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Regionali in Sicilia: il centrodestra davanti, flop PD

Nello Musumeci allunga su Giancarlo Cancelleri e dopo un testa a testa nella mattinata le proiezioni lo danno due punti sopra il suo contendente M5s. Quando sono state scrutinate 1.051 sezioni su 5.300, circa il 20%, il candidato governatore Nello Musumeci (Centrodestra) ha il 39,37% dei voti e il candidato presidente della regione del M5s Giancarlo Cancelleri ha il 34,89%. Seguono Fabrizio Micari (Centrosinistra) col 18,83%, Claudio Fava (Sinistra) col 6,17% e Roberto La Rosa (indipendentisti) con lo 0,72%. I dati sono dell'ufficio elettorale della regione siciliana. 

Un record, in questa strana campagna elettorale, lo ha già raggiunto. Tutti, ma proprio tutti gli avversari, dal grillino Giancarlo Cancelleri all'uomo della Sinistra sinistra Claudio Fava, dicono concordi di lui: «È presentabile». 

Salvare la sua amata Sicilia dai grillini per lui in queste settimane è diventata una specie di missione. «Dio è dalla nostra parte» si è lasciato scappare qualche giorno fa a Catania, a conclusione della kermesse alle Ciminiere col leader di Forza Italia Silvio Berlusconi. Un auspicio. La speranza di confermare quello che è sempre stato il suo marchio di fabbrica: essere un recordman di preferenze. Proprio quello che ha indirettamente causato la rottura con Fini, nel 1999, dopo una militanza ininterrotta dal Fuan a Msi e quindi ad An.

E qualcuno, come il giovane Cancelleri, aggiunge anche: «Per me in alcune fasi è stato un importante punto di riferimento».

Sebastiano Musumeci detto Nello è così. Gentiluomo vecchio stampo amato persino dai nemici, ma qualche volta meno dagli amici, come racconta la sua storia politica in An, vedi lo scontro pesante che lo portò alla rottura con Gianfranco Fini. Sessantadue anni, professione ufficiale bancario, ma anche giornalista pubblicista, è in politica da sempre. E sempre, caso raro, dallo stesso lato. Nello sogna di fare il presidente della Regione siciliana da sempre, anche se nella sua carriera ha ricoperto ruoli ben più importanti, da sottosegretario a eurodeputato (tre volte) a parte la presidenza della Provincia di Catania, della quale ogni tanto dice, senza una falsa modestia che non è proprio nel suo stile: «L'ho inventata io». E infatti a governatore di Sicilia si è candidato ben tre volte, solo questa però con una coalizione di centrodestra unita attorno al suo nome.

Ci ha creduto, Musumeci, questa volta. Tanto da cominciare la sua campagna elettorale personale quasi due anni fa col suo movimento «Diventerà bellissima» per inciso, una frase celebre di Paolo Borsellino, scelta non casuale per un anti mafioso come Nello che è stato pure minacciato dai boss e ha vissuto sotto scorta. Tanto da battere tutti sul tempo qualche mese fa auto candidandosi portando gli altri sul suo nome. Per questo una campagna elettorale cattiva, fatta negli incontri pubblici e negli scontri a distanza più sul tema degli impresentabili che non su programmi concreti, lo ha un po' ferito. Lui ha portato come medaglia il suo record di presidente della Provincia di Catania mai indagato. E accusato da più parti di avere accettato impresentabili nelle liste che lo sostengono, si è giustificato: «Le liste le ho lette sui giornali, va cambiata la legge, non basta l'assenza di carichi pendenti. Non votateli».

Per Lorenzo Guerini, coordinatore della segreteria nazionale, il Pd si trova davanti a "una sconfitta tanto annunciata da tempo quanto netta e indiscutibile".

A vincere è però "partito del non voto": solo il 46,76% ha votato per l'elezione del presidente della Regione e dell'Assemblea, mentre il 53,23% ha disertato le urne. Rispetto al 2012 quando aveva votato il 47,41%, il dato dell'affluenza è in calo dello 0,65%.

Centrodestra e Movimento 5 Stelle - analizza il governatore della Liguria, Giovanni Toti - saranno i competitor dei mesi a venire". Nel centrodestra non sono, infatti, pochi quelli che leggono in chiave nazionale la sfida di Palazzo d'Orleans, soprattutto in vista delle prossime elezioni politiche. La coalizione che ha sostenuto Musumeci è al 36,3% con Forza Italia in testa col 13% dei consensi e Fratelli d'Italia e Lega Nord al 7,9%. "La cosa certa - commenta Matteo Salvini a caldo - è che il governo è stato sfiduciato dall'80% dei Siciliani, scioglimento del Parlamento ed elezioni subito".

Il tonfo del Pd e della sinistra è eclatante. E fa molto male a Matteo Renzi in vista delle politiche della prossima primavera. "Chi ha orchestrato questa operazione per estromettermi - ha commentato Crocetta - ha voluto uccidermi scientificamente, ma si sono suicidati, hanno ucciso il centrosinistra". D'altra parte la coalizione, che ha sostenuto Micari, non è arrivata nemmeno al 27,9% e il Partito democratico si è addirittura fermato all'10,8%. Fa addirittura peggio Angelino Alfano, probabile alleato dei dem alle prossime elezioni. I voti di Alternativa popolare sono stati confinati al 5%.

Intanto i dati sulle liste danno il Movimento cinque stelle al 28%, Forza Italia al 13% e il Pd intorno all'11. Mentre il presidente del Senato Pietro Grasso replica alle parole di ieri di Davide Faraone "Micari ha avuto il coraggio che Grasso non ha avuto": "Il presidente del Senato - sottolinea il suo portavoce - ha comunicato ufficialmente e con parole inequivocabili l'impossibilità, per motivi di carattere istituzionale, di candidarsi alla Regione Siciliana il 25 giugno scorso". 

"Non si può certamente addebitare a Grasso - prosegue - il fatto che, al di là dell'ardita ipotesi di far dimettere la seconda carica dello Stato per competere all'elezione del Governatore della Sicilia, per lunghe settimane non si sia delineato alcun piano alternativo". "Imputare a Grasso il risultato che si va profilando per il Pd, peraltro in linea con tutte le ultime competizioni amministrative e referendarie, è quindi una patetica scusa, utile solo ad impedire altre e più approfondite riflessioni, di carattere politico e non personalistico, in merito al bilancio della fase attuale e alle prospettive di quelle future". 

La quarta proiezione Piepoli per la Rai - su una copertura del 18% - vede il candidato del centrodestra Nello Musumeci in testa con il 36% delle preferenze (la coalizione che lo sostiene al 38,6). Seguono l'esponente del M5S Giancarlo Cancelleri al 34% (M5s al 27,2%), Fabrizio Micari con il 19,5% (la colazione che lo sostiene 25,9%) e Claudio Fava che si conferma al 9% e la Lista i Cento Passi al 7,3%.

Per la seconda proiezione sulle liste Piepoli e Noto per la Rai, basata su un campione del 27%, il Movimento 5 Stelle è al 28%. Per quanto riguarda la lista che sostiene Nello Musumeci, è data al 36,3% (Diventerà bellissima 5,3%, Fi 13% FI-Noi con Salvini 7,9 %, Udc 5,7%, Popolari e autonomisti-idea Sicilia 4,4%). Quanto alla lista che sostiene Fabrizio Micari è data al 27,9% (Pd 10,8%; Sicilia Futura-Pdr-Psi 7,6%; Micari presidente 4,5%; Ap-centristi per Micari 5,0%). La lista che sostiene Claudio Fava, I cento Passi per la Sicilia, è al 7,4%

Anche se ampiamente previsto, non arriva attutito, dentro il Pd, il tonfo in Sicilia. Matteo Renzi ammette con i suoi "il disastro annunciato", convoca per il 13 la direzione, pronto a cercare un dialogo che eviti una resa dei conti interna esiziale per il Pd a pochi mesi dalle elezioni. Ma non capisce chi, come Andrea Orlando, usa il voto siculo per mettere in discussione la sua premiership: il tema, secondo l'ex premier, non è chi va a Palazzo Chigi ma che ci vada il Pd e per farlo con il Rosatellum serve una coalizione e non il candidato premier.

Da giorni al Nazareno il flop siculo era dato per certo e i veri timori, che secondo gli exit polls sarebbero scongiurati, erano sul quarto posto dopo Claudio Fava, il candidato con cui Mdp e la sinistra sperano di riscrivere i rapporti di forza dentro il centrosinistra. Alla "sfida gentile" di Fabrizio Micari non credeva di fatto più nessuno così come già il voto a Palermo aveva segnalato che il Pd in Sicilia continua ad arrancare.

"Ma dove è la novità? - si difendono i renziani - la scorsa volta si è vinto con il 13 per cento del Pd, con l'11 dell'Udc e il 6 della sinistra di Crocetta e perchè la destra era divisa". Una lettura che sembra un pò assolutoria ma è in realtà mirata a sostenere che "siamo in partita se c'è una coalizione". 

 "La sconfitta è pesante ed è l'ultima di una serie di risultati presi sotto gamba", è l'analisi diffusa. Ora o Renzi dimostra di voler decidere insieme su tutto, a partire dalla definizione delle liste elettorali, e di impegnarsi davvero a costruire "senza veti" una coalizione o, come dice un big della minoranza, "parte il cinema".

Il leader è pronto, attraverso il coordinatore Lorenzo Guerini, ad aprire da domani il confronto con i possibili alleati. Mettendo sul piatto anche la disponibilità a primarie di coalizione se qualcuno le chiedesse. "Per il centrosinistra serve un nuovo inizio. Il Pd è pronto a confrontarsi senza veti con tutte le forze progressiste, europeiste, moderate, interessate a costruire unità e non divisione", ribadisce, ancora a urne aperte, Maurizio Martina.

Sia Orlando sia Franceschini si intestano il cambio di passo di Renzi sull'ammissione della necessità di costruire una coalizione e ora pretendono che si tratti davvero sia con la nascente lista Pisapia-Verdi sia con i Radicali. Mentre nella direzione centrista l'ex premier si è già mosso autonomamente incontrando Pier Ferdinando Casini. I big Pd non vorrebbero dare per perso fino all'ultimo anche un confronto con Mdp, ipotesi che Renzi vede remota "non per colpa sua", dicono i suoi. 

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