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Macron è su tutte le furie. "Goulard è vittima di un gioco politico che colpisce l'intera Commissione", fa filtrare il presidente francese dall'Eliseo prima di prendere direttamente posizione durante una conferenza stampa in cui scarica di fatto le responsabilità della sconfitta proprio su von der Leyen. "L'avevo avvertita delle inchieste e mi ha detto che voleva lavorare con Goulard e mi aveva assicurato un accordo con i gruppi politici", tuona Macron. "Adesso ho bisogno di capire e chiederò spiegazioni".

La vendetta del Parlamento europeo si consuma fredda. E scatena una guerriglia trasversale all'interno della 'maggioranza' europeista, tra Popolari e Liberali (leggi Emmanuel Macron) e una contrapposizione tra lo stesso presidente francese e Ursula von der Leyen che apre scenari difficilmente prevedibili. Rischiando di far slittare l'entrata in carica del nuovo esecutivo Ue, previsto per il 1 novembre.

La Commissione è appesa a un filo e assieme ad essa il disegno di Emmanuel Macron, che immaginava un’Europa sempre più gravitante attorno all’asse franco-tedesco attraverso il depotenziamento delle prerogative delle istituzioni non controllate direttamente dagli Stati. Nominare un leader della Commissione fedele alle direttive dei governi e, in questo modo, spogliare l’Europarlamento del potere di scrutinio sugli Spitzenkandidaten è stata ritenuta da Macron una premessa fondamentale di questa strategia. Ora colpita probabilmente in maniera irrimediabile.

Per salvare la faccia dopo il cocente affronto subito a causa della rivolta del parlamento guidata dal Partito popolare europeo, Macron ora è pronto a tutto. Perfino a negare il suo sostegno alla stessa von der Leyen, facendo cadere sulla sua incapacità a negoziare con i gruppi di Strasburgo il fallimento della nomina della Goulard. Per contrappasso, però, tale strategia non potrebbe cominciare in altro posto al di fuori del Parlamento europeo, che può esercitare il massimo delle sue prerogative sovrane prima dell’entrata in vigore della nuova Commissione.

La capogruppo Socialista a Strasburgo, Iratxe Garcia lo smentisce a stretto giro: "mai consultata Von der Leyen su Goulard", dice. E la stessa presidente eletta non risponde a Macron direttamente, ma consegna alla stampa una nota piuttosto contraddittoria in cui parla di "fase parlamentare, democratica e trasparente" ma dice allo stesso tempo che "bisogna fare presto" per la sostituzione dei commissari bocciati oltre a Goulard sono stati esclusi dalla corsa anche il popolare ungherese Laszlo Trocsanyi e la socialista romena Rovana Plumb e contemporaneamente chiede che "tutte le persone implicate" nel processo di nomina della nuova Commissione abbiano "tempo sufficiente per preparare con cura le prossime tappe".

La vendetta dell'Europarlamento si abbatte su Macron. Caos a BruxellesLa bocciatura di Goulard apre anche una crepa anche nella politca tedesca e mostra una Angela Merkel che non controlla più il gruppo Popolare e di fatto subisce la bocciatura di un commissaria pesante della Commissione a guida Ppe.

La 'maggioranza Ursula' insomma, è nel caos e nessuna sa di preciso cosa potrà accadere. Dopo lo stop di ier dal punto di vista procedurale, spetta alla presidente eletta della Commissione decidere come procedere. Quasi certamente Macron, dovrà nominare un nuovo commissario. Si parla dell'attuale ministro delle Finanze Bruno Le Maire, anche se la parità di genere richiederebbe una donna. Il 23 ottobre la plenaria del Parlamento dovrebbe dare il via libera alla Commissione nel suo insieme, Commissione che teoricamente dovrebbe entrare in funzione dal 1 novembre. Ma la crepa politica è aperta e sarà complicato ricomporla a breve. Un rinvio non è escluso.

La bocciatura di Goulard apre anche una crepa anche nella politca tedesca e mostra una Angela Merkel che non controlla più il gruppo Popolare e di fatto subisce la bocciatura di un commissaria pesante della Commissione a guida Ppe.

Le commissioni Mercato Interno e Industria dell'Europarlamento, a voto segreto, con 82 voti contrari, 29 a favore e 1 astensione, hanno respinto la candidatura della francese Sylvie Goulard come commissario al mercato Interno della squadra von der Leyen. Votano contro i Popolari, i Verdi, la sinistra radicale della Gue e il gruppo sovranista di ID.

La designata di Parigi era stata contestata per una serie di guai giudiziari e potenziali conflitti di interesse: Goulard è sotto indagine in Francia e all'Olaf (l'organismo anti-frode dell'Ue) per l'uso dei fondi dell'Europarlamento destinati agli assistenti. Ed era stata messa sotto la lente dei deputati a causa di una consulenza per un think thank dell'investitore americano-tedesco Nicolas Berggruen, il Berggruen Institute, per la quale Goulard è stata remunerata mentre era eurodeputata. Diversi parlamentari inoltre, in particolare tedeschi, avevano messo in dubbio la sua capacità di gestire un portafoglio enorme, che include il Mercato Interno, l'Industria, la Difesa e i Servizi audiovisivi.

Intanto scrive inside over che l’ex cementificio Lafarge è uno dei nodi da sciogliere degli intricati rapporti tra servizi segreti francesi, Stato islamico e forze della Coalizione internazionale. Numerose inchieste hanno individuato alcuni inquietanti legami tra alcune cellule dell’Isis e dirigenti della Lafarge che, a quanto rivelato dai giornali e confermato anche dalla procura francese, avrebbero versato delle tangenti ad alcuni gruppi terroristi per continuare a lavorare nello stabilimento di Jalabiya. I giornalisti di Le Monde avevano addirittura trovato un lasciapassare dato dalle cellule dell’Isis ai camionisti che trasportavano cemento dall’impianto proprio per evitare che i miliziani fermassero il trasporto. Come riportò il Fatto Quotidiano, il messaggio contenuto nel lasciapassare non dà adito ad alcun tipo di dubbio: “Si pregano i fratelli combattenti di lasciar passare ai checkpoint questo veicolo che trasporta il cemento di Lafarge, sulla base di un accordo che abbiamo concluso con quell’impianto”. Un documento che ha incastrato tutto il gruppo (poi diventato svizzero a seguito della fusione del 2015 con la Holcim), tanto che la magistratura transalpina ha voluto vederci chiaro.

 

Ma le perplessità 'tecniche' continua il Giornale dei deputati nei confronti di Goulard sono solo un aspetto del problema. Il tema più rilevante è quello politico. Il Parlamento a luglio si era visto strappare di mano la possibilità di designare un suo uomo alla guida della commissione, il cosiddetto Spitzenkandidat. Manfred Weber che i Popolari avevano indicato per sostituire Jean-Claude Juncker, era stato affossato da diversi Stati membri, con la Francia di Macron in prima linea. Il Parlamento, e in particolare i Popolari non avevano digerito l'imposizione di una candidata esterna da parte dei governi. E oggi si sono presi la loro rivincita.

 

Secondo Inside Over un raid chirurgico, di quelli che devono essere perfetti, in grado di non lasciare traccia. È questo l’ordine ricevuto dai piloti dei due F-15 che si sono alzati in volo sulla Siria nella giornata di ieri per bombardare non una postazione jihadista, non un covo di terroristi né tantomeno una milizia legata a un nemico, bensì un’ex base della Coalizione internazionale: l’ex cementificio Lafarge, a Jalabiya.

I piloti hanno eseguito gli ordini impartiti continua inside over (forse americani, come riportato da The Aviationist). Questa notte, il portavoce di Inherent Resolve, il colonnello Myles B. Caggins, ha pubblicato un tweet che non lascia dubbi: “Il 16 ottobre, dopo che tutto il personale della Coalizione e l’equipaggiamento tattico essenziale hanno abbandonato la posizione, due F-15Es  della Coalizione hanno condotto con successo un attacco aereo di precisione pre-pianificato presso la fabbrica di cemento di Lafarge per distruggere un deposito di munizioni e ridurre l’utilità militare della struttura”. Un comunicato scarno, quasi anonimo, ma che racchiude uno dei punti più oscuri di questo ritiro degli Stati Uniti e soprattutto della trama misteriosa che si nasconde nell’intricato ginepraio del nord della Siria. Perché quella base non è soltanto un ex cementificio, ma la struttura dove sono stati presenti per anni i reparti speciali e i servizi segreti dell’intelligence francese. Di quella stessa Francia che adesso vuole ritirarsi insieme agli Stati Uniti non avendo più il supporto logistico degli americani.

I governi francesi hanno sempre mostrato una certa dose di imbarazzo nel dare spiegazione secondo il giornale . L’inchiesta del resto è una vera e propria spina nel fianco per Emmanuel Macron e per il suo predecessore, François Hollande, che per molti anni hanno continuato a operare in Siria e a non far luce su questo mistero che potrebbe anche voler dire che Parigi ha visto (e forse tollerato) passaggi di denaro dai dirigenti francesi allo Stato islamico vicino Aleppo. L’ex ambasciatore francese in Siria, Eric Chevallier, ha continuato  a ribadire per anni di non aver tenuto incontri con i dirigenti di Lafarge. Testimonianza ben diversa da quella di Christian Herrault, che all’epoca era dirigente di Lafarge, e che invece ha rivelato che ogni sei mesi i rappresentanti facevano visita ai rappresentati del Qaui d’Orsay, la sede degli Esteri di Parigi. E che per molto tempo da Parigi è arrivata una sola indicazione: rimanere a operare in Siria.

Che questi incontri siano avvenuti o meno, sottolinea inside over quello che è certo è che il pagamento c’è stato (si parla di una tangente di 123 milioni di euro). Come è altrettanto vero che i reparti speciali francesi hanno preso possesso dell’ex cementificio trasformandolo nella base dei servizi segreti della Francia nel nord-est della Siria. Il Dgse non poteva ovviamente non sapere cosa fosse quel cementificio. E come gli Usa hanno bombardato la base americana a Kobane, prima che le milizie filo-turche (o i russi) arrivassero nell’area, così hanno fatto i due F-15 con la base di Jalabiya. Un raid che può rivelare molto sui segreti di Macron.

 

 

 

 

"Io e Renzi siamo diversi. Non mi Interessa litigare con lui. Lui si inventa un governo dalla sera alla mattina. Dice 'Bruno stai sereno'. E poi traaac. Fa un governo. Con me, invece, Bruno può star sereno", scherza. Tutto è buono per punzecchiarsi. Anche un bicchiere d'acqua: "Ma c'è acqua o altro là dentro?", dice il leader leghista. "Parli di alcol a me?", ribatte Renzi che poi sibila "mojito". Salvini ancora: "Lo vedo nervosetto...".

Non mancano poi i riferimenti agli ex alleati di governo: "Ormai i 5 stelle hanno deciso di essere una dependance del Pd". E al premier: "Non porto rancore. Semplicemente quando io dico 'Mai col Pd' e' mai col Pd. Rimprovero a Conte il fatto che per salvare la poltrona ha fatto l'accordo con chi prima attaccava. Rimprovero a Conte che è passato con nonchalance dai porti aperti ai porti chiusi dalla flat tax sì e alla flat tax no. Io ho un senso dell'onore che evidentemente per qualcun altro vale meno della poltrona".

"I sondaggi danno ancora la Lega al 33 per cento, questo governo è nato per non far vincere la Lega. Era tutto un 'no' continuo no addirittura alle Olimpiadi" ha attaccato Salvini parlando delle ragioni che lo hanno spinto a far cadere il governo coi 5 stelle. "Io sempre detto agli italiani sto al governo per fare le cose. Ho provato fino all'ultimo quando hanno detto di no alla Tav, che sarebbe stato un danno incredibile... Sono contento di essere stato al governo per un anno ma negli ultimi tre mesi era un'agonia. Poi Renzi in maniera geniale si è inventato un governo sotto un fungo".

Anche il leader del Carroccio ha voluto ricordare il passato di Renzi, commentandolo così: "Ha governato sette anni su otto. Negli ultimi otto anni ha governato il Pd.. Pd e poi Italia Viva. Renzi crea partiti, disfa partiti. È un rottamatore mica per altro".

Poi l'attacco sulle tasse: "Io abolirei qualsiasi limite alla spesa contante degli italiani. Che senso ha tassare chi preleva soldi dal proprio conto corrente? Neanche in Unione sovietica". E l'attacco all'avversario sulla questione dei 49 milioni: "Io rispondo di quello che fa la Lega dal dicembre 2013 a oggi con bilanci certificati", ha risposto il segretario leghista. "Faccio politica per passione, se volessi arricchirmi farei conferenze in giro per il mondo per decine di milioni", ha poi attaccato l'ex premier con allusione alle attività di Renzi da conferenziere.

boom di ascolti per Porta a Porta: il duello tra Renzi e Salvini regala ascolti record al talk show in onda su Rai1. Dalle 22.49 alle 00.30 ben 3.808.000 telespettatori hanno seguito il confronto tra il leader leghista e l’ex premier con uno share del 25,41%. In valori assoluti numeri che sempre più spesso si ottengono in prima serata e non a tarda sera, in share la trasmissione fa più del doppio della sua media stagionale. Risultato favorito anche dal traino ereditato dalla partita Liechtenstein-Italia finita per 5 a 0 a favore degli azzurri. La gara, nonostante il risultato netto e la qualificazione a Euro 2020 già in tasca, ha incollato allo schermo 5.969.000 con il 23,39%. Soffrono la concorrenza e segnano una flessione, sia in valori assoluti che in share, CartaBianca (1.021.000 4,8%) e DiMartedì (1.225.000 5,69%).

Novanta minuti di confronto, come in una partita di calcio, 41 minuti ciascuno più quelli per le domande, per un duello senza esclusione di colpi. Matteo Renzi (più preparato sui dossier) e Matteo Salvini (più sicuro di sè) arrivano negli studi Rai di via Teulada e, almeno dal look, sono quasi indistinguibili: entrambi con abito blu e camicia bianca. Ma ad unirli, oltre ai nomi, c'è questo e poco altro.

Almeno esteticamente siamo migliorati. Certo, fare peggio era difficile". Matteo Renzi scherza nello studio di Bruno Vespa, prima del confronto con Matteo Salvini. Il conduttore della serata, infatti, fa vedere le immagini dell'ultimo confronto Tv fra i due, ormai dieci anni fa, quando il primo era candidato sindaco di Firenze e il secondo deputato e candidato al Parlamento Europeo. Ma lo spazio delle battute dura poco.

Salvini ha già identificato il prossimo sfidante: "Giuseppi". Così ha risposto a chi gli chiedeva con chi sarà il prossimo duello televisivo, al termine del confronto con Matteo Renzi. 

"Quando vuoi, all'ora che vuoi, sul canale che vuoi", ha aggiunto. Il segretario leghista si è detto "molto soddisfatto" del dibattito con l'ex premier. "Decidete voi chi ha vinto. Io ho ricevuto alcuni messaggi ma sono di parte quelli che scrivono a me", ha continuato.  

Queste sono le risposte di Renzi : "Avevamo due alternative: accettare il diktat del Papeete o fare una operazione di palazzo, sì. Una operazione machiavellica. Ma se fossimo andati a votare adesso, ci sarebbe lo spread ai massimi livelli e il paese avrebbe pagato il conto". Ha aggiunto, ricordando che: "Matteo Salvini, quando si parla di fatti, deve negare la realtà. Fa politica dal 1993, Porta a Porta non c'era ancora. È 27 anni che sta in politica ed è 27 anni che manipola la realtà"

"Noi abbiamo fatto una operazione perché il paese stava andando a carte 48", ha aggiunto Renzi. "Scadendo i titoli di stato diminuisce il costo per interessi. Noi abbiamo il dovere di mettere in sicurezza il debito pubblico, lei non puo' continuare a promettere tutto a tutti, perché non ha mai mantenuto niente", ha aggiunto.

Il leader di italia Viva torna ad accusare il rivale sulla questione dei 49 milioni: "La sentenza non è più un indagine sua o mia. C'e' una sentenza che dice che 49 milioni sono spariti e Maroni e Bossi dicono che li ha utilizzati lei. Li ha usati o no per alimentare la 'Bestia' su Facebook? Secondo me li ha usati lei".

E si difende: "Chi cita in ballo il mio governo per eventuali complotti ne risponde in sede giudiziaria. Io considero un grande onore aver collaborato con il presidente Obama. Suggerirei a Matteo Salvini di fare lo stesso con chi dice che e' andato in Russia per chiedere una tangente da 65 milioni. Io Papadopoulos l'ho querelato, non capisco perché Salvini non querela Savoini", ha aggiunto: "Sui servizi segreti ho molto rispetto per il Copasir, e per il suo presidente, che farà al presidente del Consiglio le domande che deve fare".

"Io mai mi permetterei di giudicare le ferie di Salvini. Avrebbe fatto migliore figura se al 30 agosto non si fosse messo in missione al Senato", ha continuato poi Renzi. "Lei sbaglia perché non conosce i regolamenti, i senatori sono sempre in missione, è il regolamento del Senato", è stata la risposta di Salvini. "E lei non conosce la buona educazione, perché io l'ho fatta parlare senza interrompere".
"Il colpo di sole del Papeete che ha preso Salvini lo fa rosicare ancora adesso. Mai era accaduto che ci fosse una crisi con la richiesta di votare in autunno e con una dinamica istituzionale tanto surreale. Come si vota lo decide un manuale che si chiama la Costituzione. Noi abbiamo votato la mozione della Tav perché non abbiamo il paraocchi e non importa che la voglia anche Salvini", ha attaccato il leader di Italia Viva.

"Io mai mi permetterei di giudicare le ferie di Salvini. Avrebbe fatto migliore figura se al 30 agosto non si fosse messo in missione al Senato", ha continuato poi Renzi. "Lei sbaglia perché non conosce i regolamenti, i senatori sono sempre in missione, è il regolamento del Senato", è stata la risposta di Salvini. "E lei non conosce la buona educazione, perché io l'ho fatta parlare senza interrompere". 

 

La Turchia è il solo responsabile dell'escalation" in Siria e "deve sospendere immediatamente le operazioni militari". Lo ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio in un'informativa in aula alla Camera, aggiungendo che la soluzione alla crisi siriana non può essere militare, e che l'offensiva turca sta avendo "effetti devastanti sul piano umanitario". L'Italia quindi, oltre alla sospensione delle esportazioni future di armi alla Turchia, avvierà "un'istruttoria dei contratti in essere" con Ankara.

"Voglio sentire anche io il presidente Erdogan - annuncia il premier Giuseppe Conte, spiegando che "non si tratta solo di fermare le forniture militari, tutte le iniziative vanno messe in campo. L'esercito turco deve tornare indietro".

Trump intanto ha dato il via libera alle sanzioni Usa alla Turchia, che colpiscono tre ministri in carica. Si tratta del ministro della Difesa, Hulusi Akar, del ministro dell'Interno, Suleyman Soylu, e del ministro dell'Energia, Fatih Donmez, oltre ai ministeri della Difesa e dell'Energia nel loro insieme.

"Abbiamo salvato dall'occupazione dei terroristi mille chilometri quadrati di territorio" nel nord-est della Siria. "Presto metteremo in sicurezza" l'intero confine turco-siriano "da Manbij al confine con l'Iraq", ha aggiunto Erdogan alle agenzie stampa, confermando così l'intenzione di estendere l'offensiva anche ai centri strategici ancora sotto il controllo delle milizie curde, come Kobane e la 'capitale' del Rojava, Qamishli. "Ci assicureremo che i rifugiati tornino a casa", ha aggiunto il leader turco parlando da Baku, dove si trova per un vertice regionale.

Secondo le Piccole Note l’accordo tra curdi e Assad e la visita di Putin in Arabia Saudita segnalano un punto di svolta in Medio oriente, che rompe il precario, quanto pericoloso, stallo. Una svolta favorita dal ritiro delle truppe americane dalla Siria, ordinato da Trump e stavolta non vanificato.

Ma andiamo per ordine e iniziamo dall’accordo tra curdi e Assad. Un accordo difficile, accennavamo in altra nota, quasi impossibile. Eppure l’impossibile è avvenuto. E i curdi, lasciati soli contro l’avanzata dei turchi nel Nord-Est della Siria, hanno chiesto aiuto a Damasco.

Le forze di Damasco sono entrate nel Rojava curdo, attestandosi in alcuni villaggi, in un posizionamento dinamico che deve tener conto anche delle mosse degli avversari: non cercano lo scontro con i turchi, per evitare una guerra diretta con Ankara.

Secondo le Piccole Note l accordo curdi-Assad e Putin in Arabia Saudita potrebbe cambiare il mondo.Supporteranno i curdi e faranno argine, dovrebbe bastare. Ciò vuol dire che le forze turche hanno uno spazio di manovra limitato, che Erdogan tenterà di sfruttare al massimo, per arrivare a negoziati successivi, ai quali si arriverà, con in mano il massimo possibile.

In questo modo Assad ha fatto un passo per il ripristino dell’integrità territoriale siriana, anche se l’accordo con i curdi ad oggi è solo militare e tradurlo in chiave politica sarà complesso.

La mossa salverà la regione dal mattatoio annunciato, che in fondo andava bene a tanti. La macelleria dei curdi avrebbe permesso ai nemici di Trump di affossarlo.

Certo, di sangue ne scorrerà, ma è da tempo che ciò accade nel silenzio dei media. Infatti, da tempo jet turchi martellano i curdi, mentre l’aviazione americana faceva strame nella Siria meridionale contro l’Isis (es raid turco nel marzo 2018, 30 civili morti; raid Usa del febbraio 2019, 50 civili morti, ma il catalogo è lungo…).

Così, se la crisi è a rischio, potrebbe però favorire la stabilizzazione della regione, ponendo fine allo stillicidio. Ma la vigilanza è d’obbligo.

Il governo turco secondo il giornale ha mediato in questi ultimi anni assieme ai russi, determinando l’avanzata dell’esercito siriano in punti precedentemente occupati dai jihadisti. Migliaia di combattenti, tramite Ankara, hanno deciso di ammassarsi ad Idlib, ultima provincia siriana fuori dal controllo di Assad, e lasciare campo libero alle truppe di Damasco. In cambio, Erdogan ha potuto coltivare il suo progetto per la creazione di una fascia di sicurezza anti curda nel nord della Siria. Un intento che dal leader turco è stato portato avanti prima con l’operazione su Al Bab e poi su Afrin. Ma adesso, con il lancio della nuova missione nel nord della Siria, si potrebbe arrivare ad un nuovo rischio di confronto diretto tra i due Paesi.

Il presidente turco in un editoriale sul Wall Street Journal chiede alla comunità internazionale di sostenere l'operazione di Ankara "o cominciare ad accettare i rifugiati" dalla Siria sottolinea l ansa. "La comunità internazionale deve sostenere gli sforzi del nostro Paese o cominciare ad accettare i rifugiati" dalla Siria. Lo scrive il presidente turco Recep Tayyip Erdogan in un editoriale pubblicato sul Wall Street Journal per sostenere le sue ragioni sull'offensiva militare contro i curdi nel nord-est della Siria. "La Turchia sta intervenendo dove altri hanno mancato di agire", è il titolo scelto dal leader di Ankara per il suo intervento sul quotidiano americano. "I flussi di rifugiati siriani, la violenza e l'instabilità ci hanno spinto ai limiti della nostra tolleranza", scrive Erdogan, che ricorda l'impegno del suo Paese nell'ospitare 3,6 milioni di rifugiati siriani e rivendica di aver speso "40 miliardi di dollari per offrire loro educazione, assistenza sanitaria e alloggio". Tuttavia, insiste, "senza supporto finanziario internazionale non possiamo impedire ai rifugiati di andare in Occidente". Erdogan spiega quindi di aver deciso l'offensiva in Siria dopo aver "concluso che la comunità internazionale non avrebbe compiuto i passi necessari" ad affrontare la situazione. "Ci assicureremo che nessun combattente dell'Isis lasci il nord-est della Siria".

"Presto metteremo in sicurezza" l'intero confine turco-siriano "da Manbij al confine con l'Iraq", ha aggiunto Erdogan, confermando così l'intenzione di estendere l'offensiva anche ai centri strategici ancora sotto il controllo delle milizie curde, come Kobane e la 'capitale' del Rojava, Qamishli.
"Ci assicureremo che i rifugiati tornino a casa", ha aggiunto il leader turco parlando da Baku, dove si trova per un vertice regionale.

In meno di una settimana, l'offensiva turca in Siria sembra aver messo in cassaforte un primo risultato: l'allontanamento degli americani, che finora avevano protetto e armato i curdi.Una svolta tanto clamorosa quanto immediata. Così immediata, anzi, da far pensare che non fosse in effetti imprevista."Resteremmo intrappolati tra due eserciti che avanzano, una situazione insostenibile", ha detto il capo del Pentagono Mark Esper per giustificare la ritirata.

A trarne vantaggio secondo l analisi di ansa sono gli altri contendenti nella complicata partita siriana, che ora potrebbe diventarlo un po' meno. Perché la spartizione del Paese in zone d'influenza resta essenzialmente una questione a due tra Erdogan e Putin, mediatore interessato con gli interessi di Assad e dell'Iran. Al punto che alcuni analisti, citando alti funzionari sul terreno, ipotizzano che proprio un accordo di massima tra i leader di Ankara e Mosca sia stato all'origine dell'operazione turca, sulla scia di un obiettivo comune: liberarsi di Trump, a sua volta contento di liberarsi della "guerra infinita" di Siria - anche se un po' meno sembrano esserlo gli apparati militari e di intelligence americani.

Secondo Hassan Hassan, esperto del Center for Global Policies, il do ut des di questa intesa è la possibilità per Erdogan di colpire al cuore i curdi e creare una parziale zona cuscinetto in cui trasferire parte dei rifugiati siriani in cambio del via libera all'affondo finale dei lealisti su Idlib, i cui profughi si riverserebbero nel nuovo 'protettorato' turco. In attesa di capire fino a che punto potrà esserci - se ci sarà - un confronto militare tra le truppe di Erdogan e quelle di Assad, la riduzione del numero (e del peso) dei fattori coinvolti potrebbe essere cruciale per risolvere la complessa equazione siriana, proprio mentre il caos sembra prevalere.

Tra due settimane, come il Cremlino ricorda a ogni piè sospinto, è prevista a Ginevra con la mediazione Onu la prima riunione della Costituente siriana, attesa da anni. Tra i suoi 150 membri erano già stati esclusi i rappresentanti del Rojava, che pure copriva circa un terzo del territorio siriano.

Quasi un preludio alla marginalizzazione manu militari. Cooptati ora nel rinnovato "abbraccio della patria siriana", i curdi potrebbero salvarsi, sacrificando però il loro ambizioso progetto autonomista. Con la benedizione di Trump.

 

 

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