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Marco Marsilio del centrodestra è il nuovo governatore dell'Abruzzo. Il candidato di Fratelli d'Italia conquista il 48% e stacca i rivali del centrosinistra, Giovanni Legnini, fermo al 31%, e del Movimento 5 stelle Sara Marcozzi, solo terza con il 20%.

Boom della Lega che diventa il primo partito nella regione (alle precedenti elezioni regionali del 2014 non era nemmeno presente) con oltre il 27%. Crolla al 19% il Movimento 5 stelle, dal 39,9% delle politiche 2018 (era il 20% alle precedenti regionali). In calo anche il Pd che prende l'11,6%, dal 25% delle elezioni di 5 anni fa e dal 14% delle politiche. Affluenza in calo al 53,12%.


E proprio per la sua collocazione temporale, a poco più di tre mesi dalle elezioni europee, l'esito delle urne potrebbe avere un peso non indifferente sugli equilibri del governo e, sopratutto, sui rapporti tra gli alleati. Il risultato che esce da questa prima tornata elettorale è netto. Il senatore romano di origini abruzzesi Marco Marsilio, sostenuto dal centrodestra, è infatti al 48%. Molto più indietro l'ex vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, sostenuto dal centrosinistra, che si ferma al 31,34%. Crolla il Movimento 5 Stelle che con il consigliere regionale uscente Sara Marcozzi non va oltre il 20,16%.

Alla libreria Feltrinelli, nel centro di Pescara, il giorno dopo del voto si parla dell'"insostenibile leggerezza dell'essere" dei grillini. Ovvero si ragiona - quei e nei bar e nei ritrovi cittadini in attesa di festeggiare con il neo-governatore di centrodestra, Marsilio, mentre Salvini è atteso oggi pomeriggio all'Aquila - sulla catastrofe M5S, che sono passati dal 40 al 20 per cento.


"L'effetto Raggi è arrivato fino qui", ragiona un anziano professore di liceo in pensione. Cioè? "M5S ha mostrato, amministrando Roma, di non vare le capacità tecniche e le visioni politico-culturali che sono necessarie per governare le realtà locali e quelle nazionali. Gli abruzzesi somo gente pratica, hanno capito il problema e lo hanno risolto cambiando voto o non andando a votare".

E così la sconfitta è anzitutto una  sconfitta di Di Maio, che aveva fatto dell'Abruzzo il centro della proprio svolta di lotta: e il No Tav grillino è stato fulcro della campagna elettorale, anche se della Torino-Lione se ne infischiano dalle parti del Gran Sasso, come hanno dimostrato i dati. E si ragiona di bipolarismo in Abruzzo. Stava per formarsi qui, ma in chiave nazionale, il nuovo bipolarismo tra destra leghista e sinistra grillina, e invece no. Riparte da questa regione il vecchio bipolarismo. Con il centrosinistra al 30 per cento, e il centrodestra al 50. I grillini solo al 20, cioè terzi in classifica. E così molto probabilmente sarà anche nel voto del 20 febbraio in Sardegna.

Per me non cambia nulla". All'indomani della schiacciante vittoria alle elezioni regionali in Abruzzo, Matteo Salvini rassicura gli alleati di governo e sottolinea come non siano all'orizzonte rimpasti nell'esecutivo.

"Se riesco già oggi mi vedrò con Luigi Di Maio e il premier Giuseppe Conte", ha spiegato il vicepremier e ministro dell'Interno a Montecitorio. E pure il presidente del Consiglio si dice certo che non ci saranno cambiamenti: "Sono elezioni regionali di una regione centrale", ha detto Giuseppe Conte, "Aspettiamo di leggerle e di vedere le valutazioni che spettano agli esponenti delle forze politiche. Il dato mi sembra abbastanza chiaro, ma questo non cambia nulla per il governo centrale. Continuiamo a lavorare, non cambia nulla".

Parlando del voto, però, Salvini non ha mancato di ironizzare sul Partito democratico: "È bizzarro vedere festeggiare il Pd perchè è arrivato secondo", ha detto, "se uno si accontenta di perdere va bene così". "Sono felice, perché il lavoro paga, la concretezza paga", ha quindi esultato, " Questo è un altro, il secondo dato elettorale vero, dopo Trento e Bolzano, da che siamo al governo. Alle europee eravamo all'1%, ora simao primo partito col 27%".

A uscirne con le ossa rotte dal voto in Abruzzo, però, è il Movimento 5 Stelle che, come al solito, viaggia da solo. A correre per i grillini c'è la Marcozzi, 41enne consigliere regionale uscente, già candidata alle elezioni regionali nel 2014. Il vicepremier Luigi Di Maio ha chiuso la campagna elettorale lanciando un attacco alla sinistra definita "peggiore di Berlusconi e più ipocrita". Ma il risultato è un vero e proprio crollo. È, infatti, riuscito a stento ad arrivare al 20% perdendo così quasi venti punti percentuali dalle elezioni politiche dello scorso marzo. Neanche un anno fa, i grillini avevano conquistato proprio l'Abruzzo con il 39,8% e 303.006 voti. Uno scivolo pazzesco anche rispetto al 21,4% ottenuto cinque anni fa  

Il ruolo e la presenza sul territorio che hanno avuto i principali leader politici, nel corso della campagna elettorale, ha fatto capire sin da subito l'importanza della sfida. Tanto che la maggior parte degli analisti politici vedono nelle elezioni regionali in Abruzzo una sorta di test nazionale. Il risultato sembra confermare il trend dei sondaggi che ogni circolano da mesi. Marsilio incassa il 48% delle preferenze trainato da un centrodestra unito che si dimostra, ancora una volta, vincente. La Lega, che raddoppia il risultato ottenuto alle politiche 2018 e si conferma prima partito d'Italia, porta a casa il 27,45% dei voti. Forza Italia si assesta sul 9,1%. Fratelli d'Italia, di cui Marsilio è senatore, ha avuto il 6,47 delle preferenze.

Il centrosinistra ha provato a contrapporsi al centrodestra schierando Legnini con l'appoggio di ben otto liste (Pd, Abruzzo in Comune, Centristi per l'Europa-Solidali e Popolari per Legnini, Progressisti con Legnini-Sinistra Abruzzo-Leu, Avanti Abruzzo-Italia dei Valori, Abruzzo Insieme-Abruzzo Futuro, Legnini Presidente, +Abruzzo-Centro Democratico). Pur avendo abbracciato l'anima progressista, quella cattolica, di sinistra ma anche liberale e dei Radicali, non gli è riuscito di uscire dal pantano del 4 marzo è il principale degli obiettivi. L'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Letta e vicepresidente del Csm si è, infatti, fermato al 31,34% con il Partito democratico che non è andato oltre l'11,15% delle preferenze.

Intanto "C'è un uso politico della diplomazia, che trovo molto inquietante, da parte di Emmanuel Macron. Lui vuole a ogni costo apparire come l'oppositore politico alla politica condotta da Salvini, da Orban, a costo di mettere in una situazione di crisi i nostri due Paesi, che sono alleati da lungo tempo". Queste le dichiarazioni di Le Pen, leader di Rassemblement national, a France Inter.

Una difesa a spada tratta del governo giallo-verde, in particolare dell'alleato della Lega, e una critica feroce nei confronti del capo dell'Eliseo. Perché Macron, adetta di Marine Le Pen, fa "uso politico" e "a scopi elettorali" della diplomazia. Il riferimento è al richiamo dell'ambasciatore francese a Roma subito dopo l'incontro fra Di Maio e alcuni alti esponenti del movimento di protesta dei gilet gialli.

Secondo la leader della destra francese, c'è "una contraddizione molto forte" nelle posizioni espresse da Macron, "che vuole la scomparsa delle frontiere, che è per il federalismo europeo, che è colui che porta l'idea di liste transnazionali" per le prossime elezioni europee, ma "si scandalizza che un responsabile politico italiano venga a discutere con dei militanti politici in Francia". Per la Le Pen, "l'ingerenza e l'indignazione hanno una geometria variabile", perché "quando Obama chiede di votare per Macron, tutto il mondo trova sia bellissimo. Quando Erdogan viene a fare un grande incontro a Strasburgo, nessuno ha nulla da dire".

E un vero scontro tra giurie e televoto 46% Mahmood 11% ma vince San Remo è diventa un caso politico per qualcuno, addirittura, è un vero e proprio dispetto verso il «prima gli italiani» di Matteo Salvini. Scene da un Festival che si chiude con un simpatico e ingombrante vincitore a sorpresa: tutti felici e contenti, o quasi tutti. Felici perché la settimana di irragionevole follia è finita, perché ora si passa all'incasso (concerti, dischi, trasmissioni, progetti), perché la sbornia provoca una strana sensazione di eccitazione. Eccitato, addirittura inferocito, lo abbiamo visto in piena notte, il favorito della vigilia, Ultimo, arrivato secondo. «Me l'avete tirata e mi avete rotto il c...zo» ha sparato verso l'affollata platea della sala stampa. Non ha partecipato neppure alla rituale passerella di Domenica in. La sua rabbia è accompagnata dalle sirene che si sono alzate sul sistema di votazione, perché la vittoria di Mahmood non è l'investitura popolare di un'Italia che vota per l'integrazione.

 

 

«Il nostro rapporto di amicizia con il popolo francese non è in discussione dice Di Maio in una intervista a Messaggero. Il Presidente Macron si è più volte scagliato contro il governo italiano per motivi politici in vista delle europee, e sui gillet gialli non mi pento".

Lo scontro fra il governo italiano  ed Emmanuel Macron ha raggiunto, ieri, un altro picco. Il richiamo dell’ambasciatore a Roma è stato uno dei segnali più chiari delle crescenti tensioni fra Italia e Francia. Da Parigi non sembra ci siano segnali di distensione. E anche se a Roma qualcuno cerca spiragli, sia in seno alla maggioranza che in sede diplomatica, ora molti attendono che l’Eliseo possa fare una nuova mossa per colpire l’Italia.

Parliamo di una nuova mossa, perché se è vero che il governo italiano ha aumentato il livello dello scontro ed è chiaro che ci siano delle responsabilità anche di una parte del governo, è anche vero che la Francia non ha mai cessato di colpire costantemente gli interessi italiani. Lo ha fatto sul fronte dei migranti, sul rispetto dei confini nazionali, sulla Libia, sui cantieri di Saint-Nazaire andando a danneggiare Fincantieri, e lo ha fatto anche in sede europea, sia per quanto riguarda la battaglia sul deficit sia blindando l’asse franco-tedesco con il Trattato di Aquisgrana.

La vendetta di Emmanuel Macron si consuma il giorno dopo lo strappo diplomatico.Con un dietrofront improvviso e inaspettato, il numero uno dell'Eliseo ha infatti fatto sapere di aver cambiato idea sugli immigrati che si trovavano a bordo della Sea Watch 3. Non li ospiterà in Francia. "Sono immigrati economici", hanno fatto sapere da Parigi rompendo così l'accordo preso a livello europeo per convincere il ministro dell'Interno Matteo Salvini a far attraccare in Sicilia la nave della Ong tedesca.  
Ora lo scontro tra il nostro Paese e Parigi sfiora anche il futuro di Alitalia. Secondo alcune fonti autorevoli citate dal Sole 24 Ore, la compagnia francese avrebbe deciso di ritirarsi dal piano di salvataggio di Alitalia per "motivi politico-istituzionali". La mossa potrebbe a questo punto mettere a rischio la ricerca di un partner alternativo ad Air France-Klm per affiancarsi a Ferrovie dello Stato. Alitalia in questo momento prosegue sulla sua strada attingendo alla cassa del prestito ponte di circa 900 milioni di euro. "Si dissolvono come neve al sole i piani di Di Maio su Alitalia e si avvicina sempre più la nazionalizzazione.

Dopo il botta e risposta tra Parigi e Roma sul caso dell'incontro di Di Maio con i leader dei gilet gialli, adesso la battaglia si sposta sul terreno economico. Già questa mattina il portavoce del governo francese ha puntato il dito contro Di Maio e Salvini affermando che le loro battute di certo "non hanno evitato la recessione".  

E le offese Francesi verso l Italia continuano un "siluro" dalla Francia sull'Italia: "Cacciare la lebbra nazionalista"venti di recessione che soffiano sull'Italia diventano un'arma nelle mani di Macron. E il suo portavoce non perde tempo e mette nel mirino l'Italia attaccando proprio l'esecutivo che deve fare i conti con una frenata della crescita: "Le battute di Luigi Di maio e Matteo Salvini sulla Francia non hanno evitato all’Italia di entrare in recessione", ha affermato Benjamin Griveaux. Poi l'affondo proprio su Di Maio che ha incontrato i gilet gialli: "Cortesia istituzionale vuole che si avverta il governo locale, quando si va in un paese vicino", ha detto.

Quanto a eventuale responsabilità di Parigi, Griveaux ha aggiunto che "dal presidente francese, Emmanuel Macron, non e mai arrivato un attacco frontale". Poi, sempre il portavoce del governo francese torna sul richiamo dell'ambasciatore a Roma e afferma: "Questa situazione di certo non è permanente ma era importante dare un segnale...". Infine il portavoce sferra l'attacco finale al nostro governo affermando che la Francia combatte "la lebbra nazionalista": "Se si vuol fare indietreggiare la lebbra nazionalista, se si vuole fare indietreggiare i populisti, se si vuol fare indietreggiare la sfida all'Europa, il modo migliore è di comportarsi bene con i propri partner". Lo scontro adesso è aperto. E gli esiti sono imprevedibili...

Griveaux ha preso atto della «disponibilità» al dialogo mostrata da Matteo Salvini e Luigi Di Maio, ma ha voluto sottolineare che «c’è un capo del governo in Italia, ed è il signor Conte», che il presidente francese, Emmanuel Macron, ha «incontrato diverse volte». Il richiamo dell’ambasciatore, ha spiegato poi Griveaux nel corso di una intervista a Europe 1, «non è permanente».

E sul fronte degli investimenti, Macron ha una serie di frecce pronte a essere scoccate dal suo arco. Ha già dimostrato di saperlo fare. Il caso più eclatante è quello dell’affare Fincantieri-Stx per i cantieri di Saint-Nazaire. Inutile negarlo: la mossa francese di adire la Commissione europea per presunta lesione della concorrenza è stato uno sgarbo eminentemente politico .Basti pensare che la possibile acquisizione dei cantieri atlantici non supera la soglia di fatturato minima per destare il sospetto dell’Antitrust europeo. Un mossa che non si può non definire subdola, ma che dimostra la possibilità di Parigi di bloccare un affare estremamente importante per la cantieristica italiana.

Altro settore a rischio, quello della telefonia. Come spiegato da Repubblica,  in particolare preoccupa la “controffensiva sferrata dal socio francese Vivendi per il controllo di Tim, che vedrà il momento clou nell’assemblea convocata per il 29 marzo. Vincent Bolloré, patron di Vivendi, che con il 23,9% è il primo azionista del gruppo italiano, pensa che cedere la rete Tim sia sbagliato. Il governo gialloverde, invece, la vorrebbe fuori dalla società telefonica”. Anche in questo caso, in un settore strategico ed estremamente delicato come quello delle reti telefoniche, la Francia ha un cavallo di Troia per colpire gli interessi italiani in caso di guerra diplomatica.

Ma Matteo Salvini scrive al Ministro Francese : "Caro Collega, i nostri Paesi da sempre condividono solidi rapporti bilaterali, con particolare riferimento ai campi della sicurezza, del terrorismo e dell'immigrazione - scrive Salvini a Castaner -. Rapporti che, nel confermare una concreta volontà di collaborazione, possono e devono essere ulteriormente sviluppati nell'interesse strategico reciproco. In questo quadro, sarei particolarmente lieto di invitarLa a Roma, per un confronto ed un proficuo scambio sui dossier aperti. Le anticipo, tra i vari temi, che confermo un vivo interesse per la collaborazione da Voi offerta a proposito dei rimpatri dei migranti economici. In attesa di incontrarLa personalmente in una data che i nostri Uffici potranno concordare, voglia gradire i sensi della mia stima, unitamente ai saluti più cordiali".Tra i punti sul tavolo, c'è quello legato al terrorismo. E il ministro dell'Interno ha affermato che chiederà al ministro che vengano rimandati in Italia i 15 terroristi che oggi sono in Francia.

Intanto il tempismo della decisione sorprende. Solo ieri, infatti, la Francia aveva richiamato l'ambasciatore a Roma, Christian Masset, "per consultazioni" dopo che "per vari mesi la Francia è stata soggetta ad attacchi infondati e senza precedenza, dichiarazioni oltraggiose" dei leader italiani. Una mossa senza precedenti che arriva al culmine di una tensione diplomatica sull'asse Roma-Parigi. E, nonostante Salvini si sia detto disposto a incontrare Macron per provare a "voltare pagina", oggi da Parigi è arrivato l'ennesimo sgambetto che, di fatto, obbliga il Viminale a dover gestire anche gli immigrati di cui i francesi avevano promesso di farsi carico.

Una ritorsione, insomma, che suona ancor più amara se si leggono le promesse dei francesi ad aiutare il nostro governo a chiedere rimpatri più efficaci in alcuni Paesi africani, a partire dal Senegal. Al Viminale non resta che prendere atto di questa ritorsione: "Anche i francesi non vogliono clandestini. Ora - fanno sapere - ci si aspetta che Parigi dimostri con i fatti la sua buona volontà, collaborando per rimpatriare al più presto decine di senegalesi irregolari che si trovano in territorio italiano". Ma, da qui alle elezioni europee del prossimo maggio, non ci si può aspettare più niente di più da Macron, se non altri colpi bassi.

Dei 47 migranti della Sea Watch in Italia ne resteranno uno o due". Dopo oltre dieici giorni di un estenuante braccio di ferro con l'Unione europea, Salvini era riuscito a portare a casa un importate risultato facendo sì che il peso dello sbarco non gravasse soltanto sull'Italia. Alla fine l'accoglienza degli stranieri avrebbe dovuto essere ripartita tra otto Paesi: Germania, Lussemburgo, Francia, Romania, Spagna, Portogallo, Lituania e Malta. 

Ad ogni Paese sarebbe, appunto, toccato un certo numero di immigrati. All'Italia ne sarebbero dovuti rimanere, appunto, soltanto un paio. E non più tutti come accadeva quando al governo c'era il Partito democratico. Ora, però, si viene a sapere che questo accordo è carta straccia. Non per tutti. Lo è per i francesi che, secondo quanto fanno sapere dal Viminale, hanno "cambiato idea" decidendo che non accoglieranno più i migranti della Sea Watch3. Parigi ha, infatti, fatto sapere al ministero dell'Interno italiano che "prenderà solo persone che hanno bisogno di protezione e non migranti economici".

Dopo gli sconfinamenti dei gendarmi transalpini nel nostro territorio nazionale, dopo gli insulti del presidente Macron, che ha bollato gli italiani definendoli “vomitevoli”, nel Pd c’è chi difende i francesi a spada tratta pur di andare contro il proprio Stato, dato che non siede più nella “stanza dei bottoni”. “Il nostro è un territorio che dal punto vista delle affinità culturali ed economiche ha radici comuni con la Francia. E sono radici profonde”, si giustifica Borgna. “Cuneo e Nizza sono gemellate da mezzo secolo. Il 14 luglio 2016 non c’era famiglia cuneese che non avesse conoscenti o parenti lungo la Promenade des Anglais. Il senso di appartenenza all’Unione europea va oltre le identità nazionale e locale”.

“Un gesto di amicizia con i cugini francesi”, aveva annunciato il primo cittadino di Cuneo, come riportato da “La Stampa”. “I valori più profondi dell’Unione europea e della convivenza pacifica tra Stati non possono essere strumentalizzati per fini elettorali

La leader di Fratelli d’Italia utilizza Twitter per esprimere tutto il suo sdegno nei confronti dell’atto da parte di Federico Borgna di esporre il vessillo francese accanto a quello di Italia ed Europa sul balcone del municipio. “A Cuneo il Sindaco Pd espone dal balcone del Comune la bandiera francese in “segno di amicizia” dopo la decisione della Francia di convocare l’ambasciatore francese a Roma. Quanto piace agli esponenti della sinistra comportarsi da servi”.

 

La Francia ha richiamato a Parigi per consultazioni l'ambasciatore a Roma Christian Masset. Lo annuncia una nota durissima del Quai d'Orsay che parla di "attacchi senza precedenti dalla fine della guerra e senza fondamento" e "dichiarazioni oltraggiose" da parte del governo italiano. "Essere in disaccordo è una cosa, strumentalizzare la relazioni a fini elettorali è un'altra", aggiunge il ministero degli Esteri francese.

Una scelta dovuta "agli attacchi senza precedenti del governo italiano", dicono dal ministero degli Esteri di Parigi, "La campagna per le elezioni europee non può giustificare la mancanza di rispetto per ogni popolo o la sua democrazia. Tutti questi atti creano una situazione seria che mette in discussione le intenzioni del governo italiano nei confronti della sua relazione con la Francia. La Francia invita l'Italia ad agire per ripristinare il rapporto di amicizia e rispetto reciproco, in linea con la nostra storia e del nostro destino comune".

A irritare la Francia sono state le polemiche sollevate oggi dal Viminale per le continue incursioni da parte dei gendarmi francesi sui treni a Ventimiglia. Controlli che spesso causano ritardi significativi alla circolazione ferroviaria o accuse ai capotreno italiani di non rispettare le forze dell'ordine francesi. Ma anche l'incontro avvenuto nei giorni scorsi da i leader del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, con i gilet gialli. Una "provocazione inaccettabile", l'aveva bollata ieri Parigi.

Quello di oggi è solo il culmine di uno scontro che va avanti da mesi. Dai blitz a Ventimiglia e Bardonecchia al franco imposto alle ex colonie in Africa, dalle accuse sull'accoglienza, fino agli scontri per i conti in Europa.

Perché la Francia continua a sconfinare per controllare chi c'è a bordo e nel caso respingere nel nostro Paese gli immigrati irregolari. Nelle ultime ore è, infatti, tornato centrale nell'agenda dei due Paesi il mantenimento dell'ordine al confine. Ad alzare la voce è ancora una volta il ministero dell'Interno denunciando i soprusi e gli sconfinamentidegli agenti francesi. Una nuova occasione di frizione che non farà che incrinare ulteriormente i già difficili rappoprti tra Matteo Salvini e Emmanuel Macron.

"Questa volta - fanno sapere dal Viminale - si tratta del comportamento della polizia doganale di Parigi". Sempre più spesso, infatti, gli agenti d'Oltralpe salgono a bordo dei treni italiani, alla stazione di Modane, per effettuare operazioni di controllo su passeggeri e merci e tengono fermi i convogli a lungo. Il risultato? Una vera e propria concorrenza sleale. I fortissimi ritardi danneggiano, infatti, sia i viaggiatori sia le imprese. Ma non solo. 

Si registrano anche svariati problemi per i responsabili dei treni italiani: in alcuni casi i convogli sono partiti con i doganieri ancora a bordo scatenando così reazioni particolarmente stizzite da parte di Parigi. Il capotreno italiano, che ha dato il via libera alla partenza, rischia ora una misura detentiva doganale per "opposizione allo svolgimento delle proprie funzioni". Un reato punibile con un anno di reclusione e una multa da almeno 15mila euro. Il Viminale ha già contattato le autorità francesi pretendendo "rispetto e ragionevolezza". "L'auspicio - fanno sapere dal ministero dell'Interno - è individuare immediatamente un punto di equilibrio, uniformando le operazioni di controllo".

È da tempo che al Viminale tengono d'occhio i francesi per questo comportamento. I fari erano già accesi lo scorso ottobre quando la gendarmerie ha obbligato un africano, probabilmente del Mali, che viaggia senza biglietto e, soprattutto, senza documenti, a rientrare nel nostro Paese. "Lo straniero ha superato il confine dall'Italia - avevano tuonato i militari francesi in quell'occasione - e in Italia deve ritornare". Al suo rientro a Torino, l'immigrato era stato immediatamente consegnato alla Polfer e portato nel commissariato locale, ma Salvini aveva comunque tenuto il punto con Parigi portando all'attenzione dell'Eliseo "l'ennesimo episodio di arroganza". "Aggiungiamo un altro capitolo al lungo elenco di lamentele. L'Italia pretende rispetto", aveva commentato il vicepremier leghista ringraziando pubblicamente le nostre forze dell'ordine e i ferrovieri per "non aver abbassato la testa" davanti ai francesi.

Ora il faldone degli sconfinamente inizia ad essere davvero corposo. Da Ventimiglia a Bardonecchia, gli episodi continuano a sommarsi e i rapporti con Macron si fanno sempre più tesi. Anche perché dopo l'accordo firmato con Angela Merkel, il presidente francese è definitivamente uscito allo scoperto. Non che ce e fosse bisogno, ma adesso è chiaro a tutto che sta giocando una partita contro l'Italia.

Intanto il governo italiano è a caccia di alleanze internazionali. E nel tempo è sempre più chiaro che c’è solo un leader pronto a sostenere Roma e la linea politica della maggioranza di governo: Donald Trump. Non è un mistero che il presidente degli Stati Uniti consideri l’Italia un perfetto alleato per rompere gli schemi europei. Sia Roma che Washington, sotto le rispettive amministrazioni, hanno come obiettivo quello di colpire l’asse franco-tedesco. A entrambi i governi interessa concentrare gli sforzi sul Mediterraneo e il Medio Oriente in un’ottica di stabilizzazione. Ed entrambi i governi (per gli Stati Uniti non lo Stato profondo) apprezzano un maggiore dialogo con la Russia.

A fronte di queste convergenze, è chiaro che Italia e Stati Uniti siano due Paesi completamente diversi. Gli Usa sono la superpotenza: l’Italia è un alleato e, in ultima analisi, un partner che serve a Washington per migliorare i propri interessi. Interessi che però convergono per un intricato gioco di incastri con quelli italiani. Ed è per questo che da Roma è partita la corsa per prendere il posto di miglior alleato di Trump in Europa.

Un’alleanza che non è solo strategica e fra due Stati, ma anche fra due governi e fra partiti politici. Ed è proprio per questo che Lega e Movimento 5 Stelle hanno ingaggiato, nel tempo, una sfida per ottenere maggiore peso nel cuore della Casa Bianca e dello Stato profondo americano. Entrambi i partiti sanno di non essere apprezzati dall’establishment europeo. Ed è per questo che possono giocare la carta Trump, che in questa Europa ha interesse a costruire la sua rete politica di alleanze rappresentata da The Movement di Steve Bannon.

La questione della richiesta a procedere per il ministro del interno intanto va avanti : in un documento allegato alla memoria difensiva del totolare del Viminale consegnato alla Giunta per l'Immunità del Senato, il premier spiega la sua posizione: "Sulla Diciotti c'è stata "attuazione di un indirizzo politico-istituzionale che il governo ha condiviso". Ma proprio sul docmuento presentato da Conte si apre un dibattito spinoso all'interno della Giunta. Come riporta l'Adnkronos la stessa Giunta delle Immunità del Senato è stata aggiornata al termine dei lavori dell'Aula. Dovrà valutare la ricevibilita' delle memorie presentate dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, dal suo vice, Luigi Di Maio, e dal ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli.

In un documento allegato alla memoria difensiva del totolare del Viminale consegnato alla Giunta per l'Immunità del Senato, il premier spiega la sua posizione: "Sulla Diciotti c'è stata "attuazione di un indirizzo politico-istituzionale che il governo ha condiviso". Ma proprio sul docmuento presentato da Conte si apre un dibattito spinoso all'interno della Giunta. Come riporta l'Adnkronos la stessa Giunta delle Immunità del Senato è stata aggiornata al termine dei lavori dell'Aula. Dovrà valutare la ricevibilita' delle memorie presentate dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, dal suo vice, Luigi Di Maio, e dal ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli.

I documenti, secondo l'ex presidente del Senato, Pietro Grasso, sarebbero irricevibili e dunque dovrebbero essere trasmesse al Tribunale dei ministri. Sulla vicenda è anche intervenuto il vicepremier, Luigi Di Maio: "Noi siamo sempre stati contro qualsiasi tipo di immunità, ma questo è un caso specifico che coinvolge la decisione di tutto il governo. Non stiamo isolando il ministro, è una decisione presa insieme. Il Movimento sta leggendo le note e prenderà una decisione con grande serenità. Ovviamente, la decisione sarà corale e la prenderemo dopo il percorso dell’istruttoria", ha affermato ai microfoni di UnoMattina. Dopo una mattinata agitata il presidente Maurizio Gasparri ha dichiarato ammissibili i documenti che rigurdano Conte, Di Maio e Toninelli.

 

 

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