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Dopo Caravaggio, il Seicento napoletano

DOPO CARAVAGGIO. IL SEICENTO NAPOLETANO NELLE COLLEZIONI DI PALAZZO PRETORIO E DELLA FONDAZIONE DE VITO, è il titolo della Mostra organizzata dal Comune di Prato, in collaborazione con la Fondazione De Vito, a cura di Nadia Bastogi e Rita Iacopino, in programma al Museo di Palazzo Pretorio dal 14 dicembre 2019 fino al 13 aprile 2020.
Dipinti “mai visti” della Fondazione de Vito insieme alle tele più suggestive del Seicento del Museo di Palazzo Pretorio danno vita ad un percorso espositivo che vuole raccontare l’impatto determinante della pittura di Caravaggio su alcune delle personalità più rilevanti della scena artistica partenopea nel XVII secolo, attraverso una scelta di opere di grande qualità delle due collezioni.
Il periodo preso in considerazione è quello del “dopo Caravaggio”, dagli inizi del naturalismo napoletano, che ha in Battistello il primo e più coerente interprete e trova un impulso determinante nella presenza a Napoli dal 1616 dello spagnolo Jusepe de Ribera, per giungere, attraverso le declinazioni aggiornate sul classicismo romano bolognese e sulle correnti pittoriche neovenete di artisti come Massimo Stanzione e Bernardo Cavallino, a Mattia Preti, protagonista della scena artistica partenopea di metà secolo insieme a Luca Giordano. Sulle loro opere, già improntate al linguaggio barocco, matureranno ormai alle soglie del Settecento artisti come Nicola Malinconico, con il quale si chiude il percorso.
“Non si tratta, tuttavia, di un’esposizione sulla pittura napoletana del Seicento. L’intento della mostra è, invece, quello di far dialogare una scelta di opere provenienti da due collezioni, quella del Museo di Palazzo Pretorio di Prato, che conserva uno dei nuclei più importanti di dipinti del Seicento napoletano in Toscana, e quella della Fondazione Giuseppe e Margaret De Vito per la Storia dell’Arte Moderna a Napoli, che si configura per qualità e interesse storico come una delle più notevoli collezioni private di pittura napoletana del secolo in questione”, spiegano le curatrici Nadia Bastogi e Rita Iacopino.
Quest’ultima raccolta è stata costituita a partire dagli anni settanta del Novecento grazie all’Ing. Giuseppe De Vito, collezionista e studioso del periodo d’oro della pittura partenopea e fondatore del periodico “Ricerche sul ‘600 napoletano”; essa, raccolta nella sua residenza milanese, è attualmente conservata nella villa di Olmo, presso Vaglia (Firenze), sede della Fondazione da lui istituita nel 2011 per promuovere gli studi sull’arte moderna a Napoli.
Il tema del collezionismo si configura, dunque, come centrale nell’esposizione, dove la raccolta pubblica e quella privata, pur formatesi con modalità e in tempi diversi, raccontano storie di mecenatismo e di passione per l’arte del Seicento.


Nel Museo di Palazzo Pretorio di Prato è conservato uno dei nuclei più importanti in Toscana di opere di Seicento napoletano, tra cui il Noli me tangere capolavoro del maestro Giovanni Battista Caracciolo, detto Battistello, la grande tela di Mattia Preti con il Ripudio di Agar e il Buon samaritano di Nicola Malinconico, che chiude il percorso della mostra.
Queste opere rappresentano gli esempi di un collezionismo già in antico attento agli esiti più aggiornati della pittura del Seicento e la ricostruzione delle loro vicende storiche si configura come uno dei principali contributi critici alla mostra. Ricerche d’archivio hanno fatto emergere l’importanza della famiglia pratese dei Vaj la cui quadreria, formatasi a Roma nell’ambiente dei Barberini, giunse a Prato a metà del ‘600 determinando un’apertura inaspettata verso il naturalismo post caravaggesco. Più tardi, alla fine del Settecento, altri dipinti di famiglia furono portati a Prato da Roma, tra cui il Ripudio di Agar di Mattia Preti e il Giacobbe e il gregge di Labano di Jusepe de Ribera. Fa parte invece della collezione della famiglia Martini, commercianti di stoffe, il Buon Samaritano di Nicola Malinconico: formatasi alla fine del Settecento, la Galleria Martini è un vero e proprio Cabinet d’art con le sue centro trenta opere di generi e periodi diversi, tutte confluite al museo. Ancora misteriosa è invece la storia antica del Noli me tangere di Battistello Caracciolo, uno dei dipinti più suggestivi esposti nel Museo, che, soltanto dall’Ottocento, è presente tra le opere dell’Ospedale Misericordia e Dolce, vero e proprio deposito di opere d’arte.

PROTAGONISTE FEMMINILI 1634 – 1652
Questa sezione espone un gruppo di opere che si caratterizza per i soggetti con protagoniste femminili con differenti personalità e ruoli. Donne legate a episodi testamentari, quali la Samaritana al pozzo o le figlie di Loth che seducono il padre, impegnate in narrazioni dialogiche di sapore teatrale, ma anche sante Martiri come Caterina, Orsola, Lucia, Agata, soggetti fra i più ricorrenti nella pittura napoletana del Seicento.

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