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“Mentre i potenti discutono ad Astana, i bambini se ne stanno rannicchiati a causa dei continui bombardamenti e vanno a letto affamati. Questi colloqui rischiano di andare avanti in un universo parallelo”. Questa la denuncia di Sonia Khush, Direttore di Save the Children in Siria, mentre ad Astana sono in corso i negoziati di pace tra le parti coinvolte nel conflitto siriano.

Secondo Save the Children, l’Organizzazione internazionale dedicata dal 1919 a salvare i bambini in pericolo e a promuoverne i diritti, centinaia di migliaia di bambini sono ancora intrappolati, sotto le bombe e senza aiuti nelle aree assediate, difficili da raggiungere. Dopo più di due settimane dall’inizio di una tregua parziale, c’è una spaventosa mancanza di progressi nella fornitura di aiuti e c’è il rischio che i colloqui di pace si concentrino sui vantaggi militari e politici, a spese dei più vulnerabili.

“Dopo anni di trattative fallite e di promesse non mantenute, questi colloqui devono essere qualcosa di più di un momento per le parti in causa per discutere cinicamente i propri interesse. Devono lavorare insieme nell’interesse della prossima generazione della Siria, quella che dovrà un giorno ricostruire il paese. È importante esplorare ogni strada possibile per garantire un cessate il fuoco duraturo, ma è anche fondamentale che le voci e le esigenze dei bambini siano adeguatamente rappresentate in questa fase di colloqui. La consegna degli aiuti e la protezione dei civili devono essere al primo posto dell’agenda delle discussioni”, continua Sonia Khush.

La settimana scorsa le Nazioni Unite hanno dichiarato che gennaio è stato uno dei mesi peggiori per gli ostacoli alla consegna degli aiuti e i convogli umanitari hanno raggiunto solo una delle quindici aree assediate. Anche se apparentemente è in corso un parziale cessate il fuoco, infatti, i civili continuano ad essere sotto il fuoco continuo degli aerei, dei cecchini e dei bombardamenti.

“La casa del mio vicino è stata colpita da bombardamenti Una madre ha dovuto dare alla luce suo figlio proprio mentre era in corso un attacco, ma il bambino è morto. Sono stati chiesti aiuti, ma è stato due mesi fa e ancora non abbiamo ricevuto niente”, racconta Rula*, un’insegnante di Madaya. La città, al cui interno si stima vi siano 20.000 bambini sotto assedio e senza aiuti, è stata oggetto di uno dei maggiori e intensi bombardamenti. Nelle prime due settimane dell’anno, nel solo governatorato del nord di Idlib in cui attualmente si riparano oltre 750.000 sfollati, si sono verificati 72 attacchi armati, tra cui 46 bombardamenti aerei.

Save the Children, che opera in Siria sia con operatori propri che attraverso organizzazioni partner, chiede un cessate il fuoco globale e duraturo, con la fine dell’utilizzo di armi esplosive mortali in aree popolate e l’accesso immediato degli aiuti alle aree assediate e difficili da raggiungere.

 

Era partito per aiutare un alpinista in difficoltà nella zona di Campo Felice l'elicottero del 118 che si è schiantato nella mattinata di oggi, dopo avere lanciato un segnale di crash mentre era impegnato nella missione di soccorso.

L' elicottero del 118 è precipitato nell'aquilano, tra il capoluogo e Campo Felice. Sono sei le persone a bordo dell'elicottero precipitato dopo aver prelevato uno sciatore rimasto ferito sulla pista. Il velivolo, spiegano fonti dei soccorritori, volava in una zona con una fitta coltre di nebbia e nuvole basse. Si è sentito uno schianto ed ora si sta cercando di localizzare l'elicottero, ma le operazioni sono rese difficili dalle condizioni meteo avverse.

L'elicottero sarebbe caduto in fase di recupero di un ferito su un campo da sci a Campo Felice. A bordo sei persone. L'elicottero sarebbe precipitato da un'altezza di 600 metri. L'elicottero del 118 - un Aw 139 - sarebbe scomparso dai radar in provincia de L'Aquila. Secondo le prime informazioni, il velivolo avrebbe lanciato il segnale di crash mentre si trovava in località Casamaina, nel comune di Lucoli, nei pressi della piana di Campo Felice. Alcuni testimoni dicono di aver sentito un boato. 

L'elicottero è stato avvistato in località Vecchia Miniera, ad alcuni chilometri da Campo Felice. Lo dicono fonti sanitarie, che non si pronunciano sullo stato di salute dell'equipaggio. 

Era un normale volo di soccorso. Il velivolo non era infatti impegnato né per l'emergenza maltempo né per quella relativa al terremoto. Non faceva inoltre parte degli elicotteri che in questi giorni sono impegnati sulla valanga che ha travolto l'hotel Rigopiano.

Secondo quanto si è appreso a Rocca di Cambio che è il paese sede della stazione sciistica Campo Felice delle squadre di soccorso sarebbero partite ma per la nebbia ancora non sarebbero riuscite a localizzare il velivolo.

La Asl dell'Aquila ha diffuso una nota ufficiale: " Un elicottero del 118 è caduto attorno alle 12.00 di oggi nei pressi di Campo Felice (AQ): a bordo c’erano 5 membri dell’equipaggio e una persona a cui era stato prestato soccorso. L’incidente, secondo le prime informazioni, sarebbe avvenuto nel tragitto di ritorno verso l’ospedale di L’Aquila, dopo che il velivolo aveva preso a bordo la persona soccorsa a Campo Felice. Al momento non si hanno altre notizie.  Il Manager della Asl, con l’assessore regionale Silvio Paolucci e il direttore sanitario Asl 1, Teresa Colizza, hanno raggiunto la centrala operativa del 118 all’Aquila".  

Intanto continua senza sosta la conta delle vittime dell'hotel Rigopiano: i vigili del fuoco hanno estratto dalle macerie il corpo di un uomo: si tratta della quindicesima vittima del disastro. Con l'ultimo recupero, scende a 14 il numero dei dispersi.

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ieri, ha auspicato "uno sforzo unitario e comune di fronte alle calamità. Le buone parole devono unire e non dividere". "Le immagini dei soccorritori che in mezzo alla tormenta salvano vite umane - ha concluso Mattarella - sono un esempio di quello che intendiamo per popolo repubblicano".

"Non ci fermeremo fino a quando non avremo la certezza che non ci sia più nessuno" sotto le macerie o sotto la neve. "Dobbiamo continuare a cercare fino alla fine": lo ha assicurato il funzionario del Dipartimento della Protezione Civile Luigi D'Angelo, facendo un punto sulle ricerche dei dispersi. "Si sta scavando nel cuore della struttura - ha aggiunto - nella zona tra le cucine, il bar e la hall. Fino a quando non avremo trovato tutti andremo avanti".

Dalle macerie i vigili del fuoco hanno poi estratto vive, tra la giornata di venerdì e l'alba di sabato scorsi, 9 persone: la moglie e il figlio di Parete, Adriana Vranceanu e il piccolo Gianfilippo; tre bambini, l'altra figlia di Parete, Ludovica, Edoardo Di Carlo e Samuel Di Michelangelo, e altre 4 persone. Si tratta di Giampaolo Matrone, Vincenzo Forti, Francesca Bronzi e Giorgia Galassi. Le vittime al momento estratte sono invece 15: 9 uomini e 6 donne. Di queste ne sono state identificate 6: Sebastiano di Carlo e la moglie Nadia Acconciamessa, il maitre dell'hotel Alessandro Giancaterino, il cameriere Gabriele D'Angelo, l'estetista Linda Salzetta e Barbara Nobilio. Restano da identificare 9 vittime, 6 uomini e 3 donne. Sono invece ancora 14 i dispersi.

C'erano 40 persone nell'hotel Rigopiano quando la valanga, nel pomeriggio di mercoledì, ha investito la struttura: 28 ospiti, di cui 4 bambini, e 12 dipendenti, compreso il titolare Roberto Del Rosso e il rifugiato senegalese Faye Dane. Due persone, il cuoco Giampiero Parete e il tuttofare dell'hotel, Fabio Salzetta, si sono salvati perché al momento della slavina si trovavano all'esterno dell'albergo. Sono stati recuperati dagli uomini del soccorso alpino all'alba di giovedì scorso.

E sono arrivati all'ospedale di Pescara sei corpi recuperati dalle macerie. Secondo quanto appreso, sono al momento in corso gli accertamenti medico legali e l'identificazione. Dodici, in tutto, i cadaveri arrivati nel capoluogo adriatico. Di questi, sei sono già stati riconosciuti dai familiari: Alessandro Giancaterino, Gabriele D'Angelo, Sebastiano Di Carlo, Nadia Acconciamessa, Barbara Nobilio e Linda Salzetta.

 

 

Dura in tutto due ore il filmato registrato di nascosto da Mohamed Abdallah, il capo del sindacato degli ambulanti egiziani, nonché l'uomo che avrebbe denunciato alle autorità Giulio Regeni

Il video è stato girato il 6 gennaio 2016 con una apparecchiatura in dotazione alla polizia del Cairo nascosta in un bottone della camicia di Abdallah che una tv egiziana lo ha trasmesso, chiaramente girato all'insaputa di Giulio Regeni, in cui si vede il ricercatore friulano parlare con il presidente del sindacato dei venditori ambulanti egiziani, Mohamed Abdallah. Nel dialogo trasmesso dall'emittente "Sada El Balad", l'uomo chiede denaro per curare la propria moglie malata di cancro. Regeni rifiuta di darlo ma prospetta la possibilità di finanziare la raccolta di "informazioni" sul sindacato e i suoi "bisogni".

Una domanda precisa, a cui arrivano risposte secche da parte del ricercatore, che più volte prova a chiarire come quei soldi non siano suoi, ma piuttosto di chi lo ha spedito in Egitto a far ricerca, della fondazione Antipode che lo finanzia, e non possa "usarli per ragioni private", perché suoi non sono.

E proprio gli inquirenti a Roma sostengono che quel video sia stato registrato con una microcamera fornita dalla polizia, che quindi potrebbe esserci un coinvolgimento delle autorità egiziane già dai primi attimi della vicenda che si sarebbe conclusa con la tortura e la morte del giovane italiano.

Per chi indaga in Italia sull'omicidio del ricercatore friulano ciò conferma del coinvolgimento della polizia nella realizzazione del video.

Il video dura un'ora e 55 minuti, ma l'effettivo colloquio, in lingua araba, tra Regeni ed il sindacalista è di circa 45 minuti. Durante la conversazione, e ciò è definito molto importante dagli inquirenti romani, il ricercatore universitario propone al sindacalista un progetto di finanziamento di 10 mila sterline a favore delle iniziative degli ambulanti ma si mostra inflessibile alle proposte di Abdullah di destinare il denaro ad altri scopi ovvero un intervento medico per la figlia o per scopi politici. Magistrati, Carabinieri e Sco, in possesso del video dal 7 dicembre scorso, hanno dato via libera alla diffusione di una sintesi del girato, circa quattro minuti.

Nessun commento nemmeno in merito da parte della famiglia Regeni sul video ma neanche per la grande partecipazione che si sta registrando in tutta Italia per le manifestazioni del 25 gennaio prossimo.

Secondo le agenzie di stampa il video mostra il volto di Regeni, di cui si sente la voce parlare in buon arabo e rispondere a un uomo che parla egiziano e che evidentemente tiene un telefonino seminascosto. "Primo video di Regeni con il presidente del sindacato dei venditori ambulanti", è scritto in sovrimpressione. Il sindacalista, fra l'altro, dice "mia moglie ha il cancro e deve subire un'operazione e io devo cercare denaro, non importa dove". Regeni risponde: "Il denaro non è mio. Non posso usare soldi per nessun motivo perché sono un accademico". Ad Abdallah che insiste, il ricercatore replica che soldi "arrivano attraverso la Gran Bretagna e il centro egiziano che lo dà agli ambulanti". "Bisogna cercare di avere idee e ottenere informazioni prima del mese di marzo", dice fra l'altro Regeni nel video di 3:47'. Alla domanda "che tipo di informazioni vuoi?", il ricercatore risponde: "Qual è la cosa più importante per te per quanto riguarda il sindacato e quali sono i bisogni del sindacato". "Voglio idee a partire da tale questione, la più importante per noi, e si potranno sviluppare le idee", dice ancora Regeni.

«Purtroppo sono stata io a far conoscere Giulio Regeni e Muhammad Abdallah», il capo del sindacato dei venditori ambulanti egiziani. È con amarezza che l'attivista egiziana Hoda Kamel ricorda i suoi contatti con il ricercatore egiziano scomparso il 25 gennaio di un anno fa e ritrovato morte una settimana dopo, all'indomani della trasmissione sulla tv egiziana di un video che Abdallah registrò con il suo cellulare in occasione di un suo incontro con Regeni.

Secondo il quotidiano Italiano il Messaggero che riporta la notizia :

«Giulio Regeni voleva ampliare le sue ricerche sui venditori ambulanti egiziani attraverso una borsa di studio stanziata da un'istituzione o un'università britannica», ricorda Kamel.

«Non ricordo se si trattasse dell'università o di un'altra istituzione, non parlammo dei dettagli, gli dissi che ne avremmo discusso quando sarebbe rientrato dalle vacanze di Natale», racconta l'attivista, precisando che «l'Università americana del Cairo (dove Regeni studiava, ndr) ha indirizzato Giulio al centro e io ho avuto a che fare con lui in quanto responsabile del dossier sui lavoratori». 

Il ricercatore «stava svolgendo un dottorato nell'ambito delle libertà sociali e io gli fornivo link a libri e articoli, poi lui scelse di dedicarsi agli ambulanti ed io, purtroppo, gli ho fatto conoscere Muhammad Abdallah», spiega, sottolineando come la scelta di Regeni di occuparsi degli ambulanti fu dettata da «una spinta umanitaria, poiché si tratta di persone povere e prive di capitali, alcuni dei quali hanno una laurea e nonostante questo lavorano per strada. Lui - aggiunge - voleva mettere in luce tutto questo».

«Ho denunciato e consegnato agli Interni» Giulio Regeni. «Ogni buon egiziano, al mio posto, avrebbe fatto lo stesso». Così Mohamed Abdallah, il capo del sindacato autonomo degli ambulanti, in una dichiarazione all'edizione araba dall'Huffington Post, rilanciata da L'Espresso, conferma la sua collaborazione con i servizi segreti egiziani. Per la prima volta - si legge - ha sostenuto con orgoglio, e chiarezza, la sua posizione nel caso. «Siamo noi che collaboriamo con il ministero degli Interni. Solo loro si occupano di noi ed è automatica la nostra appartenenza a loro». Il sindacalista, collaboratore dei servizi di sicurezza, aggiunge anche qualche dettaglio: «Io e Giulio ci siamo incontrati in tutto sei volte. 

È un ragazzo straniero che faceva domande strane e stava con gli ambulanti per le strade, interrogandoli su questioni che riguardano la sicurezza nazionale. L'ultima volta che l'ho sentito al telefono è stato il 22 gennaio, ho registrato la chiamata e l'ho spedita agli Interni».

Non è tutto. Abdallah fornisce anche una propria versione sugli scambi avvenuti con Giulio.In meritoal video che il procuratore generale egiziano avrebbe consegnato al collega Italiano.. il sindacalista sostiene che la versione fornita dagli inquirenti del Cairo sia corretta. «Io non lo spiavo» aggiunge. «Collaboravo con lui, non avete notato che la situazione si è calmata da quando hanno visto quel video?». L'allusione di Abdallah - si legge ancora su L'Espresso - è che quelle scene riprendessero Giulio nel tentativo di offrire una somma di denaro al sindacalista in cambio di alcuni informazioni. Non ha però precisato che tipo di informazioni. 

 

 

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