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Se ha ragione il primo ministro sudcoreano Lee Nak-yon, questo sabato 9 settembre potremmo essere svegliati da un nuovo missile intercontinentale lanciato per ordine di Kim Jong-un. Il premier di Seul ha ripetuto l’allarme ai ministri della Difesa di una quarantina di Paesi venuti per un vertice sulla sicurezza (per l’Italia il sottosegretario Domenico Rossi, generale di corpo d’armata).

La Corea del Sud vigila con grande attenzione sul Nord per l'ipotesi che già domani, anniversario della fondazione dello Stato, possa esserci un altro lancio di missile balistico intercontinentale. La portavoce del ministero dell'Unificazione Eugene Lee ha ribadito i timori di Seul: altre intemperanze potrebbero maturare nel weekend o intorno al 10 ottobre, giorno della nascita del Partito dei Lavoratori.

I test del Nord sono spesso associati a importanti eventi o ricorrenze legati a storia e leadership del Paese.

La previsione dei servizi segreti sudcoreani si basa sull’avvistamento di un grande camion che trasportava di notte un missile verso la costa occidentale della Nord Corea e sulla scienza incerta di leggere le ricorrenze di Pyongyang: il 9 settembre è l’anniversario della fondazione della Repubblica nordcoreana. Poi si passa al 10 ottobre, festa per la fondazione del Partito dei lavoratori. Ma naturalmente ogni giorno e notte sono da temere in questa crisi al buio, con una ventina di missili già lanciati quest’anno e con Pyongyang che promette «pacchi dono» esplosivi per gli americani.

Questa volta il missile a lunghissimo raggio 8Un Icbm, Intercontinental ballistic missile) sarebbe programmato con una traiettoria standard, per volare migliaia di chilometri in direzione del Pacifico. Vicino a Guam? O addirittura verso le coste degli Stati Uniti? I nordcoreani hanno già sperimentato due volte i missili intercontinentali, il 4 e il 29 luglio, ma quella volta l’angolo di tiro fu tale che gli ordigni si innalzarono in verticale per 2.800 e 3.700 chilometri, riducendo la portata. Fu calcolato che con traiettoria standard, quella da attacco effettivo, avrebbero avuto una gittata intorno ai 6.700 km.  

La portaerei statunitense a propulsione nucleare USS Ronald Reagan ha lasciato la base di Yokosuka, in Giappone, per una 'missione a lungo termine': lo ha spiegato la Us Navy, con l'obiettivo di mantenere la sicurezza nella regione dell'Asia Pacifico. I suoi movimenti coincidono con l'accordo tra Washington e Seul per lo schieramento di un maggiore numero di navi da guerra e bombardieri intorno alla penisola coreana, in risposta alle tensioni geopolitiche che hanno seguito l'ultimo lancio del missile e il test nucleare della Corea del Nord. La portaerei Reagan stazionava a Yokosuka da inizio agosto, dopo un periodo di esercitazioni congiunte di circa tre mesi con l'altra nave Carl Vinson nel mare del Giappone, con le forze di autodifesa nipponiche. Alta come un palazzo di 20 piani e lunga oltre 330 metri, la Ronald Reagan è dotata di due reattori nucleari di quarta generazione A4W.

Il male minore, perché così facendo Trump rinforzerebbe la richiesta di nuove sanzioni, comprese quelle petrolifere per asfissiare l’economia bellica del regime. Ora Pechino dice che stringere l’embargo è giusto (non parla di petrolio però), anche se l’obiettivo resta sempre riaprire il dialogo. E intanto, anche l’Esercito cinese, nel mare di fronte alla costa nordcoreana, prosegue le sue esercitazioni antimissile. Trump l’altra sera ha detto che sarebbe «un giorno triste» per la Nord Corea se l’America decidesse di agire, ha aggiunto che l’attacco militare «non è inevitabile» ma non ha risposto alla domanda se potrebbe accettare di usare la sola «deterrenza» per contenere un Kim-atomico come gli Usa fecero con l’Urss. Un alto e anonimo funzionario dell’amministrazione però poi ha detto che la Casa Bianca non crede che con Kim la semplice deterrenza funzionerebbe.

All'arrivo al consiglio informale dei ministri della difesa e degli esteri a Tallinn, Federica Mogherini ha aggiunto che è necessario "rafforzare la pressione economica sulla Corea del Nord, sostenendo una nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu e adottando misure economiche più dure". "La nostra linea è molto chiara su questo punto: maggiore pressione economica, più pressione diplomatica e unità con i nostri partner regionali e internazionali" perché, ha specificato, bisogna "evitare di entrare in una spirale di confronto militare che potrebbe essere estremamente pericoloso non soltanto per la regione, ma per il mondo intero".

"Proporrò ai ministri degli esteri di lavorare nei prossimi giorni di studiare nuove autonome misure dell'Unione europea" contro la Corea del Nord che ora rappresenta "un nuovo livello di minaccia". Lo ha detto l'alto rappresentante per la politica estera europea.

Tra le ipotesi di misure autonome europee al vaglio dei ministri ci sarebbero, secondo fonti diplomatiche, sanzioni su diversi settori economici in modo da ridurre il flusso finanziario che permette al regime nordcoreano di finanziare il suo programma nucleare. Nel mirino ci sarebbero la pesca, l'uso dei porti marittimi, un embargo petrolifero (che bloccherebbe anche la fornitura di prodotti raffinati e gas liquido alla Corea del Nord) o il blocco delle esportazioni tessili. Un'altra opzione sarebbe quella del congelamento dei beni personali detenuti nella Ue ed il divieto di accesso da imporre al leader nordcoreano Kim Jong-Un.

Intanto gli Stati Uniti hanno presentato la bozza di nuove sanzioni internazionali che dovrebbero strangolare l’economia nordcoreana imponendo a Kim Jong-un di fermare la corsa allo sviluppo di missili e armi nucleari. Dal 2006, anno del primo test nucleare nordcoreano (ne sono seguiti altri cinque, l’ultimo domenica 3 settembre), il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha votato all’unanimità otto risoluzioni con sanzioni sempre più strette. La nuova tornata, che nelle speranze americane dovrebbe arrivare in Consiglio lunedì 11 settembre, si sviluppa su diversi fronti.

La sanzione contro il traffico marittimo è vista con preoccupazione da alcuni osservatori. Per alcune ragioni. Primo. Si rischia un’ulteriore crisi come avvenne per i missili russi destinati a Fidel Castro nel 1962 e il blocco statunitense. Secondo. Che cosa accadrebbe se il comandante nordcoreano non obbedisse e cercasse di sottrarsi alle verifiche? Gli «intercettori» aprirebbero il fuoco? E i marinai nordcoreani, a volte armati anche sui cargo, potrebbero reagire? Terzo. L’apparato di Kim, in questi anni, ha dimostrato grandi capacità nell’aggirare l’embargo, nel far affluire materiale, nello spostare mezzi. Senza dubbio Stati Uniti, Giappone e Sud Corea hanno esperienza nel contrasto, ma sarà fondamentale avere una cooperazione totale di altri Paesi, altrimenti resterà sempre una falla nella rete delle sanzioni

Stop all’export di tessile nordcoreano che rappresentava nel 2016 la seconda voce delle esportazioni di Pyongyang dopo il carbone (bloccato con la risoluzione di condanna del 5 agosto assieme ai prodotti ittici). Il tessile porta in Nord Corea 752 milioni di dollari l’anno, per l’80 per cento da acquisti cinesi.

Stop all’export di petrolio verso la Nord Corea, circa 850 mila tonnellate all’anno. Secondo i dati dell’Onu 500 mila tonnellate di greggio arrivano dalla Cina, in gran parte attraverso l’Oleodotto dell’Amicizia che ne fa fluire 10 mila barili al giorno; dalla Cina arrivano anche 200 mila tonnellate di prodotti petroliferi. I russi forniscono circa 40 mila tonnellate all’anno.

Stop ai lavoratori nordcoreani all’estero, che mandano in patria valuta pregiata. Ci sono stime varie sul numero: tra 60 mila e 100 mila sarebbero sparsi nel mondo, soprattutto in Cina e Russia, ma sono stati segnalati anche migliaia di operai impiegati nella costruzione degli stati per i mondiali di calcio in Qatar. Secondo un rapporto Onu la maggior parte degli operai nordcoreani all’estero verrebbero sfruttati e le loro rimesse porterebbero nelle casse di Pyongyang tra 1,2 e 2,3 miliardi di dollari all’anno

il generale Domenico Rossi, come scrive il quotidiano il Corriere della Sera sta a Seul ed e sottosegretario alla Difesa, impegnato nei lavori del Defense Dialogue. Rossi è un tecnico preparato, laureato in Scienze Strategiche, generale di corpo d’armata con esperienza di comando sul campo da ufficiale carrista. «Al collega viceministro di Seul ho spiegato la linea d’azione italiana: condanna netta senza se e senza ma della minaccia nordcoreana, non più locale ristretta alla regione, ma mondiale. E ho sottolineato che in Consiglio di Sicurezza il governo di Roma sostiene le sanzioni e punta a farle applicare con vigore». 

Secondo il sottosegretario Rossi  come riferisce il Corriere della sera «a Seul danno per certa un’ulteriore escalation delle azioni nordcoreane, che salirebbe ancora senza nuove sanzioni». Ma nell’ipotesi di un embargo petrolifero (che pure al momento Pechino e Mosca rifiutano), quanto potrebbe resistere la macchina bellica di Pyongyang, che conta e deve sostenere oltre un milione di militari, oltre ai mezzi per spostarli e a quelli per fare la guerra? «Difficile valutarlo - risponde il generale Domenico Rossi sempre da il Corriere della Sera  - C’è da credere che negli ultimi mesi abbiano incrementato le riserve e poi bisogna distinguere in base all’uso: per la routine, per la guerra. E per quale guerra? Offensiva o difensiva? Mediamente in una fase non operativa si potrebbero immaginare riserve di petrolio per 6-12 mesi al massimo». Sanzioni in discussione, colloqui tra politici e militari. In attesa della prossima mossa di Kim Jong-un. Che potrebbe arrivare a breve, qualcuna la teme per sabato 9 settembre, festa della Repubblica a Pyongyang o per il 10 ottobre, anniversario della fondazione del Partito dei lavoratori. 

Nuove sanzioni contro la Corea del Nord sarebbero "futili e inefficaci" e visto che Pyongyang "ha armi atomiche, un conflitto potrebbe portare a una catastrofe globale": così il presidente russo Vladimir Putin, convinto che "insistere sull'isteria militare" per risolvere il problema sia "senza senso, un vicolo cieco". Lo riferisce Interfax. "Incrementare l'isteria militare in tali condizioni - ha affermato Putin - non ha senso, è una strada senza uscita. Potrebbe portare a una catastrofe globale, planetaria e a un'enorme perdita di vite umane. Per risolvere la questione nucleare nordcoreana non c'è altra via se non quella del dialogo pacifico". Il presidente russo si è inoltre detto contrario a ulteriori sanzioni. "Come ho detto ieri ai miei colleghi - ha proseguito - mangeranno erba ma non fermeranno il loro programma finché non si sentiranno sicuri"

Il fatto che si tratti di un'area geograficamente molto lontana non evita all'Europa di fare la sua parte nel conflitto nordcoreano: "L'Europa ha una voce importante nel mondo, deve usarla", ha detto Angela Merkel parlando al Bundestag, e sottolineando che ci possa essere "solo una soluzione diplomatica e pacifica per la quale ci si deve impegnare con tutte le forze"

Anche i leader del G7 hanno condannato "nei termini più forti possibili il nuovo test nucleare condotto dalla Corea del Nord" con comportamento "irresponsabile".

Nella dichiarazione firmata da Paolo Gentiloni, Justin Trudeau, Emmanuel Macron, Angela Merkel, Shinzo Abe, Theresa May, Donald Trump, Jean-Claude Juncker e Donald Tusk, si chiede con forza che la Corea del Nord abbandoni immediatamente "tutti i programmi nucleari e di missili balistici in una maniera che sia completa, verificabile e irreversibile". 

Angela Merkel e Donald Trump, in una telefonata, hanno affermato che bisogna aumentare la pressione internazionale sulla Corea del Nord e il consiglio di sicurezza dell'Onu deve ratificare velocemente nuove e più forti sanzioni. È quello che hanno affermato. Merkel ha ribadito che "obiettivo resta una soluzione pacifica", e ha affermato che la Germania "si impegnerà in Europa perché in Ue vi siano sanzioni contro la Corea del nord". Per Trump, invece, "Tutte le opzioni per affrontare la minaccia della Corea del Nord sono sul tavolo". 

Intanto la Corea del Sud continua il ciclo di manovre militari dedicandosi da oggi alle attivita' marittime in risposta alle continue provocazioni di Pyongyang. In base a quanto riferito dalla Marina di Seul, tra gli asset mobilitati nelle acque del mar del Giappone figurano la fregata da 2.500 tonnellate Gangwon, una motovedetta da 1.000 tonnellate e altre unita' da 400 e 130 tonnellate, alcune delle quali al servizio di incursioni rapide. E' soltanto il primo passo di quattro giorni di altre esercitazioni navali che partiranno domani.

''Le esercitazioni hanno lo scopo di migliorare la nostra capacita' di risposta immediata contro le provocazioni navali da parte di nemici'', ha spiegato il capitano Choi Young-chan, comandante del 13/mo Gruppo navale. ''Se il nemico provoca ovunque, sull'acqua o sotto, reagiremo in maniera pronta annientandolo in mare'', ha aggiunto Choi. Le manovre sono maturate a due giorni dal sesto test nucleare nordcoreano, il piu' potente mai fatto finora e rivendicato come ''perfetto successo'' del primo ordigno all'idrogeno. La Marina dara' il via domani, per la durata di 4 giorni, ad altre operazioni nelle acque meridionali con oltre 10 unita', tra cui la fregata da 2.500 tonnellate Chungbuk, sottomarini e aerei di sorveglianza P-3C Orion e multiuso Lynx. L'Aeronatica invece partecipera' shierando i caccia F-15K e un aereo CN-235 da trasporto. Corea del Sud e Usa, a completamento del piano, avranno poi giovedi' e venerdi' manovre congiunte nel mar del Giappone che avranno come target i sottomarini nemici.

Intanto, citando una fonte anonima, secondo l'Asia Business Daily, testata sudcoreana, la Corea del Nord sta trasportando verso la costa occidentale un razzo che sembrerebbe essere un missile balistico intercontinentale (Icbm).

E Seul ieri ha lanciato l'allarme sui nuovi test della Corea del Nord, mentre al Consiglio di Sicurezza dell'Onu è esplosa l'irritazione Usa nelle parole dell'ambasciatore Nikki Haley che, al laconico "quando è troppo e troppo", ha aggiunto la richiesta di "più forti misure possibili" contro Pyongayang anticipando la circolazione di una bozza di risoluzione.

Sulla Corea del Sud pende uno stato d'emergenza permanente: un nuovo test nucleare, possibile in ogni momento, e lanci di missili intercontinentali in date sensibili per la storia del Nord come il 9 settembre, giorno della fondazione dello Stato, e il 10 ottobre, dedicato alla nascita del Partito dei Lavoratori. A poche ore dall'avvio dei lavori al Palazzo di Vetro sul sesto test nucleare del Nord tra condanna unanime e divergenze su sanzioni e mosse da adottare, a Seul l'agenzia d'intelligence sudcoreana (Nis) ha tracciato un quadro allarmante sugli scenari futuri con un vettore balistico intercontinentale di fatto in rampa di lancio e con una "traiettoria standard verso il Pacifico del Nord", simile a quella del Hwasong-12 di fine agosto che sorvolando il Giappone finì poi in mare. 

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