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Trump: se la Turchia andrà oltre i limiti, distruggerò la sua economia

"Se la Turchia farà qualcosa che io, nella mia grande e ineguagliata saggezza, considererò oltre i limiti, distruggerò totalmente l'economia della Turchia l'ho già fatto!". Così il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha provato a 'rassicurare' i tanti critici, anche negli Stati Uniti, che considerano sbagliata la sua decisione di lasciare il Nord della Siria, dove la Turchia ha intenzione di attaccare i curdi.

Donald Trump pero non solo “scarica” i curdi, ma dà una precisa indicazione su quali sono le pietre angolari della sua agenda estera. Sia per quanto riguarda la Siria che per quanto riguarda altre crisi che in tutto il pianeta coinvolgono (direttamente o indirettamente) gli Stati Uniti.

La serie di tweet con il cui il capo della Casa Bianca ha definito il suo piano per il ritiro dallo scenario siriano è un messaggio che racchiude quanto già detto in questi anni di presidenza Trump per descrivere l’idea di politica estera dell’attuale amministrazione americana. 

L’idea per cui Washington non sente la necessità di confermare il suo essere “guardiano” delle crisi di tutto il mondo, ma esclusivamente garante dei suoi stessi interessi nella maniera più rapida e incisiva possibile. Nessun coinvolgimento nella crisi se non per necessità. E soprattutto patti chiari con i suoi alleati prima ancora che con i nemici. Trump può scendere a patti con chiunque (come dimostrato con gli accordo con Kim Jong-un) ma allo stesso tempo può cancellare o escludere accordi con i suoi partner più consolidati. Tutto in base a interessi effettivi e presenti, non in base a eredità del passato che per la Casa Bianca sono fardelli da eliminare il prima possibile: siano esse alleanze o guerre.

Del resto il messaggio successivo al semaforo verde verso Erdogan è stato di una chiarezza cristallina: “Come ho già detto in precedenza, e solo per ribadire, se la Turchia fa qualcosa che io, nella mia grande e insuperata saggezza, considero off limits, distruggerò e cancellerò totalmente la sua economia l’ho già fatto prima!”. Una minaccia chiara.

In molti hanno definito scrive il giornale questa mossa di Trump come un “regalo” a Vladimir Putin e Bashar al Assad. Difficile dirlo: l’ingresso della Turchia nel nord della Siria potrebbe anche scatenare l’ira di Damasco, che si vede una parte del proprio territorio occupata da forze nemiche. Così come non va sottovalutato il fatto che se da un lato Israele vedrebbe colpita in parte la strategia di Assad, dall’altro lato vede avanzare Erdogan e la sua leadership in Medio Oriente. Ma anche questo è Trump. Un continuo dinamismo teso a scolpire i soli ed esclusivi interessi della sua amministrazione. America (e Trump) First, prima di ogni cosa.

L'artiglieria turca ha colpito nella notte la regione nord-orientale siriana al confine con l'Iraq. Lo riferisce la Sana, l'agenzia governativa di Damasco, che mostra foto e video dei bombardamenti avvenuti nei pressi del valico frontaliero di Simalka, tra Iraq e Siria, e corridoio vitale per i rifornimenti militari e logistici della Coalizione anti-Isis a guida Usa e per le forze curdo-siriane. Questa notizia non ha trovato conferma da parte turca né dalle autorità curdo-siriane.

le truppe alla frontiera sono ferme. Trump ha minacciato «serie conseguenze» e «grossi problemi per l’economia turca» se militari Usa venissero coinvolti e feriti nell’operazione dei terra che Ankara sta per lanciare e se il presidente turco Rece Tayyip Erdogan andasse «oltre i limiti» nei confronti dei curdi. Nella notte il Pentagono ha ridimensionato il ritiro annunciato dal presidente americano: soltanto «50-100 soldati» saranno spostati dal confine «ad altre basi», a quanto pare sempre nel Nord-Est della Siria.

Intanto la Turchia risponde agli Usa "non cediamo alle  minacce di nessuno".  "Il nostro messaggio alla comunità internazionale è chiaro. La Turchia non è un Paese che agisce sotto minaccia". Lo ha detto il vicepresidente turco, Fuat Oktay, riferendosi alle parole di Donald Trump su eventuali choc all'economia turca in caso il governo di Recep Tayyip Erdogan superi "i limiti" nell'imminente operazione militare contro le milizie curde dell'Ypg nel nord-est della Siria. Quando si tratta della sua "sicurezza, la Turchia segue la propria strada" e lo fa "a qualunque prezzo", ha aggiunto Oktay, intervenendo a una cerimonia di apertura dell'anno accademico ad Ankara.

"La Turchia continuerà anche a combattere contro Daesh (l'Isis) e non gli permetterà di tornare in ogni forma". Lo ha scritto su Twitter Ibrahim Kalin, portavoce del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, replicando così alle accuse delle milizie curde Ypg del nord-est della Siria su una possibile liberazione di miliziani jihadisti dopo che Ankara prenderà il controllo dell'area. "La Turchia sostiene l'integrità territoriale e l'unità politica della Siria. Non è interessata a un'occupazione né a un cambiamento demografico. 

Il Pkk/Ypg lo ha fatto nel nord-est della Siria. È ora di correggerlo. La Turchia combatte contro un'organizzazione terroristica che ha anche ucciso e oppresso i curdi", ha scritto inoltre Kalin, sostenendo che "la safe zone servirà due scopi: mettere al sicuro i confini della Turchia eliminando gli elementi terroristici e permettere ai rifugiati di tornare a casa".

L’Iran è contrario all’operazione turca nel Nord-Est della Siria. Il ministro degli Esteri Jawad Zarif ha chiamato il collega turco Mevlut Cavusoglu per esprimere la netta opposizione all’ingresso delle truppe di Ankara sul territorio siriano. Zarif ha ribadito il sostegno “all’integrità territoriale della Siria” e che sottolineato che nella “lotta al terrorismo” è essenziale “la stabilità della Siria”.

La presa di posizione di Zarif segna un’incrinatura nel cosiddetto patto di Astana che dovrebbe definire gli assetti futuri della Siria. Teheran non vuole che parti del Paese vengano di fatto annessi alla Turchia e punta a un accordo fra Assad e i guerriglieri curdi delle Ypg, finora sostenuti dagli Stati Uniti e considerate una "organizzazione terroristica" dalla Turchia, per riprendere il controllo dei territori nord-orientali.

Teheran è il principale alleato del presidente siriano Bashar al-Assad, pilastro dell’asse “della resistenza” che comprende anche le milizie sciite libanesi e irachene. I consiglieri dei Pasdaran, assieme ai combattenti di Hezbollah e iracheni, hanno permesso al raiss di restare al potere, ancor prima dell’intervento russo. L’Iran si è poi allineato all’asse fra Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan ma non ha mai visto di buon occhio l’espansione turca nel Nord della Siria.

Intanto la Turchia invia truppe e blindati nelle città lungo il confine con la Siria La Turchia ha inviato truppe e mezzi blindati nelle città di Sanliurfa e Kilis, al confine con la Siria. Lo ha riferito l'agenzia Anadolu, secondo quanto riporta la Dpa. Stando ai media ufficiali turchi l'obiettivo è rafforzare le postazioni militari turche lungo la frontiera con il Paese arabo. 

"Risponderemo a qualsiasi tipo di attacco, ci difenderemo. Come forze democratiche curde ci siamo fondati per questo, difendere il nostro popolo. Come abbiamo risposto all'Isis sarebbe lo stesso anche contro un attacco dello Stato turco". Lo ha detto Dalbr Issa, comandante delle Ypg, la milizia curda nel nord della Siria. Se la Turchia invaderà il nord della Siria la coalizione internazionale avrà compiuto il suo tradimento, ha aggiunto Issa, a margine di un'audizione alla Camera dei deputati. 

"La comunità internazionale all'inizio ci ha dato un supporto per combattere l'Isis", con "aiuto logistico e motivazione. Se lo Stato turco verrà lasciato libero di invadere però potremmo parlare di tradimento; vorrà dire che la coalizione non voleva veramente proteggere la pace e la democrazia, la libertà di tutti i popoli, ma solo gli interessi di alcuni Stati alleati". Poi: "L'Italia si faccia portavoce presso la Nato, l'Unione Europea e le Nazioni Unite per trovare una soluzione democratica, pacifica e giuridica alla questione curda nell'ambito di una conferenza di pace internazionale".

La Francia esorta la Turchia ad astenersi da qualsiasi operazione militare dopo il ritiro degli Stati Uniti dalla Siria. A detta del portavoce del ministero degli Esteri di Parigi, il ritiro delle forze Usa finirà per contribuire alla rinascita dell'Isis, tanto che la Francia chiede che si continui ad assicurare la detenzione dei foreign fighters nei campi controllati dai curdi nel nord-est del Paese. "Chiediamo alla Turchia di evitare un'iniziativa che vada contro gli interessi della coalizione globale contro lo Stato Islamico", afferma il portavoce, aggiungendo che la "detenzione sicura" dei jihadisti europei è un "imperativo di sicurezza". Il riferimento è alla presa di posizione della Casa Bianca, che suggerisce il loro trasferimento sotto la "responsabilità turca". In una nota diffusa dal ministero, la Francia si dice "molto preoccupata in merito alle informazione relative ad una eventuale operazione militare unilaterale della Turchia nel nord-est siriano". 

Secondo Parigi, "qualunque azione unilaterale potrebbe avere delle conseguenze umanitarie importante non permettere di creare le condizioni necessario al ritorno sicuro e volontario dei rifugiati nelle loro regioni d'origine". Per quello che riguarda l'Isis, è la valutazione della diplomazia francese, "in Siria l'organizzazione dispone ancora di risorse e di capacità d'azione importanti". 

"La Francia - conclude la nota - è in stretto contatto con i suoi partner europei in materia, nonché con i suoi partner nella coalizione globale contro lo Stato islamico". Ankara: per operazione non possiamo aspettare un minuto di più Il capo della comunicazione della presidenza turca, Fahrettin Altun, attraverso il proprio account Twitter, ha dichiarato che la Turchia "non può aspettare un minuto di più" per intervenire militarmente nel nord della Siria. 

"Siamo stati abbastanza pazienti nel rispettare i patti della coalizione, ma siamo giunti a un punto in cui non possiamo aspettare un minuto di più. È a rischio la sicurezza di civili turchi, arabi e curdi". Queste le parole usate da uno dei più stretti consiglieri del presidente, Recep Tayyip Erdogan, nel confermare il via libera a un'operazione a est del fiume Eufrate mirata a eliminare le postazioni dei curdi siriani del Pyd-Ypg.

L'Onu ha dichiarato di "prepararsi al peggio" alla luce dell'offensiva sul nord della Siria annunciata dalla Turchia. Critica anche l'Unione europea. "Alla luce dell'annuncio della Turchia e degli Usa sulla situazione in Siria, l'Ue ribadisce la sua preoccupazione" e ricorda di avere sempre detto che "ogni soluzione a questo conflitto non può essere militare bensì deve passare attraverso una transizione politica, in conformità alla risoluzione Onu ed il comunicato di Ginevra nel 2014". Così una portavoce della Commissione europea. "L'Ue ribadisce il sostegno all'unità, la sovranità e l'integrità territoriale della Siria".

 

 

 

 

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