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Un ricordo di monsignor Pietro Fiordelli, padre della pastorale familiare italiana

Copertina del saggio_La difesa sociale della famiglia

Nel momento in cui la famiglia ritorna ad essere al centro del dibattito pubblico e della riflessione culturale civile ed ecclesiale, Giuseppe Brienza, collaboratore della nostra testata, dà alle stampe un saggio quantomai opportuno rievocando - nel decennale della sua scomparsa - la biografia e il magistero episcopale di uno degli storici ispiratori della pastorale familiare italiana, monsignor Pietro Fiordelli (1916-2004), primo vescovo residenziale di Prato - dove restò alla guida della diocesi per un periodo complessivo di trentotto anni - dal 1954 al 1991, vivendo in prima persona nella 'rossa Toscana' una delle stagioni più turbolenti del nostro Paese a livello sociale e politico (cfr. Giuseppe Brienza, La difesa sociale della famiglia. Diritto naturale e dottrina cristiana nella pastorale di Pietro Fiordelli, vescovo di Prato, con un “Invito alla Lettura” di mons. Luigi Negri, Postfazione di mons. Antonio Livi, Casa Editrice Leonardo Da Vinci, Roma 2014, Pp. 156, Euro 15,00). Il perchè lo spiega bene proprio monsignor Luigi Negri, in apertura del volume, ricordando l'incredibile episodio che vide protagonista l'allora giovanissimo neo-vescovo di Prato, querelato e condannato nel 1956 da un tribunale della Repubblica ad un ammenda di 40.000 lire per aver denunciato dal pulpito, in obbedienza al vigente diritto canonico, come “pubblici peccatori e concubini” una coppia di coniugi della diocesi perchè sposati con il solo rito civile. A distanza di anni, il presule venne poi assolto in appello per “l'insindacabilità dell'atto” a lui imputato. La vicenda oggi è stata completamente rimossa dalla nostra memoria pubblica ma allora assunse un clamore mondiale tanto da essere seguita da campagne-stampa diffamatorie a livello internazionale verso la Santa Sede che da Papa Pio XII in giù manifestò invece pubblicamente solidarietà a Fiordelli. Per dare un'idea della drammaticità della questione basti pensare che il Pontefice sospese addirittura il tradizionale ricevimento d'inizio anno del Corpo diplomatico in Vaticano mentre i Vescovi più carismatici – a partire dal futuro Giovanni XXIII e dal futuro Paolo VI – inviarono a Fiordelli telegrammi di totale condivisione. L'arcivescovo di Bologna, infine, Giacomo Lercaro, “ordinò a tutte le parrocchie della sua diocesi, in protesta per la condanna a Fiordelli, di tenere per un mese i portali delle chiese parati a lutto e di suonare le campane a morto ogni giorno per cinque minuti” (pag. 28). Monsignor Negri scorge proprio in quest'episodio, oggi dimenticato, l'inizio nel nostro Paese dello “scatenamento dell'anticristianesimo: prova ne sia la nascita in quegli anni di moltissimi circoli radicali” (pag. 10) che avrebbero poi, all'indomani di quell'Ottantanove che vide implodere su se stessi i partiti comunisti con la loro ideologia, informato notevolmente anche la mentalità e il costume delle stesse classi dirigenti dei gruppi marxisti secondo un'intuizione profetizzata in modo lungimirante dal pensiero di Augusto Del Noce che aveva previsto l'esito ultimo e definitivo della prassi materialistica nel primato etico nichilista del radicalismo di massa. Il caso dei concubini di Prato convinse già allora Fiordelli - e il tempo gli avrebbe dato ragione - che l'emergenza nella sua diocesi non era tanto di ordine socio-economico quanto familiare: in effetti di lì a poco nel nostro Paese seguì l'istituzione della legge sul divorzio (1970), la sconfitta del fronte cattolico al successivo referendum del 1974 e l'approvazione della legge di riforma del diritto di famiglia (1975) che contribuì ad un'ulteriore indebolimento legislativo dell'unione coniugale.

Di fronte a tutto ciò, Fiordelli si spese fin dall'inizio del suo episcopato per diffondere su larga scala corsi di preparazione al matrimonio che sviluppassero – soprattutto verso i più giovani – una rinnovata consapevolezza dell'importanza del vincolo sacramentale e della chiamata alta al matrimonio. Questa dedizione amorevole alla causa della famiglia arrivò da ultimo anche sui banchi del Concilio Vaticano II – a cui il Vescovo parteciperà dall'inizio alla fine – che accolse nella costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium proprio la definizione (originariamente ideata e suggerita da Fiordelli) della comunione coniugale sacramentale come “piccola Chiesa” (al numero 11). Ancora, sempre su sua proposta la CEI “costituì il Comitato Episcopale per la Famiglia (oggi Commissione Episcopale per la famiglia e la vita) [di cui] fu eletto Presidente e tale rimase ininterrottamente, fino a quando il Comitato fu trasformato in Commissione Episcopale per la Famiglia” (pagg. 35-36) scrivendo vivacemente sulla questione del divorzio (vedi il suo Il divorzio in Italia?, Libreria cattolica, Prato 1967) e anche chiamando personalmente alla mobilitazione i fedeli in occasione dell'indizione del referendum abrogativo quando la legge era entrata in vigore. Soprattutto, si deve a lui l'istituzione della “Giornata per la vita” che la Chiesa italiana commemora ogni anno la prima domenica di febbraio per ricordare pubblicamente lo scandalo e l'ingiustizia dell'aborto legalizzato. In particolare su quest'ultimo aspetto Brienza ripropone in appendice uno scritto sempre attuale del 1976, L'aborto e la coscienza (pp. 87-144), dove la tematica viene affrontata evidenziando la sua rilevanza sociale in tutte le molteplici dimensioni (morali, educative, politiche, religiose, culturali) con inusuale passione teologica e giusfilosofica. Conclude il saggio un argomentato contributo di monsignor Antonio Livi (“Dottrina sociale della Chiesa, legge naturale e diritto positivo”, pp. 145-156), conterraneo di Fiordelli e legato a lui per anni da una profonda amicizia, che mette in luce gli aspetti del magistero episcopale di Fiordelli che saranno poi ripresi autorevolmente dalla predicazione di Papa San Giovanni Paolo II soprattutto nei grandi documenti per la difesa sociale della famiglia (come la Familiaris Consortio, del 1981) e il diritto inalienabile alla vita (come l'Evangelium vitae, del 1995). Una figura coraggiosa e controcorrente, come si vede, ancor più alla luce dei radicali mutamenti nel costume avvenuti negli ultimi anni, decisamente da riscoprire.

 

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