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La partita decisiva per il futuro dell’Europa si gioca alla frontiera greco-turca Evros

La Grecia ha impedito che 4 mila migranti in arrivo dalla Turchia entrassero "illegalmente" nel Paese e dunque in Europa. Lo ha reso noto il premier del governo Ellenico Kyriakos Mitsotakis che ha convocato un gabinetto di emergenza dopo che si sono registrati scontri nella notte, al confine terrestre con la Turchia e anche nelle isole di Lesbo e Chios, tra migranti e polizia. L'allarme è cominciato con il bombardamento nella città siriana di Idlib che ha ucciso 33 soldati turchi, un attacco che ha portato il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, a minacciare l'Ue che la Turchia non può più fermare la spinta verso l'Europa degli sfollati e di chi è in fuga dai combattimenti nel Nord-Ovest della Siria.

"La Grecia ha dovuto affrontare questi giorni  tentativi organizzati, di massa e illegali di violare i nostri confini e l'ha sventato", ha spiegato il portavoce del governo, Stelios Petsas. "Abbiamo protetto i nostri confini e quelli dell'Europa. Abbiamo impedito oltre 4.000 tentativi di ingresso illegale nei nostri confini".

Quanto sta accadendo ai confini tra Grecia e Turchia rappresenta una grave minaccia ma anche un'opportunità per l'Europa. Una minaccia perché Recep Tayyp Erdogan torna ad usare (dopo i flussi del 2015 di oltre in milione di immigrati illegali lungo la “rotta balcanica”) l’arma dei migranti per colpire la Ue e punire la Grecia che la scorsa settimana ha posto il veto a un documento della NATO che esprimeva solidarietà e sostegno ad Ankara impegnata nella guerra di aggressione in Siria.

Al di là della storica e sempre più accesa rivalità tra i due Stati membri della NATO, la ragione è evidente: la scorsa settimana solo il veto della Grecia ha impedito che l'Alleanza Atlantica approvasse una risoluzione di solidarietà e pieno sostegno ai turchi per i militari uccisi in Siria.

Le autorità greche hanno sparato gas lacrimogeni e granate stordenti per respingere i tentativi dei migranti di attraversare il confine terrestre dalla Turchia, dopo che la Turchia ha dichiarato che i confini con l'Europa erano aperti a chiunque volesse attraversarli..

Nel frattempo, la Repubblica Ceca, l'Ungheria, la Polonia e la Slovacchia si sono impegnate ad aiutare la Grecia a gestire le pressioni lungo il suo confine.

Parlando con le sue controparti degli altri tre paesi, il primo ministro ceco Andrej Babis ha affermato che la situazione è grave e che l’UE deve proteggere i suoi confini.
“Siamo pronti ad aiutare“, ha detto Babis.

Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha dichiarato che il suo paese è pronto a schierare guardie al confine greco-turco, mentre il suo omologo slovacco Peter Pellegrini ha affermato che il crescente numero di migranti “rappresenta una minaccia alla sicurezza non solo per la Grecia“.

Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha dichiarato che ci sono circa 130.000 migranti in movimento che l’UE deve fermare ai suoi confini e che “l’Ungheria svolgerà un ruolo attivo nel farlo“.

E assurdo voler credere che i siriani siano arrivati a piedi al confine greco da Idlib distante 1.500 chilometri. Meglio invece ricordare che da oltre due anni dopo ogni battaglia vinta dalle truppe di Bashar Assad i ribelli che accettavano di cessare il fuoco venivano condotti con le loro famiglie nella “sacca di Idlib”.

Per questo tra i siriani che fuggono da quella provincia è molto probabile vi siano un gran numero di jihadisti con i loro famigliari: veterani di diversi movimenti islamisti che Erdogan non intende ospitare in Turchia per ovvie ragioni di sicurezza e che sarebbe stoltezza suicida far entrare in Europa

Anche per questo l’impiego di masse umane quelle che Kelly Greenhill chiamò nel suo libro del 2010 “armi di migrazione di massa” da parte della Turchia non rinnova solo il ricatto finanziario nei confronti della Ue che in 5 anni ha già sborsato 6 miliardi di euro in cambio dell’impegno di Erdogan a tenere chiuse le sue frontiere ma rappresenta un vero attacco all’Europa nel momento in cui è più debole, non solo politicamente ma anche sul piano sociale a causa del dilagare del Coronavirus, con l’obiettivo di indurre l’Occidente a intervenire in Siria o quanto meno di pagare ad Ankara i costi di quella guerra.

Una pericolosa follia che incoraggerebbe i flussi illegali e soprattutto mostrerebbe l’irresponsabile stoltezza di un’Unione incapace di individuare e difendere gli interessi dei suoi popoli.

Innanzitutto i “poveri migranti”, con il solito “scudo” di donne e bambini, lanciano pietre e molotov contro i poliziotti greci che difendono il diritto di Atene di impedire l’accesso illegale al suo territorio.

Tra i milioni di migranti che dalla Turchia premono sul confine greco e bulgaro vi sono pachistani, afghani, irakeni e appartenenti a molte altre nazionalità asiatiche che nulla hanno a che fare con la guerra in Siria.

L’attuale scenario costituisce però anche una opportunità, forse l'ultima che ha l’Europa per smentire il vecchio adagio che la vuole “nano politico e verme militare”.

Certo sulla Ue non ci si può fare nessuna illusione e già si moltiplicano le pressioni dell'ampio fronte “immigrazionista” che vorrebbe accogliere i migranti che premono alla frontiera greca sospinti verso ovest dai poliziotti turchi.

Per ora la Commissione sembra tenere duro nel respingere il ricatto turco e nel sostenere la Grecia, anche perché neppure la Germania potrebbe reggere un altro milione o due di clandestini ma Erdogan minaccia di mandarne 4 milioni in arrivo dai Balcani, ma la pressione politica del nutrito fronte immigrazionista non tarderà a farsi sentire se la crisi sul confine terrestre e nelle isole greche si dovesse prolungare.

Se si ripetesse l’esodo del 2015 molte nazioni d'Europa esigerebbero muri ancora più alti lungo i propri confini, annientando definitivamente ogni ipotesi di iniziative comuni: sarebbe il colpo di grazia al progetto europeo e il più grande successo per Erdogan e i movimenti islamisti.

L'unica alternativa ai muri lungo le frontiere interne europee è riposta oggi nell’erigere e difendere tutti insieme, al fianco dei greci, il muro lungo il confine esterno oggi più esposto, quello con la Turchia di Erdogan. Se la parola “Europa” ha ancora un significato occorre dimostrarlo oggi, se ne siamo capaci, sulle rive del fiume Evros.

Intanto la Russia e la Turchia hanno raggiunto un'intesa per lavorare per ridurre le tensioni ad Idlib. E' quanto ha dichiarato oggi il ministero degli Esteri russo a seguito di colloqui tra delegazioni dei ministri degli Esteri e della Difesa dei due Paesi. "Entrambe le parti hanno confermato l'obiettivo di ridurre le tensioni sul terreno continuando la guerra ai terroristi riconosciuti come tali dal Consiglio di Sicurezza" si legge nella dichiarazione del ministero russo. Viene inoltre sottolineata la necessità di "proteggere i civili all'interno ed all'esterno della zona di descalation e portare assistenza umanitaria di emergenza a tutti quelli che ne hanno bisogno".

Ma il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis ha sospeso l’esame delle richieste di asilo invocando il comma 3 dell’articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, il principale trattato dell’Unione. L’articolo prevede che «qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi», l’Unione può adottare speciali «misure temporanee».

L’articolo è assai vago: in passato è stato attivato per giustificare il meccanismo di ricollocamento dei richiedenti asilo da Grecia e Italia, mentre ora la Grecia sembra averlo tirato in ballo per sospendere l’esame delle richieste d’asilo. Ci sono diversi dubbi sul fatto che possa farlo davvero – il diritto d’asilo e di non respingimento è protetto da diverse altre leggi internazionali, come la Convenzione europea per i diritti dell’uomo – ma proprio per l’ambiguità della norma difficilmente la Grecia subirà conseguenze legali, almeno all’interno dell’UE.

«Il messaggio che arriva dalla Grecia e dall’Unione Europea è rivolto ai richiedenti asilo: non avrete protezione, i confini sono chiusi», ha scritto il giornalista del New York Times Patrick Kingsley.

Al momento non c’è alcun piano per ammettere nei confini europei anche solo una parte dei migranti che si trovano sul confine con la Turchia. Nelle dichiarazioni dei leader europei non c’è traccia né di soluzioni di medio-lungo termine – che in passato erano comunque fallite per l’opposizione degli stati nazionali: sia il meccanismo di ricollocamento dei richiedenti asilo sia la riforma del regolamento di Dublino – né delle sofferenze dei migranti. Soltanto il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto di evitare una nuova crisi «umanitaria e migratoria».

Gli sviluppi dei prossimi giorni dipendono soprattutto dalla Turchia. Se il governo turco continuerà a tenere aperti i propri confini, migliaia di altri migranti potrebbero decidere di raggiungere la zona del fiume Evros, e aumentare ulteriormente la pressione nei confronti della Grecia e degli altri paesi europei. Per non parlare dei profughi che potrebbero scappare da Idlib ed essere incoraggiati dal governo turco a raggiungere i confini europei.

 

 

 

 

 

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