"La toppa è peggio del buco". Così Roberto Calderoli, 'padre' del porcellum commenta alla telefonata di Belpietro la sentenza della Consulta. "Ora sono delegittimati Parlamento, Presidente della Repubblica e la Corte Costituzionale stessa" spiega.
Accoglie in toto il ricorso contro la legge elettorale del 2005, l’Alta Corte. Ma nella lunga camera di consiglio è battaglia. Perché dopo il voto unanime sull’ammissibilità del ricorso e poi sull’eliminazione del premio di maggioranza, sulla terza questione ci si spacca 7 a 8.
Sembra che i giudici più vicini alla sinistra, dal presidente Gaetano Silvestri a Sabino Cassese e Giuliano Amato ( di nomina presidenziale), allo stesso Sergio Mattarella (scelto dal parlamento e padre del sistema precedente), volessero che l’Alta Corte affermasse che abolite le liste bloccate ci fosse la «reviviscenza» del vecchio sistema. Ma la manovra non sarebbe riuscita perché si sarebbero opposti lo stesso relatore Giuseppe Tesauro, il vicepresidente Sergio Mattarella, i giudici Paolo Maria Napolitano, Giuseppe Frigo e altri scelti da Cassazione e Consiglio di Stato.
La sentenza è una batosta pesante che colpisce il parlamento inefficiente, i partiti divisi e la Casta dei politici che non hanno finora trovato un accordo sulla riforma. La Consulta dà, in sostanza, tre settimane alle Camere per correre ai ripari: il tempo necessario di solito per il deposito delle motivazioni della sentenza, perché solo da quel momento ne decorreranno «gli effetti giuridici».
E agli occhi di tutti apparirebbe l’illegittimità dei mille eletti con un sistema incostituzionale.
Una lunga discussione in camera di consiglio, iniziata in mattinata e proseguita, dopo una breve pausa, nel pomeriggio fino a poco prima delle 18, porta la Consulta a una decisione dai pesanti effetti politici sulla composizione delle Camere, sull’entità della maggioranza e sullo stesso governo.
Un verdetto che per alcuni accorcia le prospettive di questa legislatura e avvicina un voto anticipato, per altri potrebbe congelare il quadro in attesa della riforma. Crea comunque instabilità e incertezza.
La Consulta dichiara l’illegittimità costituzionale delle norme sul premio di maggioranza, per Camera e Senato, attribuito alla lista o alla coalizione che abbiano ottenuto il maggior numero di voti e non abbiano avuto almeno 340 seggi a Montecitorio e il 55 per cento dei seggi assegnati a ogni regione, a Palazzo Madama. Contrarie alla Carta anche le norme sulle liste «bloccate»,perché non consentono all’elettore di dare una preferenza.
Nel comunicato stampa la Corte precisa che «nelle prossime settimane» si conosceranno le motivazioni del verdetto, che avrà solo allora i suoi effetti. E sottolinea, per non dare l’impressione di un’usurpazione di poteri, un’ovvietà: «Resta fermo che il parlamento può sempre approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche, nel rispetto dei principi costituzionali ». Scelte che, in teoria, potranno essere diverse dall’orientamento della Corte. Sarà la politica a dettarle. Esulta l’avvocato Aldo Bozzi, legale dei cittadiniche hanno promosso il ricorso trasmesso dalla Cassazione: «Quattro anni di battaglie andate a buon fine - dice -. Siamo tornati a essere cittadini e non dei sudditi. E adesso non si crea nessun vuoto giuridico ». Per Bozzi, si potrebbetornare al Mattarellum e andare a votare «in estate». Ma non è d’accordo l’altro avvocato dei ricorrenti, Felice Carlo Besostri: «Se la politica non interverrà con una nuova legge elettorale spiega-, farà sì che alle prossime elezioni si andrà a votare con una legge proporzionale con soglie di accesso e la possibilità di dare una preferenza».
Ma decadranno i 148 deputati Pd «abusivi», come li definisce Forza Italia, che non hanno avuto ancora la convalida? Per Besostri, questa prospettiva è «puro terrorismo». Quanto alla cancellazione delle liste bloccate, sulla scheda ora «sarà possibile scrivere i nomi dei candidati ».
La legge elettorale più contestata della storia della Repubblica, ancora più della legge truffa del 1953, è un marchingegno volutamente ideato per ostacolare una piena vittoria elettorale e riempire il Parlamento di deputati e senatori decisi dalle segreterie dei partiti. E' l'unica legge nella storia della Repubblica che sia stata definita in modo spregiativo dal suo autore: una "porcata", riconobbe candidamente Roberto Calderoli qualche mese dopo l'approvazione definitiva.
Prima ancora di diventare "Porcellum" (il copyright della definizione è del politologo Giovanni Sartori che coniò il termine modellandolo sulla legge precedente, il Mattarellum) la legge già scontentava molti e divideva ferocemente destra e sinistra. Nel 2005 il centrodestra, allora al governo, aveva rimediato una cocente sconfitta elettorale alle regionali di aprile.
Per Berlusconi la prospettiva di perdere le elezioni politiche dell'anno seguente era più che concreta. Bisognava correre ai ripari. Gli esperti del centrodestra furono subito mobilitati per trovare un sistema elettorale che potesse limitari i danni: Il Mattarellum allora in vigore, con il suo 75% di maggioritario puro, avrebbe facilmente dato una larga maggioranza allo schieramento guidato da Prodi. Calderoli, già autore della riforma federalista scritta nella baita di Lorenzago con gli altri saggi del centrodestra, ebbe il compito di trovare la soluzione migliore. Pensa che ti ripensa, con l'ausilio del senatore centrista Francesco D'Onofrio ("un uomo chiamato cavillo", lo chiamavano) la scelta cadde su un sistema che da una parte dava un mega-premio di maggioranza alla coalizione vincente alla Camera (senza nemmeno prevedere una soglia minima di voti da superare), ma poi lo suddivideva in tanti premi regionali al Senato. Si poteva sperare che il fronte dei partiti vittoriosi a Montecitorio non riuscisse a fare l'en plein delle regioni al Senato, ritrovandosi con una vittoria dimezzata.
A questo si aggiunse la trovata delle liste bloccate, elenchi di candidati "prendere o lasciare" senza possibilità di scelta per gli elettori. Nel dibattito che precedette l'approvazione, gli argomenti del centrodestra furono quelli della stabilità e della rappresentanza. Il centrosinistra, che aveva fiutato la trappola, si batté fino all'ultimo. Romano Prodi chiese di sottoporre subito a referendum la nuova legge, ma non riuscì nell'intento. E così si arriva al 14 dicembre del 2005, quando il Senato approva in via definitiva la legge scritta da Calderoli: tutti i partiti del centrodestra votano sì, gli altri sono contrari. "Finalmente una legge democratica" commenta a caldo Berlusconi.
Pochi mesi dopo, nell'aprile del 2006, il Porcellum viene messo alla prova, e non delude le aspettative di chi l'aveva ideato. La coalizione di centrosinistra al Senato si impone per un pugno di voti, ma i premi regionali gli danno una maggioranza risicatissima, che si reggerà in varie occasioni solo grazie ai voti dei senatori a vita, fino ad arrivare , due anni dopo, alle dimissioni di Prodi. Nel frattempo Calderoli aveva già fatto il suo outing: aveva detto a Enrico Mentana durante una puntata di Matrix : "Sono orgoglioso di tante leggi fatte approvare , ma sono un po' meno orgoglioso della legge elettorale. Glielo dico francamente, l'ho scritta io ma è una porcata. Era una porcata fatta volutamente per mettere in difficoltà una destra e una sinistra che devono fare i conti col popolo che vota". Con queste premesse, ha dell'incredibile la sopravvivenza del porcellum fino ad oggi: ma il referendum del 2009 non raggiunse il quorum e i partiti, pur disprezzandolo a parole, non si sono mai accordati su una nuova legge