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Crisi di governo: Si combattono su soldi e spie, la vera guerra di Pd e renziani

La definizione politica «crisi di governo» può avere molteplici esiti istituzionali, dalle immediate dimissioni del Presidente del consiglio nelle mani del Presidente della Repubblica, alla parlamentarizzazione, che a sua volta può avvenire subito in una sorta di prova di forza, o successivamente dopo la ricomposizione della stessa crisi.

Ma vediamo come e arrivata la crisi del Governo : si combattono su soldi e spie: la vera guerra di Pd e renziani,i partiti litigano per l'intelligence e il Recovery fund e nei palazzi gira il nome di Marta Cartabia, presidente uscente della Corte costituzionale, per la guida di un esecutivo istituzionale. La torta dei fondi del Recovery (209 miliardi) porta al pettine i nodi nell'alleanza giallorossa. E poi l'ostinazione del premier sui Servizi segreti apre un solco invalicabile tra Palazzo Chigi e gli alleati (Pd e Italia viva). I Cinque stelle sono spariti sottolinea il giornale: il ministro degli Esteri Luigi di Maio, leader di fatto del Movimento, si è defilato e guarda dalla Farnesina la crisi che sta travolgendo Conte. Spera di prendere il posto dell'avvocato di Volturara Appula. Nello scenario peggiore, le elezioni anticipate, Di Maio studia le mosse per la rielezione in Parlamento in barba alla regola dei due mandati. 

Insomma, giorno dopo giorno il capo del governo perde alleati e appoggi. L'ultima avvisaglia arriva dal Pd. Secondo il Giornale,Il senatore Luigi Zanda, un tempo vicinissimo al ministro della Cultura Dario Franceschini (un altro che punta alla poltrona di Palazzo Chigi), avverte: «O Conte accetta il confronto con i partiti che lo sostengono, o il suo governo avrà vita brevissima», osserva in un'intervista al Corriere della Sera. Secondo il senatore Pd «al punto in cui sono arrivate le cose è difficile che si vada avanti senza un chiarimento vero, nei contenuti e sulla struttura del governo». «I governi di coalizione - spiega Zanda - sono molto faticosi e chi li presiede deve sapere che il confronto anche rude con i partiti che lo sostengono sarà sempre il suo pane quotidiano». Anche Zanda preme il piede sul tasto intelligence: «I Servizi sono il punto nevralgico e delicatissimo dell'apparato dello Stato, non dovrebbero mai entrare nella sfida politica su giornali e nei talk show.

Intanto il presidente della Repubblica, in Italia, è colui che gestisce le crisi di governo, per dettato costituzionale. Dopo aver ascoltato una serie di rilevanti personalità politiche (leader di partito, capogruppo parlamentari, presidenti di Camera e Senato) può adottare diverse soluzioni in caso di crisi di governo.

Rinvio alle camere: rinvio del governo alle camere per la verifica della sussistenza del rapporto fiduciario in entrambi i rami del parlamento;
Governo-bis: nomina di un nuovo governo, presieduto dallo stesso presidente del Consiglio dei ministri, con modifiche della compagine ministeriale;

Nomina di un nuovo presidente all'interno della stessa maggioranza oppure espressione di una maggioranza differente da quella che sosteneva il governo uscente;
Elezioni anticipate: il presidente della Repubblica scioglie le camere ed indice nuove elezioni.

L'obiettivo è quello di aprire sostanzialmente a un maxi rimpasto, senza escludere comunque un Conte ter. Lui continua a ripetere di essere disposto a rendersi protagonista di qualsiasi iniziativa per rafforzare "la coesione della maggioranza e la solidità della squadra di governo". Il premier sa benissimo di essere finito nel mirino delle offensive renziane, così come ha preso coscienza del fatto che in qualunque caso il terreno sotto i piedi dell'esecutivo giallorosso si sta sgretolando. Disposto anche a fare una serie di passi indietro. Magari, come riporta La Repubblica, trattando sui servizi segreti: Iv aveva chiesto a più riprese l'affidamento della delega a una persona che non sia lo stesso Conte.

Mentre ci si affretta a descrivere tutti gli scenari in campo, c'è chi esclude categoricamente la strada del voto. È lo stesso Matteo Renzi, in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera, a mettere subito le mani avanti: "Noi non abbiamo paura delle democrazia e del voto, per due motivi. Uno, perché le elezioni non fanno paura a chi è abituato a misurarsi con il consenso, secondo motivo è ancora più chiaro: tutti sanno che non ci saranno elezioni. Dobbiamo aprire le scuole, non i seggi".

Intanto Giorgia Meloni: "Fratelli d'Italia è tra i pochissimi a non aver mai votato la fiducia a Conte dall'inizio della legislatura. Non credo alla buona fede di Renzi e alla reale volontà di aprire una crisi di governo, ma sarei contenta di sbagliarmi: in ogni caso è una cosa che si può verificare facilmente. Propongo a chi realmente voglia, come noi, mandare a casa definitivamente il Governo Conte, e comunque a tutto il centrodestra, di presentare una mozione di sfiducia al Presidente del Consiglio e all'intero Governo. Così vedremo, ancora una volta, chi vuole mantenere in vita l'attuale Esecutivo (o al massimo puntare a un rimpasto), con tutti i gravissimi danni che sta arrecando agli italiani e chi invece vuole mandarlo veramente a casa".  

Sono tantissime le risorse sprecate dal Governo Pd-M5S per mancanza di visione. C'era bisogno di concentrarsi su tre temi fondamentali: imprese, lavoratori e povertà. Non è stato fatto perché la maggioranza era troppo presa a litigare e a occuparsi di nomine per avere un'idea di sviluppo secondo Giorgia Meloni.  

Ecco i possibili scenari che potrebbero presentarsi in caso il governo Conte entrasse effettivamente in crisi nei prossimi giorni. È quanto avvenuto sempre nella Prima Repubblica. Il capo del governo, constatato il venir meno della propria maggioranza, sale al Quirinale e rassegna le dimissioni. Il Quirinale apre le consultazioni per verificare se in Parlamento esista una maggioranza (la stessa o una diversa) che sostenga un nuovo governo (con lo stesso premier o con un altro). In caso negativo convoca i comizi elettorali.

Numeri alla mano non lo si può escludere. Anche se lo scenario ha giusto qualche probabilità di riuscita in più rispetto al ricorso a elezioni anticipate, che in questo momento sta fuori da tutti i radar. Renzi apre la crisi, Conte perde la fiducia e si dimette, Movimento Cinque Stelle Partito democratico finiscono in un vicolo cieco, il centrodestra compatto rivendica la premiership e Italia Viva garantisce i numeri con l'appoggio esterno. Lo schema è aritmeticamente pericolante anche alla Camera (Lega, Forza Italia, Fratelli d'Italia e Italia viva, sommati, fanno 284 deputati); ma questa specie di «Papeete al contrario», la rivincita del numero uno della Lega rispetto al tracollo dell’estate del 2019, altro non è che il miraggio inseguito da Salvini e Meloni tutte le volte che avevano rivendicato un incarico per il centrodestra.

I altri scenari che possono essere in caso di rottura definitiva all'interno della maggioranza, il Presidente del consiglio si presenta alle Camere ma, dopo le proprie comunicazioni e la discussione, non attende il voto e annuncia di recarsi dimissionario al Quirinale. È avvenuto il 22 dicembre 1994, dopo la rottura della Lega di Bossi con il governo Berlusconi, e il 20 agosto 2019, dopo la rottura della Lega di Salvini con il governo Conte I.

In una situazione di rottura, è il premier a voler drammatizzare la situazione con un voto delle Camere, per inchiodare il partito che ha dato vita alla crisi. È avvenuto due volte con i governi guidati da Romano Prodi (9 ottobre 1998 e 24 gennaio 2008) e una volta con il governo di Enrico Letta (11 dicembre 2014): entrambe gli esecutivi Prodi caddero, mentre quello Letta sopravvisse perché il partito che gli aveva inizialmente negato la fiducia, Fi, si spaccò.

È una variante dello scenario precedente: dopo una rottura, il governo cerca in Aula non una maggioranza politica alternativa a quella che si sta rompendo, bensì una maggioranza solo numerica

È lo scenario preferito del presidente del Consiglio. Un maquillage della squadra di governo che premia le ambizioni di Italia Viva ma preservi l’esecutivo anche nella sua attuale denominazione. Un Conte 2, insomma, nella variante Conte 2 bis. In pratica, Pd e M5S – ovviamente accompagnate dalla moral suasion del capo del governo – dovrebbero impegnarsi per convincere alcuni ministri del governo a lasciare il loro posto per essere sostituiti, e senza che questo sia accompagnato dall'apertura di una crisi vera e propria. Difficile che a Renzi basti, è quello che pensano a Palazzo.

In tutto questo la preferenza del Popolo Italiano sarebbero elezioni anticipate: vorrebbero che il presidente della Repubblica scioglie le camere ed indice nuove elezioni almeno abbiamo un Governo uscito dalle urne con una indicazione di occuparsi della grande crisi economica che sta arrivando, grazie anche al virus....

fonti : il giornale/ corriere /  Giornale di Brescia / Gazzetta Tricolore

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