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Le opposizioni non aspettano neanche il battesimo del governo per far partire i tamburi della campagna elettorale. "Una fotocopia sbiadita del governo Renzi", "un fortino assediato", attaccano i partiti all'opposizione che mettono all'indice le riconferme degli uscenti e la presenza dei fedelissimi renziani, Luca Lotti, che diventa ministro allo Sport mantenendo la delega all'Editoria, e Maria Elena Boschi, che lascia le Riforme ma lavorerà al fianco del premier a Palazzo Chigi seguendo i dossier più caldi del governo. 

Il passaggio di Verdini da traditore a tradito non è stato male. Ma per ore si è anche parlato con una certa apprensione di un altro tema fondamentale: il destino di Angelino Alfano, leader di un partitino del due per cento, sospeso tra la conferma dell'incarico a ministro degli Interni e quello degli Esteri, dove alla fine è approdato per avere una maggiore visibilità nella prossima campagna elettorale. Sentirlo parlare in inglese sarà una delle cose più stimolanti del nuovo governo.

Voleva un posto per Marcello Pera, ed è stata cosa utile almeno per apprendere che l'anziano filosofo ex presidente del Senato, scomparso dalla scena dieci anni fa, è ancora vivo e gode di buona salute. Ha perso, il che vuol dire che al Senato il governo non avrà vita facile, perché il partito di Verdini non ha i voti degli elettori, ma ha tanti senatori.

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Renzi dal canto suo mantiene la promessa di lasciare con un sorriso alludendo al teso passaggio della campanella con Enrico Letta. "Buon lavoro", augura a Gentiloni accompagnando al passaggio di consegne il dono della felpa di Amatrice regalatagli dal sindaco della cittadina colpita dal terremoto. E lascia Palazzo Chigi tra l'applauso dei fedelissimi affacciati dalla finestra nel cortile della sede del governo

In tempi record, come era nelle intenzioni del presidente della Repubblica Sergio Mattarella soddisfatto per una "soluzione rapida e lineare" della crisi, nasce il governo Gentiloni. Diciotto i ministri con 5 new entry e la riconferma di tutti gli uscenti tranne il ministro Stefania Giannini e Maria Elena Boschi che diventa sottosegretario alla presidenza del consiglio. "Ci mettiamo subito al lavoro sui problemi del paese", è la priorità del neo-premier che, dopo il giuramento al Quirinale, il tradizionale passaggio della campanella con Matteo Renzi e il primo Cdm a Palazzo Chigi, oggi chiederà la fiducia alle Camere per ottenerla entro mercoledì. E avrà numeri solidi a Montecitorio ma meno al Senato dove Verdini ha annunciato che farà mancare l'appoggio di Ala in assenza di una presenza al governo. 

Cinque donne - oltre alle uscenti Madia, Lorenzin e Pinotti, entrano le senatrici Pd Anna Finocchiaro e Valeria Fedeli - 14 uomini con il trasloco di Alfano alla Farnesina e l'arrivo di Marco Minniti agli Interni comporranno l'esecutivo nato dopo le dimissioni di Matteo Renzi. E che, come annuncia Gentiloni, avrà come priorità il disagio sociale, l'occupazione al sud, per cui nasce un ministero ad hoc guidato da Claudio De Vincenti, l'innovazione e la ricostruzione del dopo-terremoto oltre al nodo banche. Ruolo solo di "facilitatore", invece, chiarisce il neo-premier, rispetto alla ricerca di un'intesa tra i partiti sulla legge elettorale per la quale si spenderà soprattutto il neo-ministro per i Rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro

Nel consiglio Ue di giovedì prossimo, dove si affronterà il tema del rinnovo del regolamento di Dublino "avremo una posizione molto netta: non è accettabile che passi di fatto il principio di un Ue troppo severa su alcuni aspetti dell'austerity e troppo tollerante verso paesi che non accettano di condividere responsabilità comuni" sui migranti, afferma Gentiloni. Poi parlando del sistema bancario: "Il governo è pronto ad intervenire per garantire la stabilità degli istituti" bancari.

"Il governo che si presenta a ricevere la fiducia è un governo di responsabilità, garante della stabilità delle nostre Istituzioni. E intende concentrare tutte le proprie energie sulle sfide dell'Italia e i problemi degli italiani". Quanto è successo politicamente e che ha portato al nuovo esecutivo "sulla base della ferma guida di Mattarella, ha determinato i tempi rapidi del nuovo governo e ne ha definito il programma". 

"Sul terreno dell'economia il governo intende accompagnare e rafforzare la ripresa che gradualmente ma lentamente si sta manifestando". Gentiloni spiega che "accompagneremo (la ripresa, ndr) con le grandi infrastrutture, il piano industria 4.0 e la green economy con le decisioni sul clima che l'Italia difenderà". 

L'Italia ha una economia forte, non ci possono essere scorribande su questo fronte e lo dimostrano le profezie sbagliate di apocalisse in base all'esito in un senso del referendum. Questa è l'Italia". Dice il presidente del Consiglio nel suo intervento programmatico alla Camera. "Dobbiamo fare molto di più per il Mezzogiorno. 

La decisione di formare un ministero esplicitamente dedicato al Sud non deve far pensare a vecchie logiche del passato, al contrario noi abbiamo fatto molte cose per il Mezzogiorno ma credo che sia insufficiente la consapevolezza che proprio dal Sud possa venire la spinta forte per la crescita economia".  

"All'agenda vorrei aggiungere grandi questioni su cui finora a mio avviso non abbiamo dato risposte pienamente sufficiente. Innanzitutto i problemi che riguardano la parte più disagiata della nostra classe media, partite iva e lavoro dipendente, che devono essere al centro dei nostri sforzi per far ripartire la nostra economia". "Proprio perché non vogliamo rinunciare a una società aperta e digitale vogliamo porre al centro coloro che da queste dinamiche si sentono sconfitti".

Oltre all'agenda del governo "prenderà corpo tra le forze parlamentari un confronto sulla legge elettorale per la necessaria armonizzazione delle norme tra Camera e Senato, confronto nel quale il governo non sarà attore protagonista, spetta a voi la responsabilità di promuovere e provare a cercare intese efficaci. Certo non staremo alla finestra cercheremo di facilitare e sollecitare", l'accordo.

"Spetta a me indicare le priorità del governo. La prima è senz'altro l'intervento nelle zone colpite dal terremoto", dice il premier. "Abbiamo avuto - sottolinea - una risposta straordinaria ma siamo ancora in emergenza e dalla qualità della ricostruzione dipende la qualità del futuro di una parte rilevante del territorio dell'Italia centrale e da questi passi che faremo dipende anche la forza che avremo nel programma a lungo termine su Casa Italia, che interviene sugli elementi più profondi dei danni che vengono provocati dagli eventi sismici nel Paese".

"Le consultazioni hanno evidenziato l'impossibilità di una convergenza generale nel sostegno al governo di responsabilità che pure era stata invocata. Ne abbiamo preso atto, procedendo nel quadro della maggioranza anche se ci auguriamo possano maturare apporti e convergenze più larghe sui singoli provvedimenti", afferma Gentiloni nel suo discorso programmatico. 

"Chi come me è sempre stato animato da passione politica non si ritrova nella degenerazione di questa passione. La politica, il Parlamento, sono il luogo del confronto dialettico, non dell'odio o della post verità. Chi rappresenta i cittadini deve diffondere sicurezza, non paure. Su questo è impegnato il governo e anche su questo chiede alla Camera la sua fiducia".

Una crisi-lampo, che già questa sera potrebbe vedere la sua conclusione. Il Presidente del Consiglio incaricato Paolo Gentiloni vedrà oggi le ultime delegazioni delle forze politiche e già questa sera potrebbe sciogliere la riserva, presentando la lista dei ministri al Presidente Mattarella. In questo modo il nuovo esecutivo potrebbe giurare già domani ed essere pronto per affrontare con pienezza di poteri il primo appuntamento del Consiglio europeo di giovedì. Ma vediamo le varie tappe che hanno portato alla definizione di questa road map.

Paolo Gentiloni, come da prassi, accetta con riserva l'incarico  ricevuto da Sergio Mattarella di formare un nuovo Governo. Dopo un colloquio di circa mezzora nella sala delle del Quirinale, il premier incaricato si dice "consapevole dell'urgenza" di dare all'Italia un governo "nella pienezza dei poteri". Già oggi potrebbe tornare quindi al Colle e presentare al presidente della Repubblica la lista dei ministri.

Dopo i passaggi obbligati dai presidenti di Camera e Senato, infatti, Gentiloni dà il via a un rapido giro di colloqui, nella sala del cavaliere di Montecitorio. Gli incontri con i partiti minori non cambiano nella sostanza il perimetro della futura maggioranza, ma compongono l'agenda del nuovo presidente del Consiglio. Lui assicura "massimo impegno e determinazione" nell'affrontare le priorità "internazionali, economiche, sociali", a iniziare, è la sottolineatura, "dalla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto". Sul tavolo, quindi, anche il dossier banche, con la crisi di Mps, certo, ma anche la 'questione sociale'. Non solo legge elettorale, insomma, anche se il premier incaricato sottolinea di volerne "accompagnare e se possibile facilitare il percorso delle forze parlamentari".

Il premier incaricato Paolo Gentiloni concluderà oggi le consultazioni, dopo aver ottenuto ieri un secco no da Lega e M5S. Il primo gruppo parlamentare che incontrerà sarà quello di Fratelli d'Italia, l'ultimo quello del Pd.

Il nostro Paese - ha evidenziato ieri il presidente Mattarella al termine delle consultazioni  - ha bisogno in tempi brevi di un governo nella pienezza delle sue funzioni.Vi sono di fronte a noi adempimenti, impegni, scadenze che vanno affrontati e rispettati. Si tratta di adempimenti e scadenze interne, europee e internazionali

"Ringrazio il presidente della Repubblica per l'incarico conferito, lo considero un alto onore e cercherò di svolgere il compito con dignità e responsabilità", afferma nel suo primo discorso il premier incaricato Paolo Gentiloni. "Il quadro ampio e articolato delle consultazioni svolte dal presidente della Repubblica sarà la base del lavoro per definire composizione e programma del nuovo governo". "Dalle consultazioni è emersa la conferma della decisione di Renzi di non accettare un reincarico in coerenza con l'impegno che aveva manifestato e questa coerenza merita rispetto e da parte di tutti". Il presidente del Consiglio incaricato intende "accompagnare e se possibile facilitare il percorso delle forze parlamentari" per definire le nuove regole elettorali. Gentiloni si dice "consapevole dell'urgenza di dare all'Italia un governo nella pienezza dei poteri, per rassicurare i cittadini e affrontare con massimo impegno e determinazione le priorità internazionali, economiche, sociali, a iniziare dalla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto". Nelle consultazioni, prosegue il premier incaricato, è stata registrata "l'indisponibilità delle maggiori forze di opposizioni a condividere un governo di responsabilità. Quindi non per scelta, ma per senso di responsabilità ci muoveremo nel quadro del governo e della maggioranza uscente".

Le parole scelte per parlare agli italiani dal Quirinale non appaiono casuali, quasi a voler chiarire sin da subito che il dibattito sulla legge elettorale sarà in qualche modo lasciato al Parlamento, evitando - come accaduto per l'Italicum, approvato con la fiducia - che il Governo si inserisca in prima persona in una materia che la Costituzione inserisce tra le competenza di Camera e Senato. Questo, viene spiegato, potrebbe aiutare a "svelenire il clima" che si è creato intorno alle regole del gioco. Nessuna melina, però: da una posizione "di maggiore neutralità" rispetto al passato, il nuovo inquilino di palazzo Chigi, viene spiegato, non eviterà di usare tutti gli strumenti utili per raggiungere il risultato. La strada maestra, comunque, sembra essere quella di aspettare la pronuncia della Consulta, attesa il 24 gennaio prossimo, e coinvolgere le forze possibili attraverso una 'virata' proporzionale.

"Siamo di fronte a un intollerabile gioco delle tre carte: Renzi irresponsabile, dopo aver ricattato il Paese ha messo al governo un suo prestanome. E' un governo che nasce senza fiducia degli italiani". Lo afferma Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia dopo le consultazioni con il Presidente del Consiglio incaricato, Paolo Gentiloni.La prossima legge elettorale fatta da un Parlamento la dovrà fare un parlamento eletto dal popolo. L'idea di un tavolo sulla legge elettorale è finita. L'idea di aprire nuovamente il vaso di Pandora è solo una scusa per prender tempo, per arrivare fino al 2018". Lo afferma a In Mezz'ora su Raitre il vice presidente della Camera Luigi Di Maio (M5s) che ribadisce: "proponiamo che la legge della Camera come esce dal vaglio della Consulta, si applichi anche al Senato su base regionale".

Continuano poi i contatti tra i partiti per la squadra di Governo. La casella più "pesante"  da riempire è quella che Gentiloni lascia vuota, alla Farnesina. Ancora in pista sarebbe il nome di Piero Fassino. Secondo alcune voci che arrivano da fonti parlamentari, però, potrebbe essere Angelino Alfano a traslocare dal Viminale. Luca Lotti, attualmente sottosegretario alla presidenza del Consiglio, potrebbe ottenere le deleghe ai Servizi segreti, oggi nelle mani di Marco Minniti, che potrebbe sostituire Alfano come titolare degli Interni. Ancora da risolvere la partita che riguarda le Riforme. Maria Elena Boschi, infatti, potrebbe lasciare il dicastero e conservare soltanto la delega ai Rapporti con il Parlamento e alle Pari opportunità, o traslocare a palazzo Chigi da sottosegretario. In questo caso, a sostituirla, potrebbe essere il dem Emanuele Fiano. Dovrebbe rimanere al Tesoro Pier Carlo Padoan, ritenuto fondamentale conoscitore dei dossier economici anche alla luce della crisi Mps. Confermati Andrea Orlando alla Giustizia, Roberta Pinotti alla Difesa e Maurizio Martina all'Agricoltura, oltre ai rappresentanti della minoranza di Governo Beatrice Lorenzin ed Enrico Costa. In trattativa una poltrona da riservare al nuovo alleato Denis Verdini. Possibile una promozione per Enrico Zanetti, attuale viceministro dell'Economia, o l'ingresso nella squadra di Governo - in quota Ala - di Giuliano Urbani.

Paolo Gentiloni e un politico di lungo corso, che ha fatto i primi passi nella sinistra extraparlamentare e nel movimento ecologista, per poi passare ad incarichi di prima linea a livello locale e nazionale, culminati con il biennio alla guida del Ministero degli Esteri. E' proprio la sua esperienza a tutto tondo, oltre alle doti di mediazione che in molti gli riconoscono, che pone Paolo Gentiloni tra i principali candidati a guidare il prossimo governo italiano, per traghettarlo nelle acque agitate del post 'terremoto' referendario, costato la poltrona a Matteo Renzi.

Nato 62 anni fa a Roma, sposato con l'architetto Emanuela Mauro, discendente di una famiglia nobiliare (un suo antenato siglò l'omonimo patto che agli inizi del '900 segnò l'ingresso dei cattolici nella politica italiana), Paolo Gentiloni Silveri nei primi anni '70 milita nella sinistra extraparlamentare e si avvicina poi al movimento ecologista di Legambiente, dove si lega a Francesco Rutelli, di cui diventa portavoce quando Rutelli viene eletto sindaco di Roma nel '93. E gestisce la difficile sfida del Giubileo, come anello di collegamento tra Vaticano e Comune. Entra in Parlamento nel 2001 con la Margherita, di cui è tra i fondatori, e nel 2006 lui che è anche giornalista, diventa ministro delle comunicazioni nel secondo governo Prodi, lavorando alla difficile partita di una riforma che riequilibri un sistema mediatico segnato dallo strapotere di Silvio Berlusconi.

Quando il Partito Democratico muove i primi passi, Gentiloni è tra i soci fondatori. Nell'ultima legislatura, entra in commissione Affari Esteri. Questa esperienza lo favorisce per la nomina a ministro degli Esteri, il 31 ottobre 2014, al posto di Federica Mogherini, chiamata a guidare la diplomazia Ue. Per la Farnesina il premier Renzi sceglie una persona di fiducia. Gentiloni, del resto, è tra i primi esponenti 'senior' del Pd a partecipare alla Leopolda, la convention da cui parte la scalata dell'allora sindaco di Firenze. Alla Farnesina Gentiloni affronta i numerosi - e spinosi - dossier di politica internazionale, tessendo una tela di dialogo che trova l'apprezzamento nei partner stranieri, anche da sponde opposte. Costruisce un rapporto stretto, e di amicizia, con il capo della diplomazia americana John Kerry, rivendicando l'indissolubile legame tra Italia e Stati Uniti, ma allo stesso tempo tiene aperto il canale con il collega russo Serghiei Lavrov. E anche nel momento di tensione massima tra Usa ed Europa e la Russia, culminata con le sanzioni contro Mosca dopo la crisi ucraina, Gentiloni insiste sulla necessità di non rompere con la Russia, pur mantenendo la fermezza.

Per esempio, avvertendo il Cremlino che "sulle macerie di Aleppo non si costruisce la pace in Siria". La moderazione che lo contraddistingue, però, non gli impedisce di assumere anche toni duri, ad esempio contro l'Egitto, per i ritardi nella soluzione del caso Regeni, o per la vicenda dei marò (il suo primo atto da ministro sarà proprio la telefonata ai due fucilieri), per la quale non ha risparmiato attacchi alla controparte indiana. A Bruxelles, si batte soprattutto per difendere la posizione italiana sulla crisi migratoria, rivendicando la necessità che l'Europa non lasci sola i partner della sponda sud nel gestire l'accoglienza dei profughi. E poi la crisi libica, con il sostegno attivo dell'Italia agli sforzi che portano all'accordo sul governo di unità nazionale, e la guerra al terrorismo e all'Isis, che lo prende di mira bollandolo come "ministro dell'Italia crociata".

Nei suoi numerosi viaggi all'estero, Gentiloni, tra le altre cose, è stato il primo ministro europeo a volare a Cuba dopo il disgelo con gli Usa ed è stato in Iran poco prima dello storico accordo sul nucleare, ritornando a Teheran anche dopo la firma.

Il "pacato" Sergio Mattarella è entrato in scena per risolvere la crisi di Governo e ha un "compito difficile". Ma i suoi modi e la sua "prudenza" potrebbero essere utili a "rasserenare" il clima politico. Lo scrive il Financial Times in un articolo nel quale sostiene che per il presidente della Repubblica è anche in gioco "la reputazione dell'Italia".

"L'Italia è precipitata in una crisi politica, questa settimana, dopo che il primo ministro Matteo Renzi ha annunciato l'intenzione di rassegnare le dimissioni dopo la sconfitta subita nel referendum costituzionale di domenica, mettendo - scrive FT - il settantacinquenne Sergio Mattarella, ex giudice siciliano dai toni pacati, al centro della scena.

Il presidente che si sposta dal suo studio a quello "alla vetrata", squilli di tromba, corazzieri schierati, drappelli di giornalisti che si affannano a scalare lo splendido scalone elicoidale del Mascarino. E poi via via, uno dopo l'altro, i parlamentari che dal cortile d'onore attraversano gli appartamenti napoleonici per "conferire" al capo dello Stato le posizioni dei propri gruppi. Ecco le consultazioni, passaggio ineludibile di ogni crisi.

Liturgia immarcescibile della politica italiana, dominata con pugno di ferro da un occhiuto cerimoniale. Rito ormai familiare agli italiani al quale partecipano perplessi da casa attraverso dirette televisive. Purtroppo frequenti in Italia, Paese che ha in Europa il record assoluto di crisi di Governo.

Nel chiuso dello studio presidenziale non c'è più spazio per i toni muscolari, il bestiario politico o le analisi sui massimi sistemi. Il presidente ascolta, interroga Anche da oggi sarà Sergio Mattarella ad ascoltare i suggerimenti e le preoccupazioni di Pietro Grasso, poi Laura Boldrini, infine Giorgio Napolitano: le prime consultazioni al Quirinale di Sergio Mattarella iniziano così.

il Presidente della Repubblica incontra prima le più alte cariche dello Stato (presidente emerito incluso) per capire come traghettare il Paese dal governo dimissionario guidato da Matteo Renzi al prossimo, dal momento che sciogliere le Camere senza una legge elettorale operativa - ricordiamo che l'Italicum è ancora al vaglio della Consulta almeno fino al 24 gennaio - sembra fuori discussione.

Contro un nuovo governo Forza Italia e M5s: 'Non serve un governo per fare una legge elettorale', ha detto Di Maio, 'si faccia con Renzi dimissionario'. Piace invece alla minoranza Pd l'ipotesi di un nuovo esecutivo a guida Dem. Ma Franceschini stronca i retroscena: 'Sto col segretario'. Grillo: 'Siamo uniti, senza correnti'. Schifani propone un esecutivo sostenuto dalle stesse forze politiche che hanno sostenuto il governo uscente. Si affaccia l'ipotesi di usare, per il Senato, il Consultellum, frutto della sentenza che bocciò il Porcellum.

Renzi ieri è tornato in famiglia nella sua Pontassieve. L'ipotesi di un reincarico allo stesso premier rimane ad oggi la più razionale. Tanto che il Colle ricorda che nulla oggi è cambiato. Si cerca insomma l'incarico per domenica. 

Nel Pd si conferma la linea indicata da Renzi in direzione e cioè un governo di responsabilità nazionale con tutti oppure le urne dopo la sentenza della Consulta. Ma nelle file dei Dem la tensione è alle stelle e le divisioni sul futuro faticano ad essere tenute sotto traccia.

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Le consultazioni sono iniziate quindi alle 18 con Pietro Grasso, presidente del Senato e seconda carica dello Stato, che è rimasto da Mattarella per circa trenta minuti ed è andato via senza rilasciare dichiarazioni.

Poi è stata la vota di Laura Boldrini, presidente della Camera dei deputati, arrivata al Colle con qualche minuto d'anticipo e anche lei andata via dopo circa venticinque minuti di colloquio senza fermarsi nella sala stampa allestita per l'occasione.

La giornata si è chiusa quindi con Giorgio Napolitano, ex Capo dello Stato e presidente emerito. Un atto di cortesia verso colui che ha preceduto Mattarella al Quirinale per sette anni e. Anche in questo caso l'incontro è durato circa mezz'ora e il presidente emerito ha lasciato il Quirinale passando in silenzio davanti ai giornalisti.

Oggi e domani , invece, il Capo dello Stato incontrerà i gruppi parlamentari e le forze politiche presenti in Parlamento, a partire da quelle più piccole per finire con la maggioranza

Ad aprire il giro di incontri di oggi è la delegazione del gruppo misto: Maria Mussini, Francesco Campanella e Maurizio Romani per il Senato, Pino Pisicchio per la Camera. "Abbiamo segnalato al presidente la diffusa opinione che l'effetto del referendum si sia fatto sentire", hanno spiegato i senatori, "Ci aspettiamo un governo con ampia maggioranza per una riforma della legge elettorale che restituisca al Parlamento il peso che la Costituzione gli attribuisce". Il governo sia fatto presto e cominci da subito a operare per il bene del Paese", hanno aggiunto i deputati.

Abbiamo consegnato al capo dello Stato più soluzioni, prediligendo tra le altre un governo di scopo e di responsabilità, corale, ricordando che già questa legislatura per buona metà è stata guidata da una maggioranza molto larga. Non è escluso un reincarico a Renzi o a una figura di profilo alto, internazionale", ha detto il viceministro delle Infrastrutture, segretario del Partito socialista italiano, Riccardo Nencini,

"Ho esposto al capo dello Stato le preoccupazioni dell'Udc", ha spiegato Rocco Buttiglione, "Per la seconda volta gli italiani hanno bocciato la grande riforma e insieme il sistema maggioritario. Abbiamo bisogno di una legge elettorale proporzionale, con un piccolo premio per le coalizioni. La prossima legislatura deve essere governata da una grande coalizione, noi ci auguriamo che sia composta dalla sinistra moderata e la famiglia del partito popolare europeo, per questo lanciamo un appello a Silvio Berlusconi". "Serve un governo nella pienezza della sue funzioni per fare una legge elettorale omogenea, ascoltando anche quello che dirà la Consulta", ha aggiunto Nello Formisano del Movimento Ppa-Moderati, "Mattarella ci ha confermato che ha volontà di risolvere in tempi rapidi questa crisi" 

"Votare con l'Italicum è tecnicamente impraticabile", ha detto il deputato Daniel Alfreider, rappresentante del Südtiroler Volkspartei (Svp), "In ogni caso dovrà essere fatta una modifica in Parlamento, i numeri ci sono, occorre un governo che vari una nuova legge anche senza aspettare il verdetto della Consulta". "Serve una legge elettorale, in base ai rilievi della Consulta, per avere una certezza sulle regole del gioco", ha aggiunto Albert Laniece, in rappresentanza della minoranza linguistica della Valle d'Aosta al Senato, al termine delle consultazioni al Quirinale.

Dopo 3 anni di riforme mancate serve una legge elettorale che dia il potere ai cittadini", chiede Pippo Civati, "Diciamo no a soluzioni improvvisate, tipo trasferire l'Italicum dall'una all'altra Camera Noi siamo pronti ad andare a votare, chiediamo solo che lo si faccia nella pienezza delle condizioni non per il ceto politico ma per i cittadini. Quindi serve un Esecutivo che consenta al Parlamento di lavorare e di confrontarsi sulla soluzione migliore".

Dal dossier economico a quello della giustizia ai diritti civili. Sono diversi i fronti che la crisi di governo lascia aperti in Parlamento con altrettante leggi e riforme che rischiano di rimanere al palo e alle quali dovrà mettere mano un eventuale nuovo governo.

E' forse quello più caldo con una serie di provvedimenti che potrebbero fermarsi a metà. Tra i testi per ora 'congelati' c'è il Ddl povertà del ministro Giuliano Poletti, approvato dalla Camera il 14 luglio 2016 e in corso di esame in commissione Lavoro al Senato. Non solo. Se il decreto legge sulle banche, infatti, è stato approvato a fine luglio scorso (non placando, comunque, le proteste dei risparmiatori) è a rischio, dopo la sentenza del Consiglio di Stato del 2 dicembre scorso, la riforma delle banche popolari sospesa in attesa di un pronunciamento della Consulta. In base alla quale, duqnue, è ipotizzabile la necessità di un intervento del governo. Tra i provvedimenti economici in attesa di via libera in Parlamento c'è poi il ddl concorrenza. Il testo, che ha vuto l'ok della Camera il 7 ottobre scorso, è fermo in commissione in Senato. Tra i fronti aperti del provvedimento, tra l'altro, il nodo dei lavoratori dei call center. Un punto sul quale - di fronte alle proteste degli impiegati di Almaviva - il Mise aveva promesso di intervenire con un testo ad hoc.

Rischia lo stop anche la partita dei 'furbetti del cartellino' sulla quale il governo si era ripromesso di intervenire dopo che la Corte Costituzionale ha acceso il faro su tre decreti delegati della riforma Madia per la mancata concertazione con le Regioni. Sempre sul fronte della p.a. rischia di arenarsi l'attuazione del recente accordo per il rinnovo del contratto degli statali che necessita di essere formalizzato in un atto di indirizzo del ministero.

Un capitolo complesso, soprattutto per le tensioni interne alla maggioranza che, in Senato, hanno contribuito a bloccare diversi provvedimenti. Uno fra tutti il ddl sulla riforma del processo penale, che contiene una stretta sui tempi della prescrizione. Il testo è stato approvato dalla Camera il 24 marzo 2015 ma si è fermato in Senato anche a causa della tensione interna alla maggioranza a partire dall'ipotesi del raddoppio dei tempi per i reati di corruzione. 

Anche su questo fronte i provvedimenti che rischiano di rimanere nelle secche sono numerosi. Si va dallo ius soli alla stepchild adoption. Dall'omofobia al doppio cognome per i figli. La riforma della cittadinanza approvata dalla Camera a metà ottobre del 2015, è in discussione in commissione Affari Costituzionali a Palazzo Madama. A un anno dall'approvazione della legge un gruppo di ragazzi che ha creato su Facebook il gruppo 'Italiani senza cittadinanza' ha scritto ai senatori per chiedere di accelerare sul provvedimento e sul punto c'è stato un impegno del presidente Pietro Grasso. La questione riguarda almeno un milione di giovani secondo una stima dell'ex ministro Cecile Kyenge. La stepchild adoption, norma contestata e poi stralciata dal ddl Cirinnà, è in discussione in commissione Giustizia al Senato e rischia di restare nelle secche. Nel giugno scorso una sentenza della Cassazione che ha dato l'ok alla domanda di adozione di una minore proposta dalla partner della madre con questa stabilmente convivente ha riaperto la discussione sul tema. A Palazzo Madama c'è anche la proposta di legge sul doppio cognome dei figli. La legge sull'omofobia, che ha come prima firma quella del sottosegretario Ivan Scalfarotto, già approvata alla Camera è in discussione in commissione Giustizia al Senato. 

La riforma del terzo settore (che comprende - tra l'altro - il servizio civile universale) è stata approvata Ma i testo prevede che entro un anno vengano emanati i decreti attuativi della legge quadro, vero cuore della riforma. Decreti che, però, a questo punto rischiano di restare al palo. 

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