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PIANO CASA LUPI

 

 

STANZIAMENTI PER L’AFFITTO (686 milioni di euro)

 

Inquilini (537,6 milioni)

  • Fondo per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione = 100 milioni
  • Fondo per gli inquilini “morosi incolpevoli” = 241,4 milioni
  • Fondo per la concessione di mutui per l’acquisto di alloggi ex Iacp = 132,6 milioni
  • Detrazione Irpef per inquilini housing sociale = 63,6 milioni

 

Proprietari (148 milioni)

  • Riduzione al 10% cedolare per immobili locati con contratti agevolati = 135,2 milioni
  • Estensione cedolare per locazioni con inquilini cooperative e enti non profit = 12,8 milioni

 

STANZIAMENTI PER NUOVE COSTRUZIONI O RIATTAMENTO IMMOBILI (1.041 milioni di euro)

 

  • Piano di recupero immobili di edilizia residenziale pubblica = 567,9 milioni
  • Creazione servizi complementari ad alloggi sociali nonché di quote di alloggi sociali = 300 milioni
  • Agevolazioni fiscali per costruzione o ristrutturazione straordinaria su alloggi sociali = 173,4 milioni

 

Fonte: Confedilizia

 

* * *

 

Il Presidente della Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani, ha dichiarato:

“La riduzione della tassazione sulla cedolare secca è un segnale importante, del quale va dato atto al Governo. Ma questa misura non crediamo possa bastare a capovolgere la tendenza del momento, che peggiora ad ogni rilevazione. Per l’emergenza abitativa, e soprattutto per prevenirla piuttosto che per curarla, sarebbe certo stato meglio incrementare i finanziamenti per tornare ad una redditività dell’affitto (oggi contenuti in 148 milioni in tutto) piuttosto che stabilire stanziamenti per nuove costruzioni – che verranno pronte tra anni e anni – o il riattamento di immobili pubblici o parapubblici per una somma quasi dieci volte superiore”.

In primis, prendiamo il fenomeno dei dati, i “big date”, ovvero, la nuova risorsa naturale, in un mondo sempre più digitale; stiamo parlando di un mercato da quasi 200miliardi di euro a livello mondiale-3miliardi in Italia - con crescite che superano il 20 per cento. Insomma, si registrano più dati nella Rete, che stelle in cielo. In sostanza, stiamo parlando di una leva tecnologica che può spingere alla crescita dei Paesi. Un bel mondo, Internet, semplice, complicato, divertente, pericoloso; tiene attaccati 110milioni di utenti, oltre due milioni, in Italia. A questo punto, però, dobbiamo dire, senza mezzi termini, che c’è il problema della sicurezza digitale. Solo nel 2013, il cyber-crimine, negli Stati Uniti, ha causato danni per 1.000 miliardi di dollari; e dopo, i recenti scandali sullo spionaggio informatico e i casi di furti di dati digitali. Ebbene, l’Unione europea ha messo a disposizione 85milioni di euro, per il 2014, per progetti di cyber-sicurezza, nell’ambito del programma di ricerca Horizon 2020. Obiettivo è sviluppare soluzioni di “information tecnology” che possano garantire un ambiente digitale sicuro ed affidabile in Europa. Ma c’è di più. Nel nostro Paese, in attuazione dell’art.3 del DPCM del 24 gennaio 2013, vengono adottati il “Quadro strategico nazionale per la sicurezza dello spazio cibernetico” ed il “Piano nazionale per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica(Cfr.www,pubblica amministrazione24.ilsole24ore,com./), Poi, un nuovo software -che permetterà di individuare, in tempo reale e in modo automatico, i tentativi di furti di identità(ovvero, dati personali sensibili) e sventarli sul nascere-, è stato messo a punto, grazie al progetto “Web Pro ID”, coordinato dal gruppo di ricerca eCrime dell’Università di Trento. Il progetto, durato tre anni e finanziato dalla Commissione europea con 200.000 euro, è nato allo scopo di prevenire e contrastare la sottrazione di dati personali. Ancora, su Twitter, spesso viene riversata una mole incredibile di informazioni che, a volte non sono vere; ora, alcuni ricercatori europei stanno lavorando per un software, scova bugie, che si chiama Pheme.

 

 

Mentre gli acquisti da parte di società straniere incalzano sempre di più lo Stivale, quelli da parte degli stessi italiani faticano ad arrivare. L'investimento Italia su Italia viene sempre meno, secondo il giornale Libero ripreso da quotidiano Il Giornale per colpa della crisi e della mancanza di liquidità del paese. Lusso, moda, design, alimentari e grande distribuzione sono i settori più gettonati, quelli dai brand più forti. A seguire, il settore manufattoriero e solo agli ultimi posti il mondo della finanza - con società assicurative, banche e servizi finanziari -. La moda italiana è il settore in cui gli stranieri investono di più. Bulgari - ad esempio - è stata acquistata da Lvmh per 4,4 miliardi di euro. La francese Lactalis ha stanziato 3,7 miliardi per guidare l’83% di Parmalat, con 4,3 miliardi di giro d’affari. Per l’80% di Loro Piana - con 630 milioni di fatturato dichiarati - Lvmh ha investito due miliardi. Soldi che prò, gira e rigira, in Italia non arrivano mai. E il 2014 sembra ancora peggio: i pessimisti credono in una svendita in blocco del mercato italiano, prima fra tutti la compagnia di bandiera Alitalia che pare prendere il volo per sempre verso i ricchi Emirati Arabi.
I motivi delle svendite sono molteplici: i proprietari italiani devono avere a che fare ogni giorno con una politica fortemente penalizzante, con dei sussidi esagerati, con infrastrutture decadenti e tasse sempre più alte a cui fare fronte. E per alcuni il gioco non vale più la candela. C'è poi da considerare che le acquisizioni spesso non sono di natura finanziaria: la maggior parte delle volte si tratta di acquisti con progetti industriali, principalmente volti alla crescita, allo sviluppo e al potenziamento dell'azienda acquistata. Che comprata per un pugno di euro viene rimessa in piedi e rivenduta a cifre esorbitanti
In totale, la vendita delle aziende italiane ha un mercato di circa 101 miliardi di euro, che se sommati agli importi non dichiarati nelle cessione delle piccole aziende sfiora i 115 miliardi. Al contrario i nostri connazionali all'estero hanno acquisito solo 340 aziende, quasi un terzo di quelle perdute dal nostro Paese. E se gli acquirenti esteri investono soprattutto nel retail, i nostri compratori preferiscono le sezione farmaceutiche, chimiche e l'industria d'automobile.
Il made in Italy vende e anche bene. È sinonimo di qualità, di affidabilità dei prodotti e di ottimi guadagni.
Ma non sempre per noi. Secondo i dati diffusi da Libero, dal 2008 ad oggi più di 830 aziende sono passate in mano straniera: dalla Germania, alla Francia, alla Corea del Sud, tutti investono nel mercato italiano, immetendo l'unica cosa che al Belpaese in questo momento manca, la liquidità.

Il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina, il commissario unico del governo per Expo 2015, Giuseppe Sala e il commissario generale del Padiglione Italia, Diana Bracco, hanno firmato il protocollo d'intesa "per la partecipazione dell'agroalimentare italiano all'Expo 2015". Il protocollo definisce le modalità di coordinamento, attuazione e contribuzione per la presenza dell'agricoltura e dell'agroalimentare italiano all'Esposizione Universale di Milano, che sarà sostenuta e rappresentata dal ministero delle Politiche agricole, da Expo 2015 Spa e da Padiglione Italia.

Secondo il protocollo, la promozione dell'agroalimentare italiano verterà su sei fronti: il padiglione dedicato al vino, che è "uno dei passaporti del made in Italy" sottolinea Martina, quello per tutte le altre filiere, spazi ed eventi dedicati alla valorizzazione delle start-up, la realizzazione, assieme ad Ismea e al Cra, di un master per 100 neolaureati nel settore agricolo e alimentare, il focus su nuovi progetti di eccellenza, e la promozione del made in Italy in genere, partendo dalle produzioni Dop, dal biologico e la promozione di un marchio identificativo della produzione nazionale. "Al di là del fatto espositivo - osserva Diana Bracco, commissario generale del Padiglione Italia - , sono previsti all'interno del Padiglione oltre 2000 eventi, con un palinsesto che sia il più possibile sinergico e dia vera voce all'universo agroalimentare"

"Expo 2015 può essere fino in fondo la piattaforma per far fare un salto di qualità al sistema agroalimentare italiano". Lo afferma il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, firmando il protocollo d'intesa "per la partecipazione dell'agroalimentare italiano all'Expo 2015". "Da oggi passiamo ad una fase operativa molto concreta - aggiunge Martina - sono sicuro che con un lavoro di squadra che coinvolge tutti gli attori della filiera, riusciremo certamente a raggiungere l'obiettivo".

Tra il 2007 e il 2013 l’Unione europea ha messo a disposizione dell’Italia poco più di 21miliardi di euro in Fondi per lo sviluppo economico, quelli che dovrebbero servire per gli interventi strategici come infrastrutture di trasporto, incentivi alle imprese innovative; ebbene, il nostro Paese ne ha usati, a fine periodo, meno della metà, cioè il 45,88%. Secondo il Comitato delle Regioni, organo consultivo in ambito europeo, il principale scoglio, nel nostro Paese , è la burocrazia, nella fase di valutazione dei progetti, in attesa di finanziamento. In realtà, nelle regioni italiane non ci sono professionisti in grado di far marciare progetti con i soldi di Bruxelles. Diversamente, i fondi strutturali richiedono una pianificazione “dal basso” che deve coinvolgere tutti gli attori politico-amministrativi, dal Governo nazionale, alle Regioni, alle Province, ai Comuni, fino ai sindacati e alle imprese. Ma c’è di più. Nel 2014 dovrebbe iniziare la programmazione per usare i fondi europei nel periodo 2014-2020 e, sempre, secondo il Comitato delle Regioni le regole per accedervi sono diventate, ancora, più complicate di quelle della programmazione 2013-2014(Cfr.Panorama del 28.02.2014). A questo punto, noi diciamo che se da un lato dai fondi europei non si può prescindere, dall’altro bisogna farne, anche un uso diligente. Vediamo come. Auspichiamo che le Istituzioni nazionali e locali si concentrino su come spendere tra il 2014 e il 2020, gli oltre 80miliardi di euro messi a disposizione del nostro Paese dall’Unione europea; ovvero, puntino su una logica di sviluppo nazionale, volta al rilancio degli investimenti con una semplice osservazione della realtà di disagio sociale: la dilagante disoccupazione, specie dei nostri giovani; le scuole fatiscenti, in attesa di restauro; le infrastrutture incomplete, il territorio dissestato e il patrimonio culturale in stato di abbandono. Tutte priorità, queste, che i fondi europei finanziano.

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