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Le ultime parole di Giuseppe Conte annunciano l'estensione della cosiddetta zona rossa in tutto il territorio italiano. O meglio, "ci sarà l'Italia zona protetta".

Il tempo stringe e i numeri parlano di un' ”importante crescita” dei contagi. È questo che ha spinto il governo a chiedere al popolo italiano delle rinunce per il bene del Paese. Pronte misure ancora più forti e stringenti, che saranno valide da Nord a Sud, isole comprese. "Sto per firmare il provvedimento 'Io resto a casà – ha detto Conte - Non ci sarà più una zona rossa. L'Italia sarà zona protetta. Ho sentito le opposizioni. Siamo tutte sulla stessa barca. E' giusto che siano coinvolte"".

Fino al 3 aprile le scuole e le università restano chiuse (anche se si parla di spostare la riapertura a dopo Pasqua). Sospesi anche i corsi professionali, i master e le attività formative, salvo quelle rivolte alle professioni sanitarie e i corsi di Medicina. Tutte le istituzioni scolastiche sono invitate a fornire le attività didattiche online. Vengono sospese anche le riunioni degli organi collegiali delle scuole in presenza.

Il decreto stabilisce che chi viola le prescrizioni è punito con l'arresto fino a tre mesi e l'ammenda fino a 206 euro. Pene più gravi possono essere comminate per chi adotterà comportamenti, come ad esempio la fuga dalla quarantena per i positivi, che possono configurare il reato di delitto colposo contro la salute pubblica.

Il decreto è chiarissimo: non ci si potrà più muovere dal proprio Comune di residenza. Allo stesso tempo gli spostamenti saranno tranquillamente consentiti per motivi di lavoro, di salute (comprovati da certificato medico) o per «stato di necessità» (come ad esempio dover acquistare farmaci o alimenti introvabili nel proprio Comune). In tutti questi casi servirà mostrare una autocertificazione, scaricabile anche dal sito del nostro giornale, e compilarla. Dichiarare il falso farà scattare le sanzioni penali previste per la “dichiarazione non veritiere”.

“Misure di questo tipo, così rigide e gravi, andavano coordinate con le forze dell’ordine e le Forze armate”. L’ammiraglio Nicola De Felice attacca la pessima gestione della crisi coronavirus del Governo europeista Pd-M5s.

“L’aver fatto filtrare la notizia delle bozze del Dpcm sul coronavirus ha scatenato la fuga verso il Sud, il caos ed il panico che abbiamo visto alla stazione centrale di Milano. Il rischio di contagio al Sud è ora aumentato. Ciò la dice lunga su come è gestita la crisi”, scrive l’ammiraglio.

Un provvedimento del genere doveva essere coordinato con le forze dell’ordine e le Forze armate. Non possiamo essere governati da una cricca di incompetenti, incapaci e senza alcuna cognizione di causa. Uno Stato come quello italiano deve essere gestito da gente preparata, capace di mantenere nervi saldi e sangue freddo nei casi di crisi come questo. Che dire, facciamone buon insegnamento per quando andremo al governo”.

Il fatto che al nord hanno consentito di far conoscere le bozze del DPCM ha scatenato la fuga verso il sud, il caos ed il panico che abbiamo visto alla stazione centrale di Milano. Il rischio di contagio al sud è ora aumentato. Ciò la dice lunga su come è gestita la crisi. Un provvedimento del genere avrebbe dovuto essere coordinato con le Forze dell’Ordine e le Forze Armate. Non possiamo essere governati da una cricca di incompetenti, incapaci e senza alcuna cognizione di causa. Uno Stato come quello italiano deve essere gestito da gente preparata, capace di mantenere nervi saldi e sangue freddo nei casi di crisi come in questo caso. Che dire, facciamone buon insegnamento per quando andremo al Governo.

Punto per punto tutte le misure del nuovo decreto 'Io resto a casa', valido per l'intero territorio nazionale, isole comprese. Ecco come devono cambiare le nostre abitudini temporaneamente.

Il nuovo decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n°62 del 9 marzo 2020, riprende il precedente Dpcm dell’8 marzo che si riferiva solo a una porzione del territorio italiano e lo estende a tutta Italia.
Oltre a estendere le restrizioni del precedente decreto, il nuovo decreto ‘Io resto a casa’ aggiunge ulteriori restrizioni che valgono per tutto il territorio nazionale.

Le restrizioni del nuovo decreto ‘Io resto a casa’ sono entrate in vigore a partire dal 10 marzo 2020 e resteranno valide fino al 3 aprile prossimo compreso. Le restrizioni riguardano tutto il territorio nazionale, isole comprese. Tutti i settori sono coinvolti senza eccezioni.
Leggiamo le restrizioni nel dettaglio.

Assembramento di persone, Bar e ristoranti

Vietata ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico su tutto il territorio nazionale.
Consentite le attività di ristorazione a bar e ristoranti dalle ore 6.00 alle ore 18.00. Ma i gestori hanno l’obbligo di garantire e far rispettare tra i clienti la distanza minima di 1 metro. In caso contrario sarà possibile applicare la “sanzione della sospensione dell’attività in caso di violazione”.

Attività commerciali, supermercati e alimentari

Le attività commerciali sono consentite, ma i gestori devono garantire la bassa affluenza nei loro locali.
Le medie e grandi strutture di vendita resteranno chiuse nelle giornate festive e prefestive.
I negozi di alimentari, macellerie e ogni altro tipo di attività dedicata al settore alimentare come anche il fruttivendolo, ecc.

Attività sportive ed eventi sportivi

Sospese tutte le competizioni sportive di ogni ordine e grado, significa che il campionato di calcio di Serie A, Serie B e di ogni altra categoria sono stati sospesi per decisione del Governo. Non si disputeranno nemmeno le partite a porte chiuse. Gli atleti professionisti e non professionisti potranno proseguire regolarmente gli allenamenti ma a porte chiuse.
Gli impianti dei comprensori sciistici resteranno chiusi.
Sospese le palestre, centri sportivi, piscine, centri natatori, centri benessere, centri termali, centri culturali, centri sociali, centri ricreativi.
Si disputeranno solo gli eventi internazionali già programmati come le gare di coppa nel calcio.

Attività scolastiche e Università

Sono sospesi i servizi per l’infanzia e le attività scolastiche di ogni ordine e grado, comprese le scuole superiori e l’Università, chiusi anche gli istituti professionali regionali e assimilati.

Viaggi nazionali e internazionali e spostamenti sul territorio

Evitare gli spostamenti delle persone fisiche in entrata e uscita dai territori predetti, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità come per motivi di salute. Il Dpcm aggiunge anche: “È consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza”. Questo significa che non si può viaggiare per piacere sul territorio nazionale e non sarà probabilmente permesso di andare in vacanza all’estero agli italiani, fino a quando il decreto sarà in vigore. Potrà recarsi all’estero solo chi lavora o ha esigenze non rinviabili e comprovabili.

Luoghi di cultura e di culto e concorsi pubblici

I luoghi di culto potranno aprire se sapranno adottare “misure organizzative tali da evitare assembramenti di persone, tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi, e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza tra loro di almeno 1 metro: cerimonie civili e religiose, compresi i funerali sono sospese.
Chiusi i musei e i luoghi di cultura.
Sospesi concorsi pubblici e privati a esclusione di quelli dove la valutazione dei candidati avviene “esclusivamente su basi curriculari” e in “modalità telematica”. Non rientrano nella sospensione i concorsi per il personale sanitario: medici, infermieri, operatori sanitari, personale protezione civile.

Chi deve fare quarantena

Chi presenta sintomatologie da infezione respiratoria con febbre superiore ai 37,5 °C deve restare a casa e limitare contatti sociali e deve chiamare il proprio medico curante.
“Divieto assoluto di mobilità dalla propria abitazione o dimora per i soggetti sottoposti alla misura della quarantena ovvero risultati positivi al virus”.

Ci sono anche un omicida e tre persone legate alla mafia garganica tra i 23 ricercati evasi ieri dal carcere di Foggia durante la rivolta dei detenuti. L'omicida è Cristoforo Aghilar, il 36enne che il 28 ottobre scorso ha ucciso ad Orta Nova, nel Foggiano, Filomena Bruno, 53 anni, mamma della sua ex fidanzata. Tra i ricercati ci sono che tre detenuti di Mattinata (Foggia) legati al clan della mafia garganica: uno era in carcere per droga, uno per un assalto a un blindato e un altro per un tentato omicidio.ù

A quanto si apprende da fonti investigative, sono 77 i detenuti che sono riusciti a fuggire approfittando dei disordini, 54 quelli già catturati tra cui due che si sono costituti. Al momento per tutti l'accusa è di evasione, e successivamente sarà analizzata la posizione di ogni singolo detenuto. In nottata le forze di polizia hanno effettuato una ventina di perquisizioni nel Foggiano. Non è ancora chiaro se la protesta sia nata al momento dell'ora d'aria oppure se i detenuti siano riusciti ad aprire o a farsi aprire le celle per poi riversarsi davanti all'ingresso. Quattrocento quelli che hanno partecipato ai disordini. Devastate due palazzine ma anche l'infermeria e l'archivio del carcere.

Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede terrà nell'Aula del Senato una informativa urgente sulla situazione delle carceri con l'emergenza coronavirus mercoledì alle 17. L'informativa, spiega Laura Garavini, è stata richiesta in conferenza dei capigruppo da Iv.

Il Garante nazionale delle persone private della libertà personale Mauro Palma esprime "forte preoccupazione" per le proteste da giorni in corso in diversi Istituti penitenziari, proteste "sfociate talvolta in violenze inaccettabili, con conseguenze gravissime, prime fra tutte la morte di alcune persone detenute".

Il Centro europeo per il controllo delle malattie (Edcd) segnala che nel mondo si sono verificati 109.695 casi di Covid-19, con 3.811 morti. Per quanto riguarda l'Europa e il Regno Unito, sono 11.577 i casi e 396 le morti, si legge sull'aggiornamento quotidiano di Twitter.

Migliaia di migranti sono bloccati ormai da diversi giorni al confine tra Grecia e Turchia, e la tensione tra i due Paesi non accenna a diminuire. La polizia greca avrebbe utilizzato getti d'acqua e gas lacrimogeni per disperdere le persone che, al contempo, avrebbero reagito lanciando pietre, supportate dagli agenti turchi che a loro volta avrebbero sparato dei lacrimogeni. Da ambo le parti si parla di fuoco di deterrenza.

Inoltre, un video diffuso di recente dalle maggiori testate giornalistiche online mostra il ricorso a dei droni tattici da parte dei due eserciti per perlustrare i rispettivi confini.
Fonti governative greche accusano anche i turchi di aiutare i profughi ad attraversare la linea di confine, preparando degli "attacchi combinati" e fornendo loro delle cesoie per tagliare le recinzioni.

La Grecia, va avanti nel compito scomodo di gendarme di una delle frontiere esterne dell'Unione. All'Afp una fonte del governo di Atene ha annunciato il prolungamento per 36 chilometri della recinzione rinforzata del confine con la Turchia per contenere la pressione dei migranti. Dopo gli incidenti degli ultimi giorni, con l'uso degli idranti e dei lacrimogeni da parte della polizia greca e il lancio di pietre da parte dei migranti, sono stati dislocati altri agenti anti-sommossa con cani e droni.  

La Turchia ha allestito una tendopoli per i profughi che vengono spinti fino alla barriera, a dimostrazione di come al momento non vi sia l'intenzione di accompagnarli indietro.

Nel corso della giornata sono stati rinvenuti sui terreni a ridosso della barriera metallica diversi candelotti lanciati dal territorio turco. Secondo la polizia greca sono stati lanciati dai “colleghi” turchi dispiegati a Edirne. Alcuni dei proiettili sono stati fotografati, dopo verifiche incrociate svolte anche da “Avvenire”, non ci sono molti disubbidire che si tratti di dotazioni turche.

Sui due lati è attiva una guerra di propaganda che rende sempre più difficile il lavoro dei cronisti. Ai giornalisti è infatti impedito di arrivare a pochi metri dagli scontri, e chi ci prova viene immediatamente riportato indietro dai militari, rendendo più complicata la verifica sul campo delle informazioni.

In un nuovo video diffuso dalle autorità greche, si vedono militari turchi picchiare selvaggiamente alcuni migranti. L'aggressione, secondo le fonti, sarebbe avvenuta a poca distanza dalla barriera tra i due Paesi. Secondo l'Esercito di Atene, le forze speciali di Ankara per tutto il giorno hanno spinto i profughi a continuare a dare l'assalto al posto di frontiera per sfondare le barriere ed entrare in Grecia. Chi si rifiuta o arretra viene spinto di nuovo in avanti.

"Grecia! Vi lancio un appello: aprite le porte e liberatevi di questo peso. Fateli andare negli altri Paesi europei!", è stato il messaggio inviato da Erdogan al premier greco Kyriakos Mitsotakis nel corso di un discorso televisivo con il quale ha anche confermato la missione di oggi a Bruxelles. "Spero di tornare dal Belgio con risultati differenti", ha scandito il leader turco riferendosi ai previsti colloqui con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen.  

A Zagabria, dove si è tenuto il consiglio dei ministri degli esteri dei 27, è dunque arrivato il contrordine sul fronte dei migranti: per il momento, nessun altro miliardo da erogare ad Erdogan per mantenere i profughi in Turchia, al contrario l’obiettivo sembra quello di evitare che dai confini esterni dell’Unione transiti una nuova massiccia ondata di profughi.

I ministri degli esteri europei si sono riuniti nella capitale croata dove, al primo punto all’ordine del giorno, vi era per l’appunto la crisi innescata dalle dichiarazioni di Erdogan di venerdì scorso. In quell’occasione, il presidente turco ha lasciato sostanzialmente via libera di raggiungere il confine con la Grecia a tutti i migranti presenti nel suo paese. Il tutto come ritorsione per il mancato appoggio dell’Ue nei confronti della Turchia a riguardo della battaglia in corso ad Idlib.

Da allora, lungo i confini greci e turchi sono iniziati giorni contraddistinti da tensioni e tentativi di fuga verso il territorio comunitario da parte di migliaia di migranti. Le misure prese da Atene per il momento hanno contenuto gli ingressi regolari, il governo ellenico ha schierato ingenti forze sia lungo le frontiere terrestri che marittime.

L’Europa però considera critica la situazione e, nei giorni scorsi, a livello diplomatico si era diffusa l’ipotesi di nuove contrattazioni con Ankara per provare a dirimere la questione. Era stato lo stesso Erdogan ad annunciarlo: “L’Ue mi aveva sottovalutato – ha dichiarato il presidente turco lunedì – Da quando ho riaperto i confini adesso i telefoni sono tornati a squillare”.

Tuttavia, la linea adesso emersa da Zagabria appare quella della difesa dei confini esterni. Un dietrofront per l’appunto, confermato anche da un comunicato diffuso al termine della riunione dei ministri degli esteri: “Gli attraversamenti illegali non saranno tollerati – si legge nel testo – A questo proposito, l'Ue e i suoi Stati membri prenderanno tutte le misure necessarie, in accordo con la legge dell'Ue e internazionale”.

“I migranti – si legge ancora nella nota – non dovrebbero essere incoraggiati a tentare di attraversare illegalmente il confine via terra o mare. Il Consiglio chiede al governo turco e a tutti gli attori e organizzazioni sul terreno di trasmettere questo messaggio e di contrastare la divulgazione di false informazioni”.

Dunque, stop agli attraversamenti e difesa delle frontiere: una linea che sembrerebbe essere stata spinta dalle rimostranze di diversi paesi circa l’ipotesi di continuare il dialogo con la Turchia. La stessa Grecia, in prima linea nel provare a difendere i confini, ha fatto sapere di non essere nella possibilità di accettare il passaggio e l’arrivo di migliaia di migranti.

Anche da Vienna nelle scorse ore il cancelliere Sebastian Kurz aveva sferzato l’Europa sulla questione: “O si difendono i confini esterni – ha dichiarato il capo dell’esecutivo austriaco – Oppure si introdurranno quelli interni”.

Intanto un'azione di forza per riversare in Europa i migranti che dalla Turchia arrivano o tentano di arrivare in Grecia: è la ricetta provocatoria che Recepp Tayipp Erdogan suggerisce ad Atene, cercando di aumentare la pressione sulle istituzioni Ue che incontra oggi a Bruxelles.

Grazie al lavoro di cucitura di Michel con il suo viaggio ad Ankara dei giorni scorsi, questo è il primo faccia a faccia formale con i vertici Ue dopo la denuncia unilaterale, a fine febbraio, del patto del 2016 con il quale Ankara si impegnava a bloccare il flusso dei profughi verso l'Unione in cambio di 6 miliardi di euro. Dall'incontro di oggi non c'è da aspettarsi un nuovo accordo o lo stanziamento di altri fondi Ue: si tratta piuttosto del rilancio di un dialogo politico fermo da tempo.

Per quanto riguarda il capitolo migrazioni, si cercherà di far chiarezza sulle diverse interpretazioni dell'accordo già in essere, per metterlo in sicurezza. Una tranche del denaro dev'essere ancora sborsata e potrebbero essere valutati modi per accelerare l'iter. Naufragata sul nascere, invece, l'ipotesi di uno stanziamento di 500 milioni di euro aggiuntivi, che la settimana scorsa aveva fatto timidamente capolino. All'incontro si parlerà anche di liberalizzazione dei visti e di unione doganale anche se lo scoglio del rispetto dei criteri Ue, su cui si era incagliato l'intero processo negli anni passati, rimane di fatto insormontabile. Sul tavolo anche il discorso sull'assistenza militare alla Turchia, che potrebbe essere riannodato, e la questione delle trivellazioni nell'area di Cipro.

Un appuntamento preceduto da una lunga telefonata, venerdì scorso, con la cancelliera tedesca Angela Merkel che dell'accordo del 2016 era stata la regista. E preceduto anche da un'altra mossa a sorpresa del presidente turco: giovedì l'annuncio da parte delle autorità greche dell'arrivo di oltre 1.700 profughi sulle isole greche che si sono aggiunti ai 38mila che in condizioni disperate sono ammassati in campi improvvisati; sabato l'ordine di Erdogan alla Guardia costiera turca di fermare i migranti che tentano di attraversare il mar Egeo per il pericolo che la traversata comporta. Scelta che ha poco a che fare con preoccupazioni umanitarie e molto con la voglia di dare un segnale all'Europa e riaffermare che, se c'è qualcuno che in questa gigantesca tragedia umanitaria ha il coltello dalla parte del manico, questo è lui, il sultano di Ankara.

Una coalizione di Paesi "volontari" dell'Unione europea prevede di prendersi in carico fino a un massimo di 1.500 bambini migranti attualmente bloccati sulle isole greche, come misura di sostegno "umanitario". Lo ha annunciato il governo tedesco.

"A livello europeo, in questi giorni si stanno svolgendo negoziati su una soluzione umanitaria, con l'obiettivo di organizzare la cura di questi bambini nel quadro di una coalizione di volontari", ha sottolineato Berlino in un comunicato stampa, senza specificare quali siano i Paesi coinvolti. "Vogliamo aiutare la Grecia ad affrontare la difficile situazione umanitaria di 1.000-1.500 bambini sulle isole" del Paese, hanno aggiunto i partiti della coalizione di governo della cancelliera Angela Merkel. "Questi - hanno detto - sono bambini che, a causa di una malattia, hanno urgentemente bisogno di cure, o sono bambini non accompagnati di età inferiore ai 14 anni, per lo più femmine".


In questi giorni quelli del Governo diffondono appelli alla coesione nazionale, ci chiedono di stare uniti in questo momento di emergenza. Allora voglio chiarire, da cittadino non mi sento assolutamente di accettare questo invito da parte di politici che dopo aver procurato il danno ora vogliono il mio consenso o il mio plauso. Politici, dilettanti allo sbaraglio, che ci hanno «trasformati nella discarica dell'Africa». E che ora noi italiani siamo «additati tutti come infettivi e potenziali portatori di virus letali, al pari degli untori della peste di manzoniana memoria». L'unica cosa che dovrebbero fare è dimettersi e fare silenzio.

Piuttosto mi sento di ringraziare chi veramente sta affrontando l'emergenza e cioè le strutture ospedaliere e sanitarie, i tanti medici, infer.mieri, ricercatori e ricercatrici che stanno lavorando con abnegazione giorno e notte perchè il virus non si espanda. E' a loro che deve andare il nostro ringraziamento e la nostra fiducia. Poi se devo ringraziare qualche politico, io che vivo in Lombardia, mi sento di ringraziare il presidente Attilio Fontana, l'assessore Giulio Gallera che stanno facendo molto in questo momento emergenziale. Probabilmente se si ascoltavano i loro consigli di prevenzione del virus, forse non saremmo in queste disastrose condizioni.

Pertanto, anche in questo momento di grave emergenza sanitaria, per quanto mi riguarda, niente “Oro alla Patria”, io non dimentico! 

Del resto tutti hanno capito cosa bisognava fare andavamo messi in quarantena i cinesi di rientro in Italia quando a Wuhan era già scoppiata l'epidemia che ora sta terrorizzando il nostro Paese. Il governo italiano avrebbe dovuto farlo a febbraio con chi rientrava dalla Cina, ma «non ha avuto il coraggio», ha scritto Antonio Socci su Libero.

Una scelta da mettere in conto alla sinistra italiana, che in parlamento, in piazza, sui social e sui giornaloni "allora si batteva contro il 'razzismo' con l'iniziativa 'abbraccia un cinese' e mangiando involtini primavera ai ristoranti cinesi..". Quanto fosse miope e fuori fuoco quella campagna, aggiungiamo noi, è venuto purtroppo alla luce molto presto: avete visto per caso qualcuno, dalle parti del Pd e LeU, chiedere cene sociali a Codogno o abbracciare un abitante della zona rossa italiana? La risposta è semplice: no.

Questo per quanto riguarda le colpe dei nostri politici, della nostra sinistra, poi c'è da riflettere abbastanza sulle gravi omissioni della Cina del timoniere Xi Jimping. Altro che scuse dovremmo chiedere i danni, scrive il quotidiano online “L'Atlantico”. «Non bisogna dimenticare, quindi, oltre ai gravi errori del nostro governo, che la diffusione del coronavirus si deve ad una catena di omissioni, silenzi e ritardi che viene da lontano, da molto lontano». (Federico Punzi,Coronavirus in Europa già da gennaio: altro che scuse, a Xi dovremmo chiedere i danni”, 2.3.2020, L'Atlantico)

Punzi chiama in causa il governo cinese e la stessa Oms. Nell'articolo si fa riferimento ad alcune testimonianze di medici, esperti impegnati nell'indagine epidemiologica come la dottoressa Francesca Russo, o dell'infettivologo Massimo Galli, primario dell’Ospedale Sacco di Milano, che in una intervista, spiega che “tanti quadri clinici gravi e tutti assieme fanno pensare che l’infezione abbia iniziato a diffondersi nella cosiddetta zona rossa da abbastanza tempo”, forse prima che fossero bloccati i voli dalla Cina. “È verosimile che i ricoverati negli ultimi giorni si siano contagiati da due a quattro settimane fa”. Anche perché, a leggere le anamnesi, osserva Galli, “mi sembra che assomigli alla SARS, anche nelle modalità di decorso, con le manifestazioni più impegnative che in molti casi compaiono 7-10 o più giorni dai primi sintomi”.

Anche Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, ha osservato ieri, durante il punto stampa alla Protezione civile, che i primi casi positivi risalgono“all’inizio di febbraio, ma l’infezione già circolava in Italia nella seconda metà di gennaio”.

«Ciò che qui si vuole sottolineare, continua Punzi - però, è che se il virus è presente, almeno in Europa, da così tanto tempo, da metà gennaio e forse anche da prima, i ritardi per negligenza o dolo nel dare l’allarme, i silenzi e le omissioni, sia da parte di Pechino che dell'Oms assumono una gravità ancora maggiore. Risale al 31 dicembre scorso, per esempio, il primo comunicato della Commissione municipale per la salute di Wuhan, nel quale per la prima volta si parla ufficialmente di una nuova letale forma di polmonite, riferendo di 27 casi, di cui 7 critici, ma negando che fosse riscontrata una trasmissione “da uomo a uomo”, come nei giorni successivi la stessa Oms avrebbe ripetuto».

Sempre sullo stesso quotidiano online Enzo Reale scrive, «Dal 27 dicembre all’11 gennaio, sia la popolazione cinese che la comunità internazionale sono state tenute all’oscuro dal governo di Pechino dell’esistenza, delle caratteristiche e del pericolo di diffusione del nuovo coronavirus. Il Partito Comunista ha deliberatamente deciso di occultare gli avvertimenti degli specialisti e i risultati delle prove effettuate. Quindici giorni probabilmente decisivi per il contenimento dell’epidemia, durante i quali un problema locale si è trasformato in fenomeno globale, per la manifesta volontà di insabbiamento e disinformazione delle autorità».

Nel frattempo, scrive Reale: «secondo i dati ufficiali, più di tremila operatori sanitari hanno contratto il virus in Cina e una decina di medici sono morti. Chi ha provato a denunciare l’opera di manipolazione e propaganda del regime (avvocati, professori e attivisti per i diritti umani) è stato arrestato o ridotto al silenzio». (Enzo Reale, Coronavirus, cronaca di un insabbiamento: un manipolo di giornalisti coraggiosi inchioda Pechino. 2.3.2020, L'Atlantico)

Reale nel suo intervento, cita Jian, scrittore dissidente proibito in Cina, ha scritto sul Guardian, «Negli ultimi 70 anni, il Partito Comunista Cinese ha condannato il suo Paese a una serie di catastrofi provocate dall’uomo, dalla Grande Carestia, alla Rivoluzione Culturale, al massacro di Piazza Tiananmen, alla forte repressione dei diritti a Hong Kong e in Tibet, all’internamento massivo di Uiguri nello Xinjiang. L’omertà e la corruzione ufficiali hanno moltiplicato il numero delle vittime di calamità naturali, dal virus Sars al terremoto del Sichuan».

Intanto l’agenzia statale di notizie Xinhua invece celebra la pubblicazione di un libro in cui si sottolineano “la dedizione, la missione, la visione strategica e la leadership” di Xi Jinping nella “battaglia contro i Covid-19, che si dà già per vincente.

Ma anche da noi c’è chi esalta l’esempio cinese come modello di gestione delle crisi e delle emergenze, ignorandone le responsabilità, le omissioni e le reiterate violazioni dei codici di condotta. “Qual è il costo della menzogna?”, si chiedeva l’ex membro dell’Accademia delle Scienze dell’Unione Sovietica Valery Legasov a proposito del disastro di Chernobyl? Aggiungerei altre domande: qual è il costo del relativismo morale, della connivenza ideale con le dittature, del masochismo intellettuale delle democrazie, dell’incultura delle nostre classi dirigenti e delle nostre opinioni pubbliche?».

 

 

Stamani si sono verificati nuovi scontri al confine tra Turchia e Grecia, dove continuano a essere accampati migliaia di migranti che cercano di entrare nell'Ue. La polizia di frontiera di Atene ha sparato gas lacrimogeni e getti di cannoni ad acqua contro gruppi di persone che cercavano di oltrepassare la frontiera, mentre gli agenti turchi hanno risposto con lacrimogeni lanciati verso il lato greco. Lo riferiscono media locali. I migranti hanno risposto ai respingimenti con lanci di pietre.

Fonti governative greche accusano la Turchia di aver compiuto "attacchi coordinati" per "aiutare i migranti ad attraversare la recinzione sulla linea di confine". Atene denuncia inoltre che Ankara avrebbe fornito ai profughi utensili per tagliare o danneggiare le recinzioni. Stamani, si segnala lo sgombero di alcuni accampamenti di migranti, trasferiti su alcuni autobus. Non è ancora chiaro tuttavia se si tratta di uno spostamento lungo il confine o se le autorità di Ankara abbiano iniziato ad allontanarli progressivamente dalla frontiera, una settimana dopo aver annunciato che non li avrebbero più fermati se avessero voluto recarsi in Europa.

Abbiamo espresso la nostra solidarietà ai Paesi che stanno affrontando una situazione ai loro confini, in primis la Grecia, e abbiamo sottolineato il nostro totale disaccordo nei confronti della Turchia per le sue attività di trivellazioni a Cipro". Così l'Alto rappresentante dell'Ue, Josep Borrell, al termine della riunione straordinaria sulla Siria dei ministri degli Esteri Ue, a Zagabria. "Ci siamo focalizzati sulla situazione ai confini europei e ribadiamo il fatto che rigettiamo una situazione nella quale i migranti affluiscono ai confini europei dopo che qualcuno dice loro che i confini sono aperti, incoraggiarli non è accettabile", ha detto Borrell.

Spaccatura tra i Ventisette, però, è ben più complessiva. i ministri degli affari interni degli Stati membri dell’UE si sono incontrati a Bruxelles in un’assemblea straordinaria   mentre migliaia di migranti e rifugiati dal Medio Oriente riuniti alle porte dell’Europa.  

Stavolta sono sulle spine quelli dell’Europa centrale e orientale che temono un riaprirsi della Rotta balcanica. Ma divergono le scelte: c’è chi, vedi la Polonia, si schiera con i greci sul confine; e chi, come i tedeschi, cerca un accomodamento con Erdogan.

La Grecia ha chiesto aiuto alla Commissione europea e ai partner dell’Unione. Il governo liberal-conservatore guidato dal nuovo premier Kyriakos Mitsotakis ha richiamato i Trattati e ha ottenuto l’attivazione di Frontex, agenzia comunitaria a difesa dei confini. Questa «attivazione» significa che i Paesi membri sarebbero chiamati a fornire proprie unità a rinforzo della polizia e della Guardia costiera della Grecia. Da notare che i greci chiedevano un aiuto minimo, di 100 uomini, più che altro simbolico, a significare che il «lavoro sporco» di proteggere anche fisicamente il confine era condiviso da più Paesi e più governi. Ecco, a questa richiesta i polacchi hanno risposto offrendosi di mandare 200 loro uomini.  

Da quel che si apprende, infatti, c’è stata una gran discussione sul documento finale, con la Germania impegnatissima ad addolcire le posizioni contro la Turchia per non esacerbare ancor di più gli animi. Alla fine, la parola «condanna» per le azioni del governo di Ankara è stata sostituita con un «rifiuta fortemente». La nota finale dei ministri dell’Interno, discussa virgola dopo virgola, cerca di essere equanime: «Sebbene il Consiglio - scrivono i ministri - riconosca l'aumento dell'onere migratorio e i rischi che la Turchia sta affrontando sul suo territorio e i notevoli sforzi che ha compiuto nell'ospitare 3,7 milioni di migranti e rifugiati, rifiuta fortemente l’uso della pressione migratoria da parte della Turchia a fini politici».

L’Italia, rappresentata alla riunione Ue dal ministro Luciana Lamorgese, ha chiarito subito che il governo di Roma non manderà nessuno a spalleggiare i greci nelle maniere forti. Al massimo, nostri agenti potranno dare una mano negli hotspot per velocizzare le pratiche di chi chiede asilo.  

Quanto alla richiesta di mezzi, è stato escluso che unità della nostra Guardia costiera o della Finanza possano essere utilizzate nel respingimento muscolare dei gommoni. L’Italia ha offerto, se proprio serve rafforzare il dispositivo già presente di Frontex nell’Egeo con l’Operazione Poseidon, di inviare un aereo da ricognizione. Ben lontano, come si intuisce, dai luoghi caldi.  

Seguono 700 milioni di euro stanziati per le spese straordinarie sostenute dalla Grecia. E un impegno comune che è un monito politico verso Ankara: «Gli attraversamenti illegali non saranno tollerati. L'Ue e i suoi Stati membri prenderanno tutte le misure necessarie, conformemente al diritto dell'Ue e internazionale»  

A nome delle autorità polacche, il ministro degli interni Mariusz Kamiński ha dichiarato la disponibilità a inviare 100 soldati della guardia di frontiera e 100 agenti di polizia per sostenere la Grecia nell’affrontare la crisi migratoria recentemente emersa alla frontiera del paese con la Turchia.


“Speriamo che la situazione si stabilizzi, ma dobbiamo tenere conto di tutti gli scenari, motivo per cui siamo in grado di dare una mano ai Greci molto rapidamente”, ha detto il Ministro Kamiński.

Il comandante della guardia di frontiera polacca, in consultazione con il ministro degli Interni, ha già trasmesso informazioni su tale questione all’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex). Le autorità greche avevano precedentemente richiesto all’istituzione di avviare un rapido intervento per quanto riguarda la questione dei migranti. Tali interventi intendono fornire assistenza immediata a un paese dell’UE la cui frontiera è sottoposta a pressioni estreme a causa del gran numero di cittadini di paesi in via di sviluppo che tentano di entrare illegalmente nel suo territorio.

Allo stato attuale, Frontex non ha un proprio corpo regolare, quindi deve essere basato su guardie di frontiera degli stati dell’UE. Dopo aver concordato un piano operativo di intervento rapido con la Grecia, Frontex chiederà ad altri paesi associati all’UE e a Schengen di fornire immediatamente alle guardie di frontiera e ad altro personale le riserve di risposta rapida.

Kamiński ha dichiarato che la partecipazione della Polonia a qualsiasi piano di trasferimento dei rifugiati sarebbe fuori discussione se una proposta del genere fosse presentata.

“La distribuzione dei rifugiati non è un’opzione, ho sottolineato chiaramente. Ciò che conta innanzitutto è la vera protezione della frontiera greco-turca, che trattiamo come frontiera esterna dell’UE. A tale proposito, la Polonia presenta proposte concrete e concrete che possono mitigare la situazione al confine dell’UE “, ha affermato il ministro.

Mercoledì mattina, i servizi greci hanno riferito che da sabato a mercoledì avevano fermato quasi 28.000 persone nel tentativo di attraversare illegalmente il confine dalla Turchia e arrestato 220 che erano riusciti.

È salito a 142.175 il numero dei migranti che secondo la Turchia si sono diretti dalle zone interne del Paese verso la frontiera con la Grecia per cercare di entrare nell'Ue, dopo che il governo di Ankara ha annunciato una settimana fa che non li avrebbe più fermati. Lo riferisce il ministro dell'Interno turco Suleyman Soylu. Ieri Soylu aveva parlato di 138 mila persone. Atene ha confermato finora circa 35 mila tentativi illegali di attraversamento impediti.

"Non abbiamo più tempo di discutere con la Grecia. I profughi andranno fin dove possono. Noi non cacciamo nessuno con la forza dal nostro Paese, queste persone se ne vanno di propria volontà", ha proseguito il leader di Ankara. "L'Occidente purtroppo è ipocrita. Hanno subito allocato 700 milioni di euro per la Grecia. La cancelliera" tedesca Angela Merkel "ci aveva parlato di un aiuto di 25 milioni di euro, ma ancora non è arrivato nulla", attacca in un'intervista Erdogan tornando dalla Russia

L’arcivescovo greco-ortodosso Geronimo II è voluto andare ieri di persona al confine greco con la Turchia, per portare la solidarietà propria e dei fedeli ai patrioti che difendono il confine dall’invasione islamica ordita da Erdogan.

Durante la sua visita a Evros, al fine di monitorare da vicino gli sviluppi sul confine greco-turco, ha voluto esprimere il sostegno della Chiesa sia alle forze che difendono coraggiosamente i confini del nostro continente e della nostra civiltà, sia agli abitanti provati da anni di violenze.

E’ stato guidato dal comandante della divisione XII Angelos Houdeloudis, e davanti alla minacciosa onda islamica, Geronimo II, rivolgendosi agli agenti di guardia, ha dichiarato:

“Provo emozione ed eccitazione. Mi dispiace per le anime di queste persone che vengono spinte qui perché stanno diventando strumenti nelle mani degli altri. Poiché i nostri confini sono confini europei, dobbiamo essere esigenti. L’Europa non può chiudere un occhio su tali fenomeni. La nostra gente ammira e rispetta tutti voi che avete difeso i confini con sacrificio e siamo orgogliosi di voi. Allo stesso tempo siamo preoccupati, guardando le scene tragiche che sono usate per sfruttare gli esseri umani. Il nostro esercito è colui che ispira il nostro popolo e siamo orgogliosi di noi e preghiamo per lui”.

La Grecia ha impedito che 4 mila migranti in arrivo dalla Turchia entrassero "illegalmente" nel Paese e dunque in Europa. Lo ha reso noto il premier del governo Ellenico Kyriakos Mitsotakis che ha convocato un gabinetto di emergenza dopo che si sono registrati scontri nella notte, al confine terrestre con la Turchia e anche nelle isole di Lesbo e Chios, tra migranti e polizia. L'allarme è cominciato con il bombardamento nella città siriana di Idlib che ha ucciso 33 soldati turchi, un attacco che ha portato il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, a minacciare l'Ue che la Turchia non può più fermare la spinta verso l'Europa degli sfollati e di chi è in fuga dai combattimenti nel Nord-Ovest della Siria.

"La Grecia ha dovuto affrontare questi giorni  tentativi organizzati, di massa e illegali di violare i nostri confini e l'ha sventato", ha spiegato il portavoce del governo, Stelios Petsas. "Abbiamo protetto i nostri confini e quelli dell'Europa. Abbiamo impedito oltre 4.000 tentativi di ingresso illegale nei nostri confini".

Quanto sta accadendo ai confini tra Grecia e Turchia rappresenta una grave minaccia ma anche un'opportunità per l'Europa. Una minaccia perché Recep Tayyp Erdogan torna ad usare (dopo i flussi del 2015 di oltre in milione di immigrati illegali lungo la “rotta balcanica”) l’arma dei migranti per colpire la Ue e punire la Grecia che la scorsa settimana ha posto il veto a un documento della NATO che esprimeva solidarietà e sostegno ad Ankara impegnata nella guerra di aggressione in Siria.

Al di là della storica e sempre più accesa rivalità tra i due Stati membri della NATO, la ragione è evidente: la scorsa settimana solo il veto della Grecia ha impedito che l'Alleanza Atlantica approvasse una risoluzione di solidarietà e pieno sostegno ai turchi per i militari uccisi in Siria.

Le autorità greche hanno sparato gas lacrimogeni e granate stordenti per respingere i tentativi dei migranti di attraversare il confine terrestre dalla Turchia, dopo che la Turchia ha dichiarato che i confini con l'Europa erano aperti a chiunque volesse attraversarli..

Nel frattempo, la Repubblica Ceca, l'Ungheria, la Polonia e la Slovacchia si sono impegnate ad aiutare la Grecia a gestire le pressioni lungo il suo confine.

Parlando con le sue controparti degli altri tre paesi, il primo ministro ceco Andrej Babis ha affermato che la situazione è grave e che l’UE deve proteggere i suoi confini.
“Siamo pronti ad aiutare“, ha detto Babis.

Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha dichiarato che il suo paese è pronto a schierare guardie al confine greco-turco, mentre il suo omologo slovacco Peter Pellegrini ha affermato che il crescente numero di migranti “rappresenta una minaccia alla sicurezza non solo per la Grecia“.

Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha dichiarato che ci sono circa 130.000 migranti in movimento che l’UE deve fermare ai suoi confini e che “l’Ungheria svolgerà un ruolo attivo nel farlo“.

E assurdo voler credere che i siriani siano arrivati a piedi al confine greco da Idlib distante 1.500 chilometri. Meglio invece ricordare che da oltre due anni dopo ogni battaglia vinta dalle truppe di Bashar Assad i ribelli che accettavano di cessare il fuoco venivano condotti con le loro famiglie nella “sacca di Idlib”.

Per questo tra i siriani che fuggono da quella provincia è molto probabile vi siano un gran numero di jihadisti con i loro famigliari: veterani di diversi movimenti islamisti che Erdogan non intende ospitare in Turchia per ovvie ragioni di sicurezza e che sarebbe stoltezza suicida far entrare in Europa

Anche per questo l’impiego di masse umane quelle che Kelly Greenhill chiamò nel suo libro del 2010 “armi di migrazione di massa” da parte della Turchia non rinnova solo il ricatto finanziario nei confronti della Ue che in 5 anni ha già sborsato 6 miliardi di euro in cambio dell’impegno di Erdogan a tenere chiuse le sue frontiere ma rappresenta un vero attacco all’Europa nel momento in cui è più debole, non solo politicamente ma anche sul piano sociale a causa del dilagare del Coronavirus, con l’obiettivo di indurre l’Occidente a intervenire in Siria o quanto meno di pagare ad Ankara i costi di quella guerra.

Una pericolosa follia che incoraggerebbe i flussi illegali e soprattutto mostrerebbe l’irresponsabile stoltezza di un’Unione incapace di individuare e difendere gli interessi dei suoi popoli.

Innanzitutto i “poveri migranti”, con il solito “scudo” di donne e bambini, lanciano pietre e molotov contro i poliziotti greci che difendono il diritto di Atene di impedire l’accesso illegale al suo territorio.

Tra i milioni di migranti che dalla Turchia premono sul confine greco e bulgaro vi sono pachistani, afghani, irakeni e appartenenti a molte altre nazionalità asiatiche che nulla hanno a che fare con la guerra in Siria.

L’attuale scenario costituisce però anche una opportunità, forse l'ultima che ha l’Europa per smentire il vecchio adagio che la vuole “nano politico e verme militare”.

Certo sulla Ue non ci si può fare nessuna illusione e già si moltiplicano le pressioni dell'ampio fronte “immigrazionista” che vorrebbe accogliere i migranti che premono alla frontiera greca sospinti verso ovest dai poliziotti turchi.

Per ora la Commissione sembra tenere duro nel respingere il ricatto turco e nel sostenere la Grecia, anche perché neppure la Germania potrebbe reggere un altro milione o due di clandestini ma Erdogan minaccia di mandarne 4 milioni in arrivo dai Balcani, ma la pressione politica del nutrito fronte immigrazionista non tarderà a farsi sentire se la crisi sul confine terrestre e nelle isole greche si dovesse prolungare.

Se si ripetesse l’esodo del 2015 molte nazioni d'Europa esigerebbero muri ancora più alti lungo i propri confini, annientando definitivamente ogni ipotesi di iniziative comuni: sarebbe il colpo di grazia al progetto europeo e il più grande successo per Erdogan e i movimenti islamisti.

L'unica alternativa ai muri lungo le frontiere interne europee è riposta oggi nell’erigere e difendere tutti insieme, al fianco dei greci, il muro lungo il confine esterno oggi più esposto, quello con la Turchia di Erdogan. Se la parola “Europa” ha ancora un significato occorre dimostrarlo oggi, se ne siamo capaci, sulle rive del fiume Evros.

Intanto la Russia e la Turchia hanno raggiunto un'intesa per lavorare per ridurre le tensioni ad Idlib. E' quanto ha dichiarato oggi il ministero degli Esteri russo a seguito di colloqui tra delegazioni dei ministri degli Esteri e della Difesa dei due Paesi. "Entrambe le parti hanno confermato l'obiettivo di ridurre le tensioni sul terreno continuando la guerra ai terroristi riconosciuti come tali dal Consiglio di Sicurezza" si legge nella dichiarazione del ministero russo. Viene inoltre sottolineata la necessità di "proteggere i civili all'interno ed all'esterno della zona di descalation e portare assistenza umanitaria di emergenza a tutti quelli che ne hanno bisogno".

Ma il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis ha sospeso l’esame delle richieste di asilo invocando il comma 3 dell’articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, il principale trattato dell’Unione. L’articolo prevede che «qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi», l’Unione può adottare speciali «misure temporanee».

L’articolo è assai vago: in passato è stato attivato per giustificare il meccanismo di ricollocamento dei richiedenti asilo da Grecia e Italia, mentre ora la Grecia sembra averlo tirato in ballo per sospendere l’esame delle richieste d’asilo. Ci sono diversi dubbi sul fatto che possa farlo davvero – il diritto d’asilo e di non respingimento è protetto da diverse altre leggi internazionali, come la Convenzione europea per i diritti dell’uomo – ma proprio per l’ambiguità della norma difficilmente la Grecia subirà conseguenze legali, almeno all’interno dell’UE.

«Il messaggio che arriva dalla Grecia e dall’Unione Europea è rivolto ai richiedenti asilo: non avrete protezione, i confini sono chiusi», ha scritto il giornalista del New York Times Patrick Kingsley.

Al momento non c’è alcun piano per ammettere nei confini europei anche solo una parte dei migranti che si trovano sul confine con la Turchia. Nelle dichiarazioni dei leader europei non c’è traccia né di soluzioni di medio-lungo termine – che in passato erano comunque fallite per l’opposizione degli stati nazionali: sia il meccanismo di ricollocamento dei richiedenti asilo sia la riforma del regolamento di Dublino – né delle sofferenze dei migranti. Soltanto il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto di evitare una nuova crisi «umanitaria e migratoria».

Gli sviluppi dei prossimi giorni dipendono soprattutto dalla Turchia. Se il governo turco continuerà a tenere aperti i propri confini, migliaia di altri migranti potrebbero decidere di raggiungere la zona del fiume Evros, e aumentare ulteriormente la pressione nei confronti della Grecia e degli altri paesi europei. Per non parlare dei profughi che potrebbero scappare da Idlib ed essere incoraggiati dal governo turco a raggiungere i confini europei.

 

 

 

 

 

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