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Europa e Grecia ai ferri corti

Alla vigilia dell'Eurogruppo dell' 'ultima chance', Europa e Grecia sono ai ferri corti. L'intesa è lontana più che mai: Ue, Bce ed Fmi non si muovono dalle loro richieste convinti di aver già ceduto molto, e il premier greco minaccia di aver pronto un "grande no" ad un accordo che prolunghi le "politiche catastrofiche" attuate finora. La paura per quello che accadrà continua ad agitare le Borse europee che chiudono in negativo, spinge gli Usa a tornare in pressing sull'Europa e la Banca di Grecia a mettere pressione sul Governo ellenico, avvertendolo che senza compromesso si va dritti al default e all'uscita da euro e Ue. Intanto la Bce continua a tenere aperto il rubinetto della liquidità d'emergenza Ela (aumentata di 1,1 miliardi) che continuerà a sostenere le banche greche fino a che non avverrà un 'incidente', cioè il fallimento. "La richiesta di reperire risparmi con tagli alle pensioni è incomprensibile, se i leader europei insistono su questa incomprensibile richiesta, si assumeranno il costo di conseguenze che non porteranno benefici a nessuno", ha detto Tsipras dopo aver incontrato il cancelliere austriaco Werner Faymann ad Atene. Il Governo greco, ha spiegato, è pronto a dare un "grande no" a un cattivo accordo e lui stesso non ha paura di prendere decisioni difficili. Perché sui tagli alle pensioni, ha chiarito, non si può fare di più: la proposta greca elimina gradualmente l'opzione del pensionamento anticipato dal 2016 e genererà risparmi aggiuntivi per 2,5 miliardi nel periodo 2016-2022. Per il premier greco ottenere risparmi per 1,8 miliardi nel 2016 solo dai tagli alle pensioni non è possibile. Ma le proposte greche non sono "credibili" secondo i creditori: "I greci devono dire quello che vogliono, non solo quello che non vogliono", ha detto il vicepresidente della Commissione responsabile per l'euro, Valdis Dombrovskis, spiegando ancora una volta come le istituzioni abbiano in parte proposto delle alternative ai tagli alle pensioni, come tagli alla difesa (da 200 milioni all'anno devono salire a 450), ma i greci non hanno risposto. In ogni caso, ha spiegato il commissario Pierre Moscovici, le pensioni vanno riformate perché il sistema è insostenibile per le casse dello Stato. "E' falso dire che la Commissione propone nuova austerità", ha detto Moscovici. I creditori, che si dicono unanimi, ritengono di aver ceduto già su tutti gli obiettivi di bilancio e aspettano un segnale da Atene. Lo stallo è sotto gli occhi di tutti, e una nuova telefonata Juncker-Tsipras in serata non ha portato a nulla. Domani Angela Merkel terrà al Bundestag un discorso in cui affronterà il nodo greco. La cancelliera vuole che la Grecia rimanga nell'eurozona, pur ritenendo necessario che vada avanti sulla strada delle riforme. Ma parecchi in Europa, dalla stessa Germania a Irlanda e gran Bretagna, hanno fatto sapere di aver preparato 'piani di contingenza' in caso di fallimento dei negoziati. L'ultima parola non sarà all'Eurogruppo, dove nemmeno il ministro greco Yanis Varoufakis si aspetta progressi. Il caso Grecia finirà sul tavolo dei capi di Stato e di Governo il 25-26 giugno, visto che al momento non sembra guadagnare terreno l'ipotesi di un appuntamento straordinario prima di allora.

"Se al 1 luglio non risulterà pagato, vuol dire che non è pagato": così il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde, risponde alla domanda se la Grecia farà default verso il Fmi non pagando la rata entro fine giugno. Lagarde ha precisato che "non c'è nessun periodo di grazia", e definito "imperativa" una riforma delle pensioni in Grecia.

"Non prendiamo in considerazione l'opzione di fermare l'orologio, anzi sappiamo che l'orologio continua a ticchettare". Così il portavoce della Commissione Ue Margaritis Schinas a chi gli chiedeva se poteva essere presa in conto l'opzione diplomatica di fermare il conto alla rovescia per dare più tempo ai negoziati sulla Grecia.

Il ministro dell'economia Pier Carlo Padoan non è preoccupato per la Grecia. Entrando alla riunione annuale del board del Esm, il fondo salva-Stati, il ministro ha risposto "no" a chi gli chiedeva se fosse preoccupato per la situazione greca.

L'euro resta irreversibile. Così il portavoce della Commissione Ue Margaritis Schinas su una Grexit. "Sì", ha risposto netto a chi gli chiedeva se la Commissione continui a restare dell'idea che l'eurozona sia "irreversibile".

Il negoziato vero "comincia adesso": le parole pronunciate ieri da Alexis Tsipras, il premier greco che sta portando all'estremo il braccio di ferro con i creditori, stupiscono dopo cinque mesi di trattativa. Ma forse quella frase, detta al Parlamento di Atene, è rivelatrice. Sia la Grecia che i creditori si preparano alla rottura della trattativa e già guardano oltre, sapendo che il 'Grexit' non è affatto scontato. E fra Francoforte, Washington e Bruxelles c'è chi scommette che la Grecia sarebbe costretta a tornare al negoziato entro fine anno. Per firmare un momento prima di non riuscire a pagare stipendi e pensioni. E' quello che trapela dalla Germania, dove il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble avrebbe informato i parlamentari di "piani di contingenza". E dalle istituzioni creditrici sempre più scettiche dopo che, fra le parti, ormai volano gli stracci.

E' in questo scenario che si dipanerebbe il "vero negoziato" di cui parla Tsipras. Con i mercati in probabile sommovimento, stipendi pubblici e pensioni a rischio e un'economia privata di un sistema bancario funzionante, la sua strategia sarebbe addossare le colpe ai creditori, magari aprendo a una coalizione d'emergenza con l'opposizione. Sempre che non intervengano elezioni. Il sommovimento politico e sociale in Grecia, però, potrebbe ritorcersi contro il governo mettendo sempre più all'angolo Syriza. E' uno scenario che i creditori mettono in conto da un po': Atene, si ragiona nel fronte dei creditori, sarà costretta a firmare un momento prima di non essere in grado di pagare pensioni e stipendi. E' un gioco che rischia di sfuggire di mano e che, facendo crollare la fiducia fra paesi, rischia di impattare anche sui conti pubblici dei vicini. Come Italia e Francia: il fallimento della 'linea morbida' tenuta dal presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, potrebbe portare a un irrigidimento dopo lo sforzo pro-flessibilità delle istituzioni europee. Senza contare il rialzo degli spread già evidente in questi giorni, che se continuasse potrebbe peggiorare gli scenari di bilancio e costringere a rifare i conti.

Un flop all'Eurogruppo di domani è dato quasi per certo da chi è vicino al negoziato. I capi di governo europei - sempre che le pressioni Usa e l'emergenza non portino a una soluzione politica al fotofinish - potrebbero essere costretti a prenderne atto. Se andrà così, è quasi escluso (a meno di confische e prelievi straordinari) che Atene riesca a pagare i circa 1,5 miliardi dovuti al Fmi a fine mese, per non parlare deo sette miliardi dovuti alla Bce fra luglio e agosto. Con appena il 15% del debito greco in mano ai privati, tuttavia, non sarebbe necessariamente un default: Standard & Poor's ha fatto già sapere che non lo considererebbe tale. "Un default non può essere dichiarato senza una decisione politica del Fmi e della Bce, cui probabilmente si opporrebbero sia l'amministrazione Obama che il board del Fmi", ragiona Jacob Kirkegaard, un esperto del Peterson Institute a Washington.

Nel frattempo la Bce - con i 'falchi' rafforzati dal 'buco' di bilancio che si creerebbe a Francoforte - dovrà decidere sulla liquidità d'emergenza alle banche. A maggioranza di due terzi, potrebbe chiudere la bombola d'ossigeno (ha raggiunto oggi gli 84 miliardi di euro) che fa funzionare la Grecia. Ma anche senza questo giro di vite, la liquidità verrà comunque intaccata dal rialzo (quasi automatico in caso di mancato pagamento al Fmi, riferiscono fonti europee) dello 'sconto' sul valore dei titoli greci che garantiscono i fondi 'ELA'. Tsipras sarà quindi obbligato a introdurre limiti ai movimenti di capitali, forse a chiudere le banche per alcuni giorni, per fermare una vera e propria fuga che del resto è già in atto: solo negli ultimi tre giorni si sarebbero dileguati quasi due miliardi.

"Gli sforzi della Germania restano tesi a che la Grecia rimanga nell'eurozona" ha detto Angela Merkel parlando al Bundestag in vista del prossimo consiglio europeo del caso greco. "Vogliamo che la gente in Grecia, come accaduto alla gente in Irlanda, Portogallo e Spagna, abbia una prospettiva migliore". "Un accordo con le tre istituzioni è ancora possibile". La cancelliera ha sottolineato che si tratta di un "presupposto decisivo" per il proseguimento del programma in Grecia. "L'euro è sempre stato più di una valuta", ha detto la Merkel.
"La Grecia era sulla buona strada ma non ha concluso il percorso. Purtroppo ha sempre di nuovo rimandato alcune importanti riforme". "Queste riforme non sono soltanto presupposto per chiudere il secondo programma - ha aggiunto - ma sono anche il presupposto perché gli aiuti possano avere un effetto sostenibile". Per la cancelliera "diversamente da Atene Portogallo, Irlanda e Spagna hanno affrontato i programmi e stanno di nuovo sulle loro gambe".

La Commissione Ue e la Bce starebbero lavorando alla bozza di un possibile comunicato per la ristrutturazione del debito se la Grecia farà l'accordo con i creditori riporta Kathimerini. Si tratta di una potenziale svolta nella trattativa.

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