo un favore all’Italia. I Paesi del Sud Europa sono deboli, mentre a Nord sono tutti d’accordo con la necessità della rigidità sul bilancio. Conte ha strappato un cavillo: una modifica della dichiarazione che di fatto non cambia nulla né nella tabella di marcia né nella sostanza. Centeno ha parlato chiaro: non c’è possibile di modifica sostanziale. È solo una boccata d’ossigeno per un premier che ha bisogno di prolungare la sua permanenza a Palazzo Chigi e che sta sulla graticola. 

Sa perfettamente che la situazione politica è incandescente e sa anche che sul Mes e sulla sua riforma si gioca tantissimo. Il Movimento che l’ha prescelto come premier è in continua emorragia di consensi e di rappresentanti in parlamento, le opposizioni sono in crescita e marciano compatte. E Conte adesso ha solo un vero alleato sulla riforma del Mes: il Partito democratico, che, come sempre, conferma la sua linea pienamente europeista. Una condizione di difficoltà estrema in cui è chiaro che Conte si veda scivolare il trono di Palazzo Chigi proprio a causa di quelle trattative con l’Europa accusate di essere state realizzate nel pieno silenzio e senza rispettare il mandato di Carroccio e M5s.

Intanto la partita a due non piace ai giocatori esclusi: dopo la firma del patto tra Libia e Turchia, che di fatto rivede i diritti di estrazione di petrolio e gas a danno delle prerogative dell'isola greca di Kastellorizo, il premier ellenico Kyriakos Mitsotakis ha chiesto il sostegno dei leader dell'Unione europea.
"L'Europa sta innalzando muri diplomatici contro l'aggressione turca - ha dichiarato Mitsotakis - e la Grecia non è sola in tutto questo processo - ha alleati molto forti. Andiamo avanti con compostezza, fiducia in noi stessi, ma soprattutto con un piano e con la certezza che il popolo greco sostiene le nostre iniziative".

La Grecia trova nell'Italia, altro attore interessato, un alleato di risulta, che mal digerisce le esplorazioni petrolifere turche al largo di Cipro, in una zona assegnata all’Eni e alla Total francese. Lì, in uno degli specchi d'acqua più tesi del Mediterraneo, una nave della Marina Militare è stata inviata per "tutelare gli interessi nazionali", si legge in una nota ufficiale. Sul fronte libico, il Presidente della Camera dei rappresentanti eletta nel giugno del 2014 e insediata a Tobruk, Aguila Saleh, ha dichiarato che il patto con la Turchia è illegale e inammissibile.

 

 

 

 

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