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A Lampedusa e conclusa la consultazione popolare in merito alla presenza dei migranti ed alla reale esigenza di una struttura sanitaria locale.
Il referendum ha evidenziato la chiusura totale dell'hotspot sull'isola siciliana. Più di 900 abitanti hanno partecipato attivamente al referendum indetto due settimane fa e terminato alle 20 di ieri sera (28 giugno ndr). Il risultato? 988 cittadini hanno votato a favore della chiusura dell’hotspot a Lampedusa. Soltanto 4 i lampedusani favorevoli al centro per migranti.

Nel frattempo l'ennesimo barcone è stato soccorso in mare. Sono circa 40 i migranti che sono stati salvati nel tardo pomeriggio di ieri nelle acque antistanti di Lampedusa. Il gruppo, come sempre, è stato prima portato a molo Favarolo, e poi all'hotspot di contrada Imbriacola. Quello di ieri è stato il secondo sbarco nell'arco di circa 18 ore.

“Non è nostra intenzione ignorare la gravità del problema migratorio. Riteniamo però che, a partire dalla rivendicazione dei diritti e della serenità per i lampedusani e le lampedusane, possa iniziare un percorso di messa in discussione dell'intera governance delle migrazioni”. Conclude il Comitato cittadino.

le organizzazioni che operano nel Mediterraneo centrale operano indipendentemente da quelle che sono le scelte di natura politica fatte a Roma, già in queste prime settimane d'estate le navi cosiddette umanitarie sono a largo e sono prossime a portare centinaia di migranti all'interno dei nostri porti. Che, in linea teorica, per via dell’emergenza coronavirus dovrebbero essere considerati non sicuri od almeno così ufficialmente è stato dichiarato dal governo lo scorso 8 aprile.

Nelle ultime ore l’Ong tedesca Sea Watch, la stessa sulla cui nave nei giorni scorsi erano presenti 28 migranti positivi al Covid-19, ha lanciato da Lampedusa il nuovo aereo da ricognizione. Si chiama Seabird e sostituirà per alcune settimane Moonbird, il mezzo usato fino a pochi giorni fa per individuare i migranti.

Ad annunciarlo è stata la stessa Ong dal proprio canale Twitter, mostrando anche la foto del nuovo piccolo velivolo che a breve sorvolerà la rotta da cui transitano i migranti partiti dalla Libia: “Mentre #Moonbird si ferma per manutenzione, #Seabird ci permette di continuare a individuare imbarcazioni in pericolo, prestare assistenza nei soccorsi e documentare violazioni di diritti umani nel Mediterraneo”.

Il nuovo aereo di #SeaWatch decolla oggi per la sua prima missione!
Il lancio del nuovo mezzo è quasi una prova di forza da parte di Sea Watch, volta a lanciare il messaggio secondo cui l’Ong tedesca, nonostante la nave sia stata fermata con l’equipaggio in quarantena in rada a Porto Empedocle, continuerà ad operare.

A distanza di un anno esatto dallo speronamento a Lampedusa della motovedetta della Guardia di Finanza, giunto a seguito di un'azione dell'allora capitano della Sea Watch Carola Rackete, l’Ong quindi vuol sapere di non fermarsi. Un messaggio che è lanciato in primis al governo italiano: ben presto, sembrano voler dire dall’organizzazione, altri migranti verranno portati lungo le nostre coste. E questo nonostante le varie vicissitudini che il nostro Paese sta attraversando negli ultimi disgraziati mesi.

Intanto però più di 900 abitanti hanno partecipato attivamente al referendum indetto due settimane fa e terminato alle 20 di ieri sera (28 giugno ndr). Il risultato? 988 cittadini hanno votato a favore della chiusura dell’hotspot a Lampedusa. Soltanto 4 i Lampedusani favorevoli al centro per migranti. Si legge una nota del Comitato spontaneo cittadino: “In queste settimane abbiamo portato avanti...

Ebbene a favore della chiusura vi è stato un plebiscito di voti, 988 per la chiusura e solo 4 lampedusani a favore dell'apertura del centro per i migranti.
La popolazione residente sull'isola di Lampedusa e Linosa al 1 gennaio 2020 è di 6.556 persone secondo i dati ufficiali dell'Istat.

Nel comunicato emesso dal Comitato di cittadini, che ha sostenuto la consultazione pubblica comunale, si legge che i due obiettivi che si prefiggono sono: la realizzazione di un ospedale sull’isola e il rispetto dei livelli essenziali di assistenza (LEA) a Lampedusa e a Linosa; e la chiusura dell’hotspot perché si cessi di usare Lampedusa come piattaforma militarizzata per la gestione dei migranti.

Alle istituzioni locali, rende noto il comitato, abbiamo più volte chiesto un confronto nelle sedi di rappresentanza ma ci è stato sempre negato il Comitato spontaneo cittadino, guidato dal duo Sperlazzo-Lucia.

"In queste settimane - si legge in una nota - abbiamo portato avanti due rivendicazioni fondamentali per le isole Pelagie: la  realizzazione di un ospedale sull'isola e il rispetto immediato dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) a Lampedusa e Linosa e la chiusura dell'hotspot e la fine dell'utilizzo di Lampedusa come piattaforma militarizzata per la gestione delle migrazioni. Abbiamo, in più di un'occasione, chiesto alle istituzioni locali di avviare un confronto all'interno delle sedi di rappresentanza democratica locale; purtroppo però questo ci è stato più volte negato.

Riteniamo sia necessario che tutta la popolazione partecipi attivamente alla vita democratica della comunità. Per questo abbiamo indetto una consultazione popolare sul tema delle migrazioni. Da trent'anni, a fronte della continua violazione dei diritti più essenziali per la popolazione e per migranti, Lampedusa viene utilizzata come piattaforma militare, di gestione per le migrazioni e come "palcoscenico del confine", da parte dei vari governi nazionali, europei e della Nato. Tutto questo con la complicità delle amministrazioni locali e attraverso una strategia ricattatoria morale ed economica, ai danni della popolazione locale.

Tutto ciò ha fatto sì che settori della comunità locale cedessero a questi ricatti, traendo a loro volta vantaggi dalla situazione venutasi a creare. La consultazione ha come obiettivo quello di dare voce alla reale opinione degli abitanti di Lampedusa, cercando così di rompere l'immagine retorica e politicamente funzionale che negli anni è  stata costruita intorno a quanto si verificava sull'isola.

Le narrazioni dominanti dell'isola improntate alla continua emergenza, da quella edulcorata dell'accoglienza e degli eroi, a quella piena di stigma dell'isola razzista e xenofoba, sono state tutte caratterizzate da grossolane semplificazioni, sempre lontane anni luce dalla complessità dei fenomeni e delle dinamiche realmente in atto. Non è nostra intenzione ignorare la gravità del problema migratorio.

Riteniamo però che, a partire dalla rivendicazione dei diritti e della serenità per i lampedusani e le lampedusane, possa iniziare un percorso di messa in discussione dell'intera governance delle migrazioni: a partire dall'intervento sulle cause che spingono migliaia di persone a lasciare il proprio paese nelle condizioni a cui abbiamo assistito in questi anni, fino alla regolarizzazione dei viaggi, superando così le attuali normative nazionali ed europee, con particolare attenzione al tema dei diritti dei lavoratori,comunitari ed extracomunitari".

 

 

Gridano, minacciano, gesticolano, insultano. Centocinquanta voci, coordinate da una decina di capipopolo, circondano i cinque palazzi in quarantena a Mondragone. Altri trenta cittadini entrano senza permesso in Municipio, ma qui la voce predominante è quella delle donne. «Vergogna, vi dovete vergognare» urlano al sindaco e ai poliziotti, mentre affollano l’anticamera dell’ufficio del primo cittadino, Virgilio Pacifico. 

La manifestazione in Comune, così come quella ai Palazzi Cirio sfociata in guerriglia, ovviamente non è stata autorizzata. «A manganellate li dovete prendere: perché vi siete fatti prendere in giro per tutti questi anni? Hanno preso in giro tutta la città, solo qui a Mondragone si è osato violare una zona rossa: reagite, dove reagire, o lasciate fare a noi: voi giratevi dall’altra parte». Chiedono misure forti, i cittadini di Mondragone, e sono pronti a fare da «soli». La violazione della zona rossa ieri mattina da parte dei bulgari residenti nel quartiere focolaio e la fuga di alcuni di loro intenzionati a non sottoporsi a screening ha scatenato una violenza sfociata in assalto di matrice razzista e in danneggiamenti. Chiedono la linea dura, i circa 200 manifestanti, e non si preoccupano di passare per gente avvezza alla «giustizia fai da te», men che meno si ci si preoccupa di passare per razzisti.
 
Così la situazione ancora tesa a Mondragone, nel Casertano. Sono stati eseguiti 730 tamponi a persone dei palazzi ex Cirio, che da lunedì è zona rossa a causa di circa 43 contagi da coronavirus, diffusi in particolare nella comunità bulgara che abita lì. Poi il personale dell'Asl di Caserta si è spostato in piazza Crocelle e piazza Falcone per praticare i test ai cittadini su base volontaria. La vicenda è stata scoperta con una donna bulgara incinta che in ospedale è risultata positiva.

Minacciano di fare sul serio i residenti di Mondragone (Caserta) che hanno circondato il palazzo del Comune dopo aver scatenato la rivolta con la manifestazione non autorizzata nella zona rossa violata, sfociata in violenza. E il rischio pulizia etnica sembra reale, tant'è anche anche il sindaco di Napoli De Magistris è intervenuto: "Non sfoci in questione razziale".

"In pochi giorni faremo anche a Mondragone quanto fatto in altre parti della Campania, come per i focolai del Vallo di Diano e di Ariano dove abbiamo fatto 13mila tamponi", afferma il governatore della Campania, Vincenzo De Luca".

Dopo una notte di tensione è stata una mattinata di relativa calma nella zona rossa. Sono stati inoltre rintracciati i quattro bulgari positivi che erano riusciti a dileguarsi violando la zona rossa, anche se circolano voci non confermate di altri 7-8 bulgari positivi che sarebbero spariti. Gli inquilini bulgari sono rimasti nelle loro case, perlopiù affacciati ai balconi, così come quelli italiani; l'area è stata maggiormente sigillata con il posizionamento di jersey in cemento.

Un momento di tensione c'è stato quando un italiano, padre di una ragazza residente nei palazzi ex Cirio, è entrato e uscito dalla zona rossa, ed è stato fermato dai militari, ma la situazione è rientrata. Intanto il sindaco Virgilio Pacifico ha lanciato un appello alla cittadinanza invitandola a fare i tamponi, e a presentarsi alle due postazioni Asl realizzate in piazza Falcone e piazza Crocelle. "Cari concittadini di Mondragone - scrive il sindaco in una nota - ritengo opportuno e necessario che si sottoponiamo, gratuitamente, all'esame del tampone per rilevare l'eventuale presenza del Coronavirus. Un esame di routine per gli istituti medici, che si esegue rapidamente ed è indolore".

Il clima in città si è esacerbato dopo che si è verificata una violazione della zona rossa da parte dei bulgari residenti nei palazzi focolaio e la fuga di alcuni di loro intenzionati per evitare lo screening. Nonostante il cordone sanitario che vieta l'ingresso e l'uscita dall'area del comprensorio di edifici, ieri decine di stranieri sono scesi in strada chiedendo di poter tornare a lavorare. La maggior parte svolge lavori nei campi come braccianti agricoli. In strada sono scesi anche i cittadini di Mondragone che accusano i bulgari di violare la zona rossa di notte per raggiungere le campagne. Alcuni manifestanti italiani hanno anche iniziato a presidiare il varco d'accesso per poi cercare di entrare nella zona rossa. La polizia, in tenuta antisommossa, è dovuta intervenire per allontanarli. Un bulgaro ha lanciato una sedia dal balcone mentre gli italiani avrebbero risposto lanciando pietre e sfondando i finestrini delle auto dei bulgari parcheggiate.

I circa 200 manifestanti, come riferisce Il Mattino, "chiedono la linea dura e non si preoccupano di passare per gente avvezza alla giustizia-fai-da-te, men che meno si ci si preoccupa di passare per razzisti".

La violazione della zona rossa da parte dei bulgari residenti nel quartiere focolaio di Mondragone e la fuga di alcuni di loro intenzionati a non sottoporsi a screening ha così scatenato la protesta diventata assalto di matrice razzista con danneggiamenti.

Nel mirino, però, ci sono anche le istituzioni locali e la politica in generale accusati di essere i responsabili del degrado della zona. "Vergogna, vi dovete vergognare", le urla dei cittadini contro il sindaco Virgilio Pacifico e i poliziotti."Hanno preso in giro tutta la città, solo qui a Mondragone si è osato violare una zona rossa: reagite, dove reagire, o lasciate fare a noi: voi giratevi dall’altra parte", è una delle frasi minacciose che sarebbe stata urlata in strada.

Un altro momento di tensione c'è stato successivamente tra i manifestanti italiani che presidiano il varco d'accesso e i bulgari che abitano all'interno della zona rossa. Un bulgaro ha lanciato una sedia dal balcone, gli italiani hanno risposto lanciando pietre e sfondando i finestrini delle auto dei bulgari parcheggiate. Poi hanno mostrato le targhe delle vetture a mo' di trofeo. Sotto al palazzo si è radunata una folla che accusa anche la polizia di "essere stata troppo permissiva coi bulgari".  

Si tratta in massima parte di cittadini bulgari residenti in quattro dei cinque palazzi divenuti off limits da lunedì 22 giugno, dopo che è entrata in vigore l'ordinanza della Regione. Vanno inoltre avanti, anche se a rilento, le operazioni di trasferimento delle persone positive, peraltro tutte asintomatiche, al Covid Hospital di Maddaloni, dove sono diciannove quelli attualmente ricoverati; ieri sono stati trasferiti sei contagiati, ne mancano all'appello altri tredici, cui si aggiungono i nuovi positivi. Qualcuno tra i positivi, però, non si riesce a rintracciare; molti inquilini, specie tra gli stranieri, non risultano censiti, e si ipotizza che abbiano fatto perdere le tracce, anche per timore di perdere il lavoro; molti sono braccianti agricoli, spesso sfruttati dai caporali di nazionalità bulgara, alcuni dei quali vivono anche agli ex Palazzi Cirio.

Intanto da parte del Oms, "Non c'è preoccupazione perché è tutto ampiamente atteso. Entrambi i focolai sono stati identificati immediatamente e circoscritti, quindi il sistema messo in atto tiene. E' inevitabile ci siano focolai in giro per l'Italia e per l'Europa". Così Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell'Organizzazione mondiale della sanità al programma Agorà su Rai3 riguardo ai focolai di coronavirus a Mondragone e a Bologna.

 L'epidemia Covid "si sta comportando come avevamo ipotizzato" e "il paragone è con la Spagnola che si comportò esattamente come il Covid: andò giù in estate e riprese ferocemente a settembre e ottobre, facendo 50 milioni di morti durante la seconda ondata". Così Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), durante Agorà, su Rai 3, rispondendo in merito alla lettera di esperti che hanno parlato di "emergenza finita".

Per lo sviluppo di un vaccino, di cure e per condurre test sul coronavirus, afferma l'Oms, sono necessari 31,3 miliardi di euro in 12 mesi. L'obiettivo dell'iniziativa dell'Oms, che ha costituito una coalizione globale contro il Covid, è tra le altre cose di consegnare 500 milioni di test ai Paesi a basso e medio reddito, fornire cure a 245 milioni di persone entro la metà del 2021, e di arrivare alla produzione di 2 miliardi di dosi di vaccin - un miliardo dei quali da destinare ai Paesi poveri - entro la fine dello stesso anno.

Il ministro della Salute Roberto Speranza ha partecipato alla teleconferenza dei ministri della Salute del G7 e ha espresso "preoccupazione" per l'andamento del contagio a livello globale. "Soltanto insieme usciremo da questa battaglia - ha commentato al termine della riunione Speranza - perciò occorre continuare a mettere al centro la cooperazione internazionale".

Zampa, debolmente positivi Covid restino in quarantena - Anche le persone cosiddette 'debolmente positive' dovrebbero restare in quarantena. Lo ha affermato la sottosegretaria alla salute Sandra Zampa intervenendo alla trasmissione 'L'aria che tira' su La7. I piccoli focolai che si stanno verificando, ha ricordato la sottosegretaria, "possono essere chiusi e guariti, non bisogna avere paura. Chi ha fatto lo spiritoso con la app Immuni - ha aggiunto - dicendo che non funziona oggi di fronte a questi piccoli focolai li inviterei a ripensarci".

 

 

 

 

Nuovi sviluppi nella vicenda legata al caso dell’ex pm romano Luca Palamara accusato, insieme ad altri nove magistrati collegati alla riunione sulle nomine all’Hotel Champagne, di interferenza nell'esercizio delle attività di organi costituzionali dal procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, che ha chiesto il processo disciplinare. Il titolare dell'azione disciplinare ha chiuso la prima fase dell'istruttoria e ora sarà il Consiglio Superiore della Magistratura a valutare – al termine di una sorta di processo pubblico – se meritano la sanzione prevista per quello di cui sono accusati.L'accusa del procuratore generale della Cassazione Salvi è di interferenza nell'esercizio delle attività di organi costituzionali  Giovanni Salvi, ha chiesto alla sezione disciplinare del Csm, dopo aver chiuso la prima tranche della sua istruttoria condotta sugli atti dell'inchiesta di Perugia.

Oltre a Luca Palamara, rischiano pesanti sanzioni disciplinari (dall’ammonimento alla perdita di anzianità fino, teoricamente, alla rimozione) cinque consiglieri togati del Csm - Luigi Spina, l’unico indagato, Antonio Lepre, Corrado Cartoni, Gianluigi Morlini e Paolo Criscuoli - che si sono dimessi l’anno scorso sulla scia dell’inchiesta di Perugia, di due magistrati segretari, del pm Stefano Fava. “Per quanto riguarda la posizione di Cosimo Ferri (incluso nei dieci, ndr), che è parlamentare, abbiamo chiesto alla camera di poter utilizzare il materiale”, spiega ancora Salvi.    

E non finisce qui, altre richieste potrebbero arrivare “prima dell’estate”.
“Abbiamo concluso la prima fase, quella dei fatti della riunione all’Hotel Champagne”, racconta Giovanni Salvi, procuratore generale in Corte di Cassazione, in una conferenza stampa in cui, con il pool di pubblici ministeri che si stanno occupando di vagliare le migliaia di conversazioni del pm romano, illustra il lavoro che stanno portando avanti. E precisamente sui commensali che la notte tra l′8 e il 9 maggio 2019 discutevano di nomine nelle più importanti procure, ma non solo.

Per questi dieci il lavoro della procura è finito. A loro si contesta di non aver solo manifestato opinioni, ma di aver voluto influenzare l’attività del Csm “per avvantaggiare qualcuno e danneggiare altri”, dice il pg. Saranno ora analizzate le posizioni di chi con Palamara parlava di nomine in altre sedi.

Dopo l’esclusione dall’Anm, Palamara è passato al contrattacco e in un’intervista a Repubblica ha detto: “Io mi assumo le mie responsabilità, ma posso assumermi quelle di tutti. Non ho inventato io le correnti, farò i nomi“.
Secondo notizie.it  Palamara chiama poi in causa i probiviri del sindacato delle toghe, e li accusa “di essere loro per primi i beneficiari del sistema di cui solo io oggi sono ritenuto colpevole.

Penso ci avrebbero dovuto pensare prima di far parte di quel collegio”, afferma l’ex consigliere del Csm, e ancora: “Trovo fisiologico che chi ha determinate cariche rappresentative nella magistratura interloquisca con la politica. Ma trovo meno condivisibile che ci siano procuratori della Repubblica che vadano a cena con i politici”.

“So che devo rispondere dei miei comportamenti e di quello che è accaduto all'hotel Champagne. Ma, allo stesso tempo – è la tesi di Palamara – non posso essere considerato solo io il responsabile di un sistema che ha fallito e che ha penalizzato coloro i quali non risultano iscritti alle correnti”. Perché, ripete l’ex pm, “Palamara non si è svegliato una mattina e ha inventato il sistema delle correnti. Ma ha agito e ha operato facendo accordi per trovare un equilibrio e gestire il potere interno alla magistratura”.

«Crescendo s'impara e l'ho scontato sulla mia pelle, per la legge del contrappasso», dice a Porta a Porta, al inizi del mese di giugno era ospite di porta a porta, e come riferisce il quotidiano il Giornale, quando Vespa gli chiede della sua campagna anti berlusconiana e del peso delle intercettazioni per mettere alle strette il Cavaliere. Il conduttore gli fa vedere un filmato del 2011, in cui gli contesta duramente proprio la strumentalizzazione di certe conversazioni, scelte e pubblicate per colpire questo o quel politico.

E lui, che oggi si trova nei panni degli antichi avversari con tutte le chat sbattute sui giornali, in poche parole ammette di essersi ricreduto sul circuito mediatico-giudiziario. «Che ci sia un problema mediatico per le inchieste se lo dicessi lo direi riferito a me. Ma potrei citare Luigi Ferraioli, che nel 2012 denuncia le storture di un processo che vede i pm protagonisti e la diffusione di carte prima che siano state notificate agli indagati. Questo non è più un processo penale ma un processo che si svolge in altra sede».

Come sottolinea il Giornale, ai tempi caldi del leader di Forza Italia a Palazzo Chigi Palamara era presidente del sindacato dei giudici, tra il 2008 e il 2012, come capo della centrista Unicost che si era alleata con la sinistra di Area e Giuseppe Cascini era segretario. Da poco le correnti nate negli anni '70 sono cambiate, spiega Palamara, da «fenomeno di pluralismo culturale», con «un'idea corporativista e una più aperta al sociale e più progressista, sono diventate strumenti di potere», così «si va al Csm e all'Anm se si è indicati dalle correnti» e gli altri sono «penalizzati» su tutte le nomine. È anche una reazione alla riforma Castelli, con la gerarchizzazione delle procure che ha dato più potere ai capi, al contrario delle intenzioni. Servono amici ai posti giusti e le toghe accantonano il criterio dell'anzianità per nascondere dietro al merito una maggiore discrezionalità di scelta.

Secondo il quotidiano della famiglia Berlusconi il mea culpa di Palamara è esplicito. «Provo disagio e un senso di angoscia, non solo verso le persone comuni ma verso i tanti magistrati che ogni mattina si alzano per lavorare e sono totalmente estranei al sistema delle correnti. È il sistema delle correnti, a iniziare dal sottoscritto, che deve chiedere scusa». Però, lui che è in attesa di un rinvio a giudizio e di un processo disciplinare, dice di non volersi dimettere. «No, amo la magistratura, la porto nel cuore, conto di poter chiarire tutto». Ma per lui l'inchiesta qualche cosa di strano ce l'ha. «I fatti dicono che ci sono state anomalie sul funzionamento e intermittenze del Trojan stesso». Sistema spia che giustificato da un'accusa di corruzione già caduta, per il pm romano, e che non funziona in certe occasioni, come la cena del 9 maggio 2019 per la pensione di Giuseppe Pignatone, procuratore di Roma. E sull'inchiesta relativa alla Banca Etruria, con la famiglia di Maria Elena Boschi, allora e tuttora fedelissima di Matteo Renzi, nessuna ammissione: «Non ho mai fatto favori a nessuno».

 

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