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Luttwak ne è sicuro: Matteo Salvini non ha alcuna intenzione di mettere in discussione l'alleanza con gli Usa, e anzi, è molto gradito al governo americano: "Salvini è appena stato in Usa e il suo viaggio è andato benissimo - spiega a Libero il politologo - ha trasmesso l' immagine di un leader giovane e dinamico, con un futuro importante davanti. Un uomo concreto, che non si perde in discorsi astratti e condivide la linea di Trump di contrasto all' immigrazione illegale. Nessun bisogno per il leader leghista di promettere di rimanere nella Nato, visto dove si trova l'Italia neanche il vecchio Pci voleva un' uscita dal Patto atlantico, mentre politicamente e culturalmente Roma deve essere vicina agli States. Se poi il vostro Paese riuscirà a coltivare anche buoni rapporti diplomatici con la Russia, tanto meglio per voi. E poi sa una cosa? I legami strategici tra Italia e Stati Uniti sono così profondi che non sarebbero removibili neppure da cento Salvini determinati a farlo, figurarsi da uno che neppure lo vuole".  

A quanto pare, la lezione del Russiagate non è servita. Due anni di indagini di tutti gli organi di sicurezza americani, migliaia di articoli, decine di libri, le indiscrezioni di impiegati pubblici infedeli elevate a baluardi della democrazia, tonnellate di pettegolezzi. Uno sforzo pazzesco per dimostrare che Donald Trump, se non era un agente al servizio del Cremlino, era comunque arrivato alla Casa Bianca grazie agli onnipotenti hacker russi. L’una e l’altra tesi poi clamorosamente smentite dalle conclusioni dello stesso procuratore speciale Robert Mueller, certo. Ma dopo che, in nome della “democrazia” e della “verità” ma in realtà solo in nome del pregiudizio e della rivalità politica, erano state prese per buone, anzi date per scontate, bufale colossali. Che qualcuno aveva interesse a far circolare e che la stampa, senza un minimo di coraggio e dignità, si prestava docilmente a diffondere.  

Intervistato a Libero Luttwak, il politologo americano interviene sul caso dei presunti finanziamenti russi alla Lega e fa a pezzi l'ipotesi di un complotto ordito dagli Stati Uniti: "Chi parla di un complotto dagli Stati Uniti è un analfabeta politico. La Cia è molto efficiente e attiva nei film, ma nella pratica fa poche cose e pure male. L'intercettazione è italiana" afferma Luttwak, secondo il quale Washington non è affatto preoccupata dei rapporti fra Mosca e Matteo Salvini: "Qui a Washington riteniamo più probabile la caduta di un asteroide sul Pentagono piuttosto che l' uscita dell' Italia dalla Nato o un riposizionamento del vostro Paese nello scacchiere internazionale al di fuori del blocco Occidentale" osserva smontando l'assurda tesi di Nicola Zingaretti, segretario del Pd, secondo il quale la Lega "mette in discussione alleanze e collocazione strategica dell'Italia in Europa nel Patto Atlantico".

Di recente, Luttwak, noto per non avere peli sulla lingua e per la sua schiettezza politicamente scorretta, si è scagliato contro la comandante della Sea Watch 3 Carola Rackete e contro il giudice – il gip di Agrigento Alessandra Vella – che l'ha scarcerata, non convalidandone l'arresto in quanto la 31enne "ha agito per salvare vite umane". "In Italia evidentemente la legge è facoltativa. Se il ladro è simpatico, carino, un bel ragazzo, lo lasciamo andare, mentre la legge si applica solamente se la persona è antipatica…", ironizza l'economista ai microfoni de La Zanzara, su Radio 24, e prosegue così: "Questa signora tedesca era lì per caso con la sua barca? O ci è andata deliberatamente per prendere i migranti in pratica alleata coi trafficanti che li hanno messo a bordo delle barche? In tacita alleanza con i futuri sfruttatori di questi immigrati. Questa è una tacita congiura".  

L'esperto di politica internazionale difende il leader leghista dagli attacchi della sinistra: "Da che è diventato il leader italiano più popolare e potente, Matteo è accusato di tutto dai propri rivali politici" spiega. "Quel che gli rimprovera la sinistra fondamentalmente è l'ambizione di voler far applicare la legge. Strano Paese il vostro [...] Avete una tendenza unica a fottervene della legge in nome di interessi personali o di famiglia, oppure di presunti atteggiamenti umanitari" sottolinea Edward Luttwak. Che non rinuncia a stuzzicare Gino Strada, fondatore di Emergency, che aveva già punzecchiato a gennaio durante una una puntata de La Zanzara su Radio 24: "Mi chiedo perché Gino Strada e compagni, se vogliono correre in soccorso dei poveri, vadano fino in Afghanistan e non vadano invece a sporcarsi le mani a Scampia. Forse perché la loro è una battaglia politica e non umanitaria?".

Il “caso Salvini” ripropone molti degli interrogativi già affrontati con il Russia gate. La magistratura farà le debite indagini, e vedremo se salterà fuori qualcosa. Dal Rubligate in salsa lombarda, però, si leva anche un profumo di “barbe finte” che non può essere ignorato. A quel che sappiamo, le rivelazioni sui maneggi veri o presunti di Savoini erano già state proposte nel febbraio scorso dall’Espresso. Non è che allora fosse successo granché, anzi: la cosa era passata via senza tanti clamori. Qualche giorno fa, però, arriva Buzzfeed, un sito americano che a suo tempo si era molto agitato col Russiagate. Che cosa ci rivela Buzzfeed? Le stesse identiche cose dell’Espresso, però con qualche brano audio in più. Non ci sono, negli audio, i passi più compromettenti, quelli in cui si parla di quattrini.

Il capo politico del Movimento 5 Stelle, così come le opposizioni, cercano di cavalcare l'onda del Russia Gate, nella speranza di scalfire la leadership e il consenso del leader del Carroccio, ma anche con il rischio di prendere un granchio, rafforzando ulteriormente la posizione del ministro dell'Interno.

E così, quando il numero uno dei penta stellati, a braccetto con il Partito Democratico, ha chiesto al collega vicepremier e alleato di governo di riferire in aula sull'affaire dei presunti finanziamenti alla Lega arrivati dalla Russia, il ministro dell'Interno – così come riportato dal Corriere – si è sfogato con i suoi fedelissimi: "Non ho nulla da dire, presto questa storia sarà acqua passata. Non è per mancanza di rispetto verso il Parlamento. È che se pure andassi a riferire al Senato non avrei proprio niente da dire Di cosa dovrei parlare in aula, di cene?".

A mettere in difficoltà il responsabile del Viminale anche Giuseppe Conte: il premier, infatti, ha scaricato sulle spalle di Salvini la presenza agli eventi ufficiali dell’esecutivo gialloverde di Gianluca Savoini il faccendiere che trattava a Mosca con i russi fondi alla Lega e che risulta indagato dalla Procura di Milano per corruzione internazionale

Di cosa dovrei parlare in aula, di cene?". Matteo Salvini replica così, caustico e stizzito, alla richiesta di Luigi Di Maio di riferire in Parlamento sui presunti fondi russi alla Lega.

 

 

 

"Il Comune di Parigi premia con una medaglia Carola Rackete comandante della Sea Watch - ndr, 'perseguita in Italia'. Non è scherzi a parte. Questa è quella che ha schiacciato una motovedetta della Gdf e adesso i colpevoli sono i finanzieri? Vuoi vedere che adesso qualche magistrato indaga i finanzieri? Speronare motovedette comporta premi" Il Comune di Parigi evidentemente non ha altro di meglio da fare che non premiare questi soggetti". Lo ha detto il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, in diretta Facebook.  

Le due capitane della Sea Watch 3, Carola Rackete e Pia Klemp, riceveranno la medaglia Grand Vermeil, la massima onorificenza del Comune di Parigi, per aver salvato migranti in mare": lo annuncia un comunicato del municipio della capitale francese. La medaglia vuole simboleggiare "la solidarietà e l'impegno di Parigi per il rispetto dei diritti umani" e va alle due operatrici umanitarie tedesche "ancora perseguite dalla giustizia italiana", si legge nel documento.  

La capitana è divantata una vera e propria icona della sinistra italiana ed Europea a caccia di nuovi simboli che rappresentino il "buonismo" legato ai migranti. E così, in questo quadro, è maturato un "premio" piuttosto curioso per la ragazza tedesca: la città di Parigi le ha infatti conferito la cittadinanza onoraria. Una scelta che di certo farà discutere. A proprorre l'onorficenza è stato il gruppo "Generation.s".

A chiudere il cerchio è arrivata la cittadinanza onoraria. Gesti che arrivano da un Paese, come la Francia, che serra i porti, rifiuta lo sbarco di Sea Watch e soprattutto senza fare troppi complimenti chiude i confini con i rispengimenti a Ventimiglia. E su quanto accaduto a Parigi è arrivato il commento del ministro degli Interni, Matteo Salvini: "Il comune di Parigi premia Carola Rackete perseguita in Italia con una medaglia. Questa è quella che guidava una barca che ha infranto le leggi e schiacciato contro la banchina del molo di Lampedusa una motovedetta della GdF. Il comune di Parigi evidentemente non ha altro di meglio da fare che premiare questi soggetti".

Poi ha aggiunto: "Un bacione a Carola che ha portato una ventata di simpatia in un paese strano che indaga i ministri e liberate signorine che attaccano motovedette della Gdf". Parole dure quelle di Salvini che sottolienano quanto sia ancora acceso il braccio di ferro con la Rackete. Intanto oggi è stata depositata alla Procura di Roma la denuncia della Rackete per diffamazione e istigazione a delinquere contro il vicepremier  

Allegando su twitter un link che riporta la notizia della volontà dell'Europarlamento di invitare Carola Rackete a Bruxelles, Salvini ha anche scritto: "Ci manca pure che la nominino Cittadina Europea dell'Anno e abbiamo visto tutto!".

Buona parte della politica francese sin dallo sbarco a Lampedusa si è schierata dalla parte della Rackete. Diversi parlamentari hanno infatti sottoscritto un documento in cui hanno chiesto la liberazione della capitana della Sea Watch e della stessa Pia Kemp: "L’arresto di queste due donne e i procedimenti giudiziari a loro carico hanno sollevato indignazione oltre confine. Nè loro, nè i loro equipaggi, nè le ong proprietarie delle barche possono essere soggetti a sanzioni per le azioni umanitarie".  
La commissione Libertà civili e giustizia la ha, infatti, invitata per una audizione all'Eurocamera. Secondo il quotidiano il giornale a denunciare l'ennesimo colpo basso di Strasburgo è stato l'europarlamentare di Forza Italia, Fulvio Martusciello, che ha definito la decisione "profondamente sbagliata". La notizia ha subito fatto infuriare i partiti di centrodestra. "Ccè un procedimento giudiziario in corso a carico della Rackete - hanno ricordato gli eurodeputati di Fratelli d'Italia - concederle il palcoscenico delle istituzioni europee significherebbe forzare la mano dei giudici che stanno ancora valutando la legittimità del suo comportamento".

Durante la riunione di ieri riferisce il quotidiano, gli eurodeputati della Lega si sono fermamente opposti all'invito proponendo piuttosto di invitare altri esponenti del mondo delle Ong da affiancare a un esperto del Viminale, così da "garantire il necessario contraddittorio" ed "evitare che i lavori della Commissione diventino una farsa ad esclusivo uso mediatico". Anche Forza Italia ha chiesto ufficilamente alla Commissione di far partecipare anche un rappresentante della Guardia di Finanza e del ministero dell'Interno italiano per "difendere l'onore del nostro Paese". "Spiace davvero che alcuni gruppi si prestino a queste iniziative che hanno come unico scopo quello di danneggiare l'immagine dell'Italia", ha commentato Martisciello.  

"A che titolo la signora Rackete dovrebbe relazionare in un panel composto da esperti?", ha chiesto la leghista Annalisa Tardino. Fonti parlamentari del Partito popolare europeo, sentite dall'agenzia Agi, spiegano che durante la riunione dei coordinatori dei gruppi in commissione, che si è tenuta ieri, i rappresentanti del gruppo della Sinistra unitaria della Gue hanno avanzato la richiesta di audire la capitana della Sea Watch 3.

A livello di coordinatori la richiesta è stata subito accolta, ma deve essere ancora formalizzata. La commissione deciderà se dare il via libera l'ultima settimana di luglio dopo la seduta plenaria di Strasburgo. "Spero che gli altri gruppi politici - ha commentato la Tardino - decideranno di non prestarsi a questo gioco delle sinistre". Ma, secondo il piddì Pietro Bartolo, l'audizione potrebbe essere setita già prima della pausa estiva, quindi in concomitanza con gli interrogatori che sono in corso nel nostro Paese.

Anche per gli eurodeputati di Fratelli d'Italia l'invito della Sinistra unitaria del Gue è a dir poco "folle". "Si tratta di una violenta offesa all'Italia, alle sue forze dell'ordine messe in pericolo dall'azione della Rackete, oltre che una violazione dei più elementari principi di legalità", hanno tuonato il co-presidente dei Conservatori europei, Raffaele Fitto, il capo delegazione Carlo Fidanza, Nicola Procaccini della commissione Libe e gli eurodeputati Raffaele Stancanelli e Pietro Fiocchi.

Una decisione "folle" che arriva dopo pochi giorni dall'inizio della nuova legislatura europea. "Appare già evidente come la democrazia e la legalità vengano quotidianamente calpestate proprio da quella sinistra che se ne riempie la bocca ad ogni intervento pubblico", hanno lamentato gli esponenti di Fratelli d'Italia che ora si aspettano dal governo Conte una posizione ufficiale "reagendo adeguatamente a questo affronto" per evitare di "barattare la dignità nazionale con uno strapuntino in Commissione europea".

Intanto ad avanzare la proposta sulla possibile soluzione per superare l’impasse relativo alle norme sui Vigili del fuoco, viene riferito, sono stati i presidenti M5s delle due commissioni, Giuseppe Brescia e Francesca Businarolo. La richiesta è stata accolta e l'emendamento sui vigili è rientrato dopo il voto unanime.

Salvini scrive il giornale però non ha digerito questi tentativi di sabotaggio da parte dei grillini sul dl Sicurezza Bis. E così ha deciso di mandare un messaggio molto chiaro agli alleati di governo: "Se qualcuno andrà avanti in questo atteggiamento stupido - ha aggiunto il vice premier - la Lega non farà passo indietro. Vado dagli amici alleati e dico o passa questo emendamento oppure non si va avanti. È un principio, se qualcuno pensa di fare uno sgarbo a Salvini danneggiando poliziotti e vigili del fuoco ha trovato il ministro sbagliato. Io porto pazienza su flat tax, sull’autonomia, sui problemi delle imprese ma su questo m’incazzo. O c’è il pacchetto completo oppure è un grosso problema per il governo".

Parole dure e forti che di certo aprono nuovamente la strada verso una rottura tra i gialloverdi. Sono giorni caldi per l'esecutivo. Il braccio di ferro infatti è su due fronti. Uno, come detto, è quello del dl Sicurezza bis, l'altro invece è quello delle Autonomie. Di Maio ha risposto al leader della Lega invitandolo a non cercare "pretesti" per una possibile crisi di governo. Insomma le scintille tra i due vicepermier e tra le due anime del governo ricordano quelle del periodo che ha preceduto le elezioni europee. Una campagna elettorale di fuoco che di fatto ha messo in discussione, spesso, la tenuta dell'esecutivo. Lo scenario si ripete e questa volta senza elezioni dietro l'angolo l'esito potrebbe essere imprevedibile...

 

 

La decisione della toga agrigentina ha fatto parecchio discutere. La Vella ha infatti sostenuto la necessità da parte della capitana della Sea Watch di entrare nel porto di Lampedusa sottolineando i rischi che correvano i migranti a bordo della nave dell'ong tedesca. Adesso il Consiglio superiore della Magistratura ha deciso di aprire una pratica a tutela del gip. La richiesta è arrivata dal Comitato di presidenza di Palazzo dei Marescialli. Mercoledì scorso era partita infatti l'istanza con la firma di tutti i consiglieri togati del Csm. Al centro della pratica gli attacchi e le critiche ricevute dal gip dopo la sua decisione da parte di diversi esponenti del mondo politico, tra questi il ministro degli Interni, Matteo Salvini.

Come riferisce il giornale adesso la prima commissione dovrà esaminare e discutere la pratica. Di fatto dunque il Csm si schiera dalla parte del gip e prova a metterla a riparo dagli attacchi di questi giorni. Intanto sul fronte delle indagini, il prcuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio e l'aggiunto Salvatore Vella, hanno convalidato il sequestro della Alex di Mediterranea che era stato predisposto dalla Guardia di Finanza nella notte tra sabato e domenica. Il sequestro comunque è passato da prventivo a probatorio. In questo senso c'è il rischio che, come già accaduto in passato, al termine dei riscontri di indagine la nave possa essere dissequestrata e quindi tronare in mare. Contestualmente alla convdalida del sequestro è stato iscritto nel registro degli indagati il capo missione ndi Mediterranea, il parlamentare Erasmo Palazzotto. Infine va ricordato che la Guardia di Finanza ha anche rilevato un ingresso accidentale nelle acque terriotirali italiane da parte di Alex nella giornata di venerdì. E questa infrazione potrebbe far scattare una sanzione da 65mila euro e il seuqestro amministrativo (con confisca) dell'imbarcazione.

I recenti casi che riguardano soprattutto la Sea Watch e la Mediterranea Saving Humans, fanno ritenere a Salvini imprescindibile intervenire quando ancora i barconi ed i gommoni si trovano in acque territoriali libiche o tunisine. Ma ovviamente non può essere, sia per ragioni di diritto che per opportunità logistiche, la nostra marina ad effettuare salvataggi a ridosso di Libia e Tunisia.

Per cui secondo Salvini l’importante è adesso dare manforte a Tripoli e Tunisi sia con un ulteriore potenziamento dei mezzi, che con l’utilizzo degli aerei della nostra aeronautica che potrebbero più facilmente intercettare i mezzi con i migranti a bordo appena partiti dalle coste nordafricane.

Come riferisce il giornale in questa maniera, secondo il piano del Viminale che a breve potrebbe diventare realtà, Roma può giocare d’anticipo rispetto alle Ong ed intercettare ancora prima di Alarm Phone i barconi. In tal modo, con i mezzi degli scafisti ancora in acque libiche o tunisine, possono essere le motovedette delle locali guardie costiere a farsi carico del salvataggio.

I migranti quindi, verrebbero ricondotti nei paesi da cui sono partiti e non invece traghettati verso l’Italia. Per attuare questo piano, occorre ovviamente una maggiore intesa con i governi di Tripoli e Tunisi. Non meno importante è l’accordo con il ministero della difesa per l’utilizzo dell’aeronautica, un’intesa non certo scontata visti i recenti pesanti screzi tra Salvini ed il ministro Elisabetta Trenta.

Così come scrive Francesco Grignetti su La Stampa, da parte sua però la titolare del dicastero della difesa avrebbe già dato il via libera per un uso coordinato ed organico dei mezzi navali ed aerei per il controllo delle rotte del Mediterraneo.

Non mancano però delle difficoltà, in primis riguardanti la Libia. Il paese è sempre più nel caos, il governo di Tripoli è impegnato nella guerra contro il generale Haftar, più volte nelle ultime settimane si fa riferimento all’insicurezza della regione tripolina. Ma, soprattutto, c’è perplessità per quel che riguarda la tenuta stessa della Guardia Costiera libica, formata spesso da milizie impegnate lungo il fronte contro Haftar.

Un accordo sotto il profilo diplomatico è alla portata, del resto gli attuali canoni che regolano i rapporti tra guardia costiera libica e governo italiano risalgono al periodo di Minniti nel 2017. Fin quando però ci sarà la guerra nel paese nordafricano, l’effettiva applicazione degli accordi ovviamente rimane un’incognita.

Discorso diverso invece per la Tunisia: qui delle istituzioni ci sono, peraltro a breve dovrebbe partire anche una missione militare italiana nel paese volta proprio a potenziare le forze armate di Tunisi. Per di più, dalla Tunisia oramai parte il 40% dei barconi destinati all’Italia: dunque, un’operatività del piano di Salvini in questo paese potrebbe dare i frutti sperati dal leader leghista già a breve termine. 

Pero mentre l Italia si prepara ad affrontare la immigrazione proveniente dalla Libia la Turchia vende, in particolare, droni alle milizie vicine al governo guidato da Al Serraj, gli Emirati invece donano blindati ed altri mezzi al generale Khalifa Haftar.  

Questo perché sia Turchia che Emirati hanno tutto l’interesse ad armare le rispettive parti appoggiate. A Tripoli nelle ultime settimane è un via vai di aerei cargo che da Istanbul od Ankara trasportano nuovo materiale per Al Sarraj. Stesso discorso si può dire lungo l’asse Abu Dhabi – Bengasi, lì dove gli Emirati hanno nelle vicinanze una base in cui si coordinano con l’esercito di Haftar.  

Più la battaglia per la presa di Tripoli va avanti, più la fisionomia dello scontro appare come una vera e propria guerra per procura tra le principali potenze regionali. A partire, da quelle che si contendono l’influenza del mondo sunnita: Turchia da una parte e blocco saudita dall’altra, all’interno del quale emergono gli Emirati Arabi Uniti.

Avere il predominio sulla Libia vuol dire anche mettere le mani su un paese molto ricco di risorse. Già ai tempi di Gheddafi, la Turchia vanta investimenti miliardari in infrastrutture e rapporti sotto il profilo economico con molte aziende libiche. Una circostanza che fa di Ankara un attore importante in Libia, oltre che ramificato e questo è un altro elemento che depone a favore di un’alleanza con Al Sarraj.  

Ed in queste settimane attorno alla capitale libica sembra avviarsi una vera e propria guerra nella guerra, quella cioè relativa alle forniture di armi: Ankara ed Abu Dhabi si contendono il primato per la vendita di armamenti di ogni genere alle rispettive fazioni di riferimento, ignorando del tutto l’embargo imposto dall’Onu nel 2011.

Lo stallo in cui versa il fronte a 25 km dal centro di Tripoli, invece che spingere le parti ad un cessate il fuoco sta generando un aumento dell’intensità del conflitto come dimostra anche il recente caso relativo al bombardamento del centro per i migranti di Tajoura.

Sul piatto non c’è soltanto la contesa sulla Libia ma, più ingenerale, l’influenza del mondo sunnita: la Turchia, assieme al Qatar, appoggia i Fratelli Musulmani mentre dall’altro lato il blocco saudita è acerrimo nemico della fratellanza. Se Al Sarraj ha nel suo governo diversi esponenti dei Fratelli Musulmani, Haftar viene invece visto come l’unico affidabile baluardo contro il terrorismo ed ogni genere di islamismo, anche politico. Per questo viene quindi appoggiato dall’Egitto, il cui presidente Al Sisi dichiara la fratellanza fuorilegge, e quindi da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.

Miliardi ed investimenti che fanno gola anche ad Abu Dhabi ed a Riad. Ma non solo: avere la Libia significa avere quei porti che si affacciano dritti sul Mediterraneo centrale. E se gli Emirati con gli scali libici vogliono certificare la propria presenza nel Mare Nostrum, i turchi invece guardano con molto interesse alla loro strategia nel Mediterraneo orientale, che vede Ankara sempre più propensa a sfruttare, anche con il controllo di Cipro del nord, le risorse energetiche scoperte di recente in questa macro area.

Conflitto per l’influenza del mondo sunnita dunque, ma anche interessi relativi alle risorse petrolifere libiche ed alla posizione geografica del paese nordafricano: difficilmente vedremo, nel breve termine, turchi ed emiratini provare a lavorare per una diminuzione almeno delle rispettive forniture di armi. E questo significa dunque vedere quasi come un miraggio il cessate il fuoco.
 
Intanto noi litighiamo su immigrazione e non immigrazione ... ma chi crea il problema : Missili francesi tra le forze di Haftar ora Macron non può più mentire...Parigi lo ammette: i missili Javelin trovati nella base dei combattenti di Haftar a Gharian, in Libia, erano effettivamente francesi. Confermando la rivelazione del New York Times, il ministero della Difesa francese non ha potuto negare quanto sostenuto dai reporter americani: “I missili Javelin trovati a Gharian appartengono effettivamente ai militari francesi, che li hanno acquistati negli Stati Uniti”. Queste le scarne dichiarazioni con cui Parigi ha fatto un’ammissione che potrebbe scatenare un nuovo scontro sulla Libia e in cui l’Italia potrebbe essere molto interessata. Perché è chiaro che la presenza di quei missili che hanno caratterizzato per 26 anni i conflitti mediorientali (dalla prima Guerra del Golfo all’invasione dell’Iraq nel 2003) non possono non provocare imbarazzo nella cancelliera francese, che da sempre continua a ribadire di non essere coinvolta in alcun modo nel conflitto tra la parte orientale e quella occidentale del Paese nordafricano.

La domanda dei reporter del Nyt è una sola: perché quattro missili anticarro made in Usa, acquistati dalla Francia nel 2010, sono stati trovati nel Comando generale del maresciallo della Cirenaica. Secondo le fonti francesi, i missili facevano parte di un lotto di 260 razzi venduti da Washington a Parigi. Le stesse fonti hanno poi confermato che queste armi sarebbero state usate per proteggere “le forze francesi schierate in Libia per operazioni di intelligence e di terrorismo”. Una conferma che dimostra due cose: la prima, che i francesi sono presenti con le forze speciali in territorio libico già dal 2010; la seconda, che esse fossero presenti proprio a Gharian, nodo cruciale dell’assedio di Tripoli da parte delle truppe del generale Haftar.
 

Un audio sul sito Usa BuzzFeed riporta in primo piano i rapporti della Lega con la Russia di Vladimir Putin e il sospetto di finanziamenti segreti da Mosca al partito di Matteo Salvini. Nella registrazione, il 18 ottobre del 2018 all'Hotel Metropol della capitale russa, Gianluca Savoini, leghista da decenni, presidente dell'associazione Lombardia-Russia, parla con alcuni russi di strategie sovraniste anti-Ue e di affari legati al petrolio. Secondo BuzzFeed, che non dice come ha avuto l'audio, si cerca un accordo per far arrivare fino a 65 milioni di dollari alla Lega, ma non si sa se l'intesa sia mai andata in porto e se il partito abbia ricevuto i soldi.

"Mai preso un rublo, un euro, un dollaro o un litro di vodka dalla Russia", commenta Salvini, annunciando querele. E scaricando plasticamente Savoini: Da segretario farò tutto quello che devo fare", rilancia il leader della Lega rispondendo alle domande dei giornalisti che lo incalzavano sulla possibilità di agire legalmente anche contro il presidente dell'associazione Lombadia-Russia. Una posizione che lascia anche intendere - si ragiona in ambienti parlamentari - che Savoini avrebbe agito in proprio. Tanto da far dire successivamente al vicepremier: "Non ho mai chiesto alcunchè nè chiesto di chiedere alcunchè, nè avuto alcunchè". Per questo motivo il ministro non intende presentarsi in Parlamento per riferire su questo tema. Il Pd chiede che riferisca alle Camere, M5S vuole trasparenza: "Noi non facciamo l'interesse di altri Paesi".

Non perde tempo, la procura di Milano, secondo il Libero, la quale trasforma quello che con una definizione perfetta Maria Elisabetta Casellati ha definito al Senato "pettegolezzo giornalistico" in un'indagine contro la Lega di Matteo Salvini. Si parla della vicenda dei presunti finanziamenti russi sollevata da Buzzfeed e cavalcata dal Pd, vicenda che vede al centro il faccendiere Gianluca Savoini. Secondo quanto scrive l'Agi, che cita fonti investigative, l'inchiesta è stata affidata al procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e ai pm Sergio Spadaro e Gaetano Ruta del dipartimento "reati economici transnazionali". L'ipotesi di reato è "corruzione internazionale".

Peccato però che lo stesso Buzzfeed ammetta di non sapere come sia finita la vicenda. Ma, soprattutto, l'audio "incriminato" non fornisce le prove relative ad alcun tipo di finanziamento. Il massimo che si sente è Savoini affermare: "Il prossimo maggio ci saranno le elezioni europee. Vogliamo cambiare l'Europa. La nuova Europa deve essere vicina alla Russia, come prima, perché vogliamo avere la nostra sovranità. Vogliamo davvero decidere per il nostro futuro, per gli italiani, i nostri figli, i nostri figli. Non dipendere dalle decisioni di Bruxelles, degli Stati Uniti. Vogliamo decidere noi. Salvini è il primo uomo che vuole cambiare tutta l’Europa".

Tanto basta, però, alla procura di Milano per aprire l'ennesima indagine che mette nel mirino la Lega. 

Al Corriere della Sera, Gianluca Savoini ha spiegato: “Io sono di Lombardia Russia, mai detto di essere emissario della Lega”.  E alla domanda se il giorno prima di quell’incontro c’era stata un’altra riunione alla quale aveva partecipato anche Salvini, Savoini osserva: “C’era stato un incontro pubblico di Salvini organizzato dagli imprenditori e niente altro”. “I soldi dove sono? Ovviamente non ci sono – prosegue Savoini – e chi dice il contrario viene denunciato. Il resto è fuffa”. E al Foglio lo stesso Savoini aggiunge: “Era pieno di imprenditori quel giorno, visto il convegno del giorno prima. In un albergo! In mezzo a tanta gente…”.

In effetti, la domanda è lecita: perché negoziare un accordo così delicato e potenzialmente “compromettente” – secondo Buzzfeed – in mezzo a così tante persone? Perché non chiudersi in luoghi più sicuri e discreti? Una “leggerezza”? Oppure non c’era nulla da nascondere? I dubbi rimangono…  

Buzzfeed, come piega il giornale il sito americano che ha pubblicato il falso dossier sulla Russia gate redatto dall’ex spia britannica Christopher Steele contro Donald Trump, ha lanciato un nuovo Russia gate, stavolta in Italia. Secondo il sito americano, Gianluca Savoini, presidente dell’Associazione Lombardia Russia, avrebbe incontrato, insieme ad altri due italiani, degli uomini russi per negoziare i termini di un presunto accordo che avrebbe portato alla Lega decine di milioni di dollari. Secondo la ricostruzione del giornalista Alberto Nardelli, si sarebbe parlato dei soldi (65 milioni di euro) da far arrivare alla Lega in vista della campagna elettorale per le Europee.

Come spiega il Corriere della Sera, la riunione sarebbe durata poco più di un’ora: l’obiettivo era la vendita di 3 milioni di tonnellate di petrolio all’Eni da parte di un’importante compagnia petrolifera russa. Il valore della vendita sarebbe stato di circa 1,5 miliardi di dollari. Da questa transazione, secondo Buzzfeed, sarebbe avanzati 65 milioni di dollari, quella che (secondo la ricostruzione) sarebbe stata la contropartita per la Lega. L’incontro sarebbe avvenuto il 18 ottobre scorso all’hotel Metropol di Mosca. Il giorno prima, davanti a una platea russa e italiana, il vicepremier Matteo Salvini fece un intervento al Lotte Plaza Hotel nel centro di Mosca, dove ad ascoltarlo c’erano ambasciatori, diplomatici, imprenditori ma anche politici italiani e russi, riuniti per l’assemblea annuale di Confindustria Russia – oltre ad un ottantina di giornalisti accreditati.

Gianluca Savoini, giornalista professionista, già direttore dell’ufficio stampa di Regione Lombardia dal 2006 al 2013, fa parte di quella delegazione. Il giorno dopo, secondo la ricostruzione di Buzzfeed, parteciperà all’incontro tenutosi all’Hotel Metropol di Mosca oggetto delle polemiche di queste ore.  

Andiamo con ordine. Innanzitutto, l’inchiesta di Buzzfeed – secondo il giornale, che riprende ciò che aveva già in buona parte pubblicato L’Espresso a febbraio – non è stata in grado di determinare né l’identità dei russi che hanno partecipato all’incontro né degli accompagnatori italiani di Savoini. Né tantomeno di accertare se i soldi di cui si parla sono poi finiti effettivamente nelle casse della Lega. E questo non è un dettaglio di poco conto. Su Twitter, Alberto Nardelli, il giornalista che ha confezionato l’inchiesta per il giornale americano, pubblica un estratto audio di 1 minuto e 38 attribuito a Gianluca Savoini e scrive: “Questo audio fornisce la prima prova concreta dei tentativi clandestini russi di finanziare i movimenti nazionalisti europei e dell’apparente complicità di alcune figure di alto livello dell’estrema destra in quei tentativi”.

Secondo il quotidiano il giornale, per quanto riguarda il breve estratto audio pubblicato su Twitter dal giornalista possiamo affermare tranquillamente che non è assolutamente vero né dimostra alcunché. È una legittima opinione politica quella che Savoini esprime: “Il prossimo maggio ci saranno le elezioni europee – dice – Vogliamo cambiare l’Europa. La nuova Europa deve essere vicina alla Russia, come prima, perché vogliamo avere la nostra sovranità. Vogliamo davvero decidere per il nostro futuro, per gli italiani, i nostri figli, i nostri figli. Non dipendere dalle decisioni di Bruxelles, degli Stati Uniti. Vogliamo decidere noi. Salvini è il primo uomo che vuole cambiare tutta l’Europa. Insieme ai nostri alleati, colleghi e altri partiti in Europa” come Freiheitliche Partei Österreichs in Austria, Afd in Germania, Le Pen in Francia, Orbán in Ungheria. “Vogliamo davvero costruire una grande alleanza con questi partiti che sono pro Russia, ma non per la Russia, ma per i nostri Paesi”.

Cosa proverebbero queste dichiarazioni se non la volontà politica – legittima e comprensibile per un’associazione culturale che si chiama Lombardia-Russia – di avere migliori relazioni con una potenza come la Federazione Russa?

I passaggi per così dire “controversi”, semmai, non sono certo nel breve audio pubblicato da Nardelli su Twitter, che non prova nulla, ma nella trascrizione completa dell’incontro pubblicata sempre da Buzzfeed. Come mai il sito americano ha pubblicato un file tutto sommato ininfluente attribuito a Gianluca Savoini e non ha diffuso altri estratti della conversazione durata circa un’ora e un quarto? Il file audio verrà pubblicato per intero? Attendiamo.

Durante la riunione, spiega il giornale,secondo il sito americano, si sarebbe parlato del coinvolgimento di un gigante dell’energia russo per vendere 3 milioni di tonnellate di petrolio all’Eni per il valore di 1,5 miliardi di dollari. Da questa transazione, sempre secondo BuzzFeed, sarebbe avanzati 65 milioni di dollari finiti nelle casse della Lega, anche se il sito americano non è in grado di affermare se poi questa transizione sia effettivamente avvenuta o meno. Lo stesso Buzzfeed ammette: “Non è chiaro se l’accordo negoziato al Metropol sia mai stato eseguito, o se la Lega abbia ricevuto finanziamenti, ma la registrazione ha sollevato seri interrogativi sui legami tra Lega e Mosca”.

Secondo il sito americano la “prova” è al 25esimo minuto, quando uno degli italiani afferma: “È molto semplice. La pianificazione fatta dai nostri ragazzi in politica è stata che, dato uno sconto del 4%, 250.000 tonnellate più 250.000 al mese per un anno, possono sostenere una campagna”. Può essere certamente un indizio, ma non un elemento che confermi senza il minimo e ragionevole dubbio che l’affare prevedesse di finanziare le casse della Lega. Anche se questo lo appurerà, eventualmente, la magistratura.

Intanto lite tra i senatori del Pd e il presidente del Senato Elisabetta Casellati all'inizio della seduta a Palazzo Madama, sulla vicenda dei presunti fondi russi alla Lega. A dare il là al battibecco, un intervento del senatore Dem Alan Ferrari, vicepresidente del gruppo, che ha chiesto al presidente un chiarimento "un definitivo ed essenziale chiarimento a tutela di questa Camera" su tre interrogazioni presentate dal Pd tra febbraio e maggio sui legami tra persone vicine alla Lega e a Matteo Salvini e dirigenti russi legati al partito del presidente Putin e che non sono mai state pubblicate. Secondo Casellati la mancata pubblicazione è motivata dall'inammissibilità delle tre interrogazioni. Inoltre, ha osservato il presidente di Palazzo Madama, "il Senato non può essere il luogo del dibattito che riguarda pettegolezzi giornalistici. Qui non si discute liberamente di questioni che non hanno alcun fondamento probatorio, qui dobbiamo parlare di fatti che abbiano una giustificazione", rigettando più volte l'accusa di non essere "un presidente di garanzia".

L'episodio risale ai giorni della visita di Salvini da vicepremier a Mosca per incontrare degli imprenditori. "In Russia mi sento a casa mia mentre in alcuni paesi europei no", dichiara il 17 ottobre. Il 18, prima di ripartire per l'Italia, posta una foto su Twitter dall'aeroporto della metropoli. Intanto Savoini con altri due italiani, Luca e Francesco, il secondo forse un avvocato, secondo BuzzFeed, parla in una sala dello storico albergo con tre russi, a giudizio del sito di news vicini a esponenti di rilievo del Cremlino.

Savoini dice in inglese "a maggio ci saranno le elezioni in Europa e vogliamo cambiarla. Una nuova Europa deve essere vicina alla Russia, perché vogliamo riprenderci la nostra sovranità". E ancora: "Salvini è il primo che vuole cambiare l'Europa insieme ai nostri alleati", come austriaci e ungheresi un video rubato inguaiò il leader sovranista austriaco. Salvini viene descritto dai russi come "il Trump europeo". Dalla geopolitica si passa agli affari e in brani audio non diffusi della conversazione si parlerebbe secondo BuzzFeed di una percentuale del 4% su una grossa fornitura di petrolio da una grande compagnia russa all'Eni, per stornare fondi per finanziare la Lega. L'Eni smentisce qualsiasi ruolo nel caso. L'audio scatena la polemica politica.

Salvini, a caldo, ha commentato: "Ho già querelato in passato, lo farò anche oggi, domani e dopodomani, mai preso un rublo, un euro, un dollaro o un litro di vodka di finanziamento dalla Russia". Oggi, giovedì 11 luglio, ha aggiunto sornione: "Si vede che siamo scomodi..."  

Bufera per un'intervista nella quale il sottosegretario M5s alle pari opportunità Vincenzo Spadafora attacca il vicepremier Matteo Salvini. La replica del leader leghista è durissima: 'Lasci'.

"Cosa sta a fare Spadafora al governo con un pericoloso maschilista? Se pensa che io sia così brutto e cattivo, fossi in lui mi dimetterei e farei altro, ci sono delle Ong che lo aspettano", dice Salvini in conferenza stampa al Cara di Mimeo. "Per me - dice ancora Salvini - il governo dura altri 4 anni, spero, certo se ogni giorno c'è un sottosegretario del Movimento 5 stelle che si alza la 'spara', diventa impegnativo... Lavorassero, se invece hanno voglia di fare polemica io son qua a fare il mio lavoro e vado a fare un giro nel centro liberato".  
 
Le parole del sottosegretario hanno scatenato un putiferio. Dal fronte leghista il coro è unanime: “Si scusi o si dimetta”. "Si può anche dissentire dal pensiero di un membro del Governo di cui si fa parte, ma c'è modo e modo e a tutto, comunque, c'è sempre un limite”, tuona il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari. E a chiedere un passo indietro del sottosegretario è lo stesso titolare del Viminale: "Cosa sta a fare al governo con un pericoloso razzista e maschilista? Se pensa che sono così brutto e cattivo, fossi in lui mi dimetterei e farei altro, ci sono delle Ong che lo aspettano".  

L''Italia - denuncia Spadafora in un colloquio con Repubblica - 'vive una pericolosa deriva sessista' e gli insulti alle donne 'arrivano proprio dagli esponenti più importanti della politica'. L'esponente M5s prende ad esempio di insulti contro le donne 'gli attacchi verbali' di Salvini a Carola Rackete, definita 'criminale, sbruffoncella, pirata'. 'Parole che - dice Spadafora - hanno aperto la scia dell'odio maschilista contro Carola, con insulti dilagati per giorni e giorni sui social'. Durissima la replica della ministra leghista Stefani. 'E' vile usare il dramma delle donne per attaccare Salvini. Andrebbe ripensato l'incarico di Spadafora.

Dagli insulti a Carola Rackete, alla condizione delle donne migranti, fino alle carte d’identità con scritto padre e madre che discriminano gli omosessuali, è un continuo j’accuse contro il vicepremier leghista e gli alleati di governo.

Dopo lo scontro con la ministra della Difesa in quota penta stellata, gli attacchi sul Blog delle Stelle e i paragoni calcistici del sottosegretario Manlio Di Stefano, non si placa l’offensiva grillina contro il leader della Lega. “L'Italia vive una pericolosa deriva sessista, come facciamo a contrastare la violenza sulle donne, se gli insulti alle donne arrivano proprio dalla politica, anzi dai suoi esponenti più importanti?”, provoca il fedelissimo di Luigi Di Maio con un chiaro riferimento. Quello agli “attacchi verbali" del vicepremier alla capitana della Sea Watch 3. “L'ha definita criminale, pirata, sbruffoncella”, continua Spadafora. “Parole, quelle di Salvini – prosegue il sottosegretario - che hanno aperto la scia dell'odio maschilista contro Carola, con insulti dilagati per giorni e giorni sui social”.

Poi c’è la “tragedia delle donne migranti” che secondo l’esponente grillino porta "la firma della Lega". “Il decreto sicurezza peggiorerà ancora di più la loro condizione di vulnerabilità, il ministero dell'Interno le sta lasciando senza più supporti", denuncia nel giorno della presentazione del primo censimento nazionale dei centri anti violenza. E tra le vittime del clima di ostilità, per il sottosegretario, non ci sarebbero solo le donne ma anche gli omosessuali. “Ero a Palermo, con una coppia di papà che stavano registrando all'anagrafe la loro bambina, l'ufficiale di stato civile ha allargato le braccia dicendo: 'Non ci possiamo fare niente, lo spazio è quello, uno di voi due verrà definito madre per legge'", racconta criticando una delle prime misure volute dal ministro dell’Interno.

“Vile” strumentalizzare “il dramma della violenza per attaccare Salvini” secondo la ministra per gli Affari Regionali e le Autonomie, Erika Stefani. Dello stesso parere anche la senatrice del Pd Valeria Valente, presidente della commissione di inchiesta parlamentare per il Femminicidio, che chiede di non cercare visibilità “sulla pelle delle donne”. Di intervista “delirante” parla, infine, Giorgia Meloni, che ha espresso solidarietà al ministro Salvini per le "gravissime parole pronunciate dall’alleato di governo”.

Intanto, forse proprio per le nuove tensioni scatenate nella maggioranza dalle parole del sottosegretario grillino, è stata cancellata la cabina di regia per l’attuazione del piano sulla violenza contro le donne e la conferenza stampa di presentazione del primo censimento nazionale dei centri anti-violenza. L’incontro, al quale Spadafora avrebbe dovuto partecipare assieme al ministro per la Pubblica Amministrazione, Giulia Buongiorno, è stato annullato per “motivi personali” e sarà riconvocato a breve, ha chiarito in una nota proprio il sottosegretario.

“Il cinismo di Spadafora è incredibile, su Repubblica attacca le regioni e i centri anti violenza negando di non aver dato i fondi per loro previsti e oggi che tutti attendevano la cabina di regia per discutere finalmente del piano anti-violenza Spadafora annulla tutto perché non solo non ha idee ma con la sua intervista ha fatto arrabbiare la Lega e Salvini”, ha commentato la presidente dei deputati di Forza Italia, Maria Stella Gelmini. “Siamo davvero allo sbando”, chiosa la parlamentare azzurra, che evidenzia come “a pagarne le spese siano i cittadini, in questo caso le donne vittime di violenza che meriterebbero una sensibilità diversa”.

A spegnere l'incendio nel primo pomeriggio arrivano le dichiarazioni del leader del M5S, Luigi Di Maio, che interviene sulla questione cercando di smorzare i toni. "Quanto casino per un'intervista, ma è possibile che ora debba diventare il problema di questo Paese?", minimizza il vicepremier grillino mettendo l'accento sui "risultati" raggiunti sinora dall'alleanza giallo-verde: "Sono già partiti quasi tutti gli appalti, il 96%, dei 400 milioni stanziati per i Comuni, questi sono temi di cui deve parlare il governo e che ci rendono orgogliosi". "Lavoriamo e andiamo avanti", è l'appello di Di Maio per ricompattare la maggioranza.

Già il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, aveva annunciato di voler intensificare la presenza della Marina nel Mediterraneo, con nuove misure, andando allo scontro con il collega del Viminale, accusato di aver voluto sospendere l'operazione Sophia. Oltre a questo si procederà con i controlli aerei e radar volti a capire quando i barconi partono in modo da intervenire in tempo con un vero e proprio blocco navale militare. Inoltre, saranno fornite altre dieci motovedette alla Guardia costiera libica e si punterà a una trattativa diplomatica con la Tunisia per assicurare controlli anche da parte di quel Paese.

Nella diatriba tra Salvini e Trenta entra a gamba tesa il premier Giuseppe Conte: «Da alcune settimane stiamo assistendo a un progressivo incremento del numero di imbarcazioni che trasportano migranti che si approssimano alle nostre coste e sollecitano un attracco nei nostri porti. Diventa pertanto ancora più urgente coordinare le iniziative dei ministeri competenti, anche al fine di evitare che possano ingenerarsi sovrapposizioni o malintesi che finirebbero per nuocere alla nostra azione». Il vertice si terrà domani.

Ma i numeri dell'operazione Sophia danno ragione a Salvini. Nel 2017 si fecero 126 interventi per 15.218 persone soccorse, nel 2018 29 interventi per 3.172 immigrati soccorsi, con un totale di 18.390 soggetti recuperati, tutti arrivati in Italia.Peraltro, la Trenta più volte ha fatto capire che vorrebbe i porti aperti, a differenza del collega vicepremier leghista.

«Lei - proseguono alcuni ufficiali - pensa che la soluzione sia accogliere chi arriva dalla Libia perché quel Paese è instabile. In realtà, ha ragione Salvini, in Italia non devono arrivare».

Se la nuova soluzione proposta da Salvini da una parte piace, i militari sono però preoccupati per un altro aspetto.

«Prima di tutto - chiarisce un ufficiale della Marina di servizio a Roma - dobbiamo ricordarci che già con Mare Nostrum, all'epoca in cui capo di stato maggiore della Forza armata era l'ammiraglio Giuseppe De Giorgi - si ipotizzò di bloccare i flussi. Il risultato fu che avemmo un'invasione. È ovvio che se ci si trovasse come allora di fronte a un gommone carico di migranti e gli stessi fossero in difficoltà o si gettassero in mare, come è probabile che facciano, le nostre navi dovrebbero recuperarli e portarli in Italia.

Ok al blocco navale, ma no a eventuali recuperi dei barconi, perché se il piano non fosse supportato da accordi bilaterali tra il nostro Paese e altre nazioni sarebbe un fallimento e rischieremmo una nuova invasione». Come ammesso dalla stessa Trenta la situazione libica è instabile, quindi è ovvio che a Tripoli non potrebbero essere riportati. «Ed è improbabile - fanno sapere ancora alcuni dipendenti della Marina militare - che anche Stati come la Tunisia possano decidere di accoglierli. Gioco forza si dovrebbe portarli nei Paesi a sud dell'Europa, in primis il nostro».

Vero è, peraltro, che con Mare Sicuro finora si è garantita la sicurezza delle acque territoriali, ma in tutti questi mesi gli interventi che hanno riguardato il recupero dei migranti da parte della Marina si contano sulle dita di una mano.

Il Cara di Mineo, come da tempo annunciato, chiuderà i battenti e il ministro dell'Interno, Matteo Salvini oggi è andato nella struttura del Catanese parlando di «bellissima giornata». Al suo ingresso una delegazione di dipendenti ed ex lavoratori del Centro accoglienza richiedenti asilo più grande d'Europa ha protestato utilizzato fischietti ed esposto uno striscione con la scritta 'Lasciati in mutande' contro la perdita del posto di lavoro e per chiedere garanzie al riguardo.

«Sul Cara siamo passati dalle parole ai fatti. Pensiamo già a cosa verrà al suo posto. Si recupereranno al presidio del territorio uomini e donne, si risparmieranno un sacco di quattrini: lavoriamo per ricollocare lavoratori, ma la Sicilia, Catania e Mineo non possono fondare il loro futuro sull'immigrazione. Oggi è un bel giorno per legalità territorio che dedico ai due anziani massacrati».

Il caso a cui ha riferimento il ministro Salvini, nella sua 'dedicà, è quello del 18enne ivoriano Mamadou Kamara, ospite del Cara di Mineo, condannato, l'8 febbraio del 2019, all'ergastolo dalla Corte d'Assise di Catania. I giudici, accogliendo la richiesta del Procuratore di Caltagirone, Giuseppe Verzera, lo hanno riconosciuto colpevole del duplice omicidio per rapina, commesso il 30 agosto 2015, nella loro villa di Palagonia di Vincenzo Solano, 68 anni, e di sua moglie Mercedes Ibanez, di 70. La donna, è la tesi dell'accusa, sarebbe stata anche violentata. 

L'ivoriano si è sempre proclamato innocente. Rientrato in bicicletta nel Centro accoglienza richiedenti asilo di Mineo in cui era ospite, il 18enne fu bloccato da militari dell'Esercito e da un Ispettore Capo in servizio nel Cara, insospettiti dai vestiti che indossava, quelli della vittima, troppo grandi per lui. Ad accusarlo ci sono anche le indagini e i filmati visionati dalla Squadra Mobile di Catania e del commissariato di Caltagirone che lo riprendono mentre esce dal Cara e mentre si avvicina alla villa. Ma soprattutto lo accusa una sua polo blu trovata sporca di sangue nell'abitazione dei coniugi, dove furono trovati anche parte di un braccialetto che aveva nello zainetto con la refurtiva, ed i suoi pantaloni sporchi di sangue, i vestiti che indossò per tornare al Cara, che erano di Vincenzo Solano, taglia 56, enormi per lui, e le ciabatte della vittima.

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