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20 magistrati finiti nel mirino delle indagini del Csm

Sarebbero quindi 20 i magistrati che sono finiti nel mirino delle indagini del Csm. Una crisi che rischia di allargarsi ancora, e molto anche. L’ex presidente dell’Anm, dopo la sua cacciata, ha iniziato a fare i nomi di vari colleghi che avrebbero preso parte al mercato delle toghe. E non sarebbero neanche gli unici, secondo quanto affermato dallo stesso Palamara, ce ne sarebbero altri. Ovviamente, i magistrati in questione hanno già promesso querele. "Tutti gli organi che hanno delle loro specifiche competenze stanno esaminando atto per atto, chat per chat, intercettazione per intercettazione, tutto quello che è accaduto" ha reso noto David Ermini, vicepresidente del Csm, ai microfoni de “Il mattino di Radio 1”.

Ermini ha poi continuato: “Abbiamo, a parte la vicenda penale che è in capo alla procura di Perugia, il procuratore generale presso la Corte di Cassazione che ha istituito un gruppo di lavoro per esaminare tutti gli atti e verificare se ci siano illeciti disciplinari su tanti magistrati che compaiono sulle intercettazioni, negli atti e nelle chat. In più, dentro il Csm, la prima Commissione del Consiglio sta esaminando se ci siano questioni che possano creare situazioni di incompatibilità ambientale o professionale per i vari consiglieri che compaiono nelle chat e nelle intercettazioni per eventualmente disporre anche dei trasferimenti".

Ormai la vicenda si sta allargando a macchia d’olio. Secondo quanto riportato dal Corriere, la prima commissione del Csm, per intenderci quella che deve decidere in merito alla sanzione para-disciplinare del trasferimento d’ufficio “per incompatibilità ambientale”, ha iniziato circa una ventina di istruttorie preliminari, avviate per valutare le posizioni dei magistrati che appaiono nelle chat di Luca Palamara.

In attesa degli sviluppi dell'inchiesta di Perugia, il Csm post-Palamara ha provato a darsi nuove linee guida per le nuove nomine nelle procure. Rinnovato per quasi un quarto proprio dopo il terremoto scatenato dallo scandalo per le intercettazioni di Palamara, il Plenum ha preso diverse decisioni spesso largamente condivise al proprio interno, altre volte frutto di votazioni con sostegni trasversali. Come per esempio la nomina del pg Salvi a capo delle azioni disciplinari, decisione presa lo scorso 14 novembre. Poi c’è stata quella di Michele Prestipino a capo della procura di Roma. E l'ultima lo scorso mercoledì, quando è stato scelto l’inattaccabile Raffaele Cantone per la procura di Perugia, proprio quella che sta indagando sul caso Palamara.

La procura della Suprema corte deciderà possibili nuovi provvedimenti disciplinari in tempi molto brevi. La mole di materiale è notevole: decine di migliaia di chat e sms, da vagliare frase per frase. Anche se, precisano dal Palazzaccio, le conversazioni “in larga parte di contenuto estranee all'oggetto delle procedure”. Per risolvere le questioni velocemente ”è stato costituito un apposito gruppo di sostituti procuratori Generali”. Le decisioni saranno prese, non appena sarà completato questo lavoro e ciò in tempi molto stretti”.

Un nome che già c’era, anche se la sua pratica era in stallo, è quello di Cosimo Ferri, deputato di Iv nonché ex magistrato e figura di spicco di Magistratura Indipendente. Il trojan installato sul cellulare di Palamara aveva registrato vari scambi con lui. E proprio contro quelle intercettazioni, indirette, Ferri si era rivolto alla Corte costituzionale. In quanto deputato le riteneva illegittime perché non era stata chiesta l’autorizzazione alla Camera. La risposta al suo reclamo, per il momento, è “no”. Ma la Consulta non è entrata nel merito della questione. Ha deciso che quel ricorso è inammissibile perché non può essere fatto da un singolo parlamentare. Alla Corte dovrebbe, sostengono i giudici delle leggi, rivolgersi la Camera di appartenenza. Per il momento, quindi, quelle carte esistono, sono legittime. E potranno essere utilizzate.

Luca Palamara intanto è stato espulso dall’Associazione nazionale magistrati. L’Anm ha motivato la decisione facendo riferimento a gravi e reiterate violazioni del codice etico. Il pm romano è indagato a Perugia per corruzione nell’ambito della cosiddetta inchiesta sulle toghe. È la prima volta che viene assunto un provvedimento così duro nei riguardi di un ex presidente dell’associazione.

Il Comitato direttivo centrale dell’Anm, all'unanimità, in mattinata, aveva respinto la richiesta di Palamara di essere ascoltato. L'organo delle toghe si è in seguito pronunciato sulla richiesta del collegio dei probiviri di espellerlo.

Lo sfogo dell'ex pm 'impugnerò l'espulsione dall'Anm, non ho intenzione di fare il capro espiatorio di un meccanismo infernale', ha dichiarato questa mattina intervenendo a Omnibus. Sulle querele annunciate da alcuni colleghi ha spiegato di essere pronto a chiarire 'davanti alle autorità competenti'

Cosi non ci sta Luca Palamara, espulso ieri con voto quasi unanime, 28 sì e un'astensione, dall'Associazione Nazionale Magistrati dal Comitato direttivo centrale. "Anche chi mi accusa usava le correnti per fare carriera" attacca l'ex presidente dell'Anm che si sente il capro espiatorio di un sistema che, dice, non ha certo inventato lui. Lamenta di non esser stato ascoltato,"nemmeno l'inquisizione" dice.

Lo statuto non prevede che l'incolpato possa intervenire davanti al Comitato ma ha avuto tutte le possibilità di esprimersi, spiega il segretario dell'Anm Giuliano Caputo sottolineando che Palamara non è un capro espiatorio, la decisione è stata presa al termine di una regolare istruttoria.

Per il vicepresidente del Csm David Ermini il Consiglio ha dimostrato di saper reagire di saper funzionare nel solco della Costituzione. Sottolinea poi che c'è una questione morale e la credibilità delle toghe è a picco. Serve una riforma che contrasti le correnti e tocca a governo e parlamento.

Intanto, Amato è solo uno dei tre magistrati che Palamara - dopo essere stato cacciato dall’Associazione nazionale magistrati di cui è stato anche presidente – ha individuato come capofila del sistema delle correnti utilizzato per «gestire il potere interno alla magistratura».

Giuseppe Amato, oggi procuratore capo a Bologna, citato dall'ex collega Luca Palamara che – in un'intervista al quotidiano La Repubblica – ha sostenuto che proprio quella “nomina” fu effettuata secondo i meccanismi di correnti che oggi vengono tanto criticati. Amato, già procuratore di Pinerolo e Trento, la pensa in maniera diversa.Secondo il quotidiano la Stampa, «Si può dire che sia più o meno bravo come procuratore, ma io sono convinto che la maggior parte delle nomine venga fatta valutando le carte. Sono passaggi delicati e, in caso di illegittimità, si può andare anche davanti al Tar», ha spiegato Amato che ha ribadito: «Secondo questo discorso anche il ministro dovrebbe entrare nella lottizzazione, e non è così. Il meccanismo è la garanzia che sono nomine lineari e condivisibili».

Tra le persone tirate in ballo anche Bruno Di Marco, membro dei probiviri dell’Anm ed ex presidente del tribunale di Catania, considerato da Palamara vicino a Giancarlo Longo, il magistrato che, secondo le originarie accuse rivolte all'ex pm di Roma dai magistrati di Perugia, poi cadute, sarebbe stato avrebbe favorito nella corsa per l'assegnazione della procura di Gela.

Come riferisce il quotidiano la Stampa,Tutte le mie nomine sono avvenute all’unanimità. – ha commentato detto Di Marco - L'unico riferimento specifico alla mia persona fatto da Palamara è il procedimento nei confronti del magistrato Longo, che io ho difeso nel lontano 2006 nell'ambito di un procedimento disciplinare». Il magistrato ha poi aggiunto: «Ho assistito Longo solo in quell’occasione, nella quale è stato assolto dalla sezione disciplinare, e da allora non l'ho mai più sentito».

Le dichiarazioni di Palamara, intenzionato a non fare da capro espiatorio dell'intera vicenda, hanno suscitato reazioni durissime, in primis dall’Associazione nazionale magistrati, che respinge con sdegno l'accusa di aver usato con lui metodi di inquisizione negandogli la possibilità di intervenire nel corso Comitato direttivo centrale che ne ha decretato l'espulsione.

Quella di Palamara è una menzogna, fa sapere infatti la giunta del sindacato delle toghe: “come prevedono le norme è stato ascoltato dai probiviri, di fronte ai quali non ha mai preso una posizione sugli incontri con consiglieri del Csm, parlamentari e imputati" da ci sono derivate pesanti  interferenze nell'attività del CSM.

 

 

 

 

 

 

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