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Aperto l'ottavo museo gratuito della città

La storia del Museo di Casal de’ Pazzi parte da una zanna d’elefante. Rinvenuta nel 1981 durante i lavori di urbanizzazione della zona di Rebibbia, diede il via ad un’indagine archeologica su un’area di oltre 1.200 mq che portò alla luce il tratto di un antico alveo fluviale. Nel giacimento vennero scoperti più di 2000 fossili animali, appartenenti a specie impensabili oggi nella campagna romana (l’elefante antico, l’uro, l’ippopotamo, il rinoceronte), ma anche un frammento di cranio e oltre 1.500 manufatti in selce che testimoniano la contemporanea presenza di uomini.

Il sito risale a circa 200.000 anni fa e costituisce l’ultima testimonianza di una straordinaria serie di depositi pleistocenici che costellavano la bassa valle dell'Aniene, distrutti dall'avanzare della città.

I ritrovamenti suscitarono un immediato interesse tra gli studiosi, tanto da avviare un percorso di conservazione e valorizzazione dell’area. Dal 1996 il sito archeologico è stato preso in carico dalla Sovrintendenza capitolina e nel 2000 sono iniziati i lavori di costruzione dell’edificio del museo che oggi entra ufficialmente a far parte del Sistema Musei Civici dell’Assessorato alla Cultura e al Turismo – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali di Roma con i servizi museali di Zètema. Un Sistema estremamente diversificato che parte dall’archeologia e arriva all’arte contemporanea, riunendo 24 luoghi museali e siti archeologici di grande valore artistico e storico.

Dal greco πλεῖστος "moltissimo, il più" e καινός "recente") - chiamato anche Pleistocenico o semplicemente Pleistocene, è un termine geologico che si riferisce a un periodo dell'era neozoica o quaternaria, che comprende anche l’Olocene, cioè il periodo in cui viviamo.

I limiti del Pleistocene sono ancora discussi: l'inizio delle grandi espansioni glaciali che segnano un raffreddamento del clima e l'improvvisa comparsa di forme di mammiferi d'origine asiatica in Europa (Elephas, Equus, Bos) possono costituire avvenimenti d'importanza tale da giustificare l'inizio di un nuovo periodo. Il raffreddamento del clima ha avuto, infatti, come conseguenza, oltre al grande aumento delle calotte glaciali e dei ghiacciai in genere, anche la diffusione di forme d'organismi artici marini e continentali a latitudini relativamente più basse di quelle abituali. Altri fanno coincidere l'inizio del Pleistocene con la comparsa dell'uomo sulla terra.

Anche il limite superiore è discusso ed è ancora più impreciso: in generale si pone alla fine degli stadî glaciali e su per giù al termine del Paleolitico; altri invece lo mettono al termine dell'ultima grande espansione glaciale. Notevoli incertezze regnano nelle suddivisioni del Pleistocene, le quali variano a seconda che si tenga conto delle formazioni marine, o continentali, o glaciali. Le suddivisioni marine sono, incominciando dalla più antica: Calabriano, Siciliano, Tirreniano; la prima caratterizzata dalla comparsa degl'immigrati artici associati con faune locali; la seconda con numerosi tipi di clima freddo; la terza con qualche forma senegalese, di mare caldo.

Le suddivisioni continentali comprendono il Villafranchiano, il Diluvium e l'Alluvium (secondo altri Diluvio-glaciale e Alluvio-glaciale). Finalmente le suddivisioni glaciali in uso sono sensibilmente diverse a seconda delle regioni.

In ogni caso si ritiene convenzionalmente che il Pleistocene sia compreso tra 2,58 milioni di anni fa (Ma) e 11.700 anni fa.

Dal punto di vista paleontologico occorre tenere distinte le faune marine dalle faune terrestri. Le forme più caratteristiche delle prime sono rappresentate nelle medie latitudini più che altro da specie provenienti da mari artici, i cosiddetti immigrati boreali fra cui Cyprina islandica, Yoldia arctica, Tellina baltica, Mya truncata, Pecten septenradiatus, Natica groenlandica, Buccinum undatum, Neptunea sinistrorsa; oppure da forme di mare caldo che vivono attualmente sulle coste dell'Africa occidentale, come Pecten maximus, Natica porcellana, Tritonium ficoides, Tritonidea viverrata, Mitra cingulosa, Conus testudinarius e specialmente Strombus bubonius.

Fra i rappresentanti più caratteristici della fauna terrestre sono da ricordare, oltre a numerose forme di roditori artici, il Mastodon arvernensis che, quando è associato con l'Elephas meridionalis, costituisce un fossile-guida del Villafranchiano; l'Elephas trogontherii l'Elephas antiquus, l'Elephas primigenius, il Rhinoceros etruscus, il Rhinoceros Mercki, il Rhinoceros tichorhinus, ecc.

Certo è che nel Pleistocene sia la fauna, sia la flora sono molto simili a quelle attuali e che non poche specie estinte sono scomparse in epoca molto recente, quando già l'uomo aveva raggiunto un tale grado di civiltà da raffigurare gli animali in maniere più o meno rozze sulle pareti delle caverne o sugli utensili d'uso comune.

Nel Pleistocene non si sono avute modifiche radicali nella distribuzione degli oceani e dei continenti, ma trasformazioni di dettaglio per effetto delle quali alla fine del periodo le terre e i mari assunsero quasi completamente la distribuzione attuale. Così la Corsica e la Sardegna, ch'erano unite alla Provenza, ne vengono separate, l'Isola d'Elba si separa dalla Toscana e la Sicilia, che con Malta collegava la penisola italica alla Tunisia, rimane distaccata per la sommersione delle zone interposte. Del continente egeo, che scompare in buona parte sotto il livello del mare, emergono solo le cime più elevate a formare l'arcipelago attuale.

Si aprono le comunicazioni fra il Mar Nero e l'Egeo, mentre il Mar Caspio si isola. Modifiche parziali avvengono nella zona di Gibilterra; la Gran Bretagna, che era unita al continente, passa a regime insulare e il Mar Baltico viene trasformato in lago per effetto dell'interruzione del golfo del mare a Yoldia che separava la parte settentrionale da quella meridionale della regione scandinava.

In Asia si formano pure durante il Pleistocene vari gruppi insulari, come l'Arcipelago della Sonda, le isole del Giappone, l'Arcipelago della Nuova Siberia, che già facevano parte del continente.

Persiste la comunicazione fra l'Oceano Indiano e il Mar Rosso ma meno facile, sino alla formazione dell'Istmo di Suez. Dall'altro lato dell'Asia si ha la formazione dello Stretto di Bering che interrompe decisamente le comunicazioni con l'America Settentrionale, mentre già esisteva l'Istmo di Panama che univa le due Americhe. L'Australia è già separata dagli altri continenti.

I movimenti orogenetici abbastanza intensi nel periodo precedente, si estinguono con il Pleistocene e i pochi indizi di piegamenti di terreni di tale età sono per lo meno discutibili. Una certa importanza hanno avuto invece i movimenti epirogenici, ai quali si devono non solo le oscillazioni verticali di molte regioni costiere, ma anche d'intere catene montuose del Cenozoico, come le Alpi, il Caucaso, l'Himālaya, e anche più antiche, come quelle scandinave.

A movimenti di questa natura sono attribuite le modificazioni avvenute lungo i margini continentali, per quanto alcuni geologi ritengano di poterle spiegare più semplicemente con un abbassamento generale del livello del mare di circa 200 m.

Il Pleistocene è stato un periodo d'intensa attività vulcanica. L'Italia è stata sede di numerose eruzioni che hanno dato origine a buona parte degli apparati vulcanici della Toscana, del Lazio, della Campania, della Sicilia, ecc., di cui alcuni hanno mantenuto un'attività più o meno intensa e continua sino all'epoca storica. Vulcani pleistocenici sono da ricordare nell'arcipelago greco, fra cui Santorino, e nelle isole italiane dell'Egeo, come Nisiro, Coo, Patmo. Nell'Europa centrale resti di eruzioni pleistoceniche si hanno nel Gesenke, nel Plateau Central e più a nord nell'Islanda, ove colate di lava s'alternano con depositi morenici.

Fuori d'Europa si hanno bellissimi esempi di vulcani pleistocenici perfettamente conservati in ambedue le Americhe (Montagne Rocciose e Ande), né mancano esempi in Asia e in Africa.

Nel corso degli anni gli archeologi del sito di Casal de’ Pazzi hanno consolidato un fortissimo rapporto con il territorio. Grazie al progetto La scuola adotta un monumento gli studenti del vicino Istituto Comprensivo di Via Palombini hanno prodotto ricerche, plastici, approfondimenti e condotto visite guidate per gli abitanti del quartiere. Il Municipio IV (ex V), le  associazioni culturali del quartiere, lecooperative sociali e i detenuti del vicino Istituto di Pena di Rebibbia hanno contribuito alla realizzazione della programmazione e degli allestimenti. Infine, negli ultimi anni, diversi studenti di archeologia de “La Sapienza Università di Roma” hanno svolto tirocini formativi arricchendo, con il loro entusiasmo e le loro idee, le attività di valorizzazione dello spazio.

Il Museo inoltre è completato dalle istallazioni realizzate dall’Istituto per le tecnologie applicate ai beni culturali del Consiglio nazionale delle ricerche: ricostruzioni 3D e interattive permettono di assistere all’inondazione dell’antico letto del fiume Aniene e di esplorare il paesaggio di 200.000 anni fa, nell’ambiente del paleolitico, fra i grandi elefanti che popolavano l’area di Roma in quell’epoca.

L’itinerario di visita prevede l’osservazione del letto del fiume dall’alto di una passerella. Suggestive proiezioni evidenziano progressivamente i grandi massi e i resti fossili del giacimento tra cui zanne lunghe fino a 4 metri, denti e vertebre. Un inaspettato paesaggio “archeologico” nel pieno della città moderna i cui misteri vengono svelati con l’ausilio di una voce fuori campo. Quindi i visitatori vengono portati ad immaginare ciò che non c’è più: l’alveo si riempie di acque virtuali e unfilmato ricostruisce il paesaggio pleistocenico con il fiume, le piante, gli animali e una rappresentazione 3D dell’elefante antico mentre, in sottofondo, un uomo che 200.000 anni fa viveva in quei luoghi racconta il suo mondo.

Nello spazio esterno coperto da una pensilina, alcuni pannelli sintetizzano l’evoluzione dei paesaggi e della vita nella campagna romana a partire da 3 milioni di anni fa quando a Roma c’era il mare. Nella sala espositiva è possibile ammirare alcuni dei reperti rinvenuti nel giacimento ed utilizzare la Pleistostation, un touch screen ricco di questionari, giochi, ipertesti e filmati per confrontarsi in modo ludico e interattivo con le tematiche affrontante del corso della visita.

L’area esterna al museo ripropone un giardino pleistocenico: la ricostruzione dell'insieme floristico che poteva caratterizzare le sponde dell’Aniene circa 200.000 anni fa da rivivere percorrendo un sentiero che richiama un percorso fluviale. Infine, tre aree di sosta sono dedicate alla realizzazione di laboratori didattici ed eventi.

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