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Nuova strage nel Mediterraneo: Oltre 400 migranti sono dati per dispersi

Oltre 400 migranti, la maggior parte dei quali somali, sono dati per dispersi nel Mediterraneo mentre cercavano di raggiungere l'Italia dall'Egitto.

A dirlo e la BBC Arabic che cita "fonti egiziane" e media locali, secondo cui centinaia di persone, per lo più somali, erano a bordo di "quattro imbarcazioni sfasciate".

Il corrispondente della Bbc in Kenia, inoltre, avrebbe parlato con i parenti di tre giovani somali della stessa famiglia che sarebbero tra i migranti annegati, mentre l'ambasciatore somalo in Egitto ha confermato l'incidente, affermando che l'ambasciata sta valutando la posizione da adottare rispetto all'accaduto. Secondo i media somali, poi, solo 30 persone sarebbero riuscite a salvarsi grazie ai soccorsi.

Contemporaneamente, gli sbarchi - e le morti - non si arrestano: sei cadaveri sono stati recuperati ieri sera su un gommone con a bordo un centinaio di migranti diretto verso l’Italia, che si trovava nel Canale di Sicilia, a circa 20 miglia dalle coste libiche.

"C’è veramente bisogno di pensare, oggi di fronte ad una ennesima tragedia in cui sono morte centinaia di persone, ad un anno da una tragedia in cui ne morirono 800", ha detto Sergio Mattarella durante la cerimonia per i David di Donatello, "Il cinema continua a offrire emozioni, sorrisi , poesia, immagini che ci sorprendono e ci fanno pensare. Pensare è necessario, il cinema aiuta a pensare. Il cinema, l'arte, la cultura sono per loro natura interdipendenti; e ignorano le frontiere. Il nostro sguardo sugli altri si incrocia con lo sguardo degli altri verso di noi".

"Oggi è un triste anniversario, perché esattamente un anno fa un annegamento nel mar Mediterraneo causò la morte di più di 800 persone", ha ricordato Federica Mogherini, "In quelle stesse acque in cui stiamo salvando delle vite, arrestando i trafficanti e neutralizzando navi. Abbiamo fatto molto, ovviamente c'è molto che stiamo ancora pianificando e facendo".

"L'Europa è un valore non negoziabile? Da questa risposta dipendono strategie future e azioni politiche future nel vecchio continente". Così il direttore di Mondo Greco, Francesco De Palo, intervistato nella trasmissione Uno Mattina su Ra1 in occasione della storica visita di Papa Francesco a Lesbo.

Grecia, Turchia e Libia rappresentano "un unico fil rouge" ha osservato, dal momento che "il campo vergogna di Idomeni è la logica conseguenza di una colossale sottovalutazione della rotta balcanica, di cui si ha cognizione sin dal dicembre 2014, quando alcune ong diffusero report e fotografie delle carovane siriane che viaggiavano di notte a piedi sui binari delle ferrovie dalla Grecia settentrionale sino alle porte della Germania".

 

Secondo De Palo le politiche europee suino ad oggi sono state avviate in ritardo rispetto alla cronaca, per questa ragione "se consideriamo l'Europa un valore non negoziabile allora dobbiamo fare in modo che l'eurodirigenza programmi strategie di medio-lungo periodo e non si limiti ad affrontare, in costante affanno, le emergenza che si presentano, come quella dell'esodo biblico del Medio Oriente".

Il prossimo banco di prova a questo punto è la Libia "da dove stanno ricominciando i traffici di carni e ossa verso Lampedusa, con cui andrà trovato un accordo al più presto e, per forza di cose, sensibilmente migliore di quello approssimativo concluso con Ankara".

 

Secondo il tabloid britannico la maggior parte dei migranti fuggiva da Somalia, Etiopia ed Eritrea. Secondo i media somali, una trentina di loro sarebbero stati tratti in salvo. L'ambasciatore somalo in Egitto ha detto alla Bbc in arabo che le vittime sarebbero oltre 400.

La centrale operativa, ricevuta la richiesta di soccorso, ha inviato sul punto indicato la nave Aquarius, di 77 metri, appartenente ad una Ong. L'unità ha raggiunto il gommone, che, a causa del mare molto mosso, rischiava di capovolgersi. I migranti, trasferiti sull'Aquarius, hanno segnalato la presenza dei sei cadaveri, che sono stati trasferiti sulla nave. L'Aquarius sta facendo rotta ora verso le coste italiane.

Sulla base dell'esperienza fatta con l'accordo tra Ue e Turchia, l'Italia propone un 'migration compact' per ridurre i flussi anche lungo la rotta mediterranea attraverso nuove intese con i Paesi d'origine e di transito, in particolare quelli africani, da finanziare con strumenti innovativi come i bond Ue-Africa. Ecco quanto l'Ue potrebbe offrire ai Paesi terzi in base alla proposta italiana.

Non si tratterà di un esame formale - anche perchè le proposte italiane, raccolte in quello che in gergo diplomatico si chiama un 'non-paper', non hanno un carattere 'ufficiale' - ma di un confronto nell'ambito della discussione sulla "dimensione esterna" della crisi dei migranti che figura come primo punto all'ordine del giorno dei lavori del Consiglio.

Il titolare della Farnesina, Paolo Gentiloni, avrà quindi modo di verificare l'accoglienza che i suoi colleghi intendono riservare all'idea di base del Migration compact, ovvero una rivisitazione approfondita e articolata dell'accordo Ue-Turchia. Da attuare seguendo quello che, per il governo, è una sorta di percorso obbligato per arrivare a una gestione ordinata dei flussi e garantire la sopravvivenza di Schengen. "Quello che vale nel rapporto Ue-Turchia deve valere nel rapporto Ue-Paesi dell'Africa: se tu mi aiuti io ti aiuto", ha spiegato il ministro dell'Interno Angelino Alfano.

Il compito dell'Europa è far sì che i Paesi che ricevono soldi "ci aiutino a frenare il flusso dei migranti". Un argomento, quello del Patto sull'immigrazione, che si intreccia con l'altra questione che sta particolarmente a cuore all'Italia e su cui si concentreranno i lavori del Consiglio: la situazione in Libia. Dopo le visite lampo effettuate nei giorni scorsi a Tripoli da Gentiloni e dai suoi colleghi di Francia e Germania, oggi dalla capitale libica è arrivata la notizia del fermo di circa 200 persone, tra cui gli organizzatori del viaggio, pronte a imbarcarsi e partire verso le coste italiane. Un episodio indicativo della prevedibile ripresa massiccia dei flussi attraverso il Mediterraneo. Proprio per questo i responsabili delle diplomazie Ue potrebbero avere un confronto sulla possibilità di estendere la missione Sofia che vede attualmente impegnate le unità di Eunav for Med nel pattugliamento delle acque internazionali davanti alla Libia.

L'ipotesi in discussione è quella di allargare il raggio di azione della missione fin dentro le acque territoriali libiche, un'ipotesi che potrà però essere eventualmente tradotta in realtà solo se e quando ci sarà un'esplicita richiesta da parte delle autorità di Tripoli e il via libera dell'Onu.

Per fare il punto della situazione sul terreno, il Consiglio - a cui parteciperà anche il ministro della Difesa Roberta Pinotti - si collegherà in teleconferenza oggi, verso le 19, con il premier libico Fayez al Sarraj. Il quale, in attesa di un rafforzamento della sua legittimazione politica a livello nazionale, potrebbe però limitare per ora la sua richiesta d'aiuto all'addestramento di forze di polizia, un'operazione già battezzata 'Eubam Libia'.

- Opere dall'alto impatto sociale e infrastrutturale da individuare assieme al Paese partner.

- Titoli con cui finanziare i progetti infrastrutturali e facilitare l'accesso di questi Paesi ai mercati finanziari, in sinergia con la Bei e le altre grandi organizzazioni finanziarie internazionali.

- Controllo comune dei confini e collaborazione sul fronte della lotta al crimine

- Creazione di strumenti per l'accesso di lavoratori al mercato europeo

- Sistema di compensazione riservato ai Paesi che si impegnano nello stabilire sistemi di asilo nazionali Ed ecco quello che l'Ue potrebbe chiedere in cambio

- Nell'ambito di un coordinamento con le forze locali anche grazie a una Guardia di frontiera europea.

- Collaborazione amministrativa con i Paesi sul fronte dell'identificazione, della distribuzione dei documenti e dei rimpatri.

- Con il sostegno locale di strutture di accoglienza dove identificare chi ha diritto a ottenere protezione internazionale e chi no.

- In linea con gli standard internazionali, magari con l'aiuto di agenzie specializzate come l'Unhcr e la Oim.

- Con operazioni congiunte di polizia e aumentando la cooperazione giudiziaria.

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